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Autore: Enzo Amoruso
Figlia della meraviglia
Romanzo
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Figlia della meraviglia
Raggiunsi il nonno nella sua casetta sull'Appia dove aveva una vigna che produceva un vino fragolino squisito.
Salii i gradini a due a due, mio nonno era in biblioteca, bussai timidamente e percepii la sua voce sempre tranquilla: “Entra.”
Entrai proprio nel momento in cui accartocciava un foglietto e lo gettava nel cestino posizionato in un angolo sotto la finestra.
“Canestro”, hai ancora una buona mira. “Non sempre, guarda dietro al cestino.”
In quel momento entrò una cameriera in grembiulino con un vassoio carico di pasticcini.
Finita la lauta colazione, si prese un attimo di riposo mentre sorbiva il terzo caffè.
Mi sembrò il momento buono per comunicargli la notizia: “Nonno, ho ricevuto una richiesta straordinaria.”
“Ah, di che si tratta?”
“D'investigare sulla scomparsa di una persona.” “Investigare? Da quando sei diventato investigatore?”
“Beh, non proprio un investigatore, ma una certa esperienza e capacità di osservazione, credo di averli.”
“Da chi ti verrebbe questa offerta?”
“Dal papà e dalla moglie di un mio carissimo amico d'infanzia, lo conosci anche tu, abitava proprio di fronte al nostro palazzo.”
“Vediamo di cominciare dall'inizio, quando hai ricevuto questa “straordinaria .” richiesta ?”
“Sei giorni fa.”
“Perché me ne parli soltanto adesso”?
“Ero sconvolto dalla notizia che fosse scomparso da oltre sei mesi”. “ Premesso il fatto che raramente ti ho visto senza un libro giallo in
mano, se sapessi che sei assorbito in studi importanti, direi che non è consigliabile sospenderli, ma non mi pare che stiano così le cose; ho vaghi ricordi di un romanzo poliziesco che cominciasti e abbandonasti intorno agli anni cinquanta e nel quale svolgevi il ruolo del detective, mentre quello dell'assassino lo affidasti a un pedofilo di cui mi parlasti molto tempo dopo.
Adesso te lo posso dire, mi piaceva molto, quel racconto, L'incipit lo trovai molto interessante.
Attualmente dirigi i cantieri edili di tuo padre assieme a tuo fratello Armando, e mi risulta egregiamente”
“ Ho sempre lavorato, direi, fin da bambino sui cantieri di papà.” Il nonno rimase meditabondo.
“Allora, come facciamo, nonno?”
“Quando sei entrato da quella porta stavo appunto scrivendo un bigliettino per tuo padre”.

“ A che proposito”? .
“Sarà bene che ti dica che già conosco tutta la faccenda, me ne ha parlato ieri, appunto, tuo fratello Armando, ma come avrai notato l'ho cestinato, verrò a parlargli da vicino, non vorrei che la notizia gli arrivasse quando magari è di cattivo umore, sarà opportuno che tu sia presente, nel caso che tuo padre mi facesse ulteriori domande.”
Perché non andiamo nel Gazebo a parlarne”.
Percorremmo il sentiero fiorito che conduceva al Gazebo a passi lenti, mi sentivo il viso in fiamme, mentre dicevo: “Sai nonno, andremo in un isola bellissima”.
“Tu, ci andrai, spero che scriverai spesso a casa, Armando mi terrà informato.
Prima di parlarne a tuo padre, dovremmo occuparci di una sua obiezione (riportatami da Armando) secondo la quale quest'impresa non ti sarebbe di nessuna utilità.
Ho riflettuto molto su cosa fa di un giovanotto un investigatore, è un problema che mi ha reso non poco perplesso, In verità, conoscendoti come giovane di belle speranze, e di vaste curiosità, sono sicuro che ti offrirà, invece, veramente un esperienza notevole.
Voglio darti un consiglio, per quanto possa valere: la riuscita migliore in certi casi, si ha affrontando ciò che accade via via, con mente sgombra e senza preconcetti.
Secondo me in questa professione, bisogna cercare continuamente le cause e il significato di tutto ciò che è accaduto, questo richiede spirito di osservazione, ma tu ne hai, non occorre spiegartelo”.
“Vale vale, un tuo consiglio nonno, E lo abbracciai”.

