Suona la radiosveglia e la voce di Linus riempie la stanza. La spengo subito, non so perché mi ostino ancora a programmare la sveglia visto che apro sempre gli occhi quando fuori è ancora buio. Inizio la solita routine: un caffè, uno sguardo alle notizie, un giro in balcone e di nuovo a letto perché è ancora troppo presto. E penso alla mia giornata, a quante cose mi aspettano. Mi piace avere questo tempo rallentato, solo per me e per i miei pensieri. Oggi no, oggi non riesco neanche a pensare. Dovrei riflettere su quello che mi ha detto il medico ieri, organizzarmi, decidere come procedere. Come dirlo a mio marito, a mia figlia. Alla mia famiglia... come? “Mi passi l'acqua? Ah, ieri sono stata dal medico a ritirare la risonanza. Dice che è una cosa seria e che...” No, no. “Vi devo dire una cosa. Sapete quel mal di testa che pensavano fosse dovuto alla cervicale?” No, neanche così. Devo trovare il modo giusto e il momento giusto, ma non sarà oggi. Oggi desidero una giornata normale. Dopo non sarà più così e devo pensare bene a cosa fare. Un ospite, tanto inatteso quanto indesiderato, si è stabilito nella mia testa e non solo perché da ieri non faccio che pensare a lui, non è solo nei miei pensieri. Si è fisicamente annidato nel mio cervello, è una pallina apparentemente innocua ma dal temperamento piuttosto molesto. Mi alzo e preparo il secondo caffè, il profumo invade la cucina, e stamattina mi sembra più buono che mai. Mi siedo sulla sdraio in balcone, mi piace vedere la città che si sveglia, i primi pendolari che affrettano il passo per non perdere l'autobus, la signora in tuta che porta il cane a spasso. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto avere un cane e che ne avrei preso uno alla fine della mia attività lavorativa. Adesso no, un cane non è più nella mia lista dei desideri. Già dovrò lasciare chi mi ama, non aggiungerò di certo una Molly o un Rex alla lista. Mi accendo una sigaretta. Mi ero ripromessa di smettere ma che differenza può fare ormai? Aspiro il fumo e lo faccio uscire con uno sbuffo. Vorrei poter fare così anche con i pensieri negativi: semplicemente soffiarli via. Non devo crogiolarmi nell'autocommiserazione oggi, devo essere lucida. Mi tolgo il poco che ho indossato per dormire e mi infilo sotto la doccia. Adoro il profumo di questo bagnoschiuma. Mentre mi asciugo i capelli, penso a quanto siano cresciuti, mi piacciono i miei capelli, amo sentirli sulla schiena. Indosso per la prima volta un completino intimo che mi hanno regalato al compleanno dell'anno scorso. Lo avevo tenuto da conto per un giorno speciale e oggi è un giorno speciale, il primo di tutti i prossimi giorni anche se non so quanti saranno. Pochi mesi se non mi curo, forse di più se mi sottopongo alle terapie prescritte dal protocollo. Così ha detto il medico e mentre lo ascoltavo immaginavo una scena di un cartone animato. Il protocollo! Con questa esclamazione intercalava ogni frase la governante mentre istruiva Cenerentola al castello. Cenerentola 2. Quella gran culo di Cenerentola ha avuto pure il sequel. Io no, avrò solo il primo film e a quanto pare sarà un cortometraggio. Mi viene da sorridere. Buon segno, sto perdendo il senno e questo non può che farmi bene. Camicetta bianca, jeans e stivali. Mi trucco, così mi ricordo che non devo piangere. Uso una matita azzurra sulle palpebre e mascara nero sulle ciglia per far risaltare i miei occhi. Mia figlia ancora dorme. Anche lei ha i capelli lunghi, non biondi come me, ma castani con degli splendidi riflessi rossi, dono di mia mamma. Gli occhi sono scuri e bellissimi, dono di mio marito e della sua nonna thailandese. Entro in camera e guardo Lorenzo stiracchiarsi nel letto, gli sorrido porgendogli la tazzina e mi siedo sul letto vicino a lui. “Il caffè a letto? Sei già pronta? Sei bellissima. C'è qualche ricorrenza che non ricordo?” Ride e mi bacia. “Come mai esci così presto?” Già, come mai? Oggi ho voglia di sentire il sole in faccia, di scendere una fermata prima e di andare a piedi. Questo è quello che penso ma la risposta che mi sento dire è diversa. “Ho tanto da fare oggi”, esclamo