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Autore: Monika Venusia
Attimi di un'altra vita
Romance Giallo
Lettori 2839 12 7
Attimi di un'altra vita
Settembre, Roma 2019
- Andrea Andrea non correre. Fermati potresti cadere - .
E subito avvenne, così lei si inginocchiò vicino al bam-bino che era caduto ai piedi di un uomo e lo strinse a sé dicendogli: - Te lo avevo detto, chiedi scusa al signore - .
Così il bambino, alzando lo sguardo, chiese scusa e la madre lo avvicinò a sé, gli carezzò poi i capelli, che si alza-rono un poco ai suoi lievi movimenti.
L'uomo, che si era inginocchiato per dire loro che era tutto a posto, rimase scioccato quando vide sulla nuca del piccolo una voglia a forma di quadrifoglio. Era la stessa che aveva lui e nel medesimo posto; d'istinto toccandosela alzò lo sguardo e incrociò quello della donna, mormo-rando: - Angela - .
Lei lo fissò sorpresa.
- Mauro - .
Rimase ammutolita davanti a lui e accostò a sé, ancora di più il piccolo Andrea, pensando che dopo tanti anni si incontravano percaso, in un Sigma. Lui non aveva idea di quello che era successo, del grande dono che le aveva fatto senza saperlo. Andrea era tutta la sua vita.
Non era cambiato molto, in quell'arco di tempo che non si erano visti, era sempre bello e molto affascinante. Non lo aveva riconosciuto subito, anche se era sempre lo stesso, un po'lo trovava cambiato. Alto, muscoloso eai-tante, con la divisa sembrava ancora più attraente.
L'uomo era rimasto in ginocchio e li stava esaminando. Non poteva essere, altrimenti glielo avrebbe detto, oppure no? Quel bambino era uguale a suo figlio Alessandro, quando era piccolo, stessi occhi verdi e stessi capelli ca-stano chiaro.
Ormai, erano passati sei anni, dal loro ultimo incontro. Ora capiva molte cose. Il perché dell'improvvisa sparizione e del fatto che non rispondeva più ai messaggi e alle telefonate. Chiuse la mano a pugno.
Lui aveva mille difetti ma adorava i bambini. Guardò il piccolo, gli fece una lieve carezza sul viso, e poi spostò condurezza lo sguardo sulla donna.
- Perché non mi hai detto nulla? -
- Andrea vai a prendere il gelato, quello che ti piace tanto, che poi lo mangiamo - .
Così il bambino si allontanò.
- Non possiamo parlarne adesso. Non voglio che senta - .
Lui le fece un sorriso amareggiato.
- Sei ancora sposata con Roberto? -
- Certo, gli voglio bene - .
- Lo so. Ascolta io devo sapere. Se non vuoi dirmelo oggi perché c'è il piccolo aspetterò domani, ma vieni qui da sola così ne discutiamo assieme. Ricorda che se non ti vedo so come organizzarmi - .
- Verrò non preoccuparti, era da tempo che mi portavo dentro un sano e grande senso di colpa - .
- Va bene, ci vediamo domani alla stessa ora - .
Mentre andava via lo vide che metteva nel carrello il gelato e notò che era al caffè. Chiuse la mano a pugno, quello era anche il suo gusto preferito. La sua vita era un gran casino, era un uomo che usava le donne per il sesso e loro lo sapevano, ma adorava il figlio Alessandro. Avrebbe adorato anche Andrea. Perché non gliel'aveva detto? Per colpa del marito e anche per il suo carattere chiuso. Aveva sofferto molto nella vita con le donne e per questo si era deciso ad avere delle storie solo a base di sesso senza sentimento. Dopo un matrimonio fallito, durato dodici anni e una convivenza che gli aveva donato Ale, aveva chiuso con le storie serie. Il suo solo amore era per il figlio e tale sarebbe rimasto per sempre. Fino a quando era comparsa lei.