“Papà non sollevò alcuna obiezione, al secondo fabbricato in piazza Medaglie d'oro avemmo da pochi giorni issata la bandiera che indicava raggiunta la massima altezza prevista, nell'aver completato il solaio di copertura dell'ultimo piano e Armando se la sarebbe cavata benissimo da solo.
Dopo aver ascoltato il “romanzo” che gli fece il nonno sulla concretezza della vicenda, lo ringraziò, per essersi preso tanto disturbo nell'interesse del nipote, poi si rivolse a me:
“Come ormai saprai, Armando mi aveva già parlato di tutta questa storia, lui stesso non ha niente in contrario perché tu parta, sapete entrambi che non c'è persona al mondo che io stimi più di nonno Carlo. Permesso accordato.” Prima di partire, nelle more della pausa di riflessione che mi ero promesso, decisi di cercare di portare a termine perlomeno il primo capitolo di:
“Figlia Della Meraviglia” dal momento che avevo sotto mano i vari appunti che mi ero preparato e deposto da poco nel cassetto”.

“Platone”
Nella Repubblica di Platone l'anima è ingenerata, e scaturisce dal concetto della reminiscenza : se l'apprendere è un ricordare ciò che fu appreso in una vita precedente, deve necessariamente preesistere alla generazione della persona in cui alberga.
La filosofia ci porta quanto più vicino è possibile alla verità, senza prove concrete, eppure, noi le abbiamo, tutti, indistintamente, quasi quotidianamente queste prove, nella realtà, come nei sogni (in modo particolare proprio nei sogni).
Quante volte ci siamo recati in posti a noi sconosciuti, e ci viene fatto di pensare di esserci già stati.
Platone attribuisce queste dimenticanze ad un'ipotetica fonte dell'oblio secondo la quale ci disseteremmo poco prima del risveglio
Una prova inoppugnabile ci viene data, invece, da Socrate, (anche se, come a volte accade anche per le grandi invenzioni, gli capitò soltanto per caso).

Era da tempo che lo incuriosiva la storia naturale, si chiedeva come avvenisse che mangiando si crescesse, ma soprattutto, la reminiscenza lo appassionava più d'ogni altra cosa, cercava una prova, non gli bastava aver fatto risolvere, (con apposite domande attraverso la maieutica, che mira ad estrarre dalla mente dell'interlocutore la scienza che già vi preesisteva e che per manifestarsi non aveva bisogno d'altro che di un abile “ostetrico”),
“La mia arte è simile a quella di mia madre -diceva sempre, (la madre, Fenarete, faceva la levatrice)- che aiuta a partorire gli uomini e non le donne
, provvede alle loro anime generanti, e non ai corpi.
Ma voleva una prova tangibile, grazie all'insaziabile curiosità e al suo spirito di osservazione, ben sapendo che un giorno il mondo non si sarebbe accontentato di sapere ciò che lui credeva, ma di quanto fosse stato in grado di provare, nella sua ferma convinzione che lo faceva ritenere l'essere umano il prodotto perfetto di un atto supremo di creazione, (da un uomo, che in una lezione ai suoi allievi dichiara: se potessimo ammirare la terra dall'alto, vedremmo una grande sfera colorata. Atene 400 a.c. c'era da aspettarsi di tutto), quando ancora oggi, qualche cretino discetta che la terra sia piatta.

Non lo soddisfaceva la versione di Platone a proposito della fonte dell'oblio, era alla ricerca costante, in ossequio alla teoria dei contrari, della fonte delle reminiscenze, perché così come la verità viene eclissata dalla menzogna, la giustizia dall'ingiustizia, l'amore avvelenato dall'odio, deve esistere, per forza, una sorta di fonte dei ricordi ad avversare quella del'oblio.

