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Autore: Alex Schillizzi, Francesco Agostini
Herosian e il Manoscritto degli Artisti
Fantasy
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Herosian e il Manoscritto degli Artisti
Ciò che vide dopo lo sbalordì a tal punto che la sua mente non riuscì a interpretare ciò che aveva di fronte. Si trovava in uno spazio aperto, ma ciò lo dedusse solo perché scorgeva un cielo nitido e azzurro, velato da nuvole sporadiche. Non vedeva che tracce d'erba, a eccezione di un enorme insieme di anomale cianfrusaglie. Tutto intorno a lui, c'erano resti di abitazioni distrutte.
Di fronte a lui si stagliava una stranissima scultura: un pilastro nero. Lungo di esso, distingueva tratti mostruosi di creature che non identificava. In fondo, scorgeva i resti di un castello di pietra. Risaltava quanto il pilastro, perché era di un giallo sgargiante. Alla destra del pilastro c'era un tempio distrutto. Alla sua base, poi, le cianfrusaglie si addensavano maggiormente. Erano frammenti di pietre, vetro e, forse, rami bianchi. Sconcertato e sconvolto, Herosian si avvicinò al tempio. Non ci mise molto a concepire la macabra verità: quelli che aveva scambiato per rami bianchi, erano ossa. Era circondato dalla morte, dalla devastazione.
Il ragazzo ebbe paura. Si sentì perduto. Non sapeva cosa fosse successo, né dove si trovasse. Non sapeva cosa ne fosse stato del suo amico...
- Dean! - urlò. - Sei qui?! Rispondimi! Dean! -
Ma il suo amico non era lì con lui. Era forse rimasto ai piedi dello scrigno?
Herosian cercò di riflettere. Gli parve di capire che quello scrigno, in realtà, fosse una specie di portale che l'aveva condotto da qualche parte... In quel posto.
E soprattutto, non stava sognando, né avrebbe potuto essere l'aldilà quello che gli si parava dinanzi.
- Dean! - tornò a chiamare, preoccupato.
Era molto in ansia per lui, molto più che per se stesso. Il suo amico era sempre stato poco sveglio, poco accorto, sbadato, ma gli voleva un gran bene. Ne avevano passate così tante insieme che, adesso, per lui era quasi come un fratello.
Dopo alcuni minuti dovette arrendersi all'evidenza: era solo.
Solo per davvero.
Ancora sconvolto, si avvicinò cautamente al pilastro; aveva un che di sinistro, di innaturale.
Qualcosa si mosse alla sua destra e lui si voltò di scatto. Nulla.
Due passi ancora...
Tornò ad avere l'impressione che qualcosa si muovesse.
Si voltò di scatto verso il tempio, ancora paralizzato sul posto. L'immobilità regnava suprema. Immobile era pure lui, mentre stava lì a fissare i resti del tempio.
Poi un crac .
I residui di ossa e frammenti si mossero ed Herosian, ancora immobile, osservò emergere la testa di una strana mucca scarnificata. Era sempre stata lì, mimetizzata col resto dell'ambiente, anzi, sembrava essere addirittura parte di esso. I suoi lineamenti erano paurosamente alterati: la testa era più simile a una maschera che a qualunque altra cosa. Era solida, compatta e giallastra. Sembrava che gli occhi non ci fossero. Le cosce erano di massiccia pietra verde. Pareva che fossero cave così come le sue orbite e, dall'interno di esse, fuoriuscivano le gambe, più esili e giallognole. Il resto del corpo era un insieme di organi scoperti, ossa e pietre.
Era la cosa più strana e inquietante che Herosian avesse mai visto. La stessa non gli diede il tempo di riflettere: la creatura puntò il muso verso il ragazzo, poi caricò, lanciandosi contro di lui. Herosian si scagliò di lato, gettandosi fra le pietre. La mucca si muoveva errabonda, ma era chiaro che il suo obiettivo era lui. Emise un verso che Herosian non aveva mai udito, un lamento terribile e distorto. Ancora carponi, il ragazzo si trovò col viso a pochi centimetri da un lungo frammento di legno robusto. Lo afferrò, si rialzò e lo brandì come fosse una spada. La paura, adesso, era stata sostituita dall'istinto di sopravvivenza. La creatura si scagliò di nuovo contro di lui ma Herosian la colpì in faccia col frammento di legno.
Fortuna del principiante?
Il mostro parve comunque stordito. Herosian ne approfittò e lo colpì nuovamente sullo stesso punto. Quando il legno si abbatté sul muso della bestia, esso cadde in avanti scoprendo le nervature al di sotto. La mucca scalciò con violenza ed emise lugubri lamenti terrificanti. Tuttavia non si era ancora arresa, perché non gli staccava gli occhi di dosso. Herosian la vide avvicinarsi, in procinto di attaccare. E poi il mostro caricò di nuovo ma stavolta, Herosian non fu abbastanza rapido da evitarlo e fu colpito in pieno.
