La stava osservando da una decina di minuti, quella maglia aderente risaltava le forme del seno e la gonna era abbastanza corta da mostrare le gambe fino a metà cosce. “Ok Massi, concentrati, stai lavorando, te lo ricordi almeno che lavoro fai? L'agenda, dove l'hai messa quella stupida e inutile agenda? Così almeno tieni le mani impegnate.”, piegò la testa da un lato all'altro un paio di volte, recuperò i suoi documenti e fece finta di consultare degli inesistenti appunti, “Diamine, è la terza volta che prendi le misure di quell'accidente di portico e hai calcolato tre superfici diverse: porca miseria, ce la fai a tenere fermo il metro?”. - I lavori al piano superiore sono quasi terminati, mancano ancora il lavabo del bagno grande, i mobili della camera rossa e giusto un altro paio di dettagli nella camera grigia - . Scegliere le rifiniture per le camere da letto gli risultò semplice, per ogni ambiente aveva stabilito un colore e un tema diverso: la camera rossa, eventualmente destinata alla figlia se avesse deciso di fermarsi a dormire, rispecchiava il suo carattere energico, con un letto a soppalco sotto cui aveva trovato posto un divano e due pouf rotondi. La camera grigia era stata pensata per il maschio, più spartana e con un letto a scomparsa in modo da ospitare anche un amico; mentre l'ultima fu lasciata libera, visto che al momento era superflua, Altea ne aveva rimandato il completamento. Quella padronale, invece, non riusciva a visualizzarla e a definirne lo stile. Entrava in quella grande stanza bianca e la sua mente si chiudeva, impedendogli di decidere come rifinirla. Dopo giorni che si arrovellava il cervello e cestinava costantemente tutti i bozzetti, un pomeriggio attese che gli operai terminassero i lavori e quando la casa fu completamente vuota, entrò nella camera di Altea e si sedette al centro del pavimento. Iniziò ad immaginare che lei entrasse a gironzolare e non ebbe bisogno di altro: i muri divennero viola, come quelle inusuali ed eccentriche valigie che si era portata in Toscana, apparve un grande letto bianco con testiera imbottita sovrastato da un enorme pannello a tutta parete di fiori stilizzati in ferro battuto color argento, un grande tappeto a pelo alto color glicine, due poltroncine argentate rivestite di velluto lilla e un pouf imbottito rettangolare bianco vintage posto ai piedi del letto. Delle ampie tende grigie, degli accenni di verde dato dalle felci accanto alla portafinestra, dai vasi in vetro soffiato ai lati del comò e da un paio di cuscinoni lasciati in terra, che riportassero alla mente il colore dei suoi occhi, e la camera era terminata. “Ma non poteva indossare qualcosa di meno attillato? Dio, quanto è provocante! Massi, insomma, sei diventato un guardone? Riprendi fiato, sembri in crisi d'astinenza! Ok, respira, inspira, espira e inspira, ancora un paio di volte e sei fuori pericolo. Oh! No, non è vero. Non ce la posso fare”, strizzò gli occhi e distolse lo sguardo, - Stanno montando i ripiani e i cassetti nella cabina armadio della tua camera, spero che l'attrezzatura interna sia sufficiente per i tuoi vestiti - . - Perché? - . - Era sarcasmo mia cara, potresti aprirci un negozio di abbigliamento in quella stanza - . - Ah, ecco, mi pareva - . - Devi aver lasciato in giro il tuo senso dell'umorismo, ti conviene andare a cercarlo - . - Sì, adesso vado a recuperarlo - , rispose sovrappensiero. Preferì lasciar perdere e continuò con il resoconto dei lavori, - E anche al piano terra siamo a buon punto, il bagno è terminato, nello studio hanno montato la libreria, quindi è completo, dovresti darmi delle indicazioni più precise per le rifiniture e scegliere i mobili... - , la osservava di sottecchi mentre le parlava, sembrava distante. - Altea... - . - Eh? - , si era completamente persa nei meandri dei suoi percorsi mentali. - Scusa Max, dicevi? - , non aveva ascoltato una sola sillaba di tutto il suo discorso. - Mi serve sapere dove compri i vestiti e che mobili vuoi mettere in cucina e in sala. Tutto a posto? - , era palese che qualcosa le dava da pensare. Storse le labbra, - I miei vestiti? - , non capiva l'allusione. - Lascia stare, era un discorso fra me e me. Passa alla parte in cui ti chiedo del mobilio - . - Sì. I mobili... boh, non ne ho la più pallida idea. Fai tu, mi sono piaciute molto le soluzioni che hai trovato per le camere. Ti sei fatto un'idea precisa delle mie esigenze, e mi fido del tuo buongusto, saprai scegliere meglio di quanto potrei fare io. Indirizzati su qualcosa di pratico, non posso dedicare molto tempo alle pulizie e non ho ancora assunto qualcuno che lo faccia al posto mio. Si sforzò di concentrarsi, mi occorre una scarpiera capiente all'ingresso, nessuno varcherà la soglia di casa mia con le scarpe ai piedi, sono abituata così, molto “stile giapponese”. E prevedi un divano bello grande con penisola, verranno a trovarmi i miei cani e magari ne adotto altri, e un tappeto davanti al camino, mi piace sedermi in terra - , terminate le richieste, si era nuovamente distratta, guardando fuori dalla finestra. - Cani, scarpiera, tappeto. Ok metto giù un paio di proposte e ti faccio sapere. Se decidi in fretta, ti posso far arrivare tutto per ottobre - , terminò di segnare le annotazioni nella cartellina che aveva recuperato insieme agli appunti e all'agenda. - Bene, entro fine anno voglio traslocare definitivamente - . - Posso chiederti cosa ti turba senza apparire inopportuno? - , provò ad insistere. - Oh, i miei figli, ma non vorrei annoiarti - , era contenta del suo interessamento. - Sei la persona meno incline ad annoiarmi che io conosca - , la spronò a confidarsi. Gli sorrise debolmente, - Nei giorni scorsi mi hanno aiutato a trasportare le scatole con i miei vestiti e ieri sono passati a trovarmi, hanno preteso di conoscere i particolari della situazione, volevano sapere se è momentanea o definitiva, speravano si trattasse della classica “pausa di riflessione” - . Max non si era perso una sola parola. - Poi ho chiamato Franco, gli ho spiegato brevemente quanto era accaduto, siamo andati a casa sua e abbiamo parlato tutti insieme - , le costava un'immensa fatica ripercorrere le fasi di quella discussione. - Vai avanti - , le disse dolcemente. - Siamo restati sul vago, nessuno dei due ha accennato al suo tradimento. Lui ha confermato la mia versione e abbiamo tentato di sedare gli animi. La femmina si era un po' agitata e la riunione ha rischiato di degenerare, fra urla e polemiche. Conoscendola, impiegherà un paio di giorni per metabolizzare l'accaduto e poi se ne farà una ragione adeguandosi alla situazione - . - Ti ha scosso molto - . Le tremava la voce, - Si vede così tanto? Ho tentato di temporeggiare, non mi sentivo ancora pronta ad affrontarli, ma mi hanno battuto sul tempo. Al momento sono gli unici a saperlo - , non riuscì ad impedire alle lacrime di cominciare a scorrere. - Ho già allertato la mia amica psicologa, si è resa disponibile per vederci tutti e quattro e fornire un eventuale supporto psicologico ai ragazzi, per superare meglio il trauma della separazione. Non ho ancora avvisato Franco, ma credo che sarà d'accordo - . Aveva ancora per le mani il suo bel malloppo di carta, - Avresti bisogno di un abbraccio - , la guardò e poggiò in terra i fogli - Potrei offrirmi volontario per dartelo, potrebbe esserti indiscutibilmente di aiuto - , l'allusione al gesto che occorse a lui per trovare conforto al loro arrivo a Talamone, la convinse immediatamente, attese che lei lo guardasse e si avvicinasse. Aprì le braccia e aspettò che scoppiasse in lacrime, grata di potersi sfogare e lui felice di poterle restituire il favore. La strinse fino a quando non riuscì a calmarsi, si spostò e la lasciò andare malvolentieri, avrebbe preferito tenerla sul cuore per sempre. - Scusami, non volevo - , si asciugò gli occhi. - Non hai motivo di scusarti, ci sarò sempre per te. Di qualunque cosa tu abbia bisogno, te l'ho già detto - , “e ti amerei alla follia se solo me lo consentissi”, ma questo dovette limitarsi a pensarlo e basta. - Grazie, oh ti ho bagnato la camicia. Vediamo se riesco a farmi perdonare - , entrò nel ripostiglio e tirò fuori una bottiglia di vino rosso, - Non ho i calici, ma raccatto un bicchiere di plastica. Dovrebbe essere buono anche se la temperatura non sarà quella ottimale, me lo hanno regalato degli amici, hanno un vigneto biodinamico qui vicino - , lo versò nei bicchieri e gliene porse uno. - Ti ostini a far finta di bere? - , le sorrise. - Almeno ti faccio compagnia - , si era seduta sul pavimento del soggiorno completamente vuoto e lui l'aveva imitata. - Hai ragione, è molto buono - , ammise dopo averlo provato. - Sono costretta a fidarmi sulla parola - . - Se ti dà fastidio, posso fare a meno di berlo - , non ne era convinto. - No, tranquillo. Ho superato quella fase, se fosse possibile mi piacerebbe gustarmelo un giorno. Ma al momento non mi riesce ancora - . - Come hai fatto a buttartelo alle spalle? - , era un argomento su cui non erano più tornati. - L'alcolismo di mio padre intendi? Ci ha salvati la sua morte, non abbiamo versato una lacrima, anzi abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Ci siamo resi conto, dopo molto tempo, di essere dei sopravvissuti, di essere sfuggiti alle torture del mostro. Mia madre era ridotta pelle e ossa e non si contavano più le volte in cui finiva in pronto soccorso per la sua sbadataggine: cadeva di continuo dalle scale, sbatteva la faccia contro le ante, scivolava per terra, inciampava nel tappeto della cucina. Io e mio fratello eravamo sempre pieni di lividi, sai giocando ci si può fare molto male! - , le affiorò un ghigno. - Ricordo un pomeriggio particolarmente freddo, dovevamo essere vicini a Natale, eravamo in casa solo io e la mamma, lui è ritornato prima dal lavoro e ha iniziato ad arrabbiarsi perché la cena non era pronta. Mia madre ha tentato di scusarsi e spiegare che non lo aspettava così presto e lui per tutta risposta ha iniziato a pestarla, non si sarebbe fermato se io non fossi intervenuta - , prese una pausa - Mi ha fratturato radio e ulna del braccio sinistro e sono rimasta a casa per più di una settimana per riuscire a riprendermi dalle botte, in ospedale sono stata costretta da lui a raccontare che andando in bici mi ero schiantata contro un albero - . Si strofinò il braccio e riprese il suo racconto, - Morto lui, non ci parve vero di non dover provare un terrore assoluto varcando la soglia di casa, non sentire urlare a qualsiasi ora del giorno e della notte, smettere di andare a scuola con i cerotti in faccia e non dover più tentare inutilmente di difendere la mamma da bastonate e botte, abbiamo impiegato molto tempo per realizzare che l'incubo era finito. La prima cosa che abbiamo fatto, tornati a casa dal funerale, è stato bruciare nella stufa il bastone con cui ci picchiava, lo lasciava appeso davanti alla porta d'ingresso in modo che fossimo costretti a vederlo tutte le volte che entravamo in casa, è con quello che ha fratturato lo zigomo a mia madre e fatto saltare due denti a mio fratello. Quando l'ho visto prendere fuoco ho sperato che lui stesse patendo la stessa fine, fra le fiamme dell'inferno, ne meritava ogni scintilla. Mia madre riprese piano piano a sorridere, non lo faceva da anni, ringiovanì