Una mattina, aveva da poco deciso di lasciar perdere ricordando le parole del suo allievo Platone che non trovando risposte ne in altri, né in se stesso, avendo però coscienza che la sua costruzione era fantastica, ne più né meno, come una visione di sogno, concluse appena che l'anima doveva essere immortale, che Socrate ne sentì il vocione dal basso (Platone era un omone, praticava il Pancrazio, una sorta di lotta e pugilato, si chiamava Aristocle, fu il suo allenatore a soprannominarlo Platone).
“Maestro, maestroo!” “Cos'hai da sbraitare tanto?”
“Devo presentarti un giovanotto che ti vuole conoscere, è un matematico, indovina un po', si chiama Socrate come te.”
“Allora è un deuteragonista” (per estensione il secondo personaggio principale, insieme a un altro).
“E' ateniese, come te.”
“E altrettanto brutto, vedo, sembra farmi da specchio.”
“Si, ma molto simpatico, Scendi dai, dobbiamo andare a raccogliere le arance nel giardino di suo nonno.”
L'arancio dolce; citrus sinesis, apparve nel 500 a.c. probabilmente dall'incrocio tra il pompelmo e il mandarino.
Stavano scendendo lungo la discesa del Falero, (porticciolo di Atene, non lontano dal Pireo) quando Socrate scorse un amico da lontano, e gli fa: “Apollodoro il falarese, ci aspetti un momento.”

Raggiuntolo, gli disse che stavano andando dal nonno di questo nuovo amico a raccogliere le arance; “te lo presento, si chiama Socrate come me, lo chiameremo: il giovane, ti aggreghi?”
“Volentieri.”
A pochi passi dal porto, scendendo la strada, sulla sinistra, c'era come un tratturo, un viottolo di campagna di terra battuta, raggiunsero in pochi passi l'aranceto.
Poiché il terreno digradava verso il porto, lo avevano impostato a gradoni, Tre lunghissimi filari di Aranci facevano bellissima mostra con quelle grosse palle gialle, ci avvicinammo per salutare nonno Glaucone che era amico di Apollodoro, il quale non sapeva che fosse il nonno di Socrate il giovane, o perlomeno gli era sfuggito dal momento che lo avevano appena invitato ad andare dal nonno...del giovane , cose che avvengono molto spesso nelle presentazioni affrettate.
Da un capanno che si trovava in fondo ai filari, uscirono sei o sette villanelle che trasportavano ceste vuote.
Nonno Glaucone l'invitò a sedere sotto un albero maestoso, per bere un cordiale, mentre le villanelle si avviavano lungo i gradoni, seguite da Platone, e Socrate il giovane.

Sull'Aia sembravano giocare a rincorrersi sette o otto pulcini che passavano e ripassavano, sotto le zampe di un robusto Molosso, senza averne minimamente paura.
All'improvviso, mezzo acquattato, si stava avvicinando un gatto, fu un fuggi fuggi generale di pulcini a nascondersi sotto le ali della madre.
“Oh, per Zeus, dovevo proprio venire a raccogliere Arance per scoprire che i pulcini avevano paura del Gatto senza averlo mai conosciuto”, questa fu la prova provata che avevano vissuta una vita precedente, essendo pur sempre esseri animati.

Figlia...

Riprendo la mia storia interrotta dalla la telefonata notturna, nella ferma convinzione che ogni uomo ( il concetto uomo abbraccia ovviamente anche la donna) raggiunta una certa età, dovrebbe scrivere un libro, una ricostruzione di fantasia, una poesia, una sorta di diario, per se e per i suoi, anche se ciò suona più come un epitaffio, ossia un libro che risulti personale ad ogni lettore, e dove ciascuno non potrà non trovare un riflesso di se stesso.
Nel mio caso, tutto trae materia da mie esperienze personali di cui mi sento perfetto padrone.

