Il dipinto si offre allo sguardo nella sua sublime bellezza. Le lame di luce che lo accarezzano ne esaltano l'armonia cromatica, le forme si evidenziano con curve e linee perfette. In estasi contemplativa, la mente percepisce la perfezione assoluta. Catturato dalla visione, il visitatore si avvicina al dipinto. Subdola un'ombra si insinua tra le forme, le armonie cromatiche impercettibilmente sfumano, l'illusione estatica lentamente dissolve. Ed ecco, ancora un passo, appare una macchia, una forma distorta, la visione d'insieme è corrotta. Svanita l'illusione, l'osservatore, confuso, si affanna a ritrovare il punto esatto da cui la sua mente aveva creato l'incanto, godendo dell'illusoria
CRYSTAL
Si preannuncia una giornata meravigliosa. Il cielo sereno, il tepore del sole e la fioritura del ciliegio sono il segno dell'arrivo della primavera. Prima di iniziare a preparare la tavola – questa mattina userò la tovaglia di lino bianco, con ricamo di fiori di pesco, la preferita di Ludo – mi godo, dalla finestra che si affaccia sul giardino, l'aria fresca del mattino. Respiro il profumo delle rose, l'odore dell'erba bagnata, ringraziando il cielo per avermi dato Ludovico e Samuele e la possibilità di dedicarmi a entrambi con gioia. Amo questa stagione dell'anno fin da quando ero bambina, sognando un nuovo inizio di una vita felice, beneaugurante per la realizzazione dei miei sogni e desideri. L'odore del gelsomino mi penetra, pervadendomi di una sensazione di sottile euforia.
D'abitudine mi alzo molto presto, per dedicare alla preparazione della colazione il tempo necessario perché tutto sia in ordine, secondo i canoni della bellezza. Ludovico, fin dai primi tempi della nostra vita insieme, mi ha resa partecipe del valore che ha per lui il ritrovarsi al mattino in un'atmosfera di serenità e gioia, in cui la combinazione armoniosa degli oggetti, dei colori, dei sapori sia il riflesso della solida e sana unione familiare. Inizialmente sottovalutavo l'importanza di questo momento rituale, ma ormai da anni ne ho compreso lo straordinario valore. Augurarsi il buongiorno con il sorriso, sedersi a tavola felici di ritrovarsi e godere della bellezza e precisione dei dettagli sono le fondamenta della nuova giornata e consolidano l'intesa e l'amore in famiglia. Sono grata a Ludo per questo suo insegnamento, uno dei tanti che mi hanno resa una donna migliore.
Tra circa mezz'ora si alzeranno Ludo e Samuele – a loro piace restare a letto a poltrire e alzarsi quando sentono il profumo del caffè che arriva al piano superiore – e gioisco all'idea di vedere le loro espressioni soddisfatte nel verificare come sia tutto perfettamente in ordine, una concordanza di colori, odori e forme che – come sostiene Ludovico – sono il simbolo della nostra famiglia felice. Questa mattina, la tavola è un tributo alla Sicilia, terra meravigliosa, molto amata da me e Ludovico e luogo abituale delle nostre vacanze estive. Ho messo al centro un piccolo carretto siciliano, con le decorazioni che rappresentano angoli di questa terra stupenda – l'Etna, la valle dei templi, scorci di Palermo, Modica e di altre località note – e un mazzo di fiori tipici, camomilla, gladiolo selvatico, acetosella gialla e due rose rosse. Nel carretto – tra le caraffe del succo di frutta e del caffè – la sorpresa del giorno. Ho fatto arrivare da Catania per via aerea otto cannoli siciliani freschi, bellissimi da vedere e che – mi ha garantito Greta – sono fatti a regola d'arte. Pregusto lo stupore e la gioia dei miei cari nel vedere tanta bellezza, immagino i loro commenti entusiastici e l'abbraccio forte di Samuele che mi dirà – come sempre quando faccio qualcosa per lui – - sei la migliore mamma del mondo - mentre Ludovico guarderà compiaciuto, orgoglioso per la sua meravigliosa famiglia.
Ludovico esprime con gli occhi il suo apprezzamento. Guarda attentamente ogni dettaglio. Controlla che la tovaglia sia messa in maniera simmetrica – non tollera le imperfezioni – e che tutto in tavola sia collocato al posto giusto. Sono ansiosa di ascoltare il suo commento, ci tengo moltissimo che il mio impegno venga apprezzato. Gira intorno al tavolo, guarda il carretto, i fiori, i cannoli. Sorride visibilmente compiaciuto, mi sembra di percepire il suo consenso ammirato. Si siede al posto abituale, apre il tovagliolo con gesti lenti e lo mette sulle ginocchia. Lo guardo in silenzio, rimanendo in piedi, in attesa. Mentre versa nel bicchiere del succo di ananas, scambia un'occhiata complice con Samuele. Che gioia vederlo felice.
- Wow, che meraviglia! Crystal, questa mattina ti sei superata! Sono fiero di te, grazie per quello che fai per noi. Essere immersi nella bellezza predispone con energia positiva ad affrontare gli impegni quotidiani. Sento che oggi sarà una grande giornata. -
Samuele, bellissimo con i capelli arruffati del risveglio, mi abbraccia forte e mi solleva.