Non riusciva a staccarle gli occhi da dosso, quella donna lo aveva stregato. Con lei era cominciato come con tutte le altre, poi era tutto cambiato. Quel carattere brioso, il modo dolce di porgersi e di prendere la vita tra le mani. Era caduto nella sua stessa rete e poi aveva sofferto molto. La stava guardando mentre prendeva il bambino, mettendolo nel carrello e allontanandosi. Era sempre molto bella, piccola e formosa, e come succedeva sempre con lei si era già eccitato. Si sentiva molto teso e non ve-deva l'ora che arrivasse il giorno dopo. Intanto, mentre usciva dal supermercato per tornare alla macchina, pen-sava a ciò che era successo in quel lungo periodo e al loro primo incontro.
Aveva lasciato da tre anni la compagna per cui era single. Aveva acceso il cellulare per cercare qualche donna, da poter contattare.
Il lavoro gli permetteva molte distrazioni, ma essendo anche il comandante, preferiva non avere storie con le colleghe. A un certo punto aveva notato una donna in una foto di un locale. Era rimasto sorpreso dalla sua bellezza. Era bruna e formosa, proprio il suo tipo. Le donne troppo magre non gli piacevano. Portava un top bianco e blu e dei jeans. Era davvero bellissima,aveva abbassato lo sguardo e il profilo diceva a chiare lettere che la donna in questione era sposata.
Perché non provarci lo stesso?
D'altronde la ex moglie, era già stata sposata e così an-che la ex compagna, che aveva due figli che per un periodo lungo aveva anche cresciuto pensandoli come suoi. Lui era riuscito a fare in modo che lasciassero i compagni.
Così le chiese l'amicizia.
Sorrise, ricordava addirittura, cosa si dicessero.
Mentre tornava a casa, continuò a pensarla. Ancora conservava le chat che aveva condiviso con lei, compreso l'ultimo messaggio.
Si fermò in tabaccheria per comprare le sigarette e ne approfittò per leggerle di nuovo, era da tempo ormai che non lo faceva. Anche se per un periodo piuttosto lungo non aveva smesso di farlo in quanto non riusciva a capire perché fosse scomparsa nel nulla. Eppure, avrebbe dovuto capire quell'atteggiamento. Lui troncava subito senza sensi di colpa la frequentazione non appena capiva che per quelle donne stava nascendo qualcosa in più del dovuto e invece, quando era scomparsa lei, aveva sofferto e molto. Non se lo sarebbe mai aspettato ma gli era entrata dentro come nessuna ci era mai riuscita, neanche la ex compagna.
Si rimise in auto e aprì il cellulare mettendo su Mes-senger. L'aveva salvata anche su WhatsApp. Un incontro che aveva per scopo quel fine. Invece poi, la vita era dav-vero strana, a volte.
Abbassò lo sguardo e cominciò a leggere, per l'ennesima volta quei messaggi.
“Ciao, sono Angela piacere.”
“Ciao, io sono Mauro piacere mio.Che fai nella vita? Io sono il comandante della polizia di Roma.”
“Io invece sono la segretaria di uno studio medico.”
“Bello, ti piace il lavoro che fai? Io, lo adoro.”
“Sì, mi piace molto. Avere a che fare con le persone è interessante.Come sei? Sei lo stesso della foto?”
“Sì, cara, ne dubitavi?”
“No, ma non tutti mettono quelle reali.Dimmi, di che colore hai gli occhi?”
“Ho gli occhi verdi e sono castano. Tu? Nel profilo, hai gli occhiali da sole.”
“Io sono bruna, con occhi nocciola. Quanto sei alto?”
“Sono un metro e novanta, tu?”
“Un metro e sessanta.”
“Altezza giusta, direi. Dimmi, come ti piace vestire?”
“Casual, la gran parte delle volte e a te?”
“Io sono quasi sempre in divisa, ma quando esco prefe-risco casual anche io. Che colori preferisci?”
“Azzurro e rosa, tu?”
“Nero e grigio. E il gelato preferito?”
“Crema e caffè, tu?”
“Caffè.”
