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Autore: Elena Andreotti
I due usi del coltello
Cozy Mistery
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I due usi del coltello
La prima indagine del dottor Zaccaria Fiore.

- Buongiorno, professo' - , lo salutò, Fausto, il vigilante di servizio quella mattina. Il rituale era pressappoco lo stesso, quando era il suo turno. Lo chiamavano spesso professore, perché aveva insegnato all'Umberto I di Roma, policlinico universitario; ormai, non era più docente presso quella struttura, da quando sua moglie Maria ‒ Mariella, come la chiamava lui ‒ era morta. La sensazione di non aver fatto abbastanza per lei, forse il senso di impotenza come medico, l'avevano spinto a quel cambiamento radicale: aveva terminato i suoi incarichi universitari e aveva accettato il posto di primario in quella clinica a Santa Marinella, ridente cittadina turistica sulla costa laziale del mar Tirreno. Si trattava di una struttura abbastanza ampia, che prevedeva tutte le specializzazioni mediche, del tutto rinnovata grazie anche al capitale privato di una multinazionale del settore.
Aveva circa quarant'anni quando la sua vita era cambiata in modo, a suo vedere, irreversibile. Ora i suoi capelli erano tutti bianchi e, tempo una decina d'anni, avrebbe anche smesso di lavorare. Di sicuro sarebbe stato bene anche in pensione in quella località a misura d'uomo e con un clima invidiabile.
Aveva scelto di abitare nella frazione di Santa Severa, in una zona periferica che gli permetteva di vivere più tranquillo e di essere più vicino al posto di lavoro, dato che la clinica era alla periferia tra Santa Severa e Santa Marinella. Il piccolo villino, dalla cui terrazza si vedeva il mare, aveva tutto quello che gli serviva: una camera per sé e una per suo figlio Federico, chirurgo estetico a Roma; la zona giorno era un ampio openspace che univa la cucina al living. La camera di suo figlio restava spesso vuota, perché aveva poco tempo da dedicargli, salvo eccezioni, ma a lui stava bene così. Conduceva una vita solitaria che, a fatica, era anche diventata serena. I ricordi dolorosi si erano stemperati e ora riandava volentieri ai giorni felici con Mariella.
Salutò l'addetta alle informazioni dentro il gabbiotto a fianco dell'ascensore, mentre aspettava che quello arrivasse a terra. Uscirono alcuni colleghi che probabilmente avevano finito il turno. Salì al piano dov'era ubicato il reparto di Medicina Interna e si dispose mentalmente a una nuova giornata lavorativa.
Entrò nella stanza della caposala, Valeria Giuli. - Come va stamattina? Spero non ci sia nessun nuovo grattacapo - , disse alla collaboratrice, una donna sui cinquanta, con molta esperienza sulle spalle, gioviale e un po' in carne, con i capelli scuri nascosti sotto il copricapo di servizio.
Insieme formavano una coppia asimmetrica: lui alto e magro e lei bassina e dalle forme morbide.
In quel momento Valeria stava gustando un caffè. - Prende anche lei? - , propose, subito dopo aver ricambiato il saluto, convinta che non si potesse ragionare la mattina senza prima aver assaporato la calda bevanda.
- No, grazie. Lo sai che dopo la colazione aspetto il pranzo per un altro caffè e, se posso, lo evito - .
- Come vuole. Ora l'aggiorno sulla signora Maestri, entrata ieri, e il signor Del Sasso, quello della diverticolite - .
- Dobbiamo richiedere un consulto specialistico per Del Sasso, ma ci penso io. Chiamo un collega di Roma di cui mi fido - .
Zaccaria prese le cartelle che Valeria gli porgeva e le scorse velocemente.
Era incominciata una nuova giornata al Reparto di Medicina Interna della Clinica Fides. Niente a che vedere con la sua vita professionale a Roma, quando non si poteva abbassare la guardia un attimo. Le ambulanze arrivavano a ogni ora, forse meno, e i casi affrontati erano di una varietà incredibile. Aveva constatato in quanti modi l'essere umano è capace di ammalarsi e, sebbene fosse il suo campo, se ne meravigliava di continuo: una macchina meravigliosa e complessa che magari un granellino di sabbia poteva compromettere ma, nello stesso tempo, così capace di autoripararsi. Ne conosceva ogni aspetto e, tuttavia, era una continua fonte di meraviglia per lui e vi si avvicinava con un atteggiamento di sacralità. Il fatto è che per lui la medicina era una missione, prima che una professione impegnativa a cui consacrare la propria vita. Zaccaria aveva sempre pensato che fosse questo lo spirito che sta dietro al giuramento di Ippocrate, medico greco del V secolo a.C., considerato il padre della medicina scientifica, che definì la disciplina medica una professione. Il giuramento che i medici di allora erano tenuti a rispettare ‒ e da cui discende quello dei medici attuali ‒, ha grande solennità e vincolo sacro, per questo motivo i seguaci della scuola ippocratica giuravano davanti ad Apollo medico e Asclepio a cui offrivano sacrifici, insieme ad altri dei, chiamati a proteggere la loro professione.
