Specchio Penso di conoscerti bene.. è da un'immensità che ci frequentiamo; l'unico faro in un oceano in tempesta, l'unica guida di cui ti puoi fidare. Ma fino a che punto? I tuoi infiniti silenzi sono indecifrabili e incomprensibili, l'impulsività in alcuni momenti ti rende sempre più imprevedibile. Ho dato troppe volte per scontato che tu fossi un libro per me, ma come al solito mi sbagliavo. Ogni qualvolta io penso di conoscerti, mi accorgo d'esser solo all'introduzione di un romanzo che dura una vita.
Il profumo acre dell'incenso, le candele accese che creavano ombre sempre in movimento, la schiuma rasentava l'orlo della vasca lasciando sentire un lieve aroma al pino. Come al solito la musica non mancava nell'unico momento di relax che mi concedevo durante la giornata; quella sera optai per Nick Cave, le sue ballate erano molto riflessive, aiutavano alla distensione, e " Where the wild roses grow " era l'ideale con quel suo ritornello profondo e ruffiano. Come al solito aspettai qualche secondo prima di immergermi completamente, la temperatura dell'acqua era al limite dell'ustione, ma il piacere che raggiungevo nel lasciarmi coprire da quel lenzuolo avvolgente era unica. Dopo una dura giornata di lavoro era l'unico toccasana valido sia per il corpo che per la mente. Con azioni automatiche immergevo l'ormai consumata spugna sott'acqua per dopo strizzarla sopra la mia testa ben frizionata con shampoo......immergevo.....riempivo....alzavo... lasciavo cadere......ad occhi chiusi, gustandomi il sottile filo rilasciato dal mio pugno stretto. La sensazione cambiò, il liquido sul mio capo sembrò più pesante, quasi denso, quando aprii gli occhi mi accorsi di essere sdraiato in una vasca colma di liquido rossastro, sangue. Con stupore mi resi conto che la cosa non mi sconvolgeva, i Bauhaus riempivano col loro sound angosciante il bagno, “Bela Lugosi is dead”, una giusta colonna sonora per una situazione allucinante, ma proprio per questo mi sentii rapito dalla densità del liquido, lo palpai, allargai le mani, ne presi un po',me lo spalmai in faccia. Sensazione assurda, quasi un totale rapimento nei confronti di un momento unico, mi piaceva, mi sentivo bene, continuavo a spalmarmelo sul viso, sui capelli, chiusi gli occhi e mi lasciai coprire completamente, sentivo la musica ovattata, ma tutto svanì con lo squillo del cellulare. Puntuale come non mai arrivò la solita telefonata di Laura, che con il solito entusiasmo, mi ricordava gentilmente che era venerdì sera, e come tutti i venerdì che si rispettano, bisognava recarsi al solito fottutissimo club dark in aperta campagna brianzola dando il via all' ormai consueto rito della preparazione alla solita serata devastante. È' inevitabile pensare al continuo ripetersi del ciclo settimanale se non quotidiano degli avvenimenti. Ogni settimana, ogni giorno, ogni momento, accorgersi di avere ancora del tempo a disposizione prima che tutto finisca. Alzarsi e cercare la lucidità mentale che permetta di programmare il futuro prossimo. Uscire dalle quattro catene che ci circondano, iniziare a dialogare, programmare e sperare con i propri simili. Rientrare nell'abisso della monotonia, nutrendosi di un qualcosa che si fa solo per costrizione della natura umana. Uscire poi per vivere forse gli ultimi atti della propria esistenza. Riuniti in spazi, si cerca qualcosa per evadere dalla realtà che ci circonda, immaginandosi quello che non si è. Infine si rientra nei propri loculi, iniziando un viaggio che non si sa se avrà fine. Ciclo continuo....un cane che si morde la coda. Mi vestii' come di consuetudine(almeno nelle serate dark)completamente di nero, ammirando per l'ennesima volta i miei indistruttibili anfibi, esaminando con cura la conformazione nella parte dove era inserita all'interno una boccia di ferro modello scarpe anti-infortunistica, pensando che sensazione avessi avuto nell'occasione di provare a sfondare letteralmente la scatola cranica di qualche malcapitato di turno con un bel calcione. Puntuale come la nebbia in una serata novembrina