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Autore: Thya B. Wood
5 Passi nel parco
Thriller
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5 Passi nel parco
Winnebago 1986.

La stretta scala di legno che conduceva alla soffitta era vecchia e traballante, ma la giovane Marla la percorse come d'abitudine con l'agilità di un gatto. Lassù si trovava il suo rifugio, il suo mondo privato, la polvere e le ragnatele non costituivano un problema. Con la luce della lampadina, che papà Harry aveva messo più potente solo per lei, fra scatoloni, vecchie scartoffie e oggetti obsoleti, la ragazza componeva puzzles, decifrava cruciverba e soprattutto leggeva gli adorati libri gialli. In pratica spendeva tutta la paghetta settimanale in volumi, quelli che non riusciva ad acquistare li prendeva in prestito nella minuscola biblioteca locale.
Marla Greenwood aveva tredici anni, un fisico longilineo che si stava trasformando rapidamente, il corto caschetto nero che incorniciava un viso dolcissimo, nel quale spiccavano meravigliosi occhi di colore verde smeraldo. Era una ragazza intelligente e curiosa, con la passione per gli enigmi oscuri da risolvere, che preferiva trascorrere le ore in mezzo al ciarpame piuttosto che passeggiare senza meta con le sue coetanee. Non era di certo un'asociale, a scuola le piaceva chiacchierare e scherzare ma, per buona parte del pomeriggio, la solitudine era la sua migliore amica. Lanciò un'occhiata distratta al vecchio baule con il lucchetto che l'aveva cacciata nei guai un anno prima quando, con la curiosità tipica dei bambini, si era armata di un grosso cacciavite e aveva tentato di forzare l'oggetto del mistero. Rammentava nitidamente la forte stretta al braccio e la mano grande di suo padre che la sollevava da terra. Harry in genere era un uomo burbero ma affettuoso, quella volta invece nei suoi occhi c'era un lampo di rabbia che Marla non aveva mai visto.
“Non ti azzardare a rifarlo mai più, sono cose da grandi!” aveva scandito, alzando insolitamente la voce e scuotendola. Subito dopo le aveva ordinato di scendere e per due settimane la botola era rimasta sigillata, impedendole l'accesso al suo magico universo. Ora il baule non suscitava più il suo interesse, aveva accettato che pure gli adulti avessero i loro intimi segreti. In fondo lei non aveva il proprio diario chiuso a chiave? Come avrebbe reagito se il suo vecchio avesse provato ad aprirlo? Per un attimo l'immagine di papà che legge i quotidiani aneliti amorosi rivolti ad Annie, la biondina seduta nel banco dietro al suo, le causò un brivido. Harry era una persona molto semplice, non aveva terminato gli studi per aiutare i genitori ed era l'unico idraulico del piccolo centro di nemmeno duemila anime. Si trattava di un buon padre di famiglia che lavorava sodo, ma di sicuro non era in grado di capire i sentimenti della figlia.
“Marlaaaaa! La cena è quasi pronta, scendi a lavarti le mani!”
Il richiamo di mamma Louise risuonò come una specie di eco fra le assi costellate di fessure, la ragazza chiuse il libro a malincuore e scese in fretta.
Louise Cheeper faceva l'infermiera all'ospedale di Rockford: era una donna attraente, sempre decisa e sicura di sé, dalla quale Marla aveva ereditato il colore degli occhi; contraddirla non era affatto facile, neanche per il marito.
Marla trovò il bagno già occupato da suo fratello Nicholas, che in casa chiamavano Nicky: aveva tre anni di meno ed era alquanto diverso dalla sorella, grassoccio, introverso e restio alla comunicazione. A causa del suo carattere non aveva amici, veniva deriso di continuo e spesso malmenato dai compagni di scuola, soprattutto dagli odiosi gemelli Cox. Un giorno in cui lei era passata a prenderlo lo aveva trovato a ridosso di un muro, mentre cercava invano di sottrarsi agli scrolloni dei due. Nonostante l'età, Marla aveva già uno spiccatissimo senso della giustizia e avrebbe ritenuto necessario intervenire anche se non si fosse trattato di suo fratello. Afferrò i bulletti e sbatté con forza le loro teste l'una contro l'altra, dopo di che assestò un paio di vigorosi calci nel didietro di entrambi. I gemelli scapparono via in lacrime e Nicky abbracciò la sorella colmo di gratitudine, non era abituato a essere protetto da qualcuno.