Ebbe come l'impressione di aver udito crac ... ma questa volta sembrò provenire dall'interno del suo corpo.
Il suo fiato si spezzò, mentre rotolava per terra. Il colpo al petto era stato allucinante, non riusciva più a respirare né a rialzarsi. Si accorse di non stringere più il frammento di legno. Riuscì a malapena ad alzare la testa, per assistere a uno spettacolo raccapricciante. Lo zoccolo metallico della creatura stava calpestando la sua arma improvvisata, spezzandola come nulla fosse.
“ Non ho lasciato quella dannata prigione per morire in questo posto assurdo!” pensò con determinazione, mentre si rialzava barcollando. La creatura gli si scagliò contro...
Herosian fece lo stesso. Non sarebbe mai rimasto inerte, aspettando la morte; avrebbe combattuto fino all'ultimo battito del suo cuore.
Prima dell'impatto, però, qualcosa lo prese alla sprovvista.
Davanti a lui si manifestò un'intensa luce dorata che lo abbagliò. Chiuse gli occhi per qualche istante.
Quando li riaprì, vide che fra lui e il mostro c'era una ragazza. Sulla mano destra stringeva qualcosa che emetteva quella luce e adesso la stava puntando contro la strana creatura, che indietreggiava. Herosian non riusciva a scorgere il viso della ragazza, ma solo un corpo esile quanto il suo, sormontato da una chioma di capelli biondi e lisci.
La luce si placò. Si voltò verso di lui ma Herosian non ebbe il tempo di osservarla, perché lei l'aveva già preso per mano e lo stava guidando da qualche parte, correndo quanto più velocemente possibile. Herosian faticava molto a stare al suo passo. Inciampò su una pietra e rovinò al suolo. Prima ancora che potesse pensare di rialzarsi, la ragazza lo sollevò e lo costrinse a proseguire. Dopo quelle che parvero ore, giunsero in una strana radura.
Sotto gli stanchi piedi di Herosian, si stendeva un prato erboso.
Solo che era rosso...
Lanciò un'occhiata intorno e notò che era rosso ovunque. Gli alberi che circondavano la radura erano spogli e rinsecchiti. Le forme dei rami erano altrettanto anomale e il loro colore era molto più biancastro del normale. Herosian era stanchissimo, aveva corso per così tanto tempo da pensare che il suo cuore avesse retto per miracolo.
Poi sentì la sua mano afflosciarsi. La ragazza aveva mollato la presa.
Si riscosse e poté finalmente guardarla: scoprì che aveva dei lineamenti molto delicati. Il naso era piccolo, le labbra sottili e il viso ovale. Ciò che lo colpì, però, furono i suoi occhi. Le iridi erano di un castano così bello da ricordare la luce dorata che aveva emanato poco prima. Il suo sguardo era sveglio e trasudava un'intelligenza intrinseca.
Herosian stava per ringraziarla ma lei lo schiaffeggiò con violenza.
Lui ne fu talmente basito che non riuscì neanche ad aprir bocca.
- Cosa diavolo credevi di fare? - chiese lei, rivelando una voce decisamente affascinante.
- Io... -
- Ormai dovreste sapere che quando una di quelle aberrazioni vi attacca, dovete solo scappare! -
- Dovreste sapere? - domandò Herosian confuso. - No, aspetta, io e chi? Di chi stai parlando? - soggiunse, con un velo di speranza.
Lei lo fissò come se avesse davanti un ragazzo ritardato.
- Degli altri umani! -
Herosian era sempre più perplesso.
- Ferma un attimo. Io non so dove sono, né come ci sono finito. Un minuto prima ero col mio amico Dean in un posto chiamato “Il Luogo Nascosto” e un attimo dopo mi sono ritrovato qui, nel caos più totale, senza il mio amico, con un mostro che cercava di uccidermi... -
- Vuoi dire che non sei sempre stato qui? - lo interruppe lei. - Ricordi la tua vita prima di trovarti in questo posto? -
- Sì! - rispose lui, esasperato. - Che cosa stai dicendo? -
La ragazza non rispose. Sembrava che riflettesse su cosa dire.
- Come ti chiami? - domandò lui.
- Mi chiamo Geneviève - rispose lei, per nulla entusiasta.
- Io sono Herosian - le porse la mano, ma lei non ci pensò nemmeno ad afferrarla.
- Be', Herosian, sei un idiota - sentenziò.
- Perché dici questo? - chiese lui, allibito.
- Devi stare lontano da bestie come quella. Se ti toccano per più di pochi secondi, ti tramuterai anche tu in una creatura aberrante. -
- Io non capisco! Dove sono? Che posto è questo? -
- È... l'Europa, o quello che ne resta. -

Alex Schillizzi, Francesco Agostini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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