“Cara, mi si sta scaricando il cellulare, ti ricontatto ap-penapossibile. Che ne dici tra un'ora?”
“Va bene, a dopo.”
Leggendo non si era accorto del tempo trascorso, ma era già passata mezz'ora e doveva tornare a casa. Quella sera si sarebbe visto con Ale e sarebbe uscito conlui.Quel ragazzo adorava la pizza e lo avrebbe accontentato,dopo averlo seguito nei compiti.
Sorrise,pensando che poi l'aveva contattata di nuovo quella prima sera. Si stupiva perché non amava scrivere, né mettersi in mostra. Era un tipo chiuso, ma quella donna era davvero simpatica.
Così, quando arrivò a casa, parcheggiò la macchina e salìaprendo il cancelletto con la chiave. Poi andò verso la portae la aprì entrando nel corridoio, notando che ilfiglio era già arrivato e aveva appoggiato lo zaino sul mobile dove di solito metteva le chiavi e c'era l'appendiabiti. Si tolse la giacca, epoi andò verso il salotto, dove lo trovò in-tendo a guardare una partita registrata del Milan, passio-ne che li accomunava.
- Ciao! Cosa ne dici se questa sera andiamo a mangiare una pizza? -
Lui si girò e annuì contento.Intanto era rimasto a fis-sarlo, notando le moltissime somiglianze con il bambino incontrato qualche ora prima. Chiuse di nuovo le mani a pugno. Come poteva essere successo?Lasciò solo il figlio e si avviò nella stanza, desiderava guardare gli altri mes-saggi, i tanti messaggi che ebbero per lungo tempo, prima e dopo essersi incontrati. Così, sì spogliò restando in slip, si mise sul letto aprendo la chat e sorridendo.
“Lo sai che sei bellissima?”
“Grazie tante, sei davvero gentilissimo.”
“Credo che quando ci incontreremo, non potremo fare a meno di piacerci. Tu già mi piaci molto.”
“Ma lo sai che sono sposata e sono felice? Magari po-tremo instaurare un rapporto di amicizia.”
“Ma quale amicizia? Quando sento quella sensazione con una donna non potrà mai esserci nessuna amicizia.”
“Ma quale sensazione?”
“Simpatia, attrazione, voglia di sentirti e di vederti.”
“Ma se non ci siamo mai visti, come fai a dire che non potremo mai essere amici?”
“Me lo sento. Ma perché insisti sempre sull'amicizia?”
“Perché sono sposata.”
“Cosa mangi per cena?”
“Io insalata con cotoletta e tu?”
“Pizza con mio figlio, adora la Pinocchio.”
“Anche io.”
“Davvero? Io preferisco la Margherita.”
“Buona anche quella.”
“Tu sai cucinare?”
“Sì, molto bene e tu?”
“Così così. Adesso vado, buona serata.”
“Anche a te.”
Un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra... 
P
Ti ho trovato, sto bene con te, ti amo, ma perché non basta? Era questo che pensava Angela Brown, mentre stava cucinando il polpettone al forno. Era sposata da otto anni, con un uomo meraviglioso, che la amava e incarnava la dolcezza e la gentilezza in persona. E anche lei lo amava,era felice della sua vita e del suo lavoro. Era soddi-sfatta di tutto, ma allora perché era stata attratta così tanto dal comandante della polizia Mauro Lancillotti? Con lui, aveva scoperto una parte di sé, che non credeva esi-stesse. Era bastato un singolo sguardo in quegli occhi di giada ed era caduta nella sua rete, per non riuscire più a uscirne. Sarebbe rimasta legata a lui per sempre. Era in-credula perché quell'uomo le aveva donato una fetta di felicità che credeva le fosse preclusa. Aveva combattuto per ottenerlo, aveva tentato tutte le cure esistenti e alla fine si era rassegnata, guardando con tristezza le altre famiglie che tenevano per mano i loro figli.