Il ragazzino non amava studiare e questo gli procurava parecchi grattacapi con Harry: ogni volta che l'uomo tornava dai colloqui con gli insegnanti erano grida. Papà voleva che il figlio si istruisse per ricoprire in futuro un ruolo di responsabilità, non come lui che correva da un capo all'altro della cittadina ad aggiustare i bagni altrui. Nel tentativo di imporgli un po' di disciplina lo metteva sovente in punizione, chiuso nella propria camera senza giochi né fumetti, oppure con l'inseparabile bicicletta rossa sotto sequestro. Malgrado ciò il suo profitto scolastico lasciava piuttosto a desiderare.
“Nicky! Esci di lì maledizione! Non ho intenzione
di mangiare la cena fredda per colpa tua.”
Il fratello non rispose, ma uscì dopo un paio di minuti. Fu allora che lei si accorse del livido sulla parte inferiore dell'occhio.
“Che cosa hai combinato?”
“Niente... un problema a scuola.”
I due si affrettarono ad andare a tavola. Come era prevedibile, l'occhio tumefatto fu il principale argomento di conversazione.
“Nicky, tesoro, ti fa male? Perché non me lo hai detto, ti avrei messo del ghiaccio!” Louise era apprensiva nei loro confronti, era costretta ad assistere a tante brutte situazioni durante la sua attività e sapeva bene come una banalità si poteva trasformare in tragedia.
“No mamma, non è nulla.”
“Lascialo stare, nostro figlio deve difendersi se lo importunano” si intromise il marito con una sfumatura di orgoglio nella voce. “Bravo figliolo, non devi abbassare la testa di fronte ai prepotenti.”
Lo sguardo del ragazzino era rinfrancato, aveva il costante timore di contrariare Harry ed era certo che avrebbe subito un durissimo rimprovero per la scazzottata. Anche Marla provò un senso di sollievo, le echeggiavano ancora nelle orecchie le urla della sera precedente, inevitabile conseguenza dell'ennesimo brutto voto. L'uomo si era infuriato e aveva ripetuto il consueto ritornello: se Nicky non si fosse fatto una cultura, non avrebbe mai avuto una professione appagante e, in breve tempo, sarebbe diventato l'apprendista del padre.
La ragazza pensava che papà esagerasse: esercitava un mestiere dignitoso, in paese era stimato e tutti apprezzavano la sua competenza. Non c'era niente di male a non laurearsi e a non passare le giornate seduti a una scrivania in mezzo alle carte. Chissà se Harry avesse saputo che la figlia sognava una carriera da investigatrice privata o da detective in polizia. Non c'era alcun motivo di dirglielo. Almeno non per parecchi anni ancora.
Capitolo 1
Il caso Zimmermann

Chicago, febbraio 2011

“Tenente Greenwood! Il sergente Turner sulla linea due!”
La recluta Jimmy Spark annunciò, con tono squillante, l'arrivo della chiamata; Marla sorrise, provava grande affetto per il ragazzo. Jimmy era uscito dall'accademia da meno di un anno e avrebbe dovuto farsi le ossa andando di pattuglia per la città, ma per lui l'esperienza era durata circa sei mesi. Alla sezione omicidi l'organico era carente, uno dei detectives era andato in pensione e un altro aveva chiesto il trasferimento. Il capitano Jack Graham, amico del padre di Jimmy, aveva stabilito di inserirlo subito nella squadra per fargli fare esperienza con i colleghi più anziani. A dire il vero aveva pregato Marla di fargli da mentore, fatto che all'inizio aveva infastidito il tenente. Il suo sconfinato senso della giustizia l'aveva indotta a pensare che fosse un raccomandato e che non avrebbe dovuto avere corsie preferenziali grazie al padre. In seguito aveva imparato ad apprezzarne la serietà e la voglia di apprendere per diventare un valente poliziotto.