Una storia ha le sue leggi, così la poesia o una ricostruzione di fantasia, i due aspetti non sono necessariamente inconciliabili (anche se nelle mani di uno scrittore vero, sarebbero perfettamente conciliabili), va riconosciuto che in un testo letterario è giocoforza far confluire verità e fantasia dove “l'interlocutore muto” ossia il libro, come veniva definito da Derrida, vi accompagna puntualmente tra letteratura e vita, fra verosimile e assurdo, tra fantasia e realtà, dal presente al passato, in una altalena fantastica.
“La ragione”, scriveva J. Derrida in “La scrittura e la differenza”, si scopre più folle della follia, perché essa è non senso e dimenticanza, e la follia è più razionale della ragione, perché è più vicina alla sorgente viva e silenziosa del senso.
Forse peccherò d'ingenuità, ma io amo la nostra lingua, e come tutti gli innamorati, spero di riuscire a convincere il mondo intero delle grazie dell'oggetto amato, è una mia ambizione descrivere alcune delle caratteristiche più belle delle terre del sud, della nostra lingua letteraria, del nostro dialetto e della sua musicalità, sto pensando a: na sera e Maggio, Funiculì, Funiculà, Marechiaro e la sua finestrella, Munastero e santa Chiara, o Sole mio: Che bella cosa na iurnata e sole, n'aria serena dopp, na tempesta, per l'aria fresca pare già na festa, che bella cosa na iurnata e Sole, che sono oltremodo distanti dal linguaggio quotidiano che si è arreso alle banalità della televisione e del gergo politico, dove lo slang parlato e quello letterario divergono nettamente. (le canzoni napoletane, le più famose al mondo, nascono più modestamente come poesie, né più, né meno, come nacque il poema; “commedia”, dove furono i tanti estimatori di Dante a definirla: Divina)
“Come ben sappiamo, la poesia è creazione, tutto ciò che per cui qualcosa passa dal non essere all'essere, è poesia,” difatti il termine poesia deriva dal greco poièo, che significa, fare, creare.
Da qui, ogni attività creatrice, ogni opera umana, è poesia, A un cronista che chiese a Raffaele Viviani : cos'è
Napoli per lei?” rispose: “Sta città, è amore, è poesia, è felicità, n'angolo e paravis scis ‘nterr.”
Il compito che mi sono proposto, è quello di cercare di spiegare attraverso questo racconto, eventi già verificatisi, e altri che non sono ancora accaduti, ma che a una semplice induzione filosofica, potrebbero essere cose non troppo distanti dalla realtà. Studia il passato se vuoi conoscere il futuro, (Confucio) ricordando che anche la scienza ufficiale ricorre molto spesso a teorie probabilistiche.
In tale prospettiva, tu che leggerai queste pagine all'alba del terzo millennio, avrai un metro di valutazione più credibile del mio stesso, vecchio amanuense intento a scriverle nell'anno 1947 (o giù di li), con la speranza di portarlo a termine oggi; 20 Dicembre 2022.
Ancora mi domando, e adesso che è tempo di andare mi piacerebbe tanto conoscere la risposta; se sono naturali le gioie che ci hai donato, perché nel dolore non ci hai dato il sonno.

IN OMNIBUS REQUIEM QUAESIVI, ET NUSQUAM INVENI NISI IN ANGULO CUM LIBRO.
(Ho cercato pace ovunque, senza trovarla mai tranne che in un libro).
Nel “nome della Rosa”, l'autore s'incentra nella ricerca di un libro dando l'idea che fosse il seguito della “poetica” di Aristotele, ma era veramente quest'ipotetico libro di Aristotele che Eco cercava?
All'epoca la Poetica non fu mai studiata durante tutto il medio evo, essa fu portata all'attenzione degli studiosi tardo-umanisti, soltanto con la traduzione latina di Giorgio Valla, pubblicata a Venezia nel 1498.
( non esiste alcun seguito della “Poetica” di Aristotele. Poteva non saperlo Eco? E se lo sapeva, allora, cosa cercava in realtà).

Ho impiegato quasi un'intera giornata per scorrere col dito, rigo per rigo, le oltre seicento pagine del capolavoro di Eco, alla ricerca di un nome, sicuro, arcisicuro, di averlo letto proprio nel suo romanzo, per accorgermi, ahimè che questo nome si trovava proprio nell'introduzione, interpolato da Eco, alla maniera della Sibilla Cumana, quando scrive: “Questa è storia di libri, non di miserie quotidiane, e la sua lettura può inclinarci a recitare, col grande imitatore da Kempis, appunto: Ho cercato pace ovunque, senza trovarla mai, tranne che in un libro.”

A questo punto, m'incentrai; anch'io, per dirla alla Eco, alla ricerca di una sorta di collegamento, ci doveva essere, necessariamente, un trait d'union, quando, improvvisamente, senza voler scimmiottare Archimede, mi venne fatto di esclamare: “Eccolo; l'unico particolare che collegava la poetica, con “la imitazione di Cristo,” era: Venezia . Data della pubblicazione della poetica 1498
“LA IMITAZIONE DI CRISTO”, di TOMMASO DA KEMPIS:
(Venezia. MDCC LXXV).
Ebbene, questo libro è in mio possesso, mi è stato regalato da mio nonno Carlo, assieme all'apologia di Socrate, nel lontano 1947, ai miei primi quattordici anni. Sarei felice di aggiungere alla libreria di Eco questo volumetto, quale suo umilissimo “imitatore”.