Mauro le aveva donato tanto, le era dispiaciuto tener-glielo nascosto, ma quello era il frutto della loro storia. Si potevano amare due uomini tenendone serbato uno nel cuore per anni?
Sì, anche se poi il sentimento per uno dei due, era stato più forte. Lei aveva scelto Roberto: il marito, il compagno di mille avventure, l'anima gemella.Eppureadesso che lo aveva incontrato di nuovo, il cuore aveva ricominciato a battere in maniera furiosa. Sapeva che il giorno dopo gli avrebbe dovuto raccontare tutto fin dall'inizio. Lo avrebbe affrontato, era certa nel suo cuore della sua reazione, ma gli doveva una spiegazione.
Mentre apparecchiava la tavola, pensava al loro primo incontro,alla paura,alla timidezza e al senso di colpa, per-ché essendo sposata non avrebbe dovuto vederlo, ma non ci era riuscita.
Quel giorno l'aveva chiamata mentre era in ufficio e le aveva detto che stava poco bene per cui sarebbe uscito prima dalla caserma per una visita. Però avrebbe finito in-torno alle tredici e voleva sapere se fosse possibile incon-trarsi.
Il cuore batteva fortissimo e, anche se aveva paura, lo desiderava. Così disse di sì, e si diedero appuntamento per le quattordici in un negozio di musica.
Uscì prima dal lavoro e senza dire niente al marito, de-cise di prendere la macchina e andare.
Quando arrivò parcheggiò, lo chiamò e lui rispose, po-co dopo si videro. Lei rimase a fissarlo quasi inebetita, era rimastaincantata dai suoi occhi e dalla altezza. Era davve-ro un uomopieno di fascino, di circa quattro anni più di lei.
La prima cosa che lui fece fu di avvicinarsi e parlarle, lei erastata presa da una imbarazzante timidezza, sentendo-si bloccata.
- Lascia la macchina qui e andiamo con la mia. -
Sorrise e si avviarono verso la macchina, salendo.
- Dove andiamo? -
- Che ne dici di una pizzeria? Hai mangiato? -
Lei disse di no, ma aveva anche poco tempo. Per cui andaronoverso la pizzeria Rosso Pomodoro che si trovava da lì a poco.
La prima cosa che fece fu di mettere la cintura di sicu-rezza. Leisi sentiva più sicura così. E lui la fissò sorridendo.
- Metti sempre la cintura? -
Lei annuì e lui sospirando la mise.
Poco dopo parcheggiarono e si avviarono assieme.
Mauro aveva notato, che dal vivo, quella donna era ancora piùbella e perfetta, ma anche molto timida. C'era una notevoledifferenza tra la chat e la realtà, avrebbe vo-luto prenderle lamano, ma lasciò per il momento stare. Però le sfiorò la schiena per accompagnarla al tavolo se-guendo ilcameriere.
Non appena si sedettero la guardò.
- Angela, tutto bene? Sei contenta di vedermi? -
Lei era diventata così timida all'improvviso, che si era sentitacome bloccata, con la lingua inceppata,poi cercò di parlare con notevole sforzo.
- Certo che sono contenta, altrimenti non sarei venu-ta. -
Mentre stavano per ordinare le sorrise.
- Posso tenerti la mano? -
- Sì, puoi, te lo avevo anche detto in chat. -
- Lo so, ma è meglio chiedere di nuovo. -
E sorrise, prendendole la mano, finché, non arrivarono lebevande.

Mentre era persa nei pensieri, a un certo punto il mari-to la strinse da dietro.
- Allora è pronto? -
Lei si girò e si strinse a lui, facendosi avvolgere dalle sue braccia e appoggiando la testa sul suo petto. Si sentiva bene non aveva bisogno di altro.
- Sì, ormai è pronto. Vai a chiamare tu, Andrea? -
Lui annuì.
