Era il primo di settembre e finalmente, dopo due giorni di pioggia e uno di tempo incerto, un meraviglioso sole estivo era tornato a splendere in paese. - E adesso mia cara, - stava declamando Camilla – cosa ne diresti di unire le tue labbra voluttuose alle mie per l'ultima volta prima che ti lasci tornare per sempre da tuo marito? Cosa c'è, non avrai paura? Non è la prima volta, Rosita! Temi forse di non poter più rinunciare a me se cedi anche questa volta? Camilla si grattò il capo nervosamente. - No, così non va... Questo Igor! Non dice mai le cose giuste. Se fossi in Rosita lo pianterei su due piedi, e invece devo fare in modo che la sciocchina si abbandoni ancora una volta alla passione e ne resti presa per sempre, giungendo per giunta all'idea di far fuori suo marito... Ma come faccio? Igor non mi piace per niente e non riesco a farlo parlare come vorrei... Ho sempre problemi quando devo far parlare un personaggio del mondo maschile, soprattutto in faccende di amore e di sesso. So benissimo cosa direbbe o farebbe una donna in ogni circostanza, perché sono una donna. Ma un uomo... e per giunta un uomo antipatico? La ragazza aveva una folta chioma di capelli rosso carota, che ricordava un po' un cespuglio difficile da tenere a bada, e un corpicino slanciato e ben formato che un tocco di grazia in più avrebbe reso meraviglioso; ma come tutte le persone che hanno avuto uno sviluppo fisico improvviso non riusciva a padroneggiarlo alla perfezione. Era di statura normale e il suo viso, quando pensava, ricordava una simpatica scimmietta. Camilla percorreva la strada in discesa che portava dal paese, abbarbicato in cima ad un' alta collina, fino ai piedi della stessa. Era una scrittrice di romanzi sentimentali piuttosto promettente, anche se ancora non guadagnava cifre con molti zeri. Eppure a lei andava bene così; almeno per il momento. La strada era piena di curve con anse tanto strette, e certi tornanti, che con la macchina era antipatico percorrere, perché si era costretti a procedere a una velocità troppo moderata. Tanto valeva andare a piedi se si doveva raggiungere una delle case appoggiate sui fianchi della collina o ai suoi piedi. E questo spiega perché Camilla non avesse preso l'auto, e perché quella strada fosse sempre piuttosto deserta. In realtà dal paese c'era un'altra strada più agevole e un po' più lunga, che permetteva di raggiungere più celermente la via nazionale ai piedi dell'altura, e di lì recarsi al mare o nella città vicina. Camilla assaporava l'odore della terra umida, delle querce e delle piante, sulle quali le ultime gocce di pioggia andavano asciugandosi. Solitamente, quando era sola come in quel momento, parlottava tra sé, preparando in dettaglio il capitolo successivo dell'opera cui stava lavorando... i dialoghi, le scene, i punti di svolta... anche se, quando si metteva effettivamente a scrivere, modificava quasi sempre radicalmente quello che aveva pensato. In quell'istante passò di fronte al Fazzoletto Ottagonale e i suoi occhi si riempirono di qualcosa di simile alla commozione... Era un piccolo ritaglio di terreno al centro del quale spadroneggiava una vecchia casa rurale, che l'abbandono e le intemperie avevano ridotto allo stato di rudere. E c'erano alberi da frutto: un melo, delle piante di ulivo, un fico, un albero di prugne, delle viti selvatiche e qualche cespuglio di more. Camilla, guardando questa proprietà in abbandono, vedeva in realtà quello in cui, sin da piccola, aveva sognato di trasformarla: una meravigliosa casa, un orticello, le piante da frutto sul retro, un giardino pieno di fiori appena dopo il cancelletto... La casa avrebbe avuto un terrazzo al piano superiore, e non il tetto spiovente come si ostinavano a fare tutti quelli che costruivano nei dintorni temendo che la neve sfondasse i soffitti; ormai non nevicava più in nessun luogo, neppure da loro. Dal terrazzo, con un cannocchiale, avrebbe visto la spiaggia, il porticciolo e i fuochi di artificio durante le feste di paese, anche quelli sparati direttamente sul mare, senza correre il rischio