“LA IMITAZIONE” DI CRISTO
Di TOMMASO DA KEMPIS

Nuovamente dal più corretto originale Latino in italiano tradotto
Per opera
DI ENRICO ENRIQUEZ CARD. DI S. CHIESA
Con nuova aggiunta di divote aspirazioni DI S. FRANCESCO DI SALES
Estote imitatores Dei sicut filli carissimi IN VENEZIA
N O T I Z I E
Spettanti a quest'opera
All'autor suo, e al nostro traduttore Insieme col modo di ben Servirsene.

Quest'opera, tutta santa, e poco men che Divina, è già notissima, e meritatamente in sommo pregio tenuta, egli ha de'secoli, in tutto il mondo Cristiano. Ella è tratta tutta dalle Divine scritture; dagli scritti de' SS. Padri, Spezialmente di Sant'Agostino, Di San Gregorio Magno, e di San Bernardo; e dalle mirabili espressioni usate dalla Chiesa nel Messale, e nel Breviario Romano.
“(...) Le frasi e le parole che usa, con tale proprietà, e così vivamente esprimono le sentenze e i pensieri che a un tempo stesso pienissime riescono di quella sacra qual'unzione la qual movendo gli affetti, è senza dubbio la parte più importante de' libri e discorsi di tal natura.”

Era notte inoltrata, mi trovavo alle prese con un argomento difficile e non me la sentivo di darmi per vinto, se fossi andato a letto, non mi sarei addormentato al pensiero che mi stava appassionando, anzi, alla fede, dell'immortalità dell'anima, accettavo volentieri l'opinione di Socrate che prometteva, più che non provava, questa consolante verità.
Stavo appunto crogiolandomi a una così magnifica speranza di entrare col pensiero in seno all'eternità, quando, lo squillo del telefono fece svanire il mio sogno, prima di rispondere mi ripromisi di cercare di riprenderlo al più presto.

FIGLIA...

“pronto”
Scusi se la disturbo, parlo col signor Vince? “Si”.
“Non so se si ricorda di me, sono il papà di Lena, la moglie di Franco, la chiamo dalla Gran Cayman, la prego di perdonarmi, ho dovuto prendere il coraggio a piene mani per poterle telefonare, non mi restava altra scelta, deve scusarmi anche per l'ora tarda, combino sempre pasticci col fuso orario.
Difatti, cosa posso fare per lei?
Il suo amico Franco è scomparso ormai da sei mesi, so che eravate inseparabili, mia figlia a mia insaputa ha ingaggiato due investigatori privati dopo che la polizia aveva sospeso le ricerche, ma è stata truffata, da due lestofanti che si son fatti pagare spese fantomatiche di viaggi a Londra e Parigi in cerca di franco, la imploro, se può, di fare qualcosa.”

Prima di proseguire con la telefonata, desidero rivelare di essere riconoscente al destino per avermi dato Franco come amico, con la sua inesauribile voglia di vivere, e la sua bontà d'animo.
Ho trascorso con lui tutto il mio tempo libero durante i periodi estivi, prevalentemente sul suo meraviglioso Gozzo, col quale facevamo delle pescate memorabili, che portavamo puntualmente al ristorante di Gaetano e Maria (Gaetano e Maria (impersonati in: “Assassini...brava gente”), sono due ragazzi romani, laureati in filosofia, che, essendo in viaggio di nozze alla gran Cayman decisero di rimanervi aprendo appunto un ristorante) La, ci confidavamo i nostri piccoli segreti, le emozioni, e le ambizioni.
Sapevamo entrambi che questa nostra amicizia non era una semplice benedizione perché ci capivamo a vicenda, confesso che io ne risultavo arricchito, trovando in lui quella eco che serviva anche a renderci entrambi più indipendenti.

Il matrimonio di Franco e Lena non era stato soltanto una grande storia d'amore, ma qualcosa di più: conteneva tutti gli elementi della tragedia greca.