e ritornò ad essere la donna bellissima che era stata e che mio padre tanto si era impegnato a demolire pezzo dopo pezzo. Io e mio fratello facemmo nuove amicizie e imparammo il rispetto per gli altri senza bisogno che nessuno ce lo insegnasse. Siamo rimasti molto sensibili alle fragilità delle persone. Non tutti hanno avuto la fortuna che una morte improvvisa li liberasse dall'orco delle fiabe. Non sai quanti patiscono in silenzio! Di lui non ho alcun ricordo felice, ma sono costretta a portare addosso i segni indelebili della sua presenza nella mia vita - , posò il bicchiere, si girò, sollevò la maglia dal fianco destro, scoprendosi fino a metà schiena, e slacciò il reggiseno aspettando che lui la osservasse. - Questa è una cinghiata che presi al posto di mia madre una delle tante volte in cui mi misi in mezzo, è rimasto il segno della fibbia - . Allungò istintivamente la mano e passò le dita su quella striscia bianca che le segnava la pelle, quanto avrebbe voluto cancellare il dolore e rassicurarla. Socchiuse gli occhi al tocco leggero della sua mano. Si risistemò, - Crescendo mi sono imbattuta in un gruppo di supporto per chi avesse subito traumi come il mio e ho chiesto di essere aiutata. Da allora non mi sono più svegliata in preda al panico. Senza l'incoraggiamento di quanti mi hanno sostenuto forse non sarei mai riuscita a raggiungere un equilibrio - , poi rise - molti dei miei amici di lunga data mi accusano di non esserci del tutto riuscita, di essere ancora abbastanza instabile e matta come un cavallo - , riprese in mano il bicchiere, giusto per giocherellarci. - Scherzi a parte, sono riuscita a contestualizzare la situazione e a relegarla al passato. Poi mi sono iscritta ad un corso di autodifesa, giurando a me stessa che mai nessuno mi avrebbe più messo i piedi in testa, e resa disponibile per un'associazione di volontariato che aiuta donne in difficoltà. Fine della storia - . La guardava impreparato a trovare le parole giuste. - Hai altre cicatrici? - . - Ne ho piena l'anima - , rispose al bicchiere. - Come fai a trovare la forza per parlarne - , non si capacitava della quantità di sofferenza che era stata costretta a provare. - Ho raccontato la mia esperienza talmente tante volte, durante le riunioni dei gruppi di sostegno, che quando ne parlo mi sembra di avere la mente anestetizzata - . Si girò appena verso di lui - Mi dispiace, scusami tanto, non ho pensato all'effetto che la mia storia potesse avere su di te, ti ho sconvolto? - , lo fissò di traverso. - Credo che ci voglia una forza sovrumana per affrontare situazioni simili e uscirne migliori, anziché lasciarsi schiacciare e incattivirsi, avresti potuto adeguarti alla sua violenza e perpetrare lo stesso comportamento - . - Forse non è questione di forza, a volte basta imparare a dimenticare i giorni bui per raggiungere la serenità - . - Non hai dimenticato nulla, lo hai affrontato con coraggio, è diverso. Anche tuo fratello ha reagito nello stesso modo? - . - No, per lui il percorso è stato diverso, si è concentrato esclusivamente su Marta. Da quando l'ha conosciuta ne ha fatto il centro del suo mondo e ha dedicato la sua esistenza a renderla felice. Puoi fargli qualsiasi torto, ma non toccargli sua moglie, diventa una bestia. È come se l'avesse consacrata a sua religione personale, la adora. A me sembra morboso, ma mia cognata è felice di essere al centro delle sue attenzioni - . - Avete entrambi la mia più completa stima e ammirazione, non sarei mai riuscito a riprendermi e a dimostrare la vostra forza d'animo - . - Forse siamo solo stati fortunati. Boh, comunque sia, ormai è andata. Adesso devo occuparmi di altro - , si stava tirando su e lui la bloccò mentre era in ginocchio in procinto di alzarsi. - Altea... - , le aveva poggiato una mano sulla spalla e si era avvicinato troppo. - Max, non dire niente, te ne prego. Non sono in grado di darti ciò che desideri. Quando ci siamo conosciuti avresti potuto chiedermi di andare a letto insieme, io avrei accettato senza problemi, ma non lo hai fatto, e se da una parte te ne sono grata perché ammetto che me ne sarei pentita, dall'altra penso che forse sarebbe stato meglio, perché sarebbe finita lì, ci saremmo tolti il pensiero e saremmo andati ognuno per la propria strada - , si era sollevata nel parlargli, lasciando in terra solo lo sguardo. - Io non voglio che finisca proprio nulla - , l'aveva presa dalle braccia, per convincerla a guardarlo. - Ed è qui che comincia il casino, perché io non voglio che inizi - , sembrava intestardita e si scrollò le mani di dosso. - Forse è già iniziata e non te ne sei resa conto - , del tutto intenzionato a farle cambiare idea. Chiuse gli occhi, non poteva sopportare di sentire altro, - Max, piantala di parlarmi così. Insomma, che cosa vuoi da me? - , si sentiva al culmine dell'esasperazione. - Non riesci proprio a capirlo?! Non voglio niente “da te”, io voglio te - . - Non sei il primo a dirmelo e ti ripeterò la stessa risposta che ho già dato: non puoi avermi - . - Non faccio fatica a credere che altri ti abbiano preteso, e non mi scoraggerà saperlo. È inutile che tu ci provi, non funzionerà, non me ne frega niente di quanti uomini ti sei portata a letto, perché dopo di me non ne avrai altri - , si era irritato e il tono di voce insieme a lui. - Max... - . - Io ti voglio lo stesso, non riesco ad impedirmelo - . - E cosa dovrei fare io? Sentiamo - . Aggrottò la fronte, non si aspettava una domanda del genere, - Convincimi che mi sto sbagliando, o inizia a far parte della mia vita, o prova a fingere che sia possibile - . - Max, la devi sm... - . L'afferrò da una spalla con una mano e con l'altra, infilata fra i suoi capelli, l'attirò verso di sé baciandola. Il tutto in un unico movimento, fluido, passionale, inatteso, tanto da non lasciarle scampo. Si staccò mentre lei aveva ancora gli occhi chiusi - Spiegami quello che provi, e non mentire dicendomi che ti sono indifferente, fammi capire perché tenti di tenermi distante quando la tua pelle urla il mio nome, le tue labbra mi chiamano di continuo e tu senti l'intensità delle emozioni che ti trapassano. Puoi raccontarti tutte le bugie che vuoi, ma non riuscirai a convincere me - . E le ultime domanda che parevano una sfida, - Rispondi: cosa provi quando ti bacio? Adesso, cosa hai sentito? - . Aveva riaperto gli occhi e lo fissava, incerta su come gestire la discussione, - Ho pensato molto a te dopo la nostra gita in Toscana, sei un uomo straordinario, con me sei sempre attento e premuroso, ed è come dicevi tu: mi fai sentire al riparo da qualsiasi pericolo e questa cosa mi spaventa molto. Anzi, per dirla tutta, mi terrorizza. Tu mi fai uno strano effetto: sei come una nebbia che mi avvolge completamente e attutisce tutto ciò che mi circonda, e mi fa sentire protetta. Mio malgrado, sono costretta a prendere atto che sono stata bene con te, fin troppo, che ho apprezzato quello che mi hai detto e allo stesso tempo mi preoccupa perché non posso ricambiare i tuoi sentimenti, non posso renderti felice, non ne sono capace e ho una immensa paura di danneggiarti. Lo vuoi capire che ti farei molto più male di quanto immagini? E questo non potrei mai perdonarmelo, te l'ho già detto. Io sono sicura che non sia saggio per te frequentarmi. Non sono una brava persona come lo sei tu, non capisco cosa tu abbia trovato in me di tanto straordinario, mi conosco bene e so che non mi è rimasto nulla di buono, che valga la pena di apprezzare. Io... - , parve che le parole le morissero in gola, si alzò - Aspetto i tuoi progetti - , lui non rispose, comprese di essere stato garbatamente congedato e preferì evitare di insistere, raccattò i suoi appunti e tolse il disturbo. Non immaginava minimamente che la sua vicinanza creasse ad Altea un'agitazione improvvisa e duratura che, per quanto tentasse di ricacciarla indietro soffocandola, spuntava fuori all'improvviso e non riusciva a contrastarla. Dei brividi inconsueti la scuotevano quando lui si avvicinava e nel momento in cui le aveva sfiorato la cicatrice, le sembrava che quei sette centimetri sparissero prodigiosamente al passaggio delle sue dita. Si impediva di pensare a lui, non avrebbe fatto mai nulla che lo potesse confondere, non voleva metterlo in difficoltà o illuderlo inutilmente. Non gli avrebbe mai e poi mai fatto del male, tanto quanto lui non si sarebbe azzardato a farne a lei. Era il primo a cui si negava. Da quando aveva deciso di riprendere in mano la propria vita, nel giro di pochi mesi si era portata a letto tutti gli uomini che era riuscita, inclusi svariati incontri occasionali. Doveva recuperare vent'anni di rinunce. Non erano mancati gli ammiratori, ma mai si era soffermata sulle loro proposte, non aveva mai contemplato l'ipotesi di tradire Franco. Si era rifatta abbondantemente. Ma con Massimo era diverso, sebbene ne fosse attratta, gli infondeva una serenità che, anziché calmarla, la destabilizzava, non ne intuiva la provenienza. Le bastava averlo intorno mentre si occupava del colore giusto per tinteggiare le pareti, piuttosto che controllare la posa delle piastrelle del bagno, o sfogliare i cataloghi, e si sentiva nel posto giusto al momento giusto. E quando si erano ritrovati da soli in Toscana la situazione era precipitata e le era sfuggita di mano, in quella manciata di ore che avevano trascorso insieme le era parso di dimenticarsi di tutto il resto e per un attimo la voglia di restare con lui l'aveva convinta a non ripartire. Perfino dormire in quello stretto e scomodo ballatoio le era piaciuto, c'era lui accanto, si sarebbe addormentata dovunque a dispetto di qualsiasi crisi d'insonnia. Fra le sue braccia si era sentita bene come non le accadeva da molto tempo, come se qualcosa di indefinito fosse apparso magicamente a riempire il vuoto formato all'interno della sua anima. Quel bacio che le aveva rubato in acqua, a cui avevano fatto seguito molti altri, era stato troppo, le aveva creato un senso di appartenenza talmente profondo da sopraffarla. Si era reso necessario ripartire più velocemente possibile per allontanarsi da Massimo e da quelle sensazioni a cui non era il momento di concedersi. E per finire, le parole che le aveva riservato mentre la teneva stretta le rimbombavano ancora nelle orecchie, così come quelle carezze lievi si muovevano ancora sulla pelle, non riusciva a liberarsene. Al loro rientro più di una volta era stata tentata di chiamarlo, ma preso in mano il telefono e selezionato il numero, si fermava prima di avviare la conversazione. Anche adesso che gli aveva chiesto di andarsene lo aveva fatto a scapito della sua pace interiore, avrebbe preferito che non le avesse dato retta e fosse rimasto, a tenerla stretta fra le braccia cullandola fino a farla sentire di nuovo al sicuro, come aveva fatto nel letto della sua stanza da adolescente a Talamone. La dolcezza di quel pomeriggio si riaffacciava spesso alla memoria, le ricordava il tepore della sua pelle, la sincerità disarmante della voce e la richiesta di poterla baciare, a sottintendere che si sarebbe tirato indietro se lei non avesse acconsentito. Tutto in lui la spiazzava. Come continuare a mentire? Cosa avrebbe dovuto rispondere alla sua domanda? “Vuoi sapere cosa provo quando mi baci? Sento di appartenerti! A te e nessun altro. Contento?!”
