I due uomini ritornarono sui propri passi, raggiungendo il sentiero. Camminarono per circa mezz'ora e Leo iniziò a stancarsi di stare in quel luogo. La foresta intorno a loro sembrava tutta uguale; poco importava quale direzione prendessero, finivano sempre con il girare intorno ad alberi, cespugli e foglie. «La vedi questa nebbia?» Disse Orion. «Vuol dire che tra poco arriveremo, ma prima dovremmo attraversare i Senzavolto» toccò la sfera sopra di loro, facendone aumentare l'intensità della luce. «Lasciami indovinare... un maleficio» disse Leo, continuando a camminare. «Uno dei peggiori, credimi. Loro sono come dei guardiani. Quello che devi fare è non guardare mai in alto, né urlare. Non importa cosa sentirai o vedrai. Tu non guardare in alto.» «Perché, cosa vedrò?» Leo si fermò. Orion scosse la testa. «Tu non lo fare. Siamo intesi?» Disse, fissandolo negli occhi. «Va bene. Non lo farò» acconsentì Leo, rimettendosi in cammino. La nebbia si fece più fitta, al punto che la sfera sopra le loro teste non riusciva a fenderla con la propria luce. «Da qui in avanti dobbiamo proseguire al buio» disse Orion, facendo scomparire l'Aurea. «Come posso superare i Senzavolto al buio?» Orion ignorò la domanda, obbligandolo ad accovacciarsi insieme a lui. «Guarda laggiù, oltre quei cespugli. Vedi quelle colonne di nebbia argentee che arrivano fino a terra?» Leo lo fece e scoprì che c'erano tre coppie di colonne fatte di una nebbia più densa di quella che lo circondava. «Credo di vederle» disse. «Quelle sono le gambe dei Senzavolto.» «Le gambe? Ma saranno alte almeno... non lo so, tre metri!» «Abbassa la voce» lo riprese lui. «Quello che dobbiamo fare, uno alla volta, è passare tra di loro con lo sguardo basso. Loro sapranno che sei lì e cercheranno in tutti i modi di farti guardare in alto o farti urlare. Non sarà semplice resistere, perché loro conosceranno le tue debolezze e le useranno contro di te. Ma se cedi, ti prenderanno.» «Se mi prendono, cosa mi fanno?» «Ti basti sapere che si chiamano Senzavolto perché nessuno è mai riuscito a guardarli in faccia e sopravvivere per poterlo raccontare.» «Non guardare in alto, né urlare. Va bene» ripeté Leo, più per convincere se stesso. «Perfetto. Tu vai per primo. Così, nel caso dovesse succedere qualcosa, cercherò di aiutarti.» Leo inspirò a pieni polmoni. «Sono pronto» disse. «Bravo» Orion gli diede una pacca sulla schiena. «Vai e fa' attenzione. Una volta superate le gambe e la barriera di alberi, fermati ad aspettarmi. Va bene?» Leo annuì, prima di alzarsi e incamminarsi con la schiena bassa verso le tre creature. Si accovacciò a qualche metro di distanza. Si voltò nel tentativo di cercare lo sguardo di Orion, ma ormai era troppo lontano. Ricominciò a camminare, ignorando il terrore che gli attraversava il corpo come acqua gelida. Arrivato davanti alle colonne, si rese conto che non erano semplici tubi omogenei di nebbia, ma avevano una forma di gambe arcuate, come quelle dei caproni. Era possibile infatti distinguere la piegatura del ginocchio, contraria a quella delle gambe umane e lo zoccolo all'estremità. Le tre gambe erano posizionate in una forma circolare, in modo da costringere chiunque volesse passare, ad attraversare il cerchio libero al loro interno. Leo si drizzò con la schiena. Strinse i pugni lungo i fianchi. Avanzò con cautela, assicurandosi che il mento fosse attaccato al suo petto. Era così agitato che lo sentiva gonfiarsi al punto da spingergli la testa verso l'alto. Appena entrò nel cerchio, sentì il rumore di qualcuno che stava rosicchiando della carne. Capì che le