“Buongiorno! Come va? Quanti cadaveri oggi?” La voce di Sarah riusciva sempre a rendere migliore la giornata.
“Piantala stupida, sono solamente le nove...” la rimproverò Marla sorridendo, ignara dell'orrore che quel lunedì, all'apparenza normale, aveva in serbo per lei.
“Senti amore, poco fa ho incontrato tuo fratello alla caffetteria: mi ha proposto di andare a cena da loro sabato prossimo.”
“Oh no, non avrai già accettato!”
“Rilassati, sono stata possibilista ma non ho promesso nulla, sappiamo che con il nostro lavoro rispettare gli impegni non è facile. Che cosa ne dici se stasera, ritornando a casa, prendo del sushi? Se l'appostamento di oggi in Hubbard Street fila liscio non dovrei fare troppo tardi, ma non ho voglia di cucinare.”
“Sì, perfetto. Nel pomeriggio ti faccio sapere come sono messa. A dopo Sarah, ti amo.”
“A dopo tesoro.”
Marla e Sarah vivevano insieme oramai da oltre dieci anni, ma di sicuro non si poteva dire che il loro era stato amore a prima vista. Compagne di accademia, entrambe ambiziose e molto capaci, erano state acerrime rivali fino alla fine del corso, tuttavia avevano sempre nutrito un profondo rispetto reciproco. Marla aveva cominciato il suo percorso alla omicidi, mentre Sarah era stata assegnata alla sezione narcotici. Si erano perse di vista per un lungo periodo, poi una rimpatriata fra i compagni e un numero imprecisato di shots di tequila, avevano fatto sì che si risvegliassero all'alba nel letto di Sarah; da quella mattina non si erano più separate. Il telefono squillò di nuovo, stavolta era il capitano Graham.
“Gran brutta storia al Lincoln Park, Greenwood. Vai subito con Silver, Trenshaw e Spark, hanno rinvenuto una ragazzina fra i cespugli.”
Marla si sentì gelare il sangue nelle vene. Era abituata a situazioni tremende, ma quel “ragazzina” le sbatteva nella testa come un martello su un chiodo che non vuole entrare.
Il tenente e i tre colleghi arrivarono al Lincoln in una ventina di minuti. C'erano tre pattuglie, la scientifica e anche il medico legale, la dottoressa Wilson, era già sul posto. Intanto che si avvicinava alla zona delimitata con il nastro giallo, Marla avvertì un colpo allo stomaco: a terra scorse il corpicino esile di una bambina di circa dieci anni.
“Cosa mi dici, Sandy?”
Il tenente stimava moltissimo la dottoressa Sandy Wilson, brillante medico legale che aveva qualche anno più di lei. La conosceva dal 2004, ossia da quando aveva assunto l'incarico di coroner nella contea di Cook; le due si erano piaciute all'istante.
“Ti posso dire che non so se ho mai visto niente del genere” rispose la dottoressa con un misto di rabbia e di tristezza in viso. “L'abbiamo trovata a faccia in giù, strangolata con qualcosa di sottile, forse un filo elettrico. Non ha la biancheria intima, i lividi e il sanguinamento indicano che quasi certamente ha subito uno stupro, ma sarò più precisa dopo l'esame autoptico. Guarda qui...” disse la dottoressa, indicando un'incisione sulla gamba destra della vittima.
L'assassino aveva scritto “FYLS” con una lama sottile. Una parola? Una sigla? Chissà, ma in qualche modo si era firmato. Marla osservò quel visino e capì che rimuoverlo dalla mente sarebbe stata un'impresa ardua. La bambina era stata truccata pesantemente: dagli occhi sbarrati un reticolo di colature nere dipingeva le lacrime degli ultimi attimi di una vita spezzata, da un lato della testa penzolava una dozzinale parrucca di riccioli biondi, simile a quella di un macabro clown.