Era tornato nel suo attico di Brescia Due, si era attardato fuori dal terrazzo a fissare il Cidneo e i profili del Castello con una Heineken ghiacciata in mano. Suo padre lo osservava dalla vetrata del soggiorno indeciso se lasciarlo ai suoi pensieri o farsi avanti. Decise per la seconda, - Donne o lavoro? - , prese posto sulla poltrona accanto a quella del figlio. - Donna - , rispose senza guardarlo. - Ahia, se è solo una, sento puzza di guai - , gli prese la birra dalle mani e ne bevve un sorso. - Uhm - , mantenne lo sguardo fisso davanti a lui. - Modella, ballerina, artista...? - . - Collabora con una casa editrice - . Restò piacevolmente colpito, - Oh, per la miseria, stavolta ha anche un cervello. È peggio di quanto pensassi - , ricordava ancora le sciroccate con cui si era accompagnato il figlio negli anni, sembrava che le scegliesse apposta per evitare con loro qualsiasi spunto di conversazione, le frequentava sì e no un mesetto e poi sparivano dalla sua vita, non si era mai concesso una relazione duratura. - Qual è l'inghippo? - , gli sembrò opportuno chiedere una doverosa spiegazione. I rapporti con suo padre erano sempre stati idilliaci, lo aveva aiutato, protetto, spronato e indirizzato per la sua strada. Come era diversa la sua situazione da quella di Altea, non avrebbe potuto essere in grado di comprenderla appieno, suo padre era un esempio da seguire in tutto e per tutto, il suo eroe anche da adulto. Persona saggia, colta, rimasta umile nonostante la notorietà dello studio che aveva avviato fra tanti sacrifici, innamorato follemente di sua moglie. Per lei avrebbe fatto qualunque cosa e preso il suo posto in quel letto d'ospedale, dove si era spenta lentamente a causa di un male insidioso e implacabile. Era cresciuto immerso nel loro amore, illudendosi che un giorno avrebbe trovato anche lui una persona da amare e proteggere, condividendo la vita come gli avevano insegnato i genitori con il loro esempio. Ma al momento sentiva solo un gran voragine nel petto, non si era negato la compagnia di altre donne, ma uscivano tutte inesorabilmente sconfitte dall'immancabile paragone con Altea. Che fossero più giovani, più belle, più disinibite, più disponibili, non era mai abbastanza da consentirgli di levarsela dalla testa. Alla fine di una serata terminata a letto con una morettina focosa, nel momento in cui gli era scappato di bocca - Altea... - , aveva guardato la ragazza, si era scusato imbarazzato ed era scappato via dal suo appartamento. Non ci aveva più riprovato. Nel comprendere che lei monopolizzava tutti i suoi pensieri, aveva rinunciato a tentare di rallegrare le notti con altre donne e si era dovuto convincere dell'inevitabile: non era semplice attrazione, se ne era innamorato. - Diciamo che si trova in una situazione complicata e non ne vuole sapere di me - . - Mi spiace non poterti aiutare, non ho dovuto penare per convincere tua madre, ci è bastato guardarci negli occhi per decidere di condividere tutta la vita - , gli restituì la bottiglia. - Non ho mai provato nulla del genere, mi attrae e mi confonde. È un vero rompicapo, e il suo modo di fare, di parlarmi, il comportamento che ha quando si trova con me, si ripercuote costantemente sulle mie giornate, penso a lei di continuo, non posso farci niente. Anche se conosco i motivi del suo rifiuto non riesco di impedirmi di cercarla, ogni scusa è buona per correre da lei - . - Scommetto che ha qualcosa a che fare con la ristrutturazione della villa a Cellatica - , piegò la testa di lato per osservarlo meglio. - Come fai a saperlo? - , restituì lo sguardo. - Massi, è l'ultimo progetto che hai seguito. Ti ha assorbito completamente da quando te l'ho assegnato, hai dirottato qualsiasi altro lavoro agli altri architetti dello studio, con una scusa o con l'altra. In pratica sei sempre lì. Qualche dubbio mi era sorto, sarò vecchio ma ricordo ancora come funzionano certe cose, sai? - . - È lei, e per inciso, non è la vecchietta che mi aspettavo - . - Questo lo avevo capito. Quello che mi era sfuggito è che non è una semplice cotta, giusto? Non ti ho mai visto in questo stato prima d'ora, credo sia la prima volta che ti capita - . - Ebbene, sì, la amo. Dillo che non lo credevi possibile - , gli sorrise. - Deve essere proprio straordinaria se ti ha fatto perdere la testa in tale maniera - , poi si decise ad andare fino in fondo alla faccenda - Ed è inutile che ti chieda se è sempre lei quella che hai portato a Talamone?! - . - Babbo, ma che hai? Una sfera di cristallo nascosta in cantina? - , era impressionato. - No, semplicemente la signora Marcella che mi ha rimproverato per averla avvisata all'ultimo minuto di provvedere alle pulizie - . - Oh, caspita, ha chiamato te? - , sperava di tenere per sé la sua vacanza, ma era stato tradito da una telefonata della vecchia governante. - Già, la prossima volta dalle un paio di giorni di vantaggio. Questa tua amica mi incuriosisce sempre più - . - Non chiedermi di presentartela, ti ho già detto che non ne vuole sapere - , l'avrebbe volentieri fatta conoscere a suo padre, ma doveva aspettare il momento giusto. - Questa lezione non vuoi proprio impararla - , gli disse smuovendo energicamente la testa. - Quale delle tante? - . - Non si ottiene nulla di straordinario senza uno sforzo straordinario - . - Cosa dovrei fare secondo te? - , si sentiva incagliato e avrebbe accettato volentieri un suo consiglio. - Se è vero che si trova in una difficoltà oggettiva, aiutala per quanto possibile senza diventare invadente, esprimi chiaramente ciò che provi per lei e poi lasciale il tempo per risolvere i suoi problemi e decidere di ricambiare i tuoi sentimenti e di innamorarsi di te - . - È quello che ho fatto! - . - Ma non mi dire?! Allora qualcosa dei miei insegnamenti ha fatto breccia in quella testaccia dura che ti ritrovi - . - E su papà! - . - Non mi resta molto da consigliarti: fai fin dove puoi, non oltre, e ricorda che un filo sottile collega la perseveranza al raggiungimento del proprio traguardo, ma prima deve passare attraverso l'impossibile, trasformarlo in possibile, renderlo probabile e infine certo. Non occorre che forzi la mano, puoi averla incontrata grazie al destino o alla fortuna, chiamala come vuoi, la sostanza non cambia, se è nata per stare con te, troverà lei stessa il modo di raggiungerti. Devi solo avere pazienza - . Sorrise - Che farei senza di te?! - , gli strinse il braccio - Grazie papà, per tutto quello che fai per me - . - Dovere, figliolo - .