Da che era a Santa Marinella aveva dimenticato la concitazione che accompagnava le sue giornate lavorative e gli pareva di essere in un'oasi di pace, anche se i grattacapi non mancavano mai, come quel Del Sasso, che presentava davvero una brutta diverticolite.

Zaccaria iniziò il giro del reparto, seguito da Valeria. Anche se aveva due aiuti, non voleva mai mancare al giro mattutino per vedere i ricoverati. Nelle ore successive si sarebbe affidato ai collaboratori, ma a inizio giornata voleva avere di persona il polso della situazione.
- Buongiorno, signora Maestri. Come sta oggi? - . Sebbene la figura di Zaccaria fosse imponente e i suoi occhi grigi risultassero piuttosto freddi al punto che nell'insieme induceva timore in chi lo incontrava per la prima volta, al contrario i modi erano caldi e partecipi.
- Male, dottor Fiori. Oggi ho anche le mani gonfie e doloranti - . Clelia Maestri, cinquantenne, insegnante alle elementari, era arrivata in preda a forti dolori articolari e varie tumefazioni. Zaccaria ne aveva ordinato il ricovero dal momento che la donna si era presentata in pronto soccorso con una febbre debilitante, che la faceva farneticare.
- Ieri le hanno prelevato il sangue e a breve avremo le risposte. Vedrà che si sentirà meglio di prima - . Zaccaria controllò che le fosse stato fatto anche un tampone faringeo. Per fortuna la sua specializzazione in immunologia lo portava a veloci valutazioni di fronte a casi simili.
Gli altri pazienti erano stabili e in via di dimissioni, perciò, andarono al letto del signor Del Sasso.
- Ascolti. Abbiamo mandato un fax ai policlinici di Roma, perché il suo caso richiede con altissima probabilità un intervento chirurgico che non possiamo eseguire qui. Personalmente ho parlato con un chirurgo mio amico che si darà da fare per prenderla in carico nel suo reparto - . Mentre parlava, Zaccaria teneva la mano del paziente tentando di infondergli calma e fiducia. Di solito i suoi modi ottenevano il risultato di tranquillizzare le persone ricoverate, sicure di essere nelle mani giuste.
Zaccaria e Valeria completarono il giro passando presso tutti i letti. Un'operazione che veniva eseguita sempre, perché i malati non dovevano sentirsi trascurati. Mentre visitava dava istruzioni alla sua collaboratrice sulle terapie.
Si erano fatte circa le undici ed era ora di ritirarsi in astanteria, dov'erano tenute le cartelle, i medicinali e un lettino per le visite. Gli aiuti avevano la loro scrivania lì, mentre la caposala aveva una postazione lungo il corridoio, con un vetro che le permetteva di controllare il viavai dei pazienti e dei visitatori.
Prima di andare nel suo studio, Zaccaria passò a salutare la dottoressa Laura Fattori, che faceva servizio diurno. Apprezzava molto quella donna a livello professionale, competente nel suo campo e attenta ai bisogni dei pazienti, e non disdegnava la sua avvenenza: snella e alta, aveva un portamento fiero e gli ricordava sua moglie Mariella, forse per i capelli castano dorato e gli occhi verdi, ma il suo interesse per Laura come donna finiva lì. Da quando era rimasto vedovo non aveva mai più provato attrazione per una donna, i suoi sentimenti erano morti con sua moglie. Erano passati vent'anni e, ormai sulla sessantina, non pensava certo di rimettersi in gioco. Si era abituato troppo alla sua vita solitaria e metodica. Si diceva sempre che stava bene così. Qualche volta Valeria aveva provato a coinvolgerlo con qualche sua amica, ma ormai anche lei aveva lasciato perdere.
- Lei è un orso fatto e finito - , gli aveva detto una volta, dopo l'ennesima figuraccia che, secondo lei, gli aveva fatto fare con una sua cara amica rimasta anch'essa vedova.
- Si ama veramente una sola volta - , le aveva risposto Zaccaria.
- Non le ho mica detto che le presentavo l'amore della sua vita? Almeno provarci! - . Niente da fare, Zaccaria continuava imperterrito nella sua dorata solitudine.

- Papà. Ci sei domenica? - . Suo figlio Federico gli aveva mandato un messaggio su WhatsApp.
- Sono a casa - .
Come se non sapesse che era quasi sempre a casa.
- Volevo venire a trovarti. Clara va dalla madre. La sorella si sposa e sono tutte prese dall'organizzazione. Impossibile fare un discorso che non verta su confetti, fiori, abiti, musica e tutto ciò che gira intorno ai matrimoni - .
Grazie a Dio, quella gatta morta rifatta della moglie non ci sarebbe stata.