Marla si allontanò di una decina di metri, a poca distanza da dove l'agente Spark stava vomitando; non voleva che gli altri la vedessero o la udissero mentre imprecava con gli occhi lucidi. Si sentiva confusa come non le era mai accaduto da quando lavorava alla omicidi, però una cosa le era ben chiara: non sapeva come e quando, ma era sicura che avrebbe preso quel maledetto figlio di puttana.
“Mangia qualcosa, dai...” Sarah guardava con tenerezza Marla, alle prese con il suo secondo bicchiere di Merlot.
“Non ci riesco, vorrei soltanto non pensare.”
“Avete identificato la poverina?”
“Al momento no. Abbiamo analizzato le denunce riguardanti bambine scomparse di età compresa fra i nove e i dodici anni, ma nessuna descrizione corrisponde, purtroppo. Potrebbe arrivare da un'altra città, dovremo estendere il campo di ricerca.”
“Sandy ha eseguito l'autopsia?”
“Vuoi davvero che te ne parli mentre hai il sushi dentro al piatto?”
“Sì, ho perso l'appetito pure io.”
“La causa della morte è lo strangolamento, come da ipotesi iniziale. Non è stata deflorata, bensì sodomizzata con particolare violenza e ciò le ha provocato una grave lacerazione intestinale. Aveva un'emorragia interna, se il killer non l'avesse soffocata sarebbe morta comunque. È stata dapprima narcotizzata, poi immobilizzata, con le mani e i piedi legati e la bocca sigillata dal nastro adesivo. Lo stomaco era vuoto, è evidente che l'infame non le ha dato da mangiare. Quello che le è successo non è accaduto all'interno del parco, presumibilmente il cadavere è stato trasportato lì all'ora di chiusura. Sandy sostiene che il decesso risale alla serata di ieri e che, chiunque sia, è stato attentissimo: nessun tipo di impronta, tracce biologiche, pelle, capelli o peli. La riesaminerà daccapo, sperando di scoprire qualche cosa. Ci deve essere qualcosa, cazzo!”
Il tenente scaraventò a terra il bicchiere vuoto, che si frantumò in decine di piccoli pezzi. Molly, la gatta tigrata, corse via come un razzo.
“Vai a farti un bagno, ci penso io a pulire.”
“Perdonami Sarah... è che... è che...”
“Lo so Marla, lo so.”
Marla tolse la vecchia tuta azzurra e slegò la coda che raccoglieva i lunghi capelli neri, immergendosi nella soffice schiuma al profumo di sandalo. Nonostante la prolungata permanenza nell'acqua calda, il senso di schifo che la ricopriva come una seconda pelle non si attenuò. Mise un accappatoio fresco di bucato, asciugò i capelli e andò in camera; Sarah era già a letto, con un libro appoggiato alle ginocchia, che posò sul comodino nell'istante in cui la compagna le si sdraiò accanto. Nessuna delle due aprì bocca, sapevano entrambe che cosa stava provando l'altra. Il tenente fissò il soffitto per qualche secondo e chiuse le palpebre, nel momento in cui Sarah posava la testa sulla sua spalla, cingendole la vita. I boccoli biondi le solleticarono il collo, le labbra morbide sfiorarono l'orecchio e la mano sinistra aprì l'accappatoio.