con un sorriso. “A stasera.” Prendo la giacca, la borsetta ed esco. Uscendo, mando un messaggio a Nicole. “Ho un imprevisto a casa, mettimi in ferie oggi e domani per favore e spostami gli appuntamenti alla prossima settimana. Domani ti chiamerò, baci!” Prendo l'autobus. Nicole, il mio capo anche se lei mi presenta sempre come collega, è una delle mie più care amiche, le devo molto. Ero entrata nella sua squadra come segretaria quindici anni fa. Dovevo occuparmi di pratiche, clienti e appuntamenti. Lei, che è un architetto molto affermato, era rimasta colpita dal mio entusiasmo, aveva apprezzato alcuni miei suggerimenti e, poco dopo avermi assunta, mi aveva proposto un corso da arredatore d'interni pagato dal suo studio. Ho superato il corso brillantemente. Finalmente avevo trovato qualcosa nelle mie corde dove mi sentivo brava. Ho studiato tutte le notti. Non volevo farle pensare che non apprezzassi il corso, che ancora oggi considero un regalo. Dopo aver brillantemente ottenuto l'attestato da arredatrice di interni, mi sono poi iscritta ad Architettura, il mio sogno. Un'università privata molto rinomata e seria, ma anche molto costosa. Non che sia una fan delle scuole private, anzi, ma non sarei riuscita a seguire un ordine di studi classico, tra il lavoro allo studio, la bambina e Lorenzo. Ho cercato una struttura che mi permettesse di usare il tempo nel migliore dei modi. Sono stati anni piuttosto intensi. Ho fatto straordinari, venduto libri, vestiti, gioielli che non amavo. Ho dato ripetizioni, fatto la bambinaia, portato a spasso cani. Trovavo sempre una storia diversa per giustificare le mie assenze: ero rimasta bloccata nel traffico, una mia amica aveva un problema e dovevo correre da lei, un blackout allo studio mi aveva fatto perdere due ore. Lorenzo in quel periodo era molto preso da un progetto di risanamento di una grande società e non si è mai accorto delle mie bugie. Le ripetizioni e le attività di baby-sitter le facevo nel mio domicilio, in modo da non dover lasciare Sara. La notte, quando Lorenzo ormai dormiva profondamente, dedicavo almeno due ore alle vendite on line e alle traduzioni. La mattina presto e la sera dopo cena, tre volte a settimana, portavo a spasso cani, a pagamento. Jogging: così avevo raccontato a casa. Mi sono pagata tutto fino all'ultimo centesimo, senza gravare sul bilancio familiare, cosa che avrebbe fatto nascere sicuramente dei dubbi in mio marito. Ho continuato a sacrificare il sonno per studiare, fare progetti e tavole, inventando scuse i giorni degli esami andando avanti senza sosta. Nessuno ha saputo nulla fino a che non mi hanno fissato la data della laurea. Il giorno della discussione della tesi mi scambiavano tutti per una professoressa. A quarant'anni non è da tutti laurearsi senza essere andata fuori corso. Faccio più o meno le cose che facevo prima ma ora che sono architetto firmo i progetti con il mio nome guadagnando molto di più. La mia famiglia si è un po' arrabbiata. “Fare tutto di nascosto. Come hai potuto?” Poi mi hanno perdonato questa ennesima stravaganza e mi hanno preparato una festa di laurea favolosa. Chissà se mi perdoneranno mai per la bugia colossale che sto per imbastire. Sarà l'ultima e non avranno neanche occasione di tenermi il muso. Sicuramente stavolta non seguirà una festa favolosa. Sorrido di nuovo. Eh sì, sto proprio perdendo la ragione. Smetto di fantasticare. Persa nei miei pensieri sono arrivata al capolinea. Meno male che volevo scendere una fermata prima. Adesso rido. C'è una fermata metro, la prendo per andare in centro. Approfitto di questa giornata libera. Una fitta alla testa mi ricorda qualcosa che sto cercando di dimenticare. Passo in farmacia, il medico ha detto che queste sono bombe. Mentre lo ascoltavo, riuscivo persino a vederlo con i capelli scompigliati e i baffi bruciati dall'esplosione. Mi accomodo al tavolino di un bar all'aperto, è una bella giornata e mi piace guardare la gente che passeggia. Cappuccino e maritozzo con la panna, mantenere la linea non è più la mia priorità.
Anna Bisagni
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