di non trovare posto per l'auto ed essere costretta a tornarsene a casa, come qualche volta le era capitato. Il Fazzoletto Ottagonale non aveva gran valore commerciale, ma Camilla non avrebbe voluto costruire la sua casa in nessun altro luogo. L'ubicazione, infatti, era ciò che lo rendeva speciale ai suoi occhi: per cominciare era quasi l'unico punto della collina dal quale si potesse vedere il porticciolo del paese; c'era poi una magnifica vista delle montagne in lontananza; più in basso nella vallata correva un fiumiciattolo, e si poteva ammirare anche quello. Inoltre un piccolo trenino pittoresco serpeggiava lungo la collina e passava proprio sopra quel terreno. A piedi si arrivava facilmente in paese, e la strada non era pericolosa perché circolavano pochissime automobili. Doveva ringraziare Adelmina Levi, la sua madrina di comunione e amica della sua defunta madre, se un giorno il Fazzoletto sarebbe stato suo. Il possedimento difatti apparteneva alla donna, la quale anni addietro le aveva promesso di lasciarglielo in eredità. In onore di Adelmina, nel romanzo che stava scrivendo, aveva infilato la figura della madre di quell'Igor (che non riusciva a far parlare...), completamente ricalcata su quella della sua madrina. Una donna benevola, di aspetto piacevole e modi garbati e distinti, con la quale la protagonista Rosita avrebbe legato molto. A un tratto un po' più avanti scorse, al margine della strada, una figura femminile, intenta a ripulirsi le suole dal fango usando un pezzo di canna. Le si avvicinò, avendola riconosciuta. -Violetta, cosa ti è successo? Per avere le scarpe così infangate, non te ne sei andata mica a spasso per le campagne bagnate? Violetta Valeri le rivolse un sorrisone spontaneo. - Oh no, cara Camilla! Più in basso c'è un intero tratto di strada ricoperto di terreno bagnato. La pioggia deve averlo trascinato giù dalla campagna soprastante. Ma vedo che tu indossi gli stivali di gomma. Hai avuto una buona idea! E qui le sorrise nuovamente. Violetta era una donna di mezza età inoltrata che aveva perso il marito da poco, e la sua amica Adelmina l'aveva invitata a stare da lei per qualche tempo per non lasciarla sola in quel triste periodo. Violetta aveva una costituzione robusta e dei denti un pochino grossi forse, che però le rendevano simpatico il sorriso; i capelli brizzolati, non lunghi ed un po' spettinati, erano pettinati indietro. -Violetta, stai andando su in paese? – le domandò la ragazza. -Sì, devo comprare un rocchetto di filo da cucito rosa salmone, del quale Adelmina è sprovvista, e per questo mi ha chiesto di andare a prenderlo in merceria. Tu vai a trovare Adelmina? E le rivolse un altro dei suoi sorrisi aperti. La ragazza parve colpita. Possibile che Violetta, pur vivendo con Adelmina, non lo sapesse? - In verità zia Adelmina (non era veramente sua zia, ma l'aveva sempre chiamata così...) mi ha telefonato ieri sera e mi ha chiesto di andare da lei stamattina, verso le dieci e mezzo. - Davvero?- fece l'altra donna, che quando non sorrideva aveva sempre l'aria sbigottita e vagamente impaurita. - Ha detto che voleva parlarmi – le spiegò Camilla. – Ma a dire la verità non mi ha spiegato di cosa... non ne so molto. Mi pare strano che tu Violetta, pur vivendo in casa di zia Adelmina, non ne sappia nulla. Voglio dire, vieni adesso da lì. - Probabilmente Adelmina si è scordata di parlarmene. Anche se... - e qui fece una pausa di riflessione – ho avuto l'impressione che volesse liberarsi di me in fretta, sai. Quella di comprare del cotone color salmone mi è parsa una richiesta piuttosto singolare da parte sua. Di solito non vuole che vada a piedi in paese, e invece questa volta, con la strada bagnata e scivolosa, mi ci ha spedito in fretta e furia per comprarle qualcosa di veramente superfluo. Camilla, sospetto che Adelmina voglia parlarti in privato di qualcosa di importante! Camilla provò un'inspiegabile sensazione di disagio. - E di cosa? – domandò inutilmente, con voce un pochino stridula. Però forse immaginava già l'argomento di cui le avrebbe parlato sua zia...