“No... non stasera...” protestò sottovoce, ma Sarah continuò ad accarezzarla, mentre le baciava con dolcezza il seno. Piano piano le labbra scesero sul ventre e fra le cosce; percepì la lingua scivolare lentamente verso il clitoride e le dita scendere sulle gambe, per poi risalire fino all'inguine. Prima le accarezzarono il sesso, dopo furono dentro di lei con un su e giù all'inizio lento, poi sempre più veloce, intanto che l'altra mano le stimolava il capezzolo. Marla lasciò che la sua compagna la prendesse con delicatezza: ci volle molto tempo prima che i suoi sensi inerti si risvegliassero, facendola gemere di colpevole piacere. Finalmente l'orgasmo arrivò, accompagnato da un urlo che era un tutt'uno di rabbia, godimento e dolore. Si abbandonò ansimando, ma non poté fare a meno di pensare a quella ragazzina senza nome, che aveva conosciuto il sesso nel più ripugnante dei modi. La giovanissima Jane Doe non avrebbe mai provato l'amore e la gioia di due corpi che si fondono in un respiro solo. Colui che le aveva tolto anche questo doveva pagarla a caro prezzo.
La mattina seguente, dopo un sonno insufficiente e tormentato, quando si rimirò allo specchio il tenente osservò le profonde occhiaie che segnavano i bellissimi occhi verdi e, mentre l'odore del caffè inondava l'appartamento, decise che non si sarebbe fatta sopraffare dagli eventi. Lei e la sua squadra avrebbero messo in atto tutto ciò che era umanamente possibile per sbattere in galera quell'orrido criminale.
Non appena Marla giunse in ufficio notò un post-it accanto al suo telefono: la Wilson l'aveva cercata di buon'ora.
“Eccomi Sandy, dimmi che hai novità.”
“Sì e no. Il bastardo è alquanto furbo, ha preso ogni precauzione per evitare di lasciare indizi. Ha lavato con cura le parti intime della piccola, per quello che, malgrado le lesioni, il sangue era scarso. Sui vestiti ho trovato alcune fibre verdi, che suppongo provengano da un telo chirurgico, li ho mandati alla scientifica. L'ha stuprata come se stesse eseguendo un intervento, ha coperto tutto il corpo e isolato la zona della penetrazione, limitando al minimo il rischio di lasciare tracce di sé.”
“Quindi potrebbe lavorare in ambito medico. L'incisione è stata forse eseguita con un bisturi?”
“Sì, è plausibile, ma tieni presente che quei teli sono in commercio su decine di siti online: facili da reperire, impossibili da individuare. La lama adoperata è molto sottile, potrebbe trattarsi di un bisturi o di un taglierino. Uno strumento di precisione non quadra con la scarsa fermezza con cui è stata fatta l'incisione, ma non è da escludere che sia una strategia per confonderci.”
“Cosa puoi dirmi sulla parrucca?”
“L'ho fatta esaminare, è assai comune, le vendono dappertutto.”
“In pratica non abbiamo nulla.”
“Poco e niente. Di sicuro abbiamo a che fare con qualcuno di molto lucido e che non è un dilettante. Probabilmente non è la sua prima vittima.”
“Qui non abbiamo casi simili a mia memoria, ma concordo con te. Potrebbe provenire da un altro stato e avere già colpito altrove, dobbiamo scovare analogie con altri omicidi su scala nazionale. In primo luogo desidero dare un nome alla bambina, da qualche parte c'è una famiglia disperata che non ha notizie. Purtroppo quelle che daremo loro, nel momento in cui li rintracceremo, sono quanto di peggio possano avere immaginato.”
“Storia davvero terribile, tienimi informata. Una di queste sere ti andrebbe di bere qualcosa al Yellow Gardens?”
“Contaci Sandy, questa è un'indagine che richiede un notevole supporto alcolico.”
“Ciao Marla, salutami Sarah.”
“Ok, a presto.”
“Spark! Hai visto il sergente Trenshaw?” chiese il tenente a Jimmy.
“Sta arrivando ora!”
“Mandalo subito da me per favore.”
Charlie Trenshaw era stato per un certo periodo il suo partner, quando lei era fresca di accademia. Si era sempre dimostrato un compagno affidabile e leale; sebbene fosse un sottoposto lo riteneva un buon amico, nonché un detective molto in gamba.
“Buongiorno tenente.” Il sergente posò una tazza di caffè fumante sulla scrivania.
“Grazie Charlie, mi hai letto nel pensiero. Non ho dormito granché.”

Thya B. Wood

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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