- Grazie, sei la migliore mamma del mondo. L'idea dei cannoli freschi è strepitosa! Sai sempre come stupirci! -
Anche mio figlio è visibilmente contento. La sua gioia traspare dall'espressione, dal sorriso, da come guarda i cannoli che ci riportano, almeno con il profumo, in Sicilia. È una gioia per me dedicare tempo e attenzioni ai miei cari, sono adorabili e io mi sento pienamente realizzata come moglie e madre. Non vedo l'ora di raccontare a Greta che mattina meravigliosa sto vivendo con i due grandi amori della mia vita. La rendo partecipe in quanto amica, siamo legate da un affetto intenso; vorrei tanto che avesse una vita e una famiglia come la mia. Guardo Ludovico e Samuele mentre gustano i cannoli. Mi piacerebbe tanto che momenti come questo durassero un'eternità.
- Cosa farai oggi a scuola? Racconta, Samu, si prevedono interrogazioni? -
- Questa mattina ho compito di greco e credo che sarò interrogato in matematica. Nessun problema, papà... ieri ho studiato bene, tutto il pomeriggio. -
- Il massimo dei voti... eh, Samu, sempre il migliore. Sai quanto ci tenga che tu abbia un rendimento di eccellenza. Sei intelligente e con grandi qualità, hai una grande ricchezza interiore, sappi mettere a frutto le tue doti e la vita ripagherà il tuo impegno costante. Sono certo che ci renderai sempre orgogliosi di te. -
- Anche io ci tengo a essere il primo della classe, papà, lo sai. Avere il massimo dei voti è fondamentale per essere ammesso alla selezione per andare ad Harvard, ce la farò di sicuro. La mia media è altissima. -
- Sì, ma che non accada come con l'ultimo compito di latino. Roberto ha preso mezzo voto più di te, mi hai deluso, ti prego Samu, che non accada più. -
- Ludo, dai, cosa vuoi che sia mezzo voto di differenza? Samuele quel giorno ha avuto un attimo di distrazione, capita a tutti. Vero, Samu? -
- Certo, un cedimento possono averlo tutti, è vero, ma chi è di livello superiore non dovrebbe averne, lo sai, i dettagli fanno la differenza, Crystal, non essere troppo compiacente e accomodante. Bisogna sempre pretendere il massimo da sé stessi, essere esigenti, senza cadute. -
- Sì, papà, hai ragione, scusa. Mi sono vergognato quel giorno. Ti prometto che non succederà più. -
Samuele è un po' a disagio, povero caro. Ludovico ci tiene così tanto che suo figlio emerga su tutti da diventare eccessivo, a volte. Lo so che fa così per il suo bene, ma vorrei fosse un po' più comprensivo, disposto a tollerare se a volte non corrisponde alle sue aspettative. In fondo Samuele è un ragazzo invidiabile, sotto ogni punto di vista.
- Dai, Ludo, sono certa che oggi Samuele ci renderà orgogliosi di lui, vero Samu? Ora gustatevi la colazione e preparatevi come si deve alla nuova giornata. -
Mi sorridono. Sono felice che questa increspatura della serenità familiare sia appianata.
- Bene, Crystal, anche io sono certo che Samuele oggi sarà brillante come sempre. Samu, sai che io e mamma crediamo molto in te, siamo orgogliosi per come sei. -
- Grazie, papà. Stai tranquillo, puoi contare su di me. Anche tu, mamma, vedrai che non vi deluderò. Grazie, per questa meravigliosa colazione. -
- Vero, Samu. La mamma questa mattina è stata davvero straordinaria. Dai, andiamo a prepararci, si fa tardi. -
Sorridono entrambi. Samuele sale le scale per andare al piano superiore correndo, mentre Ludovico si attarda per piegare il tovagliolo, guardandomi compiaciuto. Mi sento colma di gioia, ho regalato ai miei cari attimi di felicità. Non chiedo di meglio dalla vita.
Alle dieci e trenta vedo Greta come ogni mattina, per l'aperitivo da Angelo. Ludovico e Samuele sono usciti per andare al lavoro e a scuola e io ho il tempo necessario per riordinare, fare qualche lavoro in giardino e prepararmi. Li ho visti uscire sereni, ancora soddisfatti per la colazione siciliana che ho pensato per loro. Mi piace coccolarli e trasmettere loro anche nei piccoli gesti quanto li amo. Ieri sera Ludovico mi ha regalato delle rose stupende – ogni tanto mi porta dei fiori – e, anche se la frase che dice è sempre la stessa, fa piacere sentirsi dire dal proprio uomo - impossibile trovare al mondo un fiore che sia più bello di te! - Ludovico è capace di slanci meravigliosi, sa come rendermi felice. Nel tempo ho imparato ad apprezzare anche il suo senso dell'ordine, della precisione e della cura dei dettagli. A volte forse è troppo esigente nei confronti di Samuele ma sono consapevole che pretende tanto da lui perché lo ama e desidera che sappia farsi valere nella vita. A volte fa qualche riferimento a sé stesso da ragazzo, menzionando suo padre – io non l'ho conosciuto – e lascia intendere un rapporto difficile. Non ho mai chiesto di sapere di più. Capisco che non ne parla volentieri, per cui ho deciso di rispettare il suo silenzio. Un paio di anni fa, durante una discussione tra lui e Samuele, ho detto qualcosa in merito e lui si è rabbuiato senza più parlare per tutto il giorno. Ludovico è buono, attento, padre amorevole e dedito al lavoro con tutto sé stesso. Il successo che ha nel campo professionale lo merita ampiamente, sono molto orgogliosa di lui.