Scovare un parcheggio a Brescia Due pareva un'impresa degna delle fatiche di Ercole, sarebbe stato meglio arrivare a piedi dai Campiani “Oh, finalmente”, era riuscita a trovare uno spazio per lasciare il fuoristrada “Dai, mio buon amico, spostati che mi infilo io”, incoraggiò fra i denti la Punto che stava uscendo in retro. Il tempo di sostituire le ballerine e si diresse all'indirizzo indicato sul biglietto da visita. Non le era capitato di recarsi presso il suo studio, si era accordata con il padre di Massimo telefonicamente e lui si era sempre reso disponibile ad incontrarsi alla villa; era intenzionata a fargli una sorpresa e ad invitarlo a prendere un caffè per farsi perdonare di averlo trattato così rudemente la sera precedente. Attraversò la strada e proseguì verso l'androne della Torre Mercurio, le vetrate a specchio conferivano un aspetto elegante alla struttura semplice e lineare. Il portiere le indicò l'ascensore confermandole che lo studio si trovava al dodicesimo piano. L'appartamento di Massimo era poco lontano, anche quello non l'aveva ancora visitato, sarebbe stata felice di soddisfare la propria curiosità, le sarebbe piaciuto vedere dove viveva. L'ingresso dello studio era moderno, con ampie vetrate utilizzate come divisori fra gli ambienti, porte di cristallo satinato, pavimenti in marmo di Botticino e un mix sapiente di mobili antichi e pezzi di modernariato scovati in chissà quali mercatini, quello che attirava subito l'attenzione era un juke-box che fungeva da separé alla reception, ma anche le sedie da cinema con seduta ribaltabile facevano il loro effetto. La accolse un giovane dall'aria efficiente, che le fece strada fino ad un salottino, le chiese di accomodarsi, e si offrì di portarle qualcosa da bere - L'architetto Borghesi Junior, è in riunione al momento, lo avvertirò della sua presenza non appena possibile - , e si congedò sorridendole. Dopo aver passeggiato per la sala d'attesa, sfogliato riviste specializzate d'arredamento, ammirato i quadri astratti sulle pareti, e provato la poltrona da dentista degli anni '40 che faceva bella mostra in un angolo della stanza, prese a gironzolare tornando verso l'ingresso. Attirò immediatamente l'attenzione di un gruppetto di uomini provenienti da due uffici alla sua sinistra, che nel vederla si diressero prontamente in blocco verso l'ingresso a consegnare dei documenti urgentissimi al segretario. Il ragazzo li ricacciò nei rispettivi uffici ringhiandogli qualcosa di indefinito a bassa voce e ripristinò prontamente l'ordine alla reception. Osservò l'alterco con un mezzo sorriso e si pentì di essere piombata nello studio senza telefonare, sarebbe stato meglio avvisarlo del suo arrivo. Stava per rientrare nel salottino, quando la porta all'estremità opposta del corridoio si aprì e Massimo apparve tenendo una mano sulla maniglia e l'altra sulle spalle di una morettina, ricciola e giovanissima. Le sorrideva apertamente, l'abbracciò con naturalezza e la baciò sulla guancia bisbigliandole qualcosa all'orecchio che provocò risatine ad entrambi. Il sangue le salì al cervello. Si diede mille volte dell'idiota e, senza farsene accorgere, aprì la porta, sgattaiolò fuori dall'ufficio e corse verso l'ascensore. “Altea, ti sei fatta fregare, sei la donna più stupida che sia mai esistita sulla faccia della Terra”, le porte si erano già richiuse e lei stava pigiando di continuo e inutilmente il tasto “0”. Lo avrebbe fatto fuoriuscire dalla pulsantiera a furia di premerlo. “E meno male che ti era sembrato sincero! Sei solo la solita ingenua. Quanto sei cretina! Ti sei bevuta tutte le sue scemenze come una ragazzina, e sì che non li hai più da un pezzo tredici anni”. Si dava delle sonore manate sulla fronte. La discesa di quel maledetto ascensore pareva infinita “Fra un po' finisco all'inferno se scendo ancora”. All'illuminarsi del tasto che indicava il piano dell'uscita era già pronta ad incamminarsi di fretta e furia e mettere più distanza possibile fra lei e quello stronzo bugiardo patentato. Nell'aprirsi le porte, non fece in tempo ad avviare un solo passo che fu travolta da un architetto infervorato e sudato per essere stato costretto ad inseguirla e a scendere di corsa i dodici piani che lo separavano dall'uscita. L'afferrò al volo costringendola a rientrare nell'ascensore, non le voleva dare il tempo di uscire, sapeva che se le fosse scappata non gli avrebbe più rivolto la parola per secoli. Nel rientrare perse l'equilibrio e finì quasi per schiacciarla contro la specchiera - Si può sapere perché sei corsa via? - , irritato quanto affannato. Una risposta oltremodo rabbiosa, - Un impegno improvviso, ti sposti? Che magari mi restituisci un minimo del mio spazio vitale - , mai gli avrebbe dato la soddisfazione di rivelargli che l'aveva visto con la sua amichetta. - Ma se Giacomo mi ha detto che mi hai aspettato per mezz'ora - , non si era spostato di un millimetro, e non dimostrava alcuna intenzione di volerlo fare. - E allora vuol dire che mi ero stufata! La tua “riunione” andava troppo per le lunghe. Levati, che se qualcuno chiama l'ascensore ci trova così e chissà che potrebbe pensare, getteresti discredito a non finire su te stesso e sullo studio - , si sentiva in fermento e non riusciva a scrollarselo di dosso. - Non me ne importa nulla - , continuava a fissarla e a premere contro di lei. - Ti ho detto di farti da parte, non vorrai rovinarti la tua buona reputazione da scapolo impenitente?! - , lo punzecchiò. E lui non parve curarsene - Correrò il rischio - , si avvicinò ancora di più con il viso, fino a sfiorarle la guancia con la propria e le confidò, - Sai cos'altro farò? Adesso ti bacio, e tu non ti ribellerai - . - Questo è tutto da vedere - , pronta a mollargli una bella ginocchiata nel punto giusto. - Vuoi sapere cosa mi rende così sicuro che non troverai nulla da ridire? - , il tono pacato, e le labbra a sfiorarle la pelle mentre le parlava. - Sentiamo, Casanova - , la curiosità prese il sopravvento. Un segreto svelato al suo orecchio, - La rivelazione che la ragazza con cui mi hai beccato... è la mia cuginetta preferita - , le sorrise e mantenne fede al suo proposito. Strizzò gli occhi, mortificata del proprio comportamento, quel bacio le risultò immensamente gradito e pose fine alla sua furia. L'ascensore prese a muoversi, chiamato al terzo piano. Si distaccarono appena prima dell'apertura delle porte, scesero mentre una vecchietta prendeva il loro posto e si diressero verso le scale. Il tempo di aprire la porta tagliafuoco, accedere al pianerottolo e la riprese fra le braccia, attirandola contro di sé e appoggiandosi al corrimano, - Vieni qua, sei in trappola, non riuscirai a scapparmi ancora - . Avvicinò il viso con studiata lentezza, fissando gli occhi nei suoi, - La fuga non è un'opzione tra quelle a tua disposizione, non ti resta che arrenderti - , poggiò la bocca, fermandosi a guardarla fra un bacio e l'altro, - Resterei appeso alle tue labbra tutto il pomeriggio, tanta è la voglia che mi è rimasta da ieri - , la teneva stretta, una mano al fianco sinistro e l'altra dietro la nuca. - Se avessi saputo che ti accontenti di così poco per essere felice, te ne avrei dati un sacco - , fingeva noncuranza, ma il contatto con lui le era mancato terribilmente, se ne era resa conto nel momento in cui fra le sue braccia aveva ceduto allo sconforto, in seguito alla discussione con i ragazzi. L'averlo mandato via la sera precedente non era bastato a placare il tumulto che le aveva provocato, e il primo pensiero al mattino era di nuovo rivolto solo a lui. Si era data il tormento decidendo di chiamarlo per poi pentirsene, aveva trascorso buona parte della mattinata bisticciando con sé stessa fino a quando la sua parte intrepida l'aveva spuntata e lei si era messa alla guida per raggiungerlo. - Vuoi dire che lo faresti solo per farmi contento? - , l'accarezzava dolcemente sul collo, sorrideva nel guardarla e la baciava di continuo, come se avesse una scorta da smaltire, accumulata durante le settimane in cui si era tenuto a distanza. - Certo, per quale altro motivo? - , nessuna ammissione, se lo era ripromesso e avrebbe fatto di tutto per mantenersi salda nel proposito. Quello che non aveva messo in conto era l'effetto della sua vicinanza sui suoi sensi, parevano alterati e pretendevano di incollarsi all'unico uomo al mondo capace di procurare un simile effetto. - Perché anche se ieri hai eluso abilmente la mia domanda, io lo so che baciarmi ti ha tolto il respiro, e ti sei pentita di non esserti avvinghiata a me per impedirmi di uscire da casa tua. Dimmelo che non hai preso sonno pensando a me, giuro che non lo racconterò in giro - . - Sei un illuso! Ho dormito fino a tardi - , gli sorrise nell'accusarlo. - Il perdurare di questa tua inutile ostinazione ti porterà ulteriori crisi d'insonnia, lo hai messo in conto? - . - Che vorresti dire? - - Che continui a mentire a te stessa - . - Io non mento mai - , rispose a quelle labbra così morbide e si tenne stretta afferrandolo dai fianchi. Ad ogni bacio la distanza fra di loro diminuiva fino a permettere che il cuore dell'uno ascoltasse il battito dell'altro. - Sì invece, lo fai di continuo: ammettilo una buona volta di tenere molto a me - , “Come posso starti lontano, quando tutto ciò che desidero è di rimanerti accanto?!”. - Non l'ho mai negato, ti ho detto che ho paura di te quanta ne ho di lasciarmi andare e di farti del male, è diverso - , lo guardò, se lui avesse insistito avrebbe ottenuto una confessione piena su tutto ciò che provava per lui. - Allora mio padre ha ragione come al solito - , le accarezzò i capelli e sembrava trattenersi a stento dalla voglia di prenderla e continuare a baciarla. “Dio solo sa quanto ti voglio!” - Su cosa? - . - Mi ha consigliato di darti del tempo - . - Non posso assicurarti che il suo consiglio sarà di aiuto - . - Vale la pena tentare - , “Le proverò tutte pur di averti”, la accarezzò un'ultima volta, e le diede un bacio leggero sulla bocca, - Mi piaci troppo per lasciar perdere - . - Ti piaccio anche quando do fuori di testa? - , un ultimo accenno di preoccupazione per la sua sfuriata. - Soprattutto, la tua pazzia mi intriga enormemente - . - Sei più matto di quanto pensassi, dovresti scappare via da me a gambe lavate. Ti darò il numero della mia amica psicologa, ti occorre urgentemente un consulto - , glielo disse ridendo. - Forse lo farò, ma non oggi, ho per le mani una certa faccenda urgente con una bionda da manicomio, intanto dimmi in che veste sei venuta nel mio ufficio, da cliente in cerca di preziosi consigli per l'arredamento della tua villa o cos'altro? - . - Persona in crisi di astinenza da caffeina, che voleva proporti una pausa e scusarmi per come mi sono comportata ieri - , si produsse in un sorriso incerto. - Bene, è proprio quello che ci vuole, devo riprendermi dalla corsa fuori programma che mi hai costretto a fare, ho contato almeno trecentododici gradini - , le sorrise divertito. - Scusa - , era in forte imbarazzo. Le prese una mano e si incamminò giù per le scale - Appena Giacomo mi ha avvisato della tua presenza, e