- Prenoto per due al ristorante di pesce qui vicino. Quello proprio sulla spiaggia, andando verso Santa Marinella. Ti sta bene? - .
- Va benissimo. Sarò da te verso le dodici e trenta -
Perché arrivare prima? C'è il rischio di dover parlare col vecchio padre.
Era venerdì e Zaccaria sistemò al lavoro i turni dei collaboratori, in modo di essere libero per la domenica.
- Non preoccuparti. Sto io nel turno diurno - , gli disse Laura.
- Nel caso, sono sempre reperibile - .
- Sta' tranquillo e goditi la giornata - .
***
Federico arrivò abbastanza puntuale. Si presentò a casa del padre tutto in tiro. Per carità, era un bel vedere con i capelli dorati, sbionditi dal sole, la pelle abbronzata (lampada o Cortina?) e i muscoli tonici che tiravano il perfetto abito di cachemire. Zaccaria capiva bene che suo figlio faceva il chirurgo estetico e l'immagine era tutto, dal suo punto di vista, ma a lui appariva eccessivo. Con sua moglie erano di tutt'altra pasta: da dov'era uscito quel figlio?
Oscar doveva pensarla alla stessa maniera perché, non appena vedeva Federico, borbottava con un sordo brontolio e si andava a rintanare il più lontano possibile da lui.
- Ciao, papà - , disse in tutta fretta. - Andiamo subito al ristorante? - .
- Non entri neanche un attimo? - .
- Non vorrei fare tardi - .
Ah, ecco...
- Esci vestito così? - , continuò il figlio, un po' disgustato.
- Come dovrei uscire? Se ti stai riferendo ai vestiti, dovresti riflettere un attimo sul tuo completo di cachemire che non credo sia adatto a una giornata invernale al mare. Io sto bene col mio maglioncino di lana idrorepellente, i jeans e il giubbotto da marina - .
- Ok, papà... Va bene così. Io, d'altronde, non ho altri abiti - .
- Lo capisco... La gente che frequenti è di un livello decisamente superiore a me - .
- Cominciamo sempre col piede sbagliato, quando ci vediamo. Lasciamo perdere la questione dell'abbigliamento e andiamo a farci questa mangiata. A me il mare mette un certo languorino e a te? - .
- Io ci vivo e ho fame sempre. Andiamo, prima che svenga - .
***
Il ristoratore, ex pescatore, aveva realizzato il suo sogno di aprire un ristorante dove cucinare solo pesce. Aveva cominciato con un piccolo chiosco offrendo pesce a portar via e, dato che gli affari erano andati molto bene, aveva provato a gestire un ristorante. Il locale non era molto grande, una ventina di tavoli, ma da lui si mangiava pesce di prima qualità e la clientela era diventata assidua.
- Bentornato, dotto'. Tutto bene? Che le serviamo oggi? Se posso consigliare, abbiamo telline pescate stamattina e le posso cucinare con prezzemolo, aglio e peperoncino con delle linguine fatte in casa; inoltre, ho del pescespada, freschissimo anche quello - .
- Ti va bene, Federico? - . Al cenno affermativo del figlio, Zaccaria diede il via libera al ristoratore.
Tutto sommato il pranzo non andò così male, anche se il figlio non smise di raccontare delle sue vacanze sugli yacht dei suoi clienti più facoltosi. Aveva fatto un giro vicino all'equatore durante le feste natalizie e lo decantò in tutti i modi.
Ecco da dove viene quel colore abbrustolito che mostra gonfiandosi come un pavone!
Il fritto di pesce era sublime come sempre e a Zaccaria bastò. Anche la visita del figlio poteva bastare: ne aveva già le tasche piene.
- Allora, papà... Siamo stati bene, no? - .
- Certo, certo... - .
- La prossima volta spero di venire con mia moglie - .
Speriamo di no. A Zaccaria bastava e avanzava un solo componente della famiglia.
- Salutamela - , concluse, sperando che il figlio capisse che era ora di andarsene.
Per fortuna, anche lui ne aveva abbastanza e, con un finto bacio, lo salutò e risalì sulla sua auto sportiva.
Zaccaria rientrò in casa, si tolse il giaccone e si accomodò davanti al camino a gas; qui lo raggiunse subito Oscar che si sdraiò ai suoi piedi, mentre lui si mise a leggere un libro del suo autore preferito, anzi, autrice: Patricia Cornwell. Doveva dire che, negli ultimi romanzi, la scrittrice gli sembrava un po' appannata. Sarà l'età, pensò. Vuol dire che invecchieremo insieme.
Dopo poche pagine si addormentò pesantemente. Nell'aria il suo russare da baritono si mescolava al sibilo che usciva tra i denti di Oscar, di quasi un'ottava superiore, in totale accordo anche nel sonno. Tale padrone, tale cane. 

Lunedì mattina, solito rituale con