Che meraviglia queste rose! Le ho messe nel vaso di cristallo che Ludovico mi ha regalato per il quarantesimo compleanno. Spero non appassiscano mai. Ho fatto un selfie mentre sorrido felice, con il vaso alle mie spalle. Sono in attesa dei like delle persone che mi seguono su Instagram, soprattutto di quello di Samuele, sempre carino e affettuoso nei suoi commenti. Il giardino è un tripudio di colori e profumi.
Scatto alcune foto da pubblicare e da far vedere a Greta. Il nostro giardino è meraviglioso, mi piace occuparmene personalmente. Potare, annaffiare le piante e i fiori ogni giorno sono le mie attività preferite, mi rasserenano. Anche curare il mio aspetto mi piace. Il trucco, la scelta del vestito da indossare – mi piacciono lunghi e a colori vivaci – la cura degli accostamenti cromatici mi fa stare bene, sia perché mi valorizza sia per la gioia di Ludo e Samuele che sono orgogliosi di me. Samuele, che amore di ragazzo. Impossibile non amarlo. Credo sia il figlio che ogni genitore vorrebbe, non riesco a trovargli difetti. Questa mattina quando è uscito per andare a scuola era bello da mozzare il fiato. Mi ha abbracciata come fa sempre prima di uscire. Gli ho augurato in bocca al lupo per il compito di greco, nella certezza che farà benissimo, come sempre.
Ho deciso di indossare il vestito rosa e mettere tra i capelli nastrini dello stesso colore, di una sfumatura leggermente diversa. Il trucco è tenue, per far risaltare gli occhi. Ho già postato un selfie e i primi like sono di Samuele e Greta, a cui seguono quelli delle amiche e conoscenti. Ludovico non commenterà, so che non condivide questa mia passione per le foto. Sono in leggero ritardo, non vedo l'ora di incontrare Greta per raccontarle nei dettagli la colazione di questa mattina. Mi ascolterà e poi brinderemo alla nostra amicizia.
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Ludovico e Samuele discutono del compito di greco. Quando parlano di scuola di solito ascolto in silenzio, ma oggi in particolare non ho voglia di intervenire. Cerco di dissimulare il mio stato d'animo – non voglio turbarli con le mie sciocchezze romantiche – ma sono ancora triste per la faccenda della rosa. Ludovico discute con suo figlio della corretta traduzione di un pezzo del brano – incredibile come ancora ricordi il greco antico, nonostante siano passati molti anni da quando frequentava il liceo – e Samuele ascolta ammirato. Hanno un bellissimo rapporto, amo vederli dialogare con tanta complicità. Ascolto in silenzio, non mi sento all'altezza di discutere con loro di certe cose, a scuola non ero brillante come un tempo Ludo e oggi Samuele, sono sempre stata mediocre e oggi il mio senso di inadeguatezza mi fa male più del solito. Purtroppo, in questi momenti, quando il mio stato d'animo diventa come oggi, mi torna in mente mia madre e quello che mi ha ripetuto sempre, fin da bambina. Cerco di allontanare dalla mia mente questo ricordo ma non mi è affatto facile. Mi sembra di sentire le sue parole e di vedere il suo volto, nonostante non ci sia più da molti anni. Continuo a pensare che la rosa sia sfiorita per colpa della mia inefficienza e per quanto riconosca l'assurdità di questo pensiero credo che sia la verità. Non sono capace, non lo sono mai stata – mi dico – aveva ragione lei. Temo di piangere – non voglio che Samuele e Ludovico mi vedano in lacrime – mi alzo da tavola per andare in cucina, mentre loro continuano i loro discorsi e non si accorgono di nulla. Non voglio essere un disastro come diceva mia madre e nemmeno voglio essere come lei, in niente. Mi angoscia l'idea di somigliarle in qualcosa, vorrei dimenticarla, non averla mai conosciuta oppure cancellare tutta la vita vissuta con lei.
Sono tornata a tavola mentre Ludovico e Samuele parlano delle differenze tra il liceo di un tempo e quello di oggi. Ludo sostiene che i professori di una volta erano più preparati e severi, mentre Samuele annuisce senza esprimere un parere in merito. Ascolto senza interesse. Oggi pomeriggio andrò a trovare Giulia in casa di riposo. Provo sempre una grande tristezza ogni volta che la vedo, ma ha solo me, per cui non posso privarla della visita dell'unica persona che ancora ricorda la sua esistenza. La conosco fin da bambina e le sono riconoscente per l'amore che mi ha donato in quegli anni.
