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Autore: Silvia Devitofrancesco
Un amore in rosso
Commedia Romantica
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Un amore in rosso
(Red Love vol. 1).

- Tre, due, uno... in onda! - .
La magica lucina rossa si accende e i riflettori del NBC studio, presso il Rockefeller Center, puntano dritti su una donna dai lunghi capelli biondi e dal sorriso smagliante. Alta, snella, fasciata in un abitino turchese, sorride in maniera seducente in direzione della telecamera, pronta a bucare lo schermo e a far schizzare verso l'alto l'indice di share.
- Buonasera a tutti, carissimi amici telespettatori, benvenuti a una nuova puntata di Love Letters, il vostro programma d'intrattenimento preferito. Vorrei ringraziarvi calorosamente dell'affetto che ogni domenica sera ci dimostrate. Vi voglio benissimo! - . La conduttrice esaltata avvicina le labbra alla telecamera così da regalare ai suoi affezionati fan una interessantissima panoramica dentale, ops volevo dire un grosso bacio, poi riprende il suo discorso con una domanda retorica accompagnata da ampi movimenti delle mani: - Siete pronti a immergervi nel magico universo dell'amore? - .
La telecamera cambia inquadratura e la frizzante figura femminile regala l'ennesimo sorriso a trentadue denti. - Vi presento i protagonisti della primissima storia che quest'oggi vi racconterò. Seguitemi! - invita i telespettatori voltandosi e mostrando così l'ampia scollatura sul retro del mini abito. - Eccoci qui, vi pres... - .
Un fischio assordante squarcia lo studio che piomba immediatamente nell'oscurità.
- Cosa è stato? - urla la conduttrice, saltellando in bilico sulle costose scarpe Manolo.
- Scusate, scusatemi tutti - esclamo, uscendo allo scoperto. O almeno ci provo, considerato che irrompo sulla scena, gattonando.
- Kelly, cosa diamine stai combinando? - .
A fatica cerco di riassumere la posizione eretta mentre lo studio lentamente torna a illuminarsi.
- Allora? - insiste. - Cosa caspita hai combinato? Eravamo in diretta, IN DIRETTA. Capisci il senso di queste parole? Oddio, mi hai fatto fare una figuraccia in diretta nazionale! Oh povera me, ti rendi conto? La mia carriera è finita. F-I-N-I-T-A. Puff, volatilizzata. E tutto per colpa di questa qui! Anni di studio e di lavoro gettati al vento. Nessuno m'inviterà più! Addio serate di gala, settimane della moda, resterà solo un sogno la partecipazione in Italia al festival di Sanremo come super ospite... È tutta colpa tua, gelosona! - conclude, puntandomi l'indice sul petto con aria furiosa.
- Sheila, calma. Non è successo niente. -
- Non è successo niente? Ma ti senti? -
- Ora tornerai in onda e potrai continuare ad ammiccare in direzione della telecamera. -
- La fai facile tu! Tu non conosci questo mondo, tu non ci metti la faccia, tu non sei niente. Niente, hai capito? Ma guarda come sei ridotta! - continua a indicarmi mentre si abbandona a giulive risate.
- Dieci minuti e si torna in onda - urla la voce del regista fuori campo.
- Hai sentito, piccola guastafeste? Sparisci! -
- Sheila, davvero, scusami. Io non volevo... - .
La donna mi si avvicina e continua a squadrarmi dalla testa ai piedi senza riuscire a trattenere un eccesso di risa. - Va' a darti una sistemata, sei alquanto impresentabile - mi sussurra all'orecchio.
Senza staccare gli occhi dalla sua figura perfetta, indietreggio fino a raggiungere l'uscita dello studio, ritrovandomi nuovamente carponi sul pavimento.
- E guarda dove metti i piedi, piccolo impiastro! - urla Sheila lisciandosi il mini abito e rendendolo, se possibile, ancora più corto.
Una mano mi afferra e mi aiuta a rialzarmi. - Kelly, tutto a posto? - domanda una voce maschile profonda e seducente.
Come rendermi ancora più ridicola? Facendomi aiutare dall'uomo più sexy di questo staff, nonché fidanzato storico della iena, ops volevo dire conduttrice di questo meraviglioso programma. - Sì, grazie, tutto bene. Ora vado a... a... - . Oddio, ci mancava solo la perdita della proprietà di linguaggio.