Le diede un dolce bacio sulle labbra e poi si avviò. Non appena tornò con il bambino in braccio, lei li guardò con immenso amore. Lo misero sulla sedia, con un cuscino sotto e poi iniziarono a mangiare. Era vicino a lui per ta-gliere il cibo e imboccarlo,adorava prendersi cura di lui e in un attimo dimenticò tutti i pensieri annegando in quelle iridi verdi e in quel sorriso genuino. Non riuscì a tratte-nersi e gli diede un bacio sulla guancia.
Fu mentre lavava i piatti, che riprese a pensare a quello che era successo.
La pizza era ottima, ma non fu questo. Lei si sentiva come guardata e additata da tutti. In realtà non era così, ma questo senso di soffocamento l'aveva fatta sentire i-nadeguata, anche se contenta. Percepiva una grande dol-cezza in lui che cercava di parlarle.
Molto dopo riuscì un po' a sbloccarsi e a chiacchierare. Il tempo purtroppo passò in fretta e così venne il momen-to di salutarsi con la promessa di risentirsi e rivedersi. Quando la accompagnò alla macchina cercò di abbrac-ciarla, ma lei lo scansò. Non si sentiva affatto pronta, an-che se ne era stata tentata.
Era ormai giunta sera e il momento si avvicinava. Era preoccupata? Un po' sì, ma non c'era nulla da fare. Così, si mise il pigiama e andò a sedersi accanto al marito per vedere la TV.
La notte era passata e stava facendo colazione, quella mattina era davvero agitata, non sapeva come spiegargli tutto quello che era successo, ma allo stesso tempo non vedeva l'ora di togliersi quel peso. Lui non avrebbe mai immaginato quello che aveva passato e che aveva provato.
Notava giorno per giorno che Andrea assomigliava moltissimo al padre, ma anche a Roberto, che lo amava. Aveva preso da lui un sacco di preferenze, come l'amore verso la pittura e all'asilo dicevano che era molto portato. Lei rideva, perchése fosse stato per il padre, gli avrebbe insegnato anche a suonare il pianoforte e delle volte alla sera cantavano insieme al karaoke. Insomma, si diverti-vano mentre lei leggeva o li guardava intenta, pensando che il vero padre suonava la chitarra elettrica, per cui forse il bambino era davvero portato.
Mentre mangiava il cornetto, pensava che il figlio da lei non aveva preso proprio niente. Così finita la colazione, si preparò e andò a svegliare il piccolo per poterlo portare a scuola. Era adorabile al mattino, anche se per lei lo era sempre. Gli accarezzò la massa di capelli e lo svegliò con un bacio.
Dopo una mezz'ora scrisse al marito già uscito di casa, per chiedere se poteva passare a prendere il figlio a scuola, dicendo che doveva lavorare un po' di più quel giorno. Così riuscì in qualche modo a risolvere la situazione. Le ri-spose che sarebbe passato e che poi si sarebbero visti a casa, quando avrebbe finito con i clienti allo studio di av-vocati associati, vista la mole di lavoro che aveva. Mentre lo accompagnava dentro alla scuola e poi in classe, sentì una sensazione di calore espandersi dentro di lei. Quel bambino erastato frutto di un miracolo. Era incredibile quello che era successo.
Lo lasciò alla maestra dopo avergli dato un bacio sulla guancia epoi uscì, tutto sommato contenta.
Le ore al lavoro passarono in fretta e venne presto il momento divedersi con Mauro. Così uscì dallo studio per la pausa pranzo e si avviò al negozio di musica.

Quella notte Mauro non aveva dormito. Desiderava in-contrarla al più presto e questa situazione lo aveva fatto eccitare moltissimo. Si era dovuto dare piacere due volte enon gli succedeva da tanto tempo una cosa del genere. Era incredibile come quella donna gli facesse ancora quell'effetto, non si erano toccati ma solo visti di sfuggita e si era eccitato, rendendolo molto astioso. Il lavoro che svolgeva era basato sulla concentrazione, stava indagando su un killer da alcune settimane e questa situazione proprio non ci voleva. E poi perché lo aveva dovuto sco-prire così? Eppure,lei sapeva che l'unica cosa che amava al mondo era il figlio, per cui perché non glielo aveva detto? In fondo sapeva che era per via del sentimento che la legava al marito. Aveva pensato quasi tutta la notte a lei e ad Andrea.