La casa di riposo dove risiede Giulia da ormai dieci anni è considerata la migliore della regione. Per fortuna, essendo molto ricca le è possibile pagare la retta elevata, costo insostenibile per tanti. Il personale è qualificato, gli spazi comuni sono arredati bene e luminosi, la camera da letto è dotata di ogni comfort. Il giardino è provvisto di panchine collocate vicino a cespugli profumati, l'erba è perfettamente tagliata, compatta, di un verde brillante, soffice come un tappeto. Una musica dolce – dalle otto del mattino fino all'ora di cena – si diffonde in ogni ambiente, discreta e rassicurante. Giulia non potrebbe vivere in un posto migliore, eppure... ogni volta trovarla qui, chiusa nella sua dimensione inaccessibile, mi mette una tristezza profonda. La vecchia amica di mia madre – quanto ho desiderato essere sua figlia – ha novantatré anni, ma vive un'età che ha completamente annullato ogni tempo, con il prevalere nei ricordi di un passato remoto che – con voracità insaziabile – inghiotte ogni elemento del presente, masticandolo in maniera insensata con frammenti di un'altra epoca. Giulia è una donna – o meglio, quel poco che resta della donna che era – che rivive in maniera confusa la sua infanzia – parla di sé come fosse ancora la bambina di novant'anni prima – mescolando al ricordo spezzettato di lei bimba frammenti di vita successiva, compreso il presente vissuto in quel momento con me che l'osservo in silenzio, mentre cerco di soffocare il dolore. Di una vita intera, di un'infinità di esperienze, emozioni, gioie e dolori in Giulia – triste da dire ma è un involucro quasi vuoto, pronto a essere dismesso – non è rimasto quasi nulla, se non un pulviscolo di veri e falsi ricordi che sembrano vagare nella sua mente come foglie in balia dei capricci del vento. Da qualche anno non sono sicura che mi riconosca. Forse di tanto in tanto ha qualche barlume di lucidità che le fa percepire correttamente la mia identità, ma non da indurla a dire il mio nome, in quel modo usato negli anni solo da lei, “Cristy”. Un giorno mi ha persino chiamata con il nome di mia madre, con una luce cupa nello sguardo, indicativa di ciò che pensava di lei. Erano amiche fin dall'infanzia ma così diverse da chiedermi spesso che cosa le legasse così profondamente.
Anche oggi – questa parola la usa da qualche mese – nel guardarmi ha detto, con gli occhi umidi di pianto, - poverina - , accarezzandomi le mani. Le ho sorriso, evitando di chiederle perché mi dicesse così, nella consapevolezza che avrei avuto risposte confuse e contraddittorie e forse per non sentirle dire qualcosa di doloroso. Giulia sapeva tutto di me, di mia madre, del nostro rapporto, della sofferenza di un tempo e mi chiedo se ancora qualcosa di tutto questo abbia traccia nella sua mente. Sono stata con lei due ore, come faccio ogni mercoledì. Quando l'ho salutata, accarezzandole i capelli e baciandola sulle guance, mi ha sorriso senza luce negli occhi, mentre con un sospiro ha ripetuto - poverina. -
Ludovico è in soggiorno come ogni sera. Povero caro, è il suo momento di pace dopo una giornata di lavoro. Di solito, sorseggia un rhum mentre legge distrattamente il giornale, prima di andare a dormire. Guardo senza interesse un vecchio film, mentre ripenso a Giulia e alla devastazione della sua mente. Mi chiedo se anche io, tra un po' di anni, mi svuoterò lentamente di tutto e della mia intera vita non resterà che un grande vuoto e qualche isola di memoria incerta. Questo pensiero mi fa paura e sono terrorizzata che questo orrore possa accadere anche a Ludovico e – un domani molto in là negli anni – a Samuele, lui che ora è così assorbito nel vivere con gioia la vita. Non vorrei disturbare Ludo – tiene molto a questo suo momento intimo – ma ho necessità di parlare, di sentire una voce che possa rassicurarmi da questa angoscia.
- Oggi sono stata da Giulia, poverina fa così pena. -
- Scusa, Crystal, un attimo... finisco questo articolo e sono da te. -
- Scusami tu, Ludo, mi dispiace disturbarti... -
Ludo non risponde mentre sfoglia il giornale per concludere la lettura. Un ultimo sorso di rhum, poi mi sorride.