tre creature stavano banchettando, al di sopra della coltre di nebbia che li copriva all'altezza della vita. Sembravano dei cani affamati che si nutrivano di una carcassa. Si udirono dei colpi secchi, come un bastone che batte su un ripiano in legno. Leo pensò alle ossa che si spezzavano sotto i loro denti. Una delle tre creature emise un suono disgustoso di risucchio. Leo, per quanto stesse lottando con i propri pensieri, visualizzò una bestia enorme che ingurgitava in un sol colpo le viscere di un uomo. Era come se, all'interno di quel luogo, i rumori fossero amplificati e riuscissero a possedere ogni parte del suo corpo. Era arrivato a circa metà del cerchio quando iniziò a sentire qualcosa di molle e bagnato cadere tutto intorno a lui. Prima alla sua sinistra. Poi alla sua destra. Poi ancora alle sue spalle. Gettò uno sguardo. Vide degli organi umani giacere in piccole pozze di sangue. Capì che erano i pezzi di ciò che stavano mangiando i tre Senzavolto al di sopra della sua testa. Qualcosa di molto più grande precipitò giusto davanti a lui, emettendo un suono simile alle mani bagnate che battono l'una contro l'altra. Leo, terrorizzato, si coprì la bocca con le mani per non gridare. Davanti a lui c'era sua moglie. O meglio, parte di lei. Il busto, privo di gambe, terminava con lembi di pelle frastagliati ed evidenti segni di morsi. Il viso per metà divorato. I lunghi capelli rossi, presenti solo nella metà della testa intatta, erano sporchi di sangue raggrumato e saliva. Leo chiuse gli occhi e scosse la testa con forza, cercando di dimenticare quella visione. Sentì la nausea salirgli su per la gola. C'era un odore penetrante di morte; simile a quello di frutta marcia, ma così intenso da far perdere i sensi. Leo si ripeteva nella mente che si trattava solo di un'illusione. Sua moglie, in realtà, era a casa. Al sicuro, lontana da quell'orrore. Si sentì toccare la caviglia. Pur di non urlare, si morse le mani fino a farsi sanguinare. Quando riuscì a riprendere il controllo, aprì gli occhi. Il busto di sua moglie giaceva davanti al suo piede. Era immobile. L'occhio vitreo rivolto verso di lui. La bocca aperta mostrava i denti spezzati e l'assenza della lingua. Leo prese un lungo respiro e proseguì, girando intorno al busto. Uno dei tre Senzavolto, quello di fronte a lui, scalciò, emettendo un profondo nitrito che rimbombò tra di loro come cento tamburi che suonano all'unisono. La gamba si alzò di circa mezzo metro, prima di sbattere lo zoccolo con violenza contro il suolo. Leo dovette aprire le braccia per non perdere l'equilibrio. Sapeva che se fosse caduto, si sarebbe ritrovato con il viso puntato verso l'alto. Attese qualche instante. Riprese a camminare, attraversando la seconda metà del cerchio. Dall'alto provenne un suono potente simile all'acqua che viene risucchiata da un lungo tubo. Lui si voltò, sempre senza alzare la testa. Vide un'enorme mano, fatta della stessa nebbia argentea, prendere il busto di sua moglie per un braccio e sollevarlo. La testa inerte ciondolava contro il petto. I lembi di pelle all'altezza della vita vibravano, soffiati dal vento. Leo lottò con tutte le sue forze per non seguire con lo sguardo la mano. Si girò dal lato opposto e raggiunse con pochi passi gli alberi che costeggiavano la radura. Una volta superato la barriera degli alberi, urlò contro i palmi delle mani, sentendo le lacrime bagnargli le guance. Si lasciò andare sul terreno. Chiuse gli occhi, cercando di dimenticarsi in fretta ciò che gli era successo.
Fabio Del Frate
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|