Si notava quanto Angela amasse il figlio. Sorrise ricor-dandosi una conversazione avuta dopo due mesi di cono-scenza.
Erano a letto assieme dopo aver fatto l'amore, le stava accarezzando i capelli, tenendola su di sé. Tutto era inizia-to solo come sesso, mentre in lui stava scaturendo una sensazione di tenerezza, che non aveva mai provato per una qualsiasi altra donna. Già mentre la toccava comin-ciava a sentirsi di nuovo eccitato. Quel corpo addosso a lui, lo faceva sentire più maschio che mai, quelle forme erano bellissime e morbidissime e il loro posto era tra le sue braccia. Non era per nulla grassa, ma aveva le forme al punto giusto, era perfetta per lui.
- Piccola, meno male che non ti sono venuto dentro, avevo dimenticato il preservativo. - Lei aveva alzato il viso verso di lui con un'espressione triste.
- Non ti preoccupare, io non posso avere figli. Tra i tanti difetti questo è il peggiore in assoluto. -
Lui si sedette portandosela al petto e stringendola, poi guardandola in viso le aveva mormorato dolci parole.
- Piccola, questo non è un difetto. Tu hai un sacco di pregi e poi un uomo non giudica una donna solo perché non può avere figli, ma per come è dentro, non credi? Poi nemmeno si giudica se si vuole bene. Si accetta per come è. -
Lei annuì, ma lui notò che dentro agli occhi albergava un grande dolore.
Continuò ad accarezzarla con tenerezza. Di norma con le donne con cui andava a letto non parlava di questioni tanto personali, ecco perché invece con lei era diverso. Di-ceva i suoi problemi, non era abituato a farlo e non desi-derava parlare del proprio dolore e della propria insoddi-sfazione. Solitamente le persone volevano solo usarlo per lasua ricchezza. Il lavoro che faceva era pericoloso, pote-va morire a causa di una missione, anche se ben retribui-to. Con lei quel sentimento stava crescendo, travolgendo e pensando di poter crescere insieme il figlio Alessandro.
Tornò al presente mentre si preparava il caffè alla macchinetta, tra poco sarebbe dovuto andare al lavoro.
Alla fine,lei gli raccontò che aveva tentato di tutto, prima le cure normali con l'aiuto del progesterone e delle siringhe, poi era arrivata agli innesti, perché il ginecologo le aveva detto che l'ovulo aveva una barriera più spessa del normale e lo spermatozoo non riusciva a sfondarla.
Questo lo portò a pensare, mentre sorseggiava il caffè bollente, che lui c'era riuscito.
Poco dopo salì e andò a fare una doccia,la giornata stava per iniziare con le sue indagini anche se non vedeva l'ora che arrivasse la pausa pranzo per vederla.
Poco dopo, andò a svegliare il figlio per avvisarlo che sarebbe uscito e che doveva prepararsi per andare a scuola. Ale frequentava il secondo anno del liceo lingui-stico. Alle volte si sentiva incredibilmente vecchio nei suoi quarantacinque anni e con un sacco di pensieri. Sapeva che il figlio non voleva essere accompagnato, ma preferiva andare da solo con il motorino, che gli avevano preso lui e la ex, dopo svariate richieste.
Andò quindi verso la porta, prese le chiavi della mac-china e uscì.
Adesso avrebbe dovuto pensare soltanto al caso, e in-vece non aveva in mente che lei e il bambino.
In fin dei conti la loro storia era durata solo otto mesi, ma per lui erano stati intensi, sperava che anche per lei fosse stato così.
Non appena arrivò, i sottoposti iniziarono a parlare delle novità scoperte per l'indagine. Il tempo passò in fretta tra caffè e documenti, finché arrivò il momento della pausa pranzo, dove si sarebbero visti.