Lena era una ragazza semplice che non aveva mai avuto nessuna esperienza di uomini prima che fosse comparso Franco a chiederla in moglie (o meglio a chiederla a suo padre) ne era timidamente innamorata (amore a prima vista) non aveva mai conosciuto prima d'allora un uomo dall'aria intellettuale, un poeta, un pittore, ci volle del tempo perché si convincesse che quell'uomo così bello era veramente suo.
In quei giorni non ero vincolato da responsabilità importanti, Franco invece, al contrario, non era mai libero, e fu durante una di queste pescate che mi aprì lo scrigno segreto del suo cuore. ( Voglio cogliere quest'occasione per dire del mio amico Franco, e perché lo tengo in alta considerazione, potrebbe essere l'ultima possibilità per parlare di: “ certe cose”, da quando il nostro essere obiettivi ci ha portati a un tabù per tutto quello che è personale, ma forse, dovrò trasgredirlo, ora che mi tornano in mente le parole che Lena rivolse a suo padre e che ascoltai per puro caso: Non me ne importa papà, il sesso non è tutto, il mio Franco era ancora un ottimo marito).
Adesso, dopo questa botta di libertà, torniamo a noi. (figlia...)
La telefonata del suocero mi scombussolò non poco, Franco era ritornato improvvisamente nella mia vita dopo tanti anni.
Cercai di ricordare l'ultima volta che ci eravamo visti, il tempo di vagare con la mente, pochi secondi, e mi arrestai di colpo sul giorno in cui morì la madre (il padre la seguì dopo pochi mesi, erano anima e corpo).
A quel tempo avevamo sedici anni io e quindici lui, mi ricordai di un suo zio che abitava proprio di fronte al mio palazzo, zio Luciano, gli telefonai chiedendo se per caso avesse il numero di Franco di Gran Cayman, che mi diede ben volentieri.

La mattina dopo telefonai e mi rispose proprio Lena, appena sentì la mia voce ebbe come uno scoppio di pianto, e non riusciva a parlare “Stai buona”
-la rassicurai- verrò al più presto, e sarò felice di rivederti. “. Mentre pensavo che, almeno al momento, non avevo la più pallida idea di dove potesse trovarsi Franco, l'unico dubbio era che forse avesse a che fare con l'incidente che gli era capitato molti anni prima nella mia palestra nei sottoscala del palazzo dove abitavo, tutto ciò che mi
rimaneva nella mente di quell'episodio era un rumore cupo. (avevamo quasi tutti gli attrezzi ginnici, ci mancava soltanto la sbarra, ma un brutto giorno ebbe l'idea di mettere il bastone di una scopa tra i due anelli, mentre vi facevo le capriole, l'asse si spezzò proprio nel momento in cui stavo a testa in giù, appunto quel rumore sordo non lo dimenticherò mai.) Rimas esanime per alcuni minuti.
Ci accordammo che le avrei comunicato il giorno del mio arrivo.
Riprendendo il “lavoro” del mio libro, alla luce di questo spiacevole ricordo, la voce di Lena mi aveva riportato come d'incanto, a tanti anni indietro, quando tutto era meraviglioso; chiudendo gli occhi rivedevo quelle spiagge, quel mare, e soprattutto, il suo viso.
Da molto tempo questi pensieri, mi si erano...non saprei come dire, sfumati.
Ma questa sensazione non si presentava come le altre, anche se il suo profilo si perdeva in una sorta di nebbia portando ai limiti estremi una mia teoria in cui mi chiedevo se un sogno sognato potesse riuscire a provocare un drastico cambiamento nella vita di un sognatore, devo averlo letto da qualche parte, o me l'ha detto qualcuno, non ricordo bene, che molti scienziati hanno risolto importanti problemi proprio nei loro sogni.
A volte succede anche a me che nei sogni immagino di scrivere, e in ciò che scrivevo mi capitava di chiarire l'empasse che da sveglio mi creava delle difficoltà.
Proverò a fare così nella faccenda di Franco, non concordando con quel luminare svizzero di cui non ricordo il nome secondo cui: “I sogni sarebbero materiale buttato via a caso come escrezioni notturne della mente”vuol dire che proverò a fare tesoro di quelle: “escrezioni”
Avevamo a quel tempo, se non ricordo male, sedici anni io e quindici Franco.
Ci sono momenti in cui l'anima ti si spalanca, questa fu la reazione immediata, seppure priva di esaltazione, che provai di fronte alla nuova dolorosa esperienza che mi si offriva dopo tanti anni di inattività, perlomeno nel campo delle investigazioni, questa volta dovetti ammettere che il compito, si profilava veramente arduo.