non ti ho trovato nella saletta, ho capito immediatamente che mi avevi visto e frainteso la situazione. Sapevo che se non avessi chiarito subito ti avrei dovuto inseguire fino in capo al mondo per riuscire a parlare con te. Mi sbaglio? - . Si vide costretta ad ammetterlo, - No, non sbagli, stavo giusto preparando mentalmente il messaggio che ti avrei inviato dall'auto - . - Ah, ah, sono curioso. Sentiamo, cosa mi avresti scritto? - . - Che ero in partenza, non ci saremmo incrociati per un po'... e che potevi tranquillamente sparire dalla mia vista - . - Mi avresti liquidato con tanta facilità? - , erano arrivati alla fine delle scale. Fermi nell'androne del palazzo, ancora mano nella mano - Forse non con facilità, ma lo avrei fatto di sicuro, ti avrei consigliato anche un gettonatissimo luogo di villeggiatura, ci mando un sacco di gente - . - Mhmm, per colpa della tua crisi di gelosia ho mollato mia cugina su due piedi - , la guardò di sbieco. - Oh, mi dispiace - , si morse il labbro inferiore. - Non è questo il particolare che volevo sottoporre alla tua attenzione, è andata a salutare mio padre, andranno a pranzo insieme. La questione che mi premeva sottolineare è che non hai negato di essere gelosa - , le prese una mano e la baciò. - È così importante? - . - Direi di sì, il tuo è un comportamento totalmente irrazionale, non essendoci alcun impegno fra di noi, sai bene che posso ritenermi libero di frequentare chi voglio - , la guardò dritto negli occhi. - Ovvio che non devi chiedermi il permesso, ma saperlo e vederlo con i propri occhi sono due cose diverse. Quando ti ho visto baciarla, mi ha fatto un certo effetto - . - Bene, allora riassumendo, non ti sono indifferente, con me ti senti serena, ti piace quando ti bacio e sei gelosa di sapermi con altre donne... - . - Perché? A te non dà noia che io mi veda con altri uomini? - , come mai non riusciva a contenere un moto di stizza? Glielo rinfacciò per puro dispetto. - Mi fa impazzire, ma la reciprocità del fastidio mi è di molto conforto. Nessun dubbio in proposito. Tutto questo non ti suggerisce nulla? Lasciando da parte la superflua annotazione sui tuoi amanti - . La sua ammissione, con tono sincero e diretto, la fece tornare sui propri passi - Ti chiedo scusa, non dovevo dirlo. Oggi non ne combino una giusta. Non volevo rinfacciarti le mie “amicizie”, forse è meglio se ti lascio tornare al tuo lavoro, non è giornata - , era mortificata fuori misura. Da settimane si era lasciata alle spalle gli incontri occasionali, aveva troncato definitivamente con Flavio, e quasi del tutto con Lory. L'unico uomo con cui si intratteneva era Jerry, ma lui era un'altra storia. Eppure non lo aveva mai confidato a Massimo, lasciandogli credere di continuare con le sue storielle. Lo riteneva il modo migliore per tenerlo distante, anche adesso l'aveva usato come sistema per ferirlo, e se ne era subito pentita. Gli stava causando del male inutilmente. Le pose le mani sulle spalle - Ehi, guardami. Non rinuncerò mai a trascorrere del tempo con te, e smettila di scusarti. L'ho capito qual è il tuo problema oggi - . - Cioè?! - . - Ti serve subito un caffè doppio - . - Facciamo triplo - . - Ok, ti cederò anche il mio. Ah! La prossima volta che vieni a trovarmi, cerca di non distrarre i miei collaboratori per favore - . - Eh?! - . - Nell'uscire ho dovuto calmare Giacomo, inveiva contro quattro scemi che necessitavano urgentemente della rianimazione intensiva. Scommetto di sapere chi gli ha causato il mancamento - , la guardò sorridendo. - Non ho fatto proprio nulla - , si difese con un'alzata di spalle. - Basta la tua presenza al mondo per sconvolgerlo, l'ho sperimentato di persona - . Rise e lui la fermò con un'espressione seria in volto - Aspetta, ne è rimasto uno - , non le diede il tempo di capire a cosa si stesse riferendo, l'afferrò con entrambe le mani sul collo e le diede il bacio perfetto, quello che aveva in serbo da mesi. Il portiere li guardò incerto se salutarli o applaudire. CAPITOLO 9
- Ho terminato la colonna sonora, ti va di ascoltarla? - . - Non vedo l'ora - , richiuse immediatamente il portatile sul letto e si sedette sul tappeto accanto a lui, per prestargli la dovuta attenzione. - Bene, ci tengo molto al tuo parere - , imbracciò la chitarra e attaccò con la sua canzone, le dita si muovevano agili e producevano una melodia dolcissima; la sua voce, ascoltata dal vivo, appariva ancora più calda e profonda, con un vibrato che puntava dritto all'anima. Chiudeva gli occhi nel cantare e l'espressione contribuiva a rendere quell'esibizione ad personam ancora più toccante, sarebbe stato in grado di incantare i serpenti. Al termine lei aveva le lacrime agli occhi. Jerry la guardò allarmato - Altea?! - . - Oh, è stupefacente - , si asciugò gli occhi con le nocche - giuro, hai creato una canzone splendida - . - Uff. Meno male, per un attimo ho pensato che ti facesse talmente schifo da farti piangere - , si era rilassato dopo l'attimo di tensione. - Scherzi? È incredibilmente bella - . - Come te - , appoggiò una mano sulla testa per accarezzarla. - Questo è assiomatico - , rispose con una smorfia e facendogli una linguaccia. Rispose prontamente alla provocazione, con una pacca amorevole, - Non sei capace di accettare un complimento, incassi i pugni molto meglio - . - Mi disorientano - . - E perché? Dovresti essere conscia del tuo valore, te l'ho ripetuto un miliardo di volte. In ogni caso, sono felice che ti piaccia perché l'ho dedicata a te, sei stata la mia fonte d'ispirazione - , appoggiò il manico della chitarra contro il muro e si alzò prendendole una mano - Ti va di ballare? - . - No, sono totalmente negata, non so muovermi, e lo sai che lo detesto. Mi sento goffa e sgraziata - , scrollò la testa. - Devi sempre farti pregare per qualsiasi cosa? - , le rispose sbuffando. - Non c'è nemmeno la musica - . - Quella non manca mai quando ci sono io - , l'attirò verso di sé, la strinse e continuò a sussurrarle la sua ultima canzone dolcemente nelle orecchie. - Su, vienimi dietro, canta insieme a me - , le parlava a bassissima voce nell'orecchio. Era di appena una decina di centimetri più alto di lei e quando uscivano insieme evitava di indossare i tacchi alti per non sovrastarlo. - Adesso non esageriamo, sono il tuo esatto opposto, stonata e sguaiata - . - Forza, fallo per me - , le chiese supplichevole, baciandola sulla guancia. La prendeva sempre per sfinimento e anche stavolta gliela diede vinta, intonò il motivetto a bassa voce, vergognandosi della sua totale incapacità ad azzeccare una sola misera nota. L'abbracciò ancora più forte - Non volevo ascoltare la tua voce, ma la vibrazione del tuo corpo contro il mio, è un'esperienza emozionante - , le prese una mano e le fece compiere una giravolta prima di stringerla nuovamente. La riposizionò con il seno contro il suo petto e strinse il più possibile, voleva sentire il battere incessante del suo cuore contro il proprio, un unico fiato, un solo respiro tanto erano vicini. Si lasciò portare, appoggiò la testa contro la sua spalla e dovette proprio dirglielo - Mi spieghi come riesci a farmi fare sempre tutto quello che vuoi? - , era un dato di fatto - Sembro un ippopotamo quando mi muovo e tu riesci a farmi ballare, non ho fiato e con te canto, se mi attacchi dei fili a gambe e braccia, forse riesci a muovermi a tuo piacimento. Come fai? - . - La persuasione è un'arte che domino con maestria e tu subisci il mio fascino, l'ho capito subito - , ondeggiava insieme a lei, mentre cantava a bassa voce, - Ammettilo che sei pazza di me, non c'è motivo di nasconderlo - . - Sei la persona più presuntuosa che io abbia mai conosciuto - , le braccia contro i suoi fianchi e le dita aggrappate alla cintura dei pantaloni. - Vero, uno dei miei tanti pregi - , la baciava sulla testa. - Jerry Bose, sei veramente insopportabile - , gli disse sorridendo. - Mai affermato il contrario, ma lo so che mi adori ugualmente - , rispose imperturbabile soffiandole nell'orecchio, e succhiandole il lobo, - E io ricambio qualsiasi sentimento, sono sempre felice quando riusciamo a ritagliarci un po' di tempo da trascorrere insieme - . Le sfiorò il collo con le dita, - Il velluto è niente al confronto con la tua pelle - . - Parli per invidia vero? Tanto non te li rivelo i miei segreti di bellezza - , ricambiava le sue carezze e i baci sul collo, era sempre così tenero con lei, - Ultimamente ci siamo visti poco, siamo stati troppo presi dai nostri impegni. Mi sei mancato, avevo proprio bisogno di stare un po' da sola con te - . La fisicità fra di loro costituiva un elemento rassicurante; dal giorno in cui si erano conosciuti; le mani, la pelle, i loro corpi non avevano mai costituito motivo di imbarazzo. - Vale anche per me, le prossime settimane recupereremo il tempo perso: lo trascorreremo a parlare, mangiare, dormire, e faremo tutto appiccicati. Ok? - , attese di sentirle muovere la testa per acconsentire e la baciò sullo zigomo. Continuarono a ballare in mezzo alla stanza, poi lui sembrò meditare su qualcosa, e dopo un attimo di esitazione si decise a dirle - Dolcetto, volevo chiederti un parere su una cosa a cui tengo moltissimo - . - Dimmi - . - Ecco, vorrei includere questa canzone nel mio prossimo album, ne farò un singolo e vorrei girare anche il videoclip... - . - Ottima idea - , lui aveva allentato la stretta e lei lo stava grattando lungo la schiena. - ...con te?! - , lo disse a metà fra una domanda e una pretesa. Rimase perplessa - Hai voglia di prendermi in giro? - , si fermò al centro della stanza, soppesando la sua richiesta. - Nient'affatto - , rispose serio, continuando a guardarla. - Perché? - . - Come strategia di marketing, sarebbe favolosa. Appena annuncerai di essere l'autrice del romanzo il mio video schizzerebbe ai vertici delle classifiche. E poi saresti perfetta - . - Prendi una bella modella, sceglila giovane, con due tette di marmo e andrai sul sicuro - , rispose decisa a non cedere a quella sua nuova folle pretesa. - Le tue non mi dispiacciono, mi sembrano ancora in grado di sfidare la forza di gravità. Il lato “B” forse inizia a cedere, dovresti provvedere - , le disse occhieggiandole il fondoschiena. - Quanto sei stupido! Tanto stavolta non la spunti. Ma pensa se alla mia età mi devo mettere a fare ‘ste cose. Sei pazzo! - . - Voglio te o non se ne fa nulla - , le accarezzò i capelli e aggiunse - Potresti devolvere il tuo compenso in beneficenza a qualche canile. E io manterrò il segreto sull'identità della donna del mio video finché tu lo vorrai - . - Non sperarci nemmeno - . - Su, magari il tuo bell'architetto scopre di te altre doti nascoste e si decide a farsi avanti, ti vede sotto una luce diversa e ti rapisce per farti sua per tutta la vita - . - L'architetto in questione sa già troppo di me, e non deve arrischiarsi a fare un passo di più - . - Pover'uomo, provo pena per lui. Innamorato perso di una donna orrenda, con un carattere terrificante e la lingua biforcuta - . - Questa è la tua nuova tattica di adulazione per convincermi a darti retta? - . - Ha funzionato? - . - No - , categorica.