Una cosa che non avrebbe potuto dimenticare era il vezzeggiativo simpatico che lei gli aveva affibbiato. Un giorno mentre era allo studio gli aveva scritto in Wha-tsApp.
“Cosa stai facendo? Lavori come al solito?”
Le aveva mandato una gif di un panda alla scrivania sommerso da un sacco di carte. Da allora lei dopo uno smile con un sorriso benevolo, lo aveva chiamato sempre Pandino, ed era rimasto un nomignolo affettuoso. Com'era possibile che tutto fosse finito in una bolla di sa-pone? Eppure, pensandoci adesso, avrebbe abbandonato l'idea del solo sesso senza sentimento, in quanto con lei avrebbe potuto affrontare tutto. Da quando era scom-parsa, non aveva più avuto sensazioni così intense, ma solo serate di sesso senza continuità e gli andava bene così.
Adesso però lei era tornata e tutto sarebbe cambiato.
Arrivò al negozio di musica e parcheggiò.
La vide appoggiata alla macchina, come pensierosa. Scese, chiuse con il telecomando e si avviò. Come il giorno prima era bellissima, con i capelli sciolti sulla schiena, bruna con riflessi ramati, e vestita con un tailleur rosa an-tico, pantaloni e camicia. Era la quintessenza della fem-minilità. Quel viso, quegli occhi e quelle labbra, erano solo da mordere e succhiare per farle diventare gonfie e rosse.
Non doveva pensare a quello ora, era arrivato il mo-mento della verità.
- Angela, ciao - .
Lei aveva alzato lo sguardo. Lo aveva visto anche prima ma aveva fatto finta di niente, era sempre affascinante, con la divisa ancora di più.
Delle volte rimaneva in contemplazione. Era davvero molto sexy.
- Vieni, dai andiamo in qualche bar, così siamo più tranquilli - .
Avrebbe voluto essere duro, ma non ci riuscì. La prese per mano e andarono verso la macchina. La aprì e lei si accomodò dal lato del passeggero mettendo la cintura di sicurezza. Questa cosa lo fece ridere. La mise anche lui e dopo aver avviato una canzone di Ed Sheeran, si avviò al bar più vicino. Lui ne conosceva vari, ma aveva optato per il Caffè del professore. Piccolo e tranquillo, così avrebbero potuto chiacchierare senza fretta.
Scesero, anche se lei continuava ad avere il viso verso il basso e si mordicchiava il labbro inferiore.
- Angela stai tranquilla non c'è motivo di essere nervosi, ok? -
Avrebbe voluto accarezzarle il viso pallido, immaginava che fosse nervosa ma non spaventata. Si doveva trattene-re, tra loro non c'era più niente. Anche se prima, tenen-dole la mano piccola ed esile nella propria, calda e gran-de,aveva sentito un calore incredibile e anche una grande eccitazione.
Il cameriere li fece accomodare e dopo aver ordinato, lui un caffè e lei una cioccolata calda, cominciarono a parlare. Anzi lei cominciò a parlare.
Intanto che metteva le idee in chiaro, cosa che stava facendo dalla sera prima, si continuava a mordicchiare il labbro inferiore. Finché non cominciò quasi forzandosi a parlare, come quando lo aveva visto per la prima volta.
- Tu lo sai, io credevo di essere sterile. Per cui mai avrei immaginato che potesse succedere una cosa del genere. Invece dopo il nostro ultimo incontro, ho scoperto di stare sempre male, con continui mal di pancia, vomito, stan-chezza, giramenti di testa, i seni che mi dolevano spesso, così alla fine siamo andati dal medico, per fare delle ana-lisi. Pensavo avessi qualche malattia grave, tipo un cancro o un tumore, invece ci dissero che aspettavamo un bam-bino, e che era solo di una settimana.