- Eccomi, cara, dimmi... ah dicevi di Giulia. -
- Sì, vederla in quello stato mi ha messo una tristezza infinita. Era una donna così vitale, brillante... e ora... non ripete che frammenti di discorsi incomprensibili. Mi sembra incredibile che di tutto quello che ha vissuto non sia rimasto nulla nella sua mente. È terribile che sia così. -
- Dai, cara, ai vecchi succede, di cosa ti stupisci? Ha vissuto la sua vita, ora è stanca, non ricorda o forse non ha voglia di ricordare. Si sta spegnendo, lo sai, non addolorarti per questo. Sei troppo sensibile, come sempre. -
- Può darsi che sia troppo sensibile, Ludo, ma ho amato molto Giulia ed è per me doloroso vederla così. Non mi riconosce, non è più possibile parlare di nulla, la sua mente è un immenso vuoto. Che tristezza! Giulia è l'unica persona vivente che potrebbe raccontarmi del mio tempo da bambina, quando non ci sarà più non esisterà più nulla del passato. -
- Tesoro, capisco che ti intristisca vederla in quello stato, ma il passato è dentro di te, lo sai e forse è meglio che tu non riesca a ricordare, soprattutto le esperienze dolorose che hai vissuto. Ora hai una vita piena e felice, goditela Crystal, allontana da te i pensieri che ti incupiscono. -
- Forse hai ragione, meglio che non ci pensi più, anche se ho molta tristezza. Spero mi passi dormendo. E tu, hai ricordi di te in tenera età? Hai tutto bene in mente? -
- Che c'entro io, Crystal, stavamo parlando di te e Giulia. Comunque, ho tutto ben presente, ma proprio tutto, ogni dettaglio. Se solo volessi, potrei ricordare ogni minimo avvenimento della mia vita ma considero la cosa del tutto inutile. Mi interessano il presente e il futuro, mio e vostro. Del passato non mi importa nulla. -
Ludovico sembra contrariato per la mia domanda. Si è alzato per versarsi dell'altro rhum. Meglio lasciar perdere questo discorso, sta intristendo entrambi. È ora di andare a dormire.
- Vado a letto, sono stanca, con una bella dormita torna la serenità e a queste sciocchezze non penso più. Grazie per avermi ascoltata. -
- Brava, cara, riposa, domani non ci penserai più. Quando sei triste sai che puoi contare su di me, sempre. Bevo un altro rhum e ti raggiungo. Buonanotte. -
Il sorriso di Ludovico mi rasserena, non so come farei se non lo avessi vicino. Lo abbraccio forte. Mi sento meglio.
- Buonanotte, Ludo. A domani. -
LUDOVICO
Sono le due del mattino. In casa c'è un silenzio irreale, Samuele e Crystal stanno dormendo. Sono molto stanco, è stata una giornata di lavoro impegnativa, ma non ho sonno. Quei discorsi di Crystal su Giulia e sulla memoria mi tornano in mente senza che riesca a pensare ad altro. Magari fosse stata zitta. A volte è proprio infantile a tirar fuori certi argomenti. Non ho voglia di preoccupazioni inutili, né di pormi problemi senza senso. Che noia! Ho bevuto del rhum, nella speranza che servisse a controllare il pensiero, ma in realtà ho la sensazione che bere mi faccia pensare ancora di più. Calma, Ludo, ritorna in te. Non sopporto quando non ho il controllo della situazione, mi sembra una lacuna imperdonabile. Quella faccenda dei ricordi, vorrei non pensarci. Ora però devo ricordare i dettagli, non riesco ad accettare che anche nella mia mente ci siano dei vuoti.
Ho pochi ricordi di quando ero bambino, quasi nulla. Buio assoluto e, a pensarci bene, anche dell'adolescenza riesco a ricordare poco o niente. Assurdo! Ho bisogno di ricordare, di ricostruire il percorso della mia vita, le tappe che l'hanno caratterizzata, ma è impossibile. Ricordo solo poche cose sfilacciate, senza coerenza, maledizione! Non mi piace per niente. Non so se succede anche ad altri come a me di intravedere solo pochi frammenti di episodi slegati e sbiaditi, come foto di un'altra epoca. Le foto. Se non esistessero le vecchie istantanee, mia madre a braccetto di mio padre, io di tre anni sulla canna della bicicletta di zio Mario, la classe di seconda schierata con al centro il maestro, ridicolo con quegli occhialoni scuri, non sarei in grado di ricordare nessuno di quei volti, oppure mi vengono in mente vagamente, indistinti. Ancora cinque minuti poi vado a dormire, domani devo lavorare e non posso permettermi di non essere in perfetta forma.
Persone un tempo significative e centrali nella mia vita sembrano svanite nel tempo, o chissà dove. Le loro caratteristiche fisiche: niente, non le ricordo più, non hanno lasciato traccia nella mia memoria, anche se non è proprio così, dai. In fondo, se vedo la foto di mia madre so che è mia madre, non c'è dubbio! Posso dire questa è mia madre, anzi, per essere precisi, era mia madre, dato che è morta da tempo. Insomma, mi chiedo come sia possibile che cinquant'anni di vita vissuta... precisione Ludo... quarantanove anni due mesi sette ore e una manciata di minuti, si riassumano in qualche traccia sparsa, frammenti miseri che, se sommassi il tempo che li contiene, la durata della mia vita si ridurrebbe a un mucchietto di giorni e ore. Basta! Ricordare la bolletta della luce. Dire a Orietta di lavare le tende dello studio.
Cinquant'anni schiacciati in pochi giorni, assurdo! A volte tra i pensieri, mi irrita che non sia io a decidere che accada, si insinua qualche frammento di ricordo inatteso. Non so, a causa di un odore, un suono, una frase sentita per caso oppure un'immagine ed ecco che viene a galla qualcosa che credevo dimenticato. Mi fa andare fuori di testa che non possa essere io a ricordare con un atto di volontà, con la padronanza di tutto me stesso, della mia mente. Miseria! Che bambino ero a tre, a cinque, a dieci anni? Cosa pensavo, dicevo a mia madre, a mio padre. Loro cosa mi dicevano? Boh, non so, non mi riesce di ricordare. È tutto così stupido, in fondo non credo mi interessi. Non sei in grado di riprendere il controllo, Ludo.