La settimana successiva erano negli studi per girare la clip. Il regista spiegò brevemente l'idea di fondo - La storia è molto semplice, vi innamorate, vi perdete, vi ritrovate. Quello che deve trasparire è una passione profonda, carnale, sensuale. Vivete l'uno per l'altra, nel ritrovarvi, tutto il mondo che vi circonda potrebbe sprofondare e non ve ne accorgereste neppure. Ok? Ci siamo? Bene - . Altea guardò sconcertata Jerry - Passione carnale? Non credevo di dover partecipare ad un porno, cos'è spunta anche Siffredi dai camerini? - . - Ah, ah. Stai tranquilla, non saremo davvero nudi. Non ti facevo così puritana - , la prese in giro, facendola immediatamente innervosire. - Non incominciare a fare lo stronzo e a mettermi in imbarazzo. Lo sai che non sopporto di essere al centro dell'attenzione e non sono ancora sicura di aver fatto bene ad accettare di girare questo video - . - Ma come la stai facendo tragica! Zuccherino, sciogliti un po', vedrai che sarà divertente, quando ti ricapita di fare l'attrice? - , il sorriso, che nelle intenzioni avrebbe dovuto infonderle serenità, Altea lo recepì, invece, come una provocazione e si irritò ulteriormente. - Non ci credo ancora che mi sono lasciata convincere. Ma chi me lo doveva dire?! No, io questa cosa proprio non posso farla, non ho più l'età - . - Come non l'avevi per fare da modella a quel tuo amico fotografo pervertito? - . Lo incenerì al solo fissarlo, - E con questa, te la sei giocata male definitivamente. Sai cosa ti dico? Che non ti racconterò mai più i particolari dei miei incontri e che ci ho ripensato e vado via immediatamente - , si avviò, ma Jerry fu pronto a fermarla prima che raggiungesse l'uscita. - Cioccolatino, non puoi mollare tutto su due piedi, guarda quanta gente che è qui per noi, gli faresti perdere ore di lavoro. Prometto di fare il bravo. E poi di cosa dovresti vergognarti? Ci siamo spogliati e vestiti senza problemi un sacco di volte, a momenti ti ho anche fatto una radiografia! Non esiste un solo millimetro del tuo corpo che io non abbia visto - . - Lo stesso posso dire di te, il pudore... questo sconosciuto!!! - . - E allora? L'unica esperienza che non abbiamo fatto è quella del sesso selvaggio, ma possiamo porre rimedio quando vuoi! - . - Che cretino che sei! - . Sorrise, soddisfatto della propria vittoria, - Forza, andiamo a mettere i primi costumi e a provare le scene. Ce la sbrighiamo velocemente - , era stato certo di convincerla, seguendo un copione ormai collaudato: la prendeva in giro, lei si arrabbiava, poi lui le faceva le fusa, la supplicava in tono mellifluo e lei immancabilmente cedeva alla sua capacità di persuasione. L'assistente alla regia li posizionò - Altea, tu sei di spalle. Jerry arriva da dietro, ti bacia sul collo e ti abbassa la cerniera sulla schiena - . Fecero come gli era stato detto, dovettero ripetere la scena una decina di volte con il regista che chiedeva più passione. Alla fine Jerry esausto, dopo averla baciata sul collo e tirato giù la cerniera come da copione, inaspettatamente la prese dalle spalle mentre lei si tratteneva l'abito sul petto, la fece rigirare verso di lui e la baciò sulle labbra con un tale impeto da lasciarla senza fiato fino a quando non gridarono “STOP, buona”. Altea lo aveva fissato confusa mentre erano ancora incollati uno all'altra e lui le aveva bisbigliato - Questa andava bene, Crostatina, se ci impegniamo nelle altre, finiremo prima del previsto - . Il resto delle riprese rimase scolpito a caratteri cubitali nella sua memoria, non riusciva a capacitarsi di come Jerry riuscisse a provocarle tanti e tali brividi su tutto il corpo. Nella scena madre si trovavano seminudi, coperti da sottili strisce di tessuto avvolte intorno ai corpi, che ondeggiavano sospinti dall'aria che fuoriusciva da grossi ventilatori industriali posti di fronte a loro, erano distesi su delle balle di fieno e dovevano simulare una scena di sesso in piena regola. Lui le disse - Biscottino, seguimi in quello che faccio, fai finta che siamo solo noi due. Se terminiamo presto ti porto a cena fuori, qui vicino c'è un ristorante dove preparano dei tortelli alla zucca favolosi - , si portò le dita della mano destra alla bocca schioccando un bacio, per sottolinearne la bontà. Non dimostrò la minima esitazione nell'accarezzarla, toccarla sui seni e ai fianchi, spostarsi sopra di lei e iniziare a muoversi ritmicamente, senza smettere di baciarla con un ardore che le pareva impossibile fingere, estraneo a qualsiasi riluttanza. Le sollevava quelle impalpabili strisce di stoffa, quasi del tutto inesistenti e le passava le dita sulla pelle, mentre a lei non restava altro da fare se non trattenere il respiro fino a quando lui decideva di smettere o qualcuno chiedeva di stoppare le riprese. Non si era permessa di aprire bocca, tanta era l'incapacità di far fronte alla situazione, sicura che avrebbe detto una sciocchezza dopo l'altra. Si vergognava enormemente del proprio imbarazzo, lui stava seguendo solo le indicazioni del regista e tentando di rendere credibili le scene, ma per lei il tutto si stava traducendo in una pessima decisione, la peggiore della propria vita. La maneggiava con facilità come se fosse completamente priva di peso, e lei lo lasciò fare senza tentare alcuna ribellione, come assoggettata ad una trance ipnotica da parte di quell'artista fenomenale sempre più compiaciuto del potere che non smetteva mai di dimostrare nei suoi confronti. Lo aveva visto nudo molte altre volte, ma doverlo abbracciare in quella situazione, averlo addosso mentre si agitava e ansimava su di lei e continuare a rabbrividire nel toccarlo fu troppo. Appena sfiorava il suo corpo, lui le sorrideva incitandola a non fermarsi, nonostante il forte sbigottimento lei continuò a tastarne il corpo sodo e nerboruto, non aveva addosso un solo filo di grasso, era agile e di una sensualità sconvolgente. E quando la baciava, il trasporto che sentiva pareva reale, nonostante fosse pienamente consapevole dell'affetto fraterno che lui provava nei suoi confronti, delle sue preferenze sessuali, della sola necessità di terminare presto e bene le riprese. Appoggiava le labbra sulle sue, gliele schiudeva lentamente con la punta della lingua e ogni singolo bacio le toglieva il fiato e gliene faceva desiderare altri. In quella situazione surreale si sentiva completamente alla sua mercè, avrebbe potuto fare di lei ciò che desiderava, non si sarebbe opposta, sottostando a quanto le avesse chiesto. Come sempre.
Alla fine delle riprese uscì dal camerino come se nulla fosse, le fece i complimenti, la prese per mano e si avviarono verso il ristorante, con Altea ancora attonita e incapace di guardarlo in faccia e lui con l'acquolina in bocca che pregustava i tortelli. CAPITOLO 10
- Ora che hai terminato con le riprese, ti fermerai per un po' a Brescia? - , chiese dalla lavanderia, si era verificato un piccolo intoppo con il lavatoio e stava cercando di risolverlo. - Credo di sì, stanno montando le scene, e terminando con gli effetti speciali e il doppiaggio, il grosso del lavoro è stato fatto, andrò ancora a Roma un paio di volte per vedere come procede il post-produzione, ma per pura curiosità, la mia presenza è del tutto superflua. Perché? - , rispose dal bagno al piano superiore, stava terminando di sistemare asciugamani e accappatoi nel mobile. - Volevo il tuo benestare per il portico e il giardino. Non mi hai detto cosa ne pensi dei disegni del braciere da posizionare in mezzo al cortile e del rivestimento per la cucina esterna, il mio collega che se ne è occupato sta aspettando una risposta. Avevi anche chiesto di prevedere una piscina nel progetto, ma non mi hai dato dritte precise. Per farla breve ho proprio bisogno di te - , “e non solo per i disegni”. - Hai ragione prometto di occuparmene già in settimana, va bene? - , urlò di rimando - Devo dare una mano in associazione e poi sarò a tua completa disposizione - . “Drinn, drinn”. - Chi è a quest'ora? - , chiese Massimo sospettoso, sporgendosi verso le scale per farsi sentire. - Vai a scoprirlo - , gli disse pacatamente senza affacciarsi dal bagno, invitandolo a rispondere al videocitofono. Nessuna frequentazione compromettente conosceva con esattezza il suo nuovo indirizzo, e ai pochi a cui lo aveva comunicato non sarebbe venuto in mente di presentarsi senza avvisare, poteva solo essere qualcuno della sua famiglia. - Altea, è un corriere, vado io - e senza attendere uscì per andargli incontro nel vialetto. Ritornò con una grande tela, avvolta accuratamente con spessa carta da pacchi, e una curiosità ancora più grande pronta a divorarlo. Era discesa per vedere cosa avessero consegnato e spostò lo sguardo da lui alla tela, incerta se scartarla o meno. Poteva facilmente intuirne la provenienza. Vedendo che lei non decideva cosa farne, la poggiò contro il muro e le porse un biglietto - Il corriere mi ha consegnato anche questo - . Sospirando, lo prese in mano, era nero con la scritta in oro e conteneva un talloncino all'interno: “Le tue foto sono piaciute moltissimo, ne esporrò alcune alla mostra che terrò tra due settimane, ti allego l'invito e ti aspetto. Rospo, non darmi buca. Questo è un regalo di ringraziamento... per tutto, ma proprio tutto. Hai capito, vero?”. - Allora? - , Massimo stava impazzendo dalla smania di sapere cosa fosse contenuto nella cornice e nel biglietto. Quest'ultimo sparì prontamente, infilato nella borsetta, - Oh, è un invito per una mostra fotografica - , rispose sperando che non chiedesse di mostrargli l'una e l'altro. Seguì con lo sguardo la fine che aveva fatto il biglietto, avrebbe pagato qualsiasi cifra per leggerlo, - Adoro la fotografia - , si stava sfacciatamente proponendo di accompagnarla. Scosse energicamente il capo, con espressione rammaricata, - Peccato, non potrò partecipare, sarò di nuovo a Roma. Spiacente, ma ci sarà un'altra occasione in cui potremmo andare insieme, mi procurerò degli altri inviti - , mai lo avrebbe portato a vedere le foto di lei nuda, messe in bella mostra. Sarebbe arrossita senza scampo e lui avrebbe capito immediatamente chi fosse quella ritratta e incorniciata. - Chi espone? - , doveva sapere da che parte era arrivato il regalo. - Non so se lo hai presente, Lorenzo Bonomi - , quando non riesci a mentire spudoratamente, l'unica scappatoia è la verità. - Dici sul serio? Quello che è diventato famoso per le foto di nudo particolari? - . - Sì, proprio lui - , “Oddio, adesso come ne vengo fuori?”