Rimasi così scioccata. Incredula, perché non poteva es-sere reale. Non poteva succedere proprio a me. Dopo qualche giorno, ti mandai l'ultimo messaggio che diceva appunto di non poterci più vedere, troncando ogni rap-porto, ma ancora ero incredula e per cui decisi di fare altri test e poi di andare da un ginecologo. Sembra una follia, sai di quelle nei film, ma comprai quattro test in farmacia e li feci tutti. Uscirono tutti positivi. Così seduta sul divano ancora dubbiosa piansi di gioia e disperazione - .
Lui la stava guardando e aveva notato che aveva gli oc-chi lucidi e che stava colando qualche lacrima. Ma mentre raccontava,arrivò la cioccolata e il caffè che le diede modo di fare una pausa.
Aveva notato che ne aveva bisogno. Le diede un fazzo-letto che leiusò per asciugarsi le altre lacrime e poi parlò.
- Stai tranquilla calmati e poi quando sarai pronta, con-tinui - .
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, erano un lago dove sipoteva benissimo affondare e restarci, un lago di dolcezza e diaffetto, forse ma solo forse, ci sarebbe af-fondato volentieri.
Le porse un bicchiere di acqua che bevve, poi si calmò e dopoaver sorseggiato un po' di cioccolata, decise di continuare.
- Tu forse non lo sai, ma mi hai fatto un dono inestima-bile. Mi eroarresa, rassegnata, guardavo alle cose positive che avevo, ma portavo sempre un grande dolore nel cuo-re. Per molte donne è semplice,fanno l'amore e restano incinta, per altre invece un figlio è un rifiutoda gettare via, per me era un dono impossibile. Avrei voluto ancheuno di quei figli abbandonati. Lo avrei amato lostesso con tutto il cuore.
Dopo il primo mese, quando mi ero convinta che era la realtà enon un'illusione, cominciai a sentirmi contenta e anche in colpaverso di te, che non avresti mai visto il bambino. Il senso di colpa eraschiacciante, avrei dovuto dirtelo, ma non avrei potuto distruggere il mio matrimo-nio.
Così alla fine, decisi di cancellarti,perché non sarei riu-scita a continuare con tutte queste sensazioni. Adire la verità quando poi è nato Andrea, non ho avuto occhi che perlui. Tu penserai che sia stata una stronza, e forse hai ragione, ma ilbambino è cresciuto in un mondo di amore - .
Poco dopo prese dalla borsa un album di foto e una cartellinamedica. Poi riprese a parlare.
- Questo non ti restituirà il tempo perso, ma ho creduto fosse giustoalmeno che le vedessi - .
Gli porse il tutto e dopo aver spostato la tazzina, co-minciò aguardare. La prima cosa che vide fu l'ecografia. Erano tutte là, dallaprima all'ultima. Era esausto e arrab-biato ma anche emozionato.
Aveva gli occhi lucidi. Guardò anche le foto dell'album, da quandoera incinta alla nascita. La guardava, era bellis-sima anche così.
L'avrebbe voluta proteggere da tutti, toccarla, appog-giare il viso allapancia per sentire il calcetto del figlio, stringerla a sé, quando non sisentiva bene, invece non aveva voluto, potuto. Dopo una decina diminuti, cominciò a parlare.
- Non ti dico che non soffro per questo. Da un momento all'altro miritrovo con un altro figlio. Devo riflettere bene sul da farsi. Sappi chenon ho mai pensato di citarti al tribunale, ma da oggi desiderofrequentare il bambino e conoscerlo. Adesso andiamo via, devoriflettere bene, mi sento molto ma molto turbato - .
- L'ho sempre saputo che non mi avresti citato e capisco benissimo quello che provi - .
Questa volta non le diede la mano, avrebbe voluto, perché anchese soffriva, aveva capito con molto ritardo di amarla, ma non poteva farlo. Da adesso in poi avrebbe fatto parte della loro vita.
- Ti chiedo una sola cosa - .
- Dimmi - .
- Il bambino lo voglio conoscere ma non desidero avere contatti con tuo marito - .
Lei annuì. Lo capiva, il cuore batteva molto forte.

Monika Venusia

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Scrittori si nasce Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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