Senza dargli tempo di replicare alcunché, imbocco il corridoio che conduce alla toilette mentre dagli altoparlanti si ode la voce stridula di Sheila, leggermente incrinata dall'emozione, narrare una triste storia d'amore nella quale i due innamorati non hanno nulla da invidiare ai colleghi Romeo e Giulietta da Verona con furore.
Zoppicando e con un dolore lancinante ai polpacci a seguito delle numerose cadute, apro la porta della toilette. Incurante del pavimento bagnato, entro e, inutile dirlo, tocco nuovamente il suolo con il sedere. Fortunatamente questa volta non mi ha vista nessuno, Dio sia lodato. E se ci fossero delle telecamere? No, impossibile. È reato installare le telecamere di videosorveglianza in bagno, giusto?
Per precauzione mi guardo intorno e, appurato che sono sola, lontana da occhi indiscreti, m'infilo nell'angolo, tra la polvere, rischiando, tra l'altro, di battere la testa contro il lavandino, alla ricerca di fantomatiche telecamere. Meglio essere prudenti, non trovate? Sto compiendo un lavoro di pubblica utilità, io: preservo la privacy e l'incolumità delle numerose donne che ogni giorno affollano questo bagno.
- Kelly... Kelly, va tutto bene? - . Una voce femminile mi riporta alla realtà.
Sollevo lo sguardo e lo punto in direzione della porta della toilette che si apre, cigolando.
- Kelly, ma cosa... - .
Bridget, autrice del programma Love letters, un cult tra le casalinghe romanticamente disperate, nonché mia buona amica, irrompe sulla scena del misfatto proprio quando sto goffamente cercando di allontanarmi dall'angolino incriminato.
- Kelly, va tutto bene? - domanda nuovamente.
- E-ehm - balbetto, arrossendo come una scolaretta colta in flagrante. - Io... io. -
Bridget mi rivolge sguardi perplessi. Che stia per chiamare la neuro? Non mi stupirei affatto se lo facesse. Sono pienamente consapevole del fatto che in me qualcosa non va per il verso giusto: è come se le rotelline nel mio cervello non girassero come invece dovrebbero. Che dipenda dal mio essere nata con ben due giorni d'anticipo rispetto alla data presunta? Bisognerebbe porre questa domanda ai colleghi di Conosci te stesso, programma medico con un ricco parterre di luminari del settore, al quale Sheila cede la linea (e gli ascolti) al termine di ogni puntata.
- Kelly... Kelly? - . Bridget mi agita una mano davanti agli occhi. - Si può sapere cosa ti prende? - .
Vedi, carissima Bridget, devi sapere che proprio in questo preciso momento anch'io mi sto ponendo la stessa domanda, come la mettiamo? vorrei tanto urlarle nelle orecchie. - Tranquilla, Bridget, sto benissimo. -
- Dici davvero? -
- Sì, davvero, non è necessario che tu ti preoccupi per me. È tutto sotto controllo - ribatto cercando di sembrare almeno un po' convincente.
La mia amica continua a guardarmi perplessa, segno che la mia performance è stata a dir poco penosa. Dopotutto ci sarà pure un motivo se non sono riuscita a sfondare nel mondo del cinema o sbaglio? Le mie bugie – se tali possono essere definite – si limitano ai romanzi che annualmente pubblico, per il resto non riesco a fingere, poiché io non so dirle, queste bugie.
- Kelly, allora? Cosa ci facevi infilata nell'angolo? - continua a domandarmi Bridget imperterrita, ritta in piedi con le braccia incrociate sul petto.
- Io, ehm, allora... - tentenno mentre la mia mente lavora alla disperata ricerca di qualcosa di sensato da dire... e, tac, eccola l'illuminazione! - Io... io stavo cercando un orecchino. -
Bridget resta muta, apparentemente impassibile.
- Ehi, Bridget, sei connessa? - .
La mia amica indica i miei lobi.