. - Ti ha invitato personalmente? - , le stava tirando le parole di bocca, ancora un po' e si sarebbe procurato delle tenaglie. - Già - . - Come fai a conoscerlo? - . - Siamo amici dai tempi della scuola e poi ci siamo frequentati all'università, i nostri rapporti sono sempre stati ottimi e ci siamo ritrovati da poco - , e su questo non c'era necessità di inventarsi nulla. - Ma pensa, che conoscenze inconsuete che hai! - , poi si ricordò della tela alle sue spalle e la indicò, - E anche quella te la manda lui? - . - Così pare - , e qui iniziano i guai. Restare sul vago non l'avrebbe fatto desistere. - E non hai fretta di scoprire cosa ti ha mandato? - , non sapeva più come esortarla ad aprire il pacco, sembrava i bambini la notte di Natale, quando muoiono dalla voglia di scartare tutto quello che trovano sotto l'albero. - Sembri più interessato di me - , tentò di rimproverarlo per l'eccesso di curiosità, ma non servì. - Indubbiamente - , si avvicinò alla cornice - Allora, mi dai il permesso? Posso? - , non riusciva più a resistere. - Non ne sono sicura - , come fermarlo? E se ci fosse stata una delle foto “particolari” che cosa gli avrebbe detto? Cosa avrebbe pensato di lei? E perché se ne stava preoccupando? Niente da fare, era già rivolto contro il muro, intento a slacciare i cordini, la curiosità aveva prevalso su remore, contegno e buona educazione. Fra gli strappi della carta lacera, apparve una gigantografia in bianco e nero su tela, con una donna di incredibile sensualità che si teneva le mani incrociate a coprire il seno nudo e guardava l'obiettivo ridendo divertita: Altea. Osservava quell'immagine senza riuscire a riconoscersi, era talmente bella da non poter essere lei, e si spremeva le meningi per ricordare quale battuta idiota fosse uscita dalla bocca di Lory per indurla a ridere di gusto in quel modo, era stata scattata poco prima che andasse via da casa sua, di questo era certa, ma non ricordava altro di quella foto in particolare. Si girò imbarazzatissima verso Massimo che era rimasto a bocca aperta e proruppe in un'esclamazione di autentica ammirazione - Sei stupenda - . Come uscire da tale incresciosa situazione? - Tutto merito del fotografo, e di Photoshop - , riuscì a balbettare, prendendosi la fronte nelle mani. - No, sei proprio tu. Ha colto la tua essenza alla perfezione, sensuale e ironica - , continuava ad ammirare quell'immagine, imprimendone bene nella memoria ogni centimetro della sua pelle scoperta. “Mai incappato in una donna tanto intrigante”, - Guarda, ti ha anche firmato la foto - , e indicò uno scarabocchio in basso a destra. “Ma pensa quanto disturbo si è preso”! - È stato gentile, domani lo chiamerò per ringraziarlo - , “Soprattutto per il tempismo della consegna. Accidenti a lui, gli strapperei quel dannato pizzetto pelo dopo pelo!”. - Direi che non è da tutti ricevere un simile regalo - , si pentì immediatamente di quello che aveva appena detto, non voleva insinuare nulla, né approfondire la natura dei rapporti con il fotografo. - Già, ho tutte le fortune! - , prese la foto per levarla di mezzo e cancellare dalla faccia di Massimo quell'espressione fra l'estatico e l'angustiato. - Dove vuoi appenderla? - , sembrava essersi riscosso a sufficienza. - Eviterei il salotto, altrimenti chiunque dovesse entrare, rischierebbe un infarto - . Ne convenne, - Il tuo studio? - . - Pensavo più al garage, o alla lavanderia - , la sua ferma intenzione era di farla sparire per sempre in qualche angolo dimenticato della casa, la cantina sarebbe stata perfetta. - Non diciamo sciocchezze, diamo il giusto spazio all'autocelebrazione - . - Non sono così convinta che sia una buona idea - , “la cantina, credimi Altea, la cantina è il posto giusto”. - Ti convinco subito: la foto è strabiliante, perché lo sei tu - , prese la cornice dalle sue mani prima che a lei venisse in mente di usarla per accendere il caminetto, recuperò chiodi e martello dal garage e l'appese al centro della parete, sopra lo scrittoio antico del suo studio. Si fermò a guardarla un momento, al di là della certezza che avrebbe volentieri fatto sparire il corpo del fotografo in una buca in giardino, non poteva contestarne la bravura, quella foto era perfetta, un'icona di eleganza e seduzione. Ne avrebbe gradito una copia da tenere per sé. “Ottima idea Massi, domani chiama il grande artista e comprane una, e già che ci sei non dimenticarti di strozzarlo”. La luce la colpiva di lato e creava un gioco d'ombre che alimentava un alone di mistero, mitigata dalla risata piena e dagli occhi passionali, poi la pelle scoperta contribuiva a rendere l'immagine eccitante e l'insieme superbo. Ritornò in soggiorno dove lei lo stava aspettando, - Ti va di andare a mangiare qualcosa? È quasi ora di cena - , archiviata definitivamente la questione foto e fotografo. Tentennò un secondo di troppo, - Max, non mi sembra una buona idea - , l'ultima volta che erano usciti insieme aveva faticato a staccarsi da lui, e la paura di desiderare ancora di legarselo addosso era reale. - Niente di impegnativo - , non voleva apparire insistente, ma non riuscì ad impedirselo, - Anzi, ho un'idea. Vado a prendere due pizze e le mangiamo qua. Se chiediamo la consegna, ora che trovano questa villa sperduta, avranno fatto in tempo a girare per tutta la collina - . - Come qua? Non c'è il tavolo né le sedie. Colpa del mio architetto di fiducia, che non mi ha ancora procurato dei mobili - . Rise, - Ci metteremo per terra, faremo un picnic - , propose entusiasta. Non ebbe cuore di negarglielo, - Mi hai convinta. Vada per il picnic - . Nell'attesa del suo ritorno accese il camino e stese una coperta sul parquet, raccattò dell'acqua, bicchieri e tovaglioli. Era la prima cena che consumava nella nuova casa e a pensarci bene lui era l'unico uomo a cui aveva permesso di varcarne la soglia, a parte suo figlio naturalmente. Desiderava che quel posto fosse solo suo, non intendeva dividerlo con i ricordi di notti trascorse con compagnie occasionali. Al ritorno, le note di “Caruso” cantata da Lucio Dalla si liberavano dal suo cellulare per spandersi nella stanza vuota, rimase piacevolmente sorpreso dalle fiamme che uscivano dal camino e da come aveva sistemato - Oh, un'atmosfera magnifica - . Trascorsero una serata piacevolissima, chiacchierando come vecchi amici, lui le raccontò dei suoi genitori e della meravigliosa infanzia che gli avevano regalato, del suo lavoro, della sua passione per i cavalli, il windsurf e il kayak. Lo ascoltò senza mai interromperlo, i racconti erano piacevoli e dal suo viso traspariva tutto il suo entusiasmo per qualsiasi aspetto che si trovasse ad affrontare ed era estremamente contagioso. Lo sollecitava a continuare, voleva che le raccontasse tutto di lui, ma più di qualsiasi altra cosa desiderava che non smettesse di parlare. Quel suo modo elegante di muoversi che accompagnava il suono della sua voce, così come le ciocche ribelli che gli finivano negli occhi, e il sorriso aperto e sincero, tutto in lui la seduceva. Trovava naturale stare in sua compagnia, fin da quando lo aveva conosciuto le era parso semplice stargli accanto, e sentiva distintamente la netta e gratificante impressione di potergli raccontare tutto quello che le passava per la testa senza timore di essere giudicata, con la certezza di trovare ascolto e comprensione. L'agiatezza non lo aveva mai portato a dare tutto per scontato o a prevaricare sugli altri, suo padre gli aveva trasmesso la passione per il suo lavoro, insegnato il giusto valore del denaro e ad apprezzare e ringraziare per ogni cosa che possedeva, e sua madre a rispettare le persone e i loro sentimenti, a godere del dono della vita, ad ammirare l'immensità del Creato. La guardava, estasiato dalla danza delle fiamme sul suo viso. Indossava un semplice abito nero scollato e senza maniche, ed era bellissima. Notò ad un tratto una leggera distrazione e uno sguardo assorto come se qualcosa gli desse da pensare - Max?! - . - Sì? - , si girò verso di lei. - C'è qualcosa che ti preoccupa? - . Sorrise, come colto in flagranza, - Non ti ho raccontato una cosa - , dopo aver indugiato a lungo, si era deciso a dirglielo. Poggiò in terra il bicchiere di carta, - Uhm, hai una brutta espressione, forse non voglio saperla. Tienitela per te - , gli rispose mordicchiandosi il pollice e appoggiandosi con la schiena contro il muretto del camino. Si era già messa in agitazione, i segreti non le erano mai piaciuti. Non le diede retta, le tirò via di bocca il povero dito intento a lasciarsi masticare e le tenne la mano nella sua, - Tempo fa sono tornato a trovarti a Roma, mi sono spacciato per tuo marito e mi hanno lasciato passare - . - Ci hai preso gusto ad interpretare quel ruolo? - , sorrise ammiccante. - Già - , “non immagini quanto!”. - Avevi del lavoro da sbrigare? - . - Non proprio, per dirla tutta, mi mancavi - . La sua sincerità era sempre più disarmante, - Ma io non ti ho visto, quando è successo? - . Non dovette pensarci, quel giorno era marchiato a fuoco nella memoria, - Due settimane dopo la nostra vacanza, all'inizio di agosto. Ero dietro di te, stavo per avvicinarmi, poi ti hanno chiamato e mi sono tirato indietro aspettando che terminassi. È stato emozionante guardarti al lavoro, hai dato indicazioni precise agli attori ed eri così professionale, esigente, determinata, riesci a coinvolgere gli altri con la passione che esprimi e ho visto più di una persona pendere dalle tue labbra, il tutto mi è stato confermato da un paio di tuoi colleghi - . - Colleghi? - . - Bè, mentre ti aspettavo ho chiacchierato con qualcuno della produzione, credo che spettegolino allegramente su di te, ti hanno definito “un personaggio”. Li hai impressionati per il tuo modo di fare scostante e diretto, pare che tu sia al centro di tante delle loro discussioni e protagonista di vari aneddoti, in meno di dieci minuti mi hanno raccontato un po' di cose come, ad esempio, che hai rotto il setto nasale ad un povero sprovveduto che si è azzardato a molestarti - . Si era portata le mani sugli occhi, incredula che fosse saltato fuori quel suo scatto di nervi, - Oddio! È successo i primi giorni, mi ha tastato il sedere, non si è mai più permesso - . - E ci credo! Pare, anche, che ti sia infervorata seriamente un paio di volte con Flavio, e che litighi spesso per telefono. Ti hanno affibbiato anche un soprannome ... - . - ...Rotty, da Rottweiler. Ti hanno detto anche questo? Appena becco chi è stato lo scuoio vivo - , si coprì la faccia con entrambe le mani. - Oh, ma io manterrò il segreto sui miei informatori. Pare ti conoscano proprio tutti, li hai strabiliati a dovere. Inoltre mi hanno raccontato di come non ti sia trattenuta dal maltrattare qualcuno, indicandogli anche la strada più rapida per andare a quel paese. Ti adorano - , - Non so se siano tutti dei complimenti, ma grazie comunque, in definitiva hai ricevuto tutte le conferme che ti occorrevano a sostegno dell'ipotesi che ho un caratteraccio. Però non mi hai ancora spiegato come ho fatto a non accorgermi della tua presenza - , lo sguardo interrogativo. Guardava fisso fra le fiamme sviluppate dai ciocchi di fronte a lui, - Sono andato via, ho preferito evitare di disturbarti - , sembrava solo una mezza verità. - Ma come?! Ti sobbarchi seicento chilometri, vieni a trovarmi fino a Roma, mi aspetti e poi scappi via senza salutarmi? Ti avrei rivisto