Un'oretta dopo, Camilla era sulla via del ritorno percorrendo la strada che portava su in paese, dove lei abitava. La salita era piuttosto in pendenza e si affaticò abbastanza. Ma la sensazione di fatica era decuplicata da quello che le aveva detto Adelmina. Avevano discusso a lungo: Adelmina, con i suoi modi gentili ma fermi, aveva provato a farla capitolare, ma lei aveva resistito fino alla fine. Vistasi battuta, l'anziana donna aveva giocato l'ultima spregevole carta: quella del ricatto! In poche parole se Camilla non avesse seguito il consiglio di sua zia, quest'ultima non le avrebbe lasciato in eredità il Fazzoletto Ottagonale, e cosa ancora più meschina da parte sua, l'avrebbe donato a Simonetta. Simonetta era l'altra figlioccia di Adelmina, ed anche lei era affezionata a quel terreno, perché da piccole lei e Camilla giocavano sempre in quel posto, tra gli alberi, le piante e dentro quel rudere allora meno in decadenza. Se Simonetta lo avesse ricevuto in eredità, non glielo avrebbe mai rivenduto, essendovi tanto legata anche lei ... -Maledetta! – esclamò Camilla. – Zia Adelmina sembra una specie di santa donna, ma è peggio delle persone apertamente spregevoli. E' anche ipocrita. La odio! In quel momento le venne un'idea per il suo libro. La madre di Igor, alla quale Rosita si era molto affezionata, piano piano avrebbe cominciato ad insinuarsi nella loro vita, cercando di dividerli, gelosa dell'ascendente di Rosita su suo figlio. Finché credeva che Rosita fosse succuba di Igor, le sarebbe stata amica e confidente, ma accortasi che Igor dipendeva da Rosita forse più di quanto Rosita dipendesse da lui, questo non le sarebbe andato più bene, e avrebbe combattuto la ragazza... Sì, che ottimo spunto per la sua trama! Non tutto il male viene per nuocere, c'era da pensare. Chi la conosceva bene, non poteva fare a meno di pensare che Camilla preferisse il mondo dei suoi personaggi a quello della vita reale. Perfino la passione per il Fazzoletto Ottagonale era legata al suo immaginario: difatti la ragazza non lo amava per i ricordi del passato, come invece Simonetta, ma per le fantasie che vi aveva sempre proiettato sopra. Camilla proseguì con le sue riflessioni. Adelmina era simile alla madre di Igor del suo romanzo, in fondo. Anche lei cercava di dividere Camilla dal suo Bruno. Certo non per motivi come la gelosia o un legame morboso, le ragioni erano ben altre... Ma se a lei, a Camilla, quelle ragioni non importavano, perché Adelmina doveva sentirsi in diritto di intervenire? Usando quell'ignobile ricatto, poi! Mentre pensava queste cose, era giunta in paese. Superò quasi senza rendersene conto la sua abitazione, e stava percorrendo il corso principale quando s'imbatté nel negozio dove Simonetta lavorava come commessa. Camilla si fermò e finse di guardare la vetrina. Era un negozio di oggetti per la casa, dai prezzi piuttosto alti, eppure il proprietario ci sapeva fare e, procurando esclusivamente esemplari originali e di buona qualità, era riuscito a far prosperare la sua attività. Attraverso il vetro vide Simonetta indaffarata. Una ragazza ben formata, con i capelli neri e lunghi e l'aria furbetta. E così tu avrai il Fazzoletto, pensò guardandola senza essere vista. Le venne improvvisamente da ridere... No cara, tu non lo avrai mai. Sarà mio! Come mi era stato promesso... Zia Adelmina dovrà tornare sui suoi passi, o se ne pentirà. A questo punto Simonetta si accorse di Camilla e le fece un cenno di saluto. Camilla finse di non averlo visto ed abbassò lo sguardo sull'orologetto da polso; dando l'impressione di essere in ritardo, si dileguò velocemente. La madre di Igor la farò precipitare in un dirupo, decise prima di accelerare ulteriormente il passo verso casa.
Andrea Bozman Levine
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