Arrivai a Gran Cayman al crepuscolo di una luminosa giornata di Giugno con un cielo e un mare di un azzurro perfetto, mentre il Sole stava calando dietro il Palmeto che ben conoscevo.
Non è raro che qui, in tempi post natalizi, si possa dire mi sembra Pasqua, un po'come a Napoli, vi ho trascorso quattro anni piacevolissimi dal mille e dieci al mille e tredici.
Aldo, il mio amico questore era venuto a prelevarmi fin sotto all'aereo con l'auto di servizio, abbracci e convenevoli vari, ci avviammo verso la casa di Lena che si trovava proprio sul lungomare (ricordavo molto bene le passeggiate lungo quelle Baie sabbiose, e le nuotate nelle insenature riparate).
Lasciammo il sentiero di sabbia, varcammo il cancelletto, percorremmo il vialetto dell'orto, e raggiungemmo la casetta ormai illuminata dalle lampade. L'ingresso della villetta era costituito da un grande salone che valutai (deformazione professionale), di sei metri per otto, sulla parete di sinistra vi campeggiava una splendida libreria che l'occupava interamente, conteneva un'infinità di libri riposti così sobriamente sulle mensole che l'atmosfera sapeva di saggezza e di cultura.
Per quanto fugace fu la mia occhiata, trovai di che stupirmi: al meglio della letteratura mondiale si univano una quantità di antichi volumi di cui non riuscii ad apprezzarne il valore.
Tutte le altre pareti erano tappezzate di deliziosi acquerelli che evocavano un mondo fatato, un incomparabile raffinatezza indugiava su quelle tele senza un'ombra di esibizionismo, nessun tentativo di colpire la sensibilità dell'osservatore.
Queste opere sembravano nate naturalmente, come petali da un fiore.
Le riconobbi quasi tutte, mi trovavo di fronte ad un déjà vu, Si, c'era proprio Franco in tutto questo, era opera sua.

Vi sono racconti di fantasia che a volte procedono parallelamente ad altri reali, raramente coincidono alla perfezione, eppure, vi si trovano uomini e circostanze identiche, vedi il caso de: “I dolori del giovane Werther”, e di: “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”, rispettivamente del Goethe e di Ugo Foscolo, due storie pressoché identiche, nonostante che i due scrittori non si siano mai conosciuti.
Questo è quanto mi si è verificato in quest'altra storia: “ Figlia della meraviglia” (anch'essa di fantasia)? No, diciamo tra sogno e realtà , che ha molto a che vedere con: “Assassini...brava gente”, se non ne è addirittura una sorta di prosieguo.
Sono tante le sensazioni che raramente riusciamo a reprimere totalmente (ogni rappresentazione sensibile è sempre vera, è evidente che quando abbiamo una sensazione di caldo di freddo o di paura, le soffriamo realmente).
Figlia della meraviglia, è stato scritto lontano dal luogo dove si sarebbe svolto, non nego che anche in queste pagine la scrittura possa essere un poco...sovraccarica, dando in qualche modo nel melodrammatico, comunque lascio alla sensibilità del lettore un'analisi che io non sono in grado di fare.
Rivendico a me (espressione con cui, nel mondo antico romano, si affermava il diritto di proprietà di una qualsiasi cosa, che ho adottato spesso come mio intercalare), ogni errore o orrore letterario: è “opera” mia.

Certe avventure si leggono nei libri – naturalmente tutto ciò che si racconta nei libri può accadere veramente, magari non proprio allo stesso modo, ed è a questo modo che io agognavo tanto, a un vero inizio, come in una favola, una canzone: Era una splendida serata di maggio, idilliaca, di Luna piena, passeggiavo...

Mio padre aveva spesso questo tipo di... sensazioni che lo bloccavano, a volte lo sentivamo gridare dallo studio: se è per me, non ci sono, (quando vi si chiudeva a progettare, diventava pressoché intrattabile). Ed ecco che puntualmente suonava il telefono.
Anch'io, sapevo che, prima o poi, sarebbe arrivata quella telefonata.
Lo stato in cui mi sentivo, era al di fuori d'ogni mia precedente esperienza, mi venne in mente che in fin dei conti questa storia l'avevo già vissuta, sia pure nel mio romanzo, non mi restava altro da fare che riviverla nella realtà.