Niente, non ricordo quasi niente, eppure ho vissuto mezzo secolo, quasi. E se fosse un'illusione, un sogno, se non avessi mai vissuto prima di ora? Basta! Di mio padre nella mente conservo una specie di fermo immagine, non ricordo se avesse i baffi della foto in cui era a braccetto di mia madre. Seduto in cucina con le mani nei capelli. In pigiama? Credo fosse tarda sera, forse. Quanti anni avevo? Tre anni, cinque, non saprei e lui forse trentacinque, trentasette più o meno, tenendo conto della nostra differenza di età. Di quella scena ricordo solo il silenzio assoluto, ma forse ho cancellato qualcosa, non solo le parole, credo. Mia madre di spalle, mentre lava o asciuga stoviglie. Non ricordo che questo e non capisco perché questa immagine di quei due abbia resistito al tempo e alla mia naturale tendenza a dimenticare quasi tutto. Perché lui aveva la testa tra le mani? Forse singhiozzava, non lo so con certezza, forse è una costruzione della mia mente di oggi, ma mi piacerebbe capire perché questa scena viene fuori del tutto inattesa, soprattutto da quando lui ha smesso di essere mio padre nel momento in cui se ne è andato per sempre.
Mi tornano in mente altri frammenti di ricordi. Vociare concitato dalla camera dei miei, sono a letto. Mi mettevano a dormire presto. Non so se avessero l'abitudine di parlare a voce alta. Mia madre nelle foto a volte sorride, mio padre mai, sempre con la faccia da arrabbiato, duro, scontroso e irritante. Era notte, forse sera, urlavano, sempre di più. Mia madre che grida a mio padre quella parola: fallito! Poi, silenzio. A me veniva da ridere e ripetevo tra me e me... fallito... fallito. Cosa voleva dire quella parola? Qualche anno dopo l'ho capito, mia madre aveva ragione. Lui era un perdente in cerca della sconfitta, lo si capiva dallo sguardo spento e opaco. Che essere disastrato! Devo essere diverso da lui, mi dicevo, così da non far capire a nessuno di essere suo figlio. Credo di aver deciso allora che la vita l'avrei stritolata con le mani. Vedremo se ci riesci davvero, Ludo.
Tutta la mia infanzia in quei due ricordi, pazzesco! Come sono diventato l'uomo che sono? Vorrei essere in grado di ricostruire il processo nel dettaglio, ogni pezzo al suo posto preciso... miseria! Non mi piace questo disordine della mente, mi mette confusione. Ho costruito un'identità, forse due, tre. Abbiamo più di un'identità? Forse, forse no. Basta!
Tutto nell'oblio. Ogni esperienza della mia vita non capisco dove sia sepolta. I bulli. Ecco, questo lo ricordo benissimo. Tutto inchiodato nella mente. Avevo tredici anni. I quattro mi prendono in giro, ridono. Hanno denti marci, bocche orrende, mi picchiano, forse. Le ragazzine, cretine, li incitano. Maledetti, li falcerei sulle strisce se li avessi davanti. Si dimentica quasi tutto, assurdo! Solo i ricordi peggiori si incastrano nella mente, si inchiodano per sempre, per tormentarti tutta la vita. Basta! Riprendi il controllo, Ludo, così non va affatto bene.
Sono stanco, ho bisogno di dormire qualche ora. Domani sarà un'altra giornata di duro lavoro, non posso permettermi di avere cedimenti. Un ultimo bicchiere di rhum, scaccio questi maledetti pensieri e vado a letto a dormire, sperando di riuscirci.
*****
La precisione è il segreto del successo. Bisogna essere in grado di dominare la vita, piegarla al proprio volere per essere vincenti. Mia madre diceva: - Caro sei sempre stato precisino. - E se anche fosse? Ho il destino da vincente nel sangue! Mi sembra di sentire la sua vocina da fata turchina: - Caro, volevi sempre tutto ordinato, grembiulino pulito, colori e matite in fila e perfettamente appuntite... - Se ricordo la sua voce mi viene il nervoso. Mai sorrisi, sorrideva solo in foto, stupida ipocrita. Insopportabile. Ricordo che la odiavo quando mi spostava i soldatini. L'avrei uccisa quando mi accorgevo che ci aveva messo le mani. E le macchioline sul grembiulino della scuola materna... non riuscivo neanche a guardarle per lo schifo. - Bravo e preciso Ludo! - Quei cretini dei miei insegnanti mi additavano compiaciuti ai compagni di classe. Grembiulino, compiti, cartellina, fiocco, mi piaceva che fosse tutto in perfetto ordine, senza sbavature. Sono nervoso, devo riprendere il controllo abituale.
Terzo giro dell'isolato giallo, tre giri della rotonda, tre dell'isolato con mattoni a vista. Scattare al semaforo prima di tutti.