Istintivamente mi porto una mano all'orecchio destro. Dannazione! Maledetta me che quest'oggi ho deciso d'indossare questi stupidi orecchini handmade. Avverto nuovamente il viso avvampare mentre Bridget continua a fissarmi con sguardo inquisitore. - Ops, che sbadata! Ora è meglio che torni di là, sicuramente mi avranno data per dispersa - taglio corto.
Barcollando, mi rialzo, mi sistemo, per quanto possibile, la gonna e con le dita districo i capelli.
Un attimo, fermi tutti. Dove accidenti sono finite le mie scarpe? Mi volto e mi guardo intorno, ma delle mie comunissime ballerine rosse non vi è nemmeno l'ombra.
- Kelly, tutto bene? - .
Scrollo la testa. - Dove sono le mie scarpe? Bridget, non trovo più le mie scarpe! -
- Kelly - riprende Bridget, paziente - le tue scarpe erano in corridoio. Le hai perse quando sei caduta inciampando nel complesso groviglio di cavi elettrici. - La mia amica si avvicina alla borsa e, come un mago col suo cappello, fa apparire le mie ballerine.
- Oddio, grazie, Bridget, sei un tesoro - esclamo abbracciandola e baciandole le mani. Lo sapevo. È tutta colpa di quel mezzo numero di troppo e quella commessa che pur di vendere la merce, ha osato dirmi: “Cara, sta' tranquilla, non avrai alcun problema poiché la differenza è pressoché impercettibile” merita di essere messa al rogo. Non entrerò mai più in quel negozio! Anche se quelle décolleté esposte in vetrina erano davvero meravigliose...
Infilo velocemente le scarpe e apro la porta della toilette, ma proprio quando sto per uscire, la mano di Bridget afferra la mia.
- Dove credi di andare, signorina? - mi domanda con un tono di voce minaccioso.
Oddio, mi sta sequestrando. Non è questo il tono usato dai sequestratori? La mia amica altri non è che una pericolosa pazza criminale. Qualcuno si prepari a pagare il riscatto, penso in preda all'angoscia e non riesco a trattenere un urlo non appena Bridget mi si pone dinanzi.
- Kelly, in questo stato vorresti tornare in regia? -
- Ma co... cosa... - .
La santa Bridget afferra nuovamente la mia mano, richiude la porta della toilette alle nostre spalle e mi conduce dinanzi all'ampio specchio che occupa l'intera parete dell'anticamera.
Cosa vedono i miei occhi? Vi prego, occultate quegli specchi! E, per cortesia, smettetela con questa stupida candid camera!
Lo specchio mi restituisce un'immagine di me che non mi appartiene: i lunghi capelli rossi sembrano elettrizzati, come se avessi messo le dita nella presa di corrente; il mascara si è completamente sciolto e quelli che un tempo erano profondi occhi nocciola sono ora due cerchi neri indescrivibili. La mia camicia? La mia meravigliosa camicia bianca di Ralph Lauren, che mi è costata quasi mezzo stipendio, è irrimediabilmente compromessa da un grande e antiestetico alone marrone. No, la cioccolata no!
Mi porto le mani sugli occhi come a volerli proteggere dallo scempio che, loro malgrado, sono costretti a vedere e, nello stesso tempo, prego le divinità di tutte le religioni possibili e immaginabili, di ieri e di oggi, affinché possa avvenire un miracolo qualsiasi così da tornare a essere la Kelly che ero fino a ieri, fino a quando...
- Vieni, Kelly, ti accompagno a casa - esclama Bridget, premurosa.
- Grazie, Bridget, sei una vera amica - replico mentre le lacrime di commozione si trasformano in un pianto a dirotto.
- Kelly, cosa succede? Per cortesia, questa volta raccontami la verità. -
Annuisco e dopo aver tirato rumorosamente su col naso, tutto d'un fiato esclamo: - Simon... Simon mi ha lasciata e io sto male. Troppo male. Non riesco a dormire, sembra che qualcuno stia suonando un tamburo nella mia testa. Mi sento terribilmente vuota. -
Bridget apre la bocca senza riuscire a emettere alcun suono, poi dopo alcuni attimi di silenzio, riprende il pieno controllo di sé: - Vieni, Kelly, andiamo a casa e raccontami tutto con calma. -

Silvia Devitofrancesco

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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