Figlia...“

Non mi aspettavo di trovare tanta gente a ricevermi a Gran Cayman, l'abbraccio di Lena mi fece quasi piegare le gambe, poi le prime strette di mano, le presentazioni e qualche drink offerto sulla grande veranda, e visi abbronzati che mi guardavano con malcelata curiosità”.
Aldo, si era trattenuto fuori dalla villa con un signore molto distinto, entrò venendomi incontro con la mano tesa dicendo: “Mi congratulo con te”, poi continuò,”sono molto contento di pensare che in parte è proprio merito mio, infatti, è stato dopo che gli ho parlato di te e del motivo della tua venuta, che il presidente vuole conoscerti per una questione di importanza vitale, il prima possibile.
Gli lanciai un occhiata divertita: Scusami, posso sapere di che si tratta? “il presidente ha chiesto di te”
“Ho capito, ma perché tanta agitazione?”
“Perché è una cosa senza precedenti, non mi aspettavo che accadesse così presto, sono pochi minuti che sei qui, e già stai per essere ricevuto da Lui, non era mai accaduto”.
“Scusami ancora, ma sono un poco confuso, devo andare da un presidente, questo l'ho capito, ma c'è qualcos'altro che dovrei sapere?”
“Non ti pare che basti?”
“A questo punto mi venne da ridere, non credere che io voglia essere scortese, la verità è che ero preso da altri pensieri, non farci caso, naturalmente per me sarà un grande onore conoscere questo signore. Per quando è l'appuntamento?”
“Adesso, subito, ha mandato un suo autista a prenderti.” “Ma sono appena arrivato?”
“Non importa, fra poco capirai molte cose, e desidero esprimerti i miei rallegramenti personali”
”va bene, non affannarti con altri complimenti, sono prontissimo, fammi strada”.

L'auto era una di quelle macchinone con i sedili supplementari dietro ribaltabili, filava, e come se filava, stavo per dire: per favore vada più pia... quando una scarica di armi automatiche fece impazzire tutta la gente in strada, in un fuggi fuggi generale, o si ficcavano velocemente nei negozi, giusto in tempo prima che i commercianti abbassassero le serrande (erano le sentinelle del palazzo che sparavano in aria per allontanare i curiosi che accorrevano da tutte le parti).
La nostra auto portava due bandierine presidenziali che non avevo notate prima, ma solo quando iniziarono a sventolare , come ho già detto.
Quando quattro militari motociclisti ci affiancarono, parlando concitatamente con l'autista, Arnaldo il mio amico questore mi tradusse le parole: “E' morto Fidel Castro.” Erano le venti del 25 novembre 2016.
L'auto fece dietrofront, e ci riportò alla casetta di Lena.
Rientrammo in casa proprio mentre Lena diceva al capo della polizia: “sono trascorsi ormai sei mesi, perché non lo trovate?”
“Stiamo facendo tutto ciò che è umanamente possibile in questi casi.” Mentre Lena annuiva silenziosa. Poi alzò su di me quei suoi meravigliosi occhi pieni di lacrime, dicendo: “E' morto vero?”
In quel momento avrei voluto abbracciarla, ma c'era tanta gente e dovetti sforzarmi per mantenere un comportamento professionale.
Stavo riflettendo sulla risposta da darle, e dissi, mentre tiravo un lungo sospiro: “No, Non credo!”
Lena non fece altre domande, ma si accorse che le mie parole avevano confermato ciò che lei già sapeva: Franco non sarebbe mai più tornato a casa.
Se non possiamo pensare che Franco avesse un motivo particolare per allontanarsi da casa, possiamo supporre però che questo fosse almeno un progetto su cui fantasticava, per ragioni a noi sconosciute. Possiamo immaginare i suoi pensieri, Riflettiamo un poco. Quando uscì di casa, aveva fatto credere di andare a pescare dove intendeva passare l'intera Domenica. Ma visto che aveva intenzione di non tornarvi mai più, o perlomeno prima di una decina di giorni, o certamente non prima di avere risolto alcune “questioni” . Guadagnare tempo è l'unica cosa che al momento mi deve interessare.
Franco comunque a pescare non c'era andato (domenica sera ci accertammo che la barca fosse al solito posto)
Non così, il Lunedì. La barca era scomparsa. Escludendo che qualcuno l'avesse rubata, proprio quel lunedì, sarebbe stata una coincidenza veramente demoniaca.

Chiesi ad Aldo di aggiornarci al pomeriggio del giorno successivo, dal momento che la mattina speravo di vedere una persona, volevo parlare un poco con lei, poi avrei fatto qualche domanda a Lena.

Enzo Amoruso

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