Mi viene in mente, come si chiamava, ah Giorgio! Siamo stati amichetti per qualche mese ma non era adatto a me. Approssimativo in tutto, dal modo di indossare il grembiulino al fiocco sghembo. L'ho odiato prima di eliminarlo dalla mia vita. Magro come uno spillo, brutto, balbuziente. Perdente dalla nascita. Via, lontano da me! Ordine e precisione sempre, in ogni momento della giornata, della vita, non è concesso alcun cedimento. Bisogna essere squali bianchi, sempre affamati. Nessuna sconfitta, sarebbe imperdonabile... vero Ludo?
Nessun imprevisto per chi vuole dominare, la vita bisogna piegarla, averla in pugno. Ridicoli quelli che tentano di giustificare i propri fallimenti con la scusa penosa del destino, del caso, degli imprevisti. Il destino non esiste. Passare sopra a tutto e tutti, possedere la vita, determinarla in ogni dettaglio, se ci si riesce! Sei sicuro di esserne capace, Ludo? Chi conduce la propria vita passivamente, da debole, senza determinazione ferrea, capace solo di lamentarsi e votarsi alle sconfitte, non la merita. Falliti... sì come mio padre. Provavo per lui un disprezzo profondo. Mi vergognavo della sua esistenza da miserabile, fatta di nulla, trascinata verso il suo compimento senza aver fatto niente di importante. Ha chiuso gli occhi molti anni fa, non posso dire che si sia spento, lo era da sempre, morto fin dalla nascita.
Gasolio cinquanta euro, caffè ristretto, mezzo cucchiaino di zucchero. Tre giri del cucchiaino in tazzina, lentamente. Un sorso solo.
Mi dispiace che anche Crystal abbia sostanzialmente l'indole da perdente, ma riuscirò a correggerla, sicuro. Debolezza eccessiva, immorale, inaccettabile se non l'amassi. Se non avesse me che la guido, finirebbe male. Le indico come vivere, le insegno i sentieri da percorrere con passo sicuro, la correggo se sbaglia, a volte aspramente perché non commetta gli stessi errori. Lei mi ascolta, in fondo è brava. Le lascio credere di essere lei a condurre la sua vita.
La mia vita è perfetta, senza esagerazione, è solo consapevolezza. Ho piegato la vita a me, l'ho prostrata e posseduta, l'ho resa degna di me. A sedici anni Crystal toglieva il fiato. Capelli folti e lunghissimi, occhi neri, irascibile e scontrosa. Si intravedevano le sue qualità, andava solo valorizzata. Mia, deve essere mia, mi dicevo, e così è stato. Crystal è mia. Mi dice che non è potuta sfuggire al mio assedio, mi fa ridere quando dice così, ma ha ragione. Decisi che non aveva scampo e l'ho presa. Ora è con me, compagna, complice e riflesso di me stesso, e del mio successo.
Parcheggio raggiunto in perfetto orario. Trentacinque minuti esatti per arrivare in ufficio. Niente sorriso, espressione truce e vincente. Tremate cari, arriva lo squalo.
CRYSTAL
Non riesco a non pensare a Giulia che mi dice - poverina. - Lei sa tutto di me, forse è meglio dire sapeva tutto, sembra non ricordi nulla. - Poverina - perché mi dice così? Quando vado a trovarla è per me inevitabile andare con la mente a rivisitare il passato, un automatismo del pensiero incontrollabile.
Non so se nella casa della mia infanzia esista ancora quel puntino nero sul soffitto dello stanzino senza finestre, un luogo buio e angusto in cui mia madre riponeva stracci e detersivi per la pulizia dei pavimenti. Non ricordo esattamente per quanto tempo ho avuto l'abitudine, forse due o tre anni, ma potrebbero essere di più o di meno, di sostare nello stanzino per un tempo che mi sembrava lunghissimo, accovacciata in un angolo tra una vecchia cassa e un secchio di latta. Da quella posizione potevo individuare con certezza un'area scura appena visibile – forse una macchiolina di umidità o non so cosa – che fissavo a lungo, senza distogliere lo sguardo e ascoltando il battito del cuore. Stare in quella posizione raccolta e fissare il puntino sul soffitto mi rasserenava, come se mi aggrappassi a quel punto minuscolo per non sprofondare nell'angoscia che le manifestazioni di odio di mia madre mi facevano esplodere dentro. Ricordo che immaginavo che quella macchiolina scura fosse una specie di punto di ingresso in una favola in cui ero figlia di una donna bellissima e dolcissima, una madre sorridente e felice che mi amava e coccolava con tenere carezze. La prima volta che mi accucciai in quell'angolo, credo avessi meno di cinque anni, desideravo non sentire le urla di mia madre nei confronti di mio padre e proteggermi da una minaccia indefinita cui non sapevo dare un nome. Stando in quello spazio stretto mi sentivo al riparo da ogni pericolo. La voce di mia madre arrivava attutita e soprattutto non vedevo il suo volto stravolto dalla rabbia. Ricordo che stetti non so quanto tempo ad occhi chiusi – mi sembrava in questo modo di allontanare tutto da me – non pensando a nulla se non a cercare di farmi