a Milano, ecco arrivare Laura con la sua fiammante utilitaria graziata per l'ennesima volta dalla motorizzazione civile. Salii in macchina rispondendo distrattamente alle classiche domandine su come si sta', come va', allora? Per lo meno l'impianto stereo nella Laura-car era più che decente, rendendo quasi potente una canzone degli Athamay, cosa veramente impossibile visto l'alto tasso deprimente e negativo delle loro composizioni, ma la cosa era piacevole visto le lunghe vie mai illuminate e circondate dai campi della Brianza che portano al “Morpheus". L'enorme parcheggio della trattoria adiacente al club, che nel pomeriggio si riempiva di autocarri, alla sera risultava sempre vuoto anche se all'interno del locale la gente non mancava mai, l'insegna al neon emanava fasci di luci viola ad intermittenza, creando ombre lunghe nello spiazzo, gruppi di ragazzi sostavano vicino alle loro macchine, chi per tentare un approccio più o meno serio con ragazze appena inserite nel gruppo, chi per salutare vecchi amici, chi per iniziare la serata nel migliore dei modi usufruendo di vino, alcolici e droghe varie. Appena scesi dalla macchina mi corse incontro Marco, un ragazzo molto strano che conobbi circa due anni fa casualmente in centro a Milano, non che impazzivo della sua presenza, ma alcune volte la sua leggerezza nell'affrontare la vita mi distendeva, ho detto alcune volte, perché' personaggi del genere a mio avviso non hanno ragione di vivere. Sempre passivi, mai seriamente coinvolti in qualcosa, quasi come volersi isolare dal resto del mondo, costruendone uno su misura pieno di ipocrisia e falsità'. Mi offrì del fumo, ed io guardando Laura allontanarsi con le altre "galline" del gruppo, lo accettai volentieri. Non che ne faccia un uso quotidiano, ma quando capita non mi tiro mai indietro, la serenità e la pacatezza che mi regalava un bel cannone era sempre benvenuta, anche perché' mi aiutava a farmi trascorrere quasi una serata piacevole in un posto che mi prometto sempre di non vedere mai più', ma come al solito ogni venerdì', come una calamita, me lo trovo davanti. Assaporai lentamente il gusto acre che mi lasciò in bocca, e mi lasciai trasportare da quello che sentivo, obbligandomi a smettere di essere un ingranaggio che funziona per qualche istante. Vagando per l'infinito, in un sistema che non mi appartiene; totale assenza di schemi pratici e monotoni. Vagando in assoluta inesistenza, chiedendomi se l'essere qualcuno sia reale o soltanto una macchinazione del subconscio. Certo è che l'ambiente dark mi affascinava, il club era molto piccolo, esente nel far sfoggio di arredamento e luci colorate, dotato solo di stroboscopiche, che sempre accese, con la pista inondata di ghiaccio secco, dava l'opportunità a circa centocinquanta ragazzi di esser degni comparse di un raduno sabbatico. Il dark-metal dei Wumpscut incominciò a riempirmi d'energia, decisi di recarmi al bancone a prendere il primo di una lunga serie gin tonic, dopodiché' m'indirizzai verso il divanetto che mi ospitava di solito, e sorseggiando il mio drink mi gustai il popolo della notte che si dimenava in pista. Mentre mi accingevo a fare l'ultimo sorso, stando attento a non farmi scivolare la fastidiosa fettina di limone sul naso, m'accorsi che un ragazzo continuava a fissarmi. Questo mi infastidì molto, non solo perché' odio le persone che mi fissano, ma quel tipo era alquanto ridicolo sia nella pettinatura(con un ciuffo lunghissimo che gli copriva mezza faccia),sia nel trucco(tipicamente dark),sia nel vestire(molto femminile!!!).Appena s'accorse che lo stavo studiando, s'avvicinò in maniera repentina sedendosi di fianco a me. La prima cosa che mi venne in mente di fare era quella di informarlo che non avevo alcuna voglia di fare amicizie particolari quella sera, e che stava rischiando seriamente di farmi incazzare per la sua presenza non richiesta; ma non so il perché', lo lasciai fare, valutando passo passo quali erano le sue reali intenzioni.
Max Zocca
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