volentieri, non capisco - . - Ecco... per dirla tutta, non sapevo se fosse il caso - , prese l'attizzatoio e spostò un pezzo di legno annerito. - Max, o sono instupidita tutta in una volta o stai giocando con degli indovinelli che non comprendo - . Sputò fuori quello che non riusciva a dire, - Ti ho vista con un uomo, in atteggiamenti, come dire... romantici e non me la sono sentita, sono andato via prima che tu ritornassi al tuo posto - . Appena lo disse aggrottò le sopracciglia e si portò una mano al mento, iniziando a scervellarsi per capire che cosa potesse avere visto. Impossibile che si trattasse di Flavio, era finita da un pezzo e mai si sarebbero arrischiati a farsi vedere in pubblico in situazioni equivoche. Gli altri non erano mai stati sul set e in ogni caso a inizio agosto non aveva più storie in sospeso. L'ultimo con cui si era incontrata era stato Lory, proprio in quel periodo, di passaggio per una delle mostre che stava curando nella capitale. Si erano dati appuntamento nell'albergo in cui alloggiava e trascorso il pomeriggio a letto, ma lei era parsa distratta da altro e Lory non poté fare a meno di indagare a fondo, lasciando da parte qualsiasi attività sessuale e insistendo fino a scoprire l'identità della distrazione: Massimo aveva già monopolizzato tutti i suoi pensieri anche se lui lo ignorava ancora. Se avesse saputo che era così vicino avrebbe dato certamente buca a Lorenzo. Niente da fare, per quanto frugasse in ogni angolo della memoria, proprio non gli veniva in mente. Poi ebbe un'illuminazione improvvisa - Ma ti stai riferendo ad un uomo di circa quarant'anni, capelli castani corti, di poco più alto di me? - , e si portò la mano destra a una decina di centimetri sopra la testa. - Sì, scusami. Non volevo sembrarti invadente, fai finta che non te l'abbia raccontato, non mi devi alcuna spiegazione - , si era già pentito della sua confessione e si stava insultando per averla tirata fuori. Iniziò a ridere, lasciandolo sconcertato dalla sua reazione. - Oh, Max. Quel giorno sei scappato via per niente. Se ti fossi avvicinato, ti avrei presentato l'uomo misterioso e tu avresti scoperto che non era affatto uno dei miei amanti, ma un famoso cantante... gay - , continuò a ridergli in faccia e a prenderlo in giro. Rimase interdetto il tempo di un paio di respiri, - Adesso sì che posso ritenermi un perfetto imbecille - , si sentiva ridicolo, ma anche enormemente sollevato. Quell'uomo l'abbracciava come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, la sollevava dai fianchi e la baciava sul collo, incurante delle decine di persone intorno a loro, e proprio la totale indifferenza dei colleghi lo aveva convinto di quanto la relazione con quello sconosciuto fosse nota a tutti. Nell'osservare quella scena si era maledetto fra i denti. Quella ostentata familiarità lo aveva spiazzato e indotto a scappare prontamente, approfittando del fatto che lei non si era accorta della sua presenza. Si era tenuto dentro, per un mese abbondante, tutta la delusione affiorata quel giorno e la gelosia che rispuntava al ricordo di ciò a cui aveva involontariamente assistito. Le aveva telefonato giorni dopo, calandosi in una serenità falsa e forzata, intenzionato a far finta di niente e a chiederle quando prevedeva di tornare a casa; doveva rivederla, a dispetto di qualsiasi uomo frequentasse nel frattempo. Il bisogno di parlarle, guardarla negli occhi, trascorrere una serata con lei, era nettamente superiore a qualsiasi necessità di chiudere quello stravolgente rapporto, con quella donna che gli creava seri dubbi e con cui non riusciva a rapportarsi correttamente. Non poteva rinunciare a lei, non ne sarebbe stato in grado. Il segno lasciato da Altea su di lui andava troppo in profondità, si era scavato un solco fino in fondo all'anima. Adesso gli stava raccontando del suo rapporto speciale con Jerry, di quanto fossero diventati amici, di come trascorressero giorni e notti insieme, e lui tirò più di un sospiro di sollievo. Si lasciò prendere in giro volentieri, e man mano che gli spiegava di quanto il rapporto fisico per loro fosse imprescindibile, lui si sentiva confortato dal fatto che quell'uomo non costituisse un problema, non era un rivale da eliminare. Che la toccasse pure, non se ne sarebbe curato. Verso mezzanotte decise che era il momento di andarsene, ringraziò per la serata e si lasciò accompagnare alla porta. - Oh, non mi ero accorta che piovesse - . Doveva aver iniziato da un po', perché tutto il vialetto era già bagnato. - Non importa due gocce non mi uccideranno - , e si avviò verso la sua auto. Il cielo plumbeo la invitò a farsi avanti, le erano sempre piaciute le giornate piovose, i temporali, la nebbia. Lo scatenarsi dei fenomeni naturali l'attraeva irresistibilmente, quello che per le altre persone si riduceva ad un cattivo tempo per lei era di conforto: pioggia, lampi, tuoni, e quant'altro attutiva i pensieri. Uscì scalza e oltrepassò il portico all'ingresso, si sollevò in punta di piedi, allargò le braccia e alzò la testa. Impiegò una manciata di secondi per ritrovarsi coperta di pioggia. Era rimasto estasiato dalla visione di lei sotto l'acqua, con i rivoli che si formavano dalle ciocche di capelli e finivano sulle spalle. Richiuse lo sportello e si avvicinò mentre lei aveva ancora gli occhi chiusi. Entrambi completamente zuppi. Nonostante tutti i buoni propositi, questo era decisamente troppo, le pose una mano sul fianco e l'altra dietro la testa e la baciò come avrebbe desiderato fare quel giorno in cui l'aveva spiata e vista insieme al cantante. Come compiacerla evitando qualsiasi coinvolgimento sentimentale? Come pretendere di accontentarsi di tutte le altre quando lei gli provocava un simile turbamento? Non gli sarebbe mai più stato possibile scendere a compromessi. Questo ormai gli era fin troppo evidente. Solo con lei provava sensazioni pari alle vertigini e all'assoluta euforia, un appagamento dei sensi al solo sfiorarne la pelle calda e seducente, una percezione profonda di emozioni sconosciute e rimaste sopite fino a quando l'aveva vista per la prima volta. Tutto intorno il paesaggio spariva lentamente dietro la coltre d'acqua, esistevano solo loro due sotto la pioggia incessante, il resto sarebbe apparso come semplice rumore di sottofondo, fastidioso quanto inutile. Lei rispose con altrettanta passione e lo abbracciò dalle spalle - Se tu me lo chiedessi, io non ti direi di no - . Dovette dare fondo a tutta la sua capacità di autocontrollo per imporsi di fermarsi e riuscire a rispondere - Ma io stasera non te lo chiederò. Non è questo che voglio da te, lo sai. Io non pretendo niente di meno del “lieto fine” - , glielo sussurrò lieve all'orecchio, - Non posso fare l'amore con te, sapendo che non sei del tutto mia - . Lei era rimasta in silenzio. La baciò sulla guancia - Ti desidero da morire, ma domani ne saremmo pentiti entrambi, tu preferiresti non averlo mai fatto e io non sopporterei di perderti - , le tolse le braccia che stringeva ancora attorno al suo collo e si avviò verso l'auto, imponendosi di non guardarla mentre oltrepassava il parcheggio, per evitare qualsiasi tentazione che lo portasse a ripensarci e a correre da lei. L'avrebbe pretesa lì sotto quell'acquazzone, senza darsi modo di rientrare in casa, invece strinse i denti e si convinse di aver preso la decisione giusta. Uscito dal cancello fu costretto a fermarsi alla prima piazzola lungo la strada, per riuscire a riprendere fiato aspettando che il cuore decidesse di regolarizzare il battito. La sicurezza di aver scelto per il meglio lo aveva già abbandonato e un senso di pentimento lo colse, insieme ad una voglia sfrenata di fare marcia indietro e tornare da lei. Prendere a pugni il volante non risultò di nessun giovamento. Lei era rimasta immobile a guardarlo uscire dal cancello, rientrò in quella casa, vuota come il suo cuore. Non avrebbe mai ammesso quanto le fosse dispiaciuto vederlo andar via, ma trattenerlo avrebbe comportato promettere qualcosa che lui desiderava ardentemente e lei non si sentiva pronta a concedere. Malgrado ciò, far ritorno in quel soggiorno, da sola le sembrò la cosa più sbagliata di questo mondo. I suoi discorsi echeggiavano contro le pareti e le sue risate, le parole, la voce, continuavano a ripresentarsi alle orecchie. Si ritrovò a guardare verso il camino, e gli parve che lui fosse ancora seduto in terra, sopra la coperta, intento a guardarla in attesa che lei si decidesse a fare il primo passo. Pensò a lui tutta la notte, e a quella involontaria attrazione che si stava facendo strada faticosamente, fra dubbi e incertezze. Se è vero che l'ultima persona a cui pensi prima di addormentarti è quella che ha fra le mani le chiavi del tuo cuore, al risveglio si sarebbe dovuta porre un paio di domande: l'immagine del viso di Massimo non l'aveva abbandonata un solo istante. Tutti i suoi ragionamenti e le elucubrazioni mentali, e le inutili proteste del suo cervello si sarebbero potute ridurre a quella semplice constatazione: era al centro dei suoi pensieri. Per quanto si fosse intestardita a negarlo, dal giorno in cui era apparso sulla soglia di quella villa appena acquistata e mezza disastrata, il suo nome, il viso, i gesti, erano rimasti diligentemente in un angolo della mente pronti a saltare fuori all'improvviso, nei momenti in cui il cervello abbassava la guardia. Ricordava alla perfezione il loro primo incontro: lui si era presentato tendendole la mano con un'espressione stranita “Lieto di conoscerla, sono Massimo Borghesi, curerò la ristrutturazione di casa sua”. “L'architetto Borghesi? Ma non ho parlato con lei per telefono, giusto?”. “No, ha preso accordi con mio padre. Preferisce che sia lui ad occuparsene?”, aveva colto una certa titubanza nell'accettare di stringergli la mano. “Oh, no affatto, mi scusi non intendevo apparirle scortese, è solo che mi aspettavo una persona più anziana”, era effettivamente rimasta sorpresa dal trovarsi di fronte quell'aitante quarantenne. Ripercorrendo passo dopo passo quel giorno in cui si conobbero, si soffermò sulla loro stretta di mano e su come entrambi avessero indugiato inconsapevolmente a quel primo contatto fra di loro, alla certezza di sentire quegli occhi azzurri posati su di lei per tutto il tempo della sua permanenza durante il primo sopralluogo, a come lo avesse spiato di nascosto mentre era intento a segnare le misure sul taccuino, a quanto le fosse dispiaciuto declinare il suo invito a cena. Solo le palpitazioni provate quel primo giorno sarebbero state sufficienti per provocarle una presa di coscienza e una resa incondizionata. Ma, nonostante l'evidenza delle prove, era ancora capace di raccontarsi balle del tipo “Non se ne parla nemmeno, ti sbagli, e poi non sei ancora pronta”. Eppure... quel volto si riproponeva come un miraggio evanescente, agognato, inafferrabile.
Tiziana V. Paciola
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