invisibile, inesistente quasi. Il puntino sul soffitto lo notai per caso, socchiudendo gli occhi in un momento in cui dalle altre stanze non giungeva alcun suono. Quel punto scuro che spiccava sul bianco dell'intonaco catturò la mia attenzione infondendomi una calma inattesa, potrei dire anche un barlume di felicità, una sensazione di pace e di interezza nuova. Per alcuni anni quello fu il mio rifugio, ma anche il luogo che in qualche modo rimetteva insieme un senso definito di percezione della mia esistenza. Di questo mio segreto non parlai con nessuno per qualche anno, fino a quando non lo raccontai a Chiara, l'unica amica che ero riuscita a far entrare nella mia vita. Lo sguardo stupito di lei, la sua risata improvvisa e soprattutto il suo dirmi che le sembrava una cosa da matti mi suscita ansia al ricordo anche ora che sono trascorsi tanti anni. Da quel giorno ho perso il mio rifugio e la possibilità di placare la mia angoscia come avevo fatto per così lungo tempo. Mia madre prese l'abitudine di chiudere a chiave la porta dello sgabuzzino – forse la madre di Chiara le aveva rivelato il mio segreto – e io dovetti inventarmi altro per non sprofondare nel dolore. Qualche anno fa sono passata davanti alla mia vecchia casa. Ormai da tempo è abitata da altri, ma nel passare sotto le finestre – potevo intravedere le stesse imposte di allora – avevo la forte tentazione di suonare il campanello e chiedere di entrare, per cercare nello stanzino buio il puntino sul soffitto, e fissarlo come un tempo; magari avrei potuto rintracciare nella memoria qualcosa di me.
Se non avessi incontrato Ludovico non so come sarebbe stata la mia vita. Con la tenacia del suo amore mi ha salvata dall'infelicità. Ho questa certezza da tempo e oggi, nel vederlo turbato – immagino fosse inquieto per motivi di lavoro – ho sentito tutta l'intensità dell'amore e della gratitudine che provo per lui. Ludovico è un uomo con un carattere difficile – lo riconosco – ma è stato il primo a farmi sentire di meritare di essere amata. Avendo vissuto il dolore lacerante dell'assenza di tenerezza e del prevalere dell'odio, ero convinta che fossi destinata a non amare e a non essere amata. Ludovico ha fatto nascere in me il desiderio di mettere l'amore – per lui e Samuele – al centro della mia vita. Mi è impossibile non amare Ludovico – anche se ne riconosco i limiti, i difetti e le fragilità – e amo di un amore immenso mio figlio Samuele. Ludovico e Samuele sono tutta la mia vita.
***** LUDOVICO
Il nodo della cravatta non deve essere né troppo grande né troppo piccolo. I due capi bisogna che siano perfettamente allineati, simmetrici, un centimetro sopra la cintura. Mettere la cravatta in maniera perfetta in sei secondi esatti è il mio record, sfido chiunque a impiegare meno tempo. Sei secondi giusti e la cravatta scende come Dio comanda. Samuele per il momento non le usa, ma esigo che si eserciti fin da ora. Un uomo di successo si vede da come annoda la cravatta! Niente imperfezioni. Nulla va lasciato al caso, aspetto fondamentale per affrontare con giusto piglio, con determinazione fredda e cinica la vita. Questi sono concetti base da ripetere ogni giorno a mio figlio. Sono convincente, lo so, lo capisco da come Samuele mi guarda con ammirazione, desideroso di somigliarmi.
Mio padre era trasandato, sciatto, inguardabile, poveraccio. Anche nel modo orrendo di vestire manifestava la sua pochezza, la sua condotta da fallito. Lo ricordo in divisa militare, unta e spiegazzata, monotona come la sua vita. Non lo sopportavo. La sua scelta finale è stato il suo unico gesto apprezzabile, un sussulto inatteso di dignità. Lo ammiro un po' solo per questo e da quel giorno ho provato anche pena per lui. Forse, non so se è un vero ricordo, il giorno prima del fatto c'era stata una litigata furiosa, con mia madre di sicuro, ma forse ho urlato anche io, non ricordo bene. Si urlava sempre in casa, era una litigata come tante.
Crystal in questo mi somiglia un po'. Cura la sua immagine con attenzione, meglio da quando le ho dato alcune dritte. Mi piace che sia bella, ammirata, ma un po' mi girano per quel maledetto vizio di farsi foto, ogni cinque minuti. Sa che non mi piace, ma la lascio fare, mi fa quasi tenerezza questa sua sciocca abitudine.
Nodo perfetto al terzo tentativo. Ventitré secondi, troppi! Ho l'attenuante di essere in leggera tensione per l'incontro di lavoro, un'ansietà minima ma disturbante. Devo avere la meglio su quelli della compagnia francese, questo è fuori discussione. Niente sconti, a nessuno. Capiranno con chi hanno a che fare. A me non si sfugge. Un bacio a Crystal prima di uscire. Ho chiuso la porta d'ingresso in maniera secca, per sentire bene lo scatto della serratura.
Giuseppe Filidoro
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