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Autore: Marco Barricata
Controcorrente
Poesia
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Controcorrente
DIO E L'UOMO
Voce di uno che grida nel deserto misero uomo che abbaia alla luna.
Dio sei per pazienza in mezzo a tanta ipocrisia.
Animale ignorante quando alzi gli occhi al cielo, abbassi la testa e scappi via piangendo.

FIORE INQUIETO
Nel passato inquieto di quando avevi un filo di barba e più acne che esperienza
sognavi in fondo, una vita tranquilla. Vita borghese, ho avuto.
Di nuovo è tornata però come la notte che ad essa somiglia l'inquietudine.
Ora lo scompiglio è linfa, il caos ti fa crescere
le differenze, ti alimentano.
Ma domani vorrai di nuovo essere, come un fiore che cresce, sano e forte su un terreno stabile.

IL CINICO SOGNATORE
T'improvvisi cinico per superare la dura realtà ma solo sognando
potrai vincere la battaglia senza banalità.

PANTA REI
La vita, come il fiume del filosofo greco, ove tutto scorre,
non aspetta mai, i tuoi dubbi e rimpianti.
Dall'esperienza capisci che il cinismo è il segreto della vita.
Ma non troppo o tu saresti altro, che non vuoi.

ECCE HOMO
A valle, de la montagna dei pensieri, tutto frana. E io scappo.

I MAGGIO
Primo Maggio
è la festa der lavoro
ma senza pane e diritti
come lo onoro?
Alla fine der mese nun posso più arivà e la matina presto
in fabbrica me tocca annà, senza più manco la libertà.

LA STORIA
De la storia so appassionato perché er presente er futuro
m'ha incasinato.
Non è nostargia ma piuttosto
sintonia.
Pe li grandi der passato c'ho rispetto
de quei valori
che oggi purtroppo so solo n'oggetto.

LO STRANIERO
Triste è la sorte der forestiero, che ariva a n'artro paese
e se sente chiamà straniero.
Nessuno je dà er lavoro a lui je tocca campà senza decoro.
Se se mette a rubà è er primo che vanno a pijà.
Quanno capita un incidente subito è accusato de esse lui er delinquente.
Se da noi, che nun stai bene te vieni a sfamà, io me chiedo, quanto male ar paese tuo poi da stà.

L'INDIANO D'AMERICA
Quella terra era tua caro indiano, prima che arivasse er sordato americano.
Coi fucili e le pistole t'assaliva in ogni dove.
Te co l'ascia e cor cavallo pe cercà de ricacciallo.
Alla fine t'è toccato in sorte da perde, pe vive oggi da straniero, dentro le riserve.

L'URTIMO GIORNO
Quanno che sarà l'ora mia, dritto ne l'occhi te fisserò
e fiero, tutto n'pettito te dirò, a me nisuno me se pija.
C'è la privacy, c'è vole er consenso e io n'artro po' ce vojo stà,
dentro de me penso.
Mha so goduta, ho sofferto, ho gioito e mò si permetti,
nun te vojo scontà manco n'dito.
Pijate er corpo, vecchio e stanco,
tanto è tutto rotto,
che ce faccio?
Ma lassame perde l'anima mia, che è ancora pulita, amen e così sia.

ER BOIA
E chi l'avesse detto che quella vorta er popolo
avrebbe dovuto da di poro boia!
Quer giorno
sotto la sua ascia, c'era capitata
na povera bacascia.
Niente de strano, pe lui, che fino all'artro giorno,
ne aveva mannati, de tutti i tipi, a l'artro monno.
Ma quer dì, er fato aveva voluto, che er boia e la povera troia,
la sera prima, un bicchiere in più, avevano bevuto.
Niente de più strano, er destino aveva creato, che con a botta sola, qua vorta, er tajateste, de lei s'era innamorato.
Quando la vide salì ar patibolo n'groppo n'gola je pijò
e la testa je risparmiò.
Allora er popolo inferocito disse
“er comanno, và comunque eseguito!”.
Che famo, che nun famo, chi ce mettemo sotto alla ghigliottina?
Dar fonno de la piazza allora, s ‘arzò na povera pazza che tutti guardaveno
co paura, perché se sa dei matti, di sempre la verità è la bravura.
Tremolante, prese la parola e disse” sotto ar boia, non deve annà la povera troia
ma er re, che de cattiverie,indicando
l'artri, na fatte, più de te, de quell'artra e de me”. Quanno che lo portarono dar boia, er re riconobbe la povera troia, che tante sere j'aveva fatto compagnia
e gridando”a lei, ho fatto der bene!”, dateme l'amnistia!
Ma er popolo in coro che de fame se moriva
arzando l'occhi ar cielo, disse
“giu la testa, amen e cosi sia!”

LA MIA ROMA
Amo la Roma, quella der popolo
che continuava a morisse de fame
sotto i re, l'imperatori, i tribuni o i Cesari.
Amo la Roma, der maestro Fellini
E quella delle fontane, delle piazze e de li vicoli.
Amo la roma de quelli come a me che nun se svennono pe du quatrini.
Amo la Roma de Pasolini, delle vecchie canzoni e delle periferie.
Amo quella der mio maestro Trilussa, che co li versi
dentro ar core me bussa.

LA MIA POESIA
Pe er sociale, che rimane la grande passione mia, me ispiro a Pasolini.
Per dialetto, bè è presto detto; c'è Belli,
er maestro.
Quanno sento dentro er sacro foco dell'ispirazione che me bussa, c'è er divin Trilussa.
Er sonetto, come n'tetto
me protegge; cor romano la rima sempre regge.
Scrivo in versi, perché così li pensieri, n'so mai persi.

ROMA
A Te che sei la mia città
sti versi vojio dedicà.
E' na poesia d'amore pe Te che me dai li brividi ar core.
Pe strada o pei vicoli io cammino senza pericoli perché Roma è mamma e mamma nun te po fa mai male.

LA GELOSIA
Nun è solo corpa mia, questa malattia.
Quanno ce lho io, nun me carma manco Dio.
Quanno invece tocca a te, allora tutto bene, eh?
Può esse pure insicurezza ma quanno te pija, che gran tristezza!
Ma in fondo sai perché te viè?
Io ce tengo e te vorei tutta pe me.

RISALIRE LA CORRENTE
Nessuno di noi due deve sentirsi in prova.
Lo sappiamo.
E' forte, passionale, intenso.
Vero.
Ci conosciamo.
Anche il solo pensiero, che ci ha sfiorato,
di andare oltre l'ostacolo è amore.
Se mi immagino mentre leggo un libro, mi vedo accanto a te.
Se sento un odore, il tuo.
Dietro di noi solo il passato,
duro e fragile.
Avanti, forse incertezze
ma tanta voglia di provare se sarà diverso.
La voglia,
ancora una volta di andare controcorrente.

BLOOD
La notte è tutto per Noi.
E' vita.
Il tuo sangue, il tuo odore, linfa per me.
Di giorno tutto svanisce, sogni, passioni e speranze, di normalità.
Di giorno, non siamo. La notte soltanto, mano nella mano.
Di giorno, lontani. Ho voglia di noi che quella notte diventi col tempo giorno.

SOSPESI NEL FUTURO
Due libertà ferite, due storie di vita difficile.
Uno spazio comune, condiviso tutti i giorni ma non amato.
Le passioni e gli ideali in comune.
L'amore per la Cultura. Passione e rispetto.
Giorno per giorno ma il pensiero rivolto al futuro.
Voglia di stare insieme pur sapendo la grigezza della quotidianità.
Voglia di andare oltre l'ostacolo.
Voglia di me e di te.
Insieme, contro, sempre.

LOTTO PURE PE TE!
Volemo cambià er monno nun ce piace così com'è.
Co la fame e senza giustizia che mestizia
a vedè quell'operaio
che nun magna tutto l'anno!
Lotto pure pe te che insegni ma nun sei padrone nemmeno de quello che dici. Pe te che te arzi presto prima de tutto il resto.
Pe chi vorrebbe ma nun pò pe chi cambiare si può
.
GIUDICE
Te tocca un mestieraccio giudicà er poveraccio.
C'hai in mano er destino de un povero cretino.
Decidi la vita de uno che c'avuto sfiga.
Nun c'ho proprio invidia pe te, io che te tocca da fà er mestiere de Dio.

LIBERO POETA
Co le rime
E le quartine te rallegro le matine.
So poeta un pò inventore
me diletto a tutte l'ore. L'ho scritte pe l'amore pei fratelli, pe l'amici gioie e tanti sorisi.
Ma pe te che c'hai er potere te ricordo tutte e sere
che nun so un profeta ma un libero poeta.
Nun c'ho schema
Né padrone, so poeta, libero pe definizione.

SOTTO AR TEVERE
Sotto ar fiume c'ho n'attichetto semo io, er patata e geppetto.
Stretti stamo bene co li sorci, i cartoni, e daije a beve!
Ogni tanto ce scappa pure un pescetto ma a me me pija n'dolore n'petto
quanno guardo un po' più n'là do ce stanno du rumeni che nun se movono mai parono du alieni.
Loro i cartoni manco ce l'hanno ma a beve ponno stà pure n'anno.
So tre anni che stanno qua e pare proprio che nun se ne vonno annà.
Na matina, sento n'grido me se spegne er soriso.
Er più grosso pe du lire l'ha mazzato senza corpo ferire.


SPUGNA
Ti rendi conto da solo
che cosi non ce la puoi fare.
E' una vita che passi tempo con te stesso e ti conosci.
Eppure non puoi proprio farne a meno,
tu sei cosi,
ti ripeti e ti ripetono.
Sei come una spugna,
tutto quello che succede o ti viene riferito
assorbi.
Ogni tanto ti ripeti:
non vorrei essere cosi.
Ma sai che quello che è il tuo peggior difetto
è anche quello che ti rende amato,
è quello che ti specifica,
che ti fa diverso.
Sei sensibile
e pure intelligente.
E credimi non esistono cose peggiori.
Meglio stupidi.
E lo diventi pure
quando ti chiedi se mai ci sarà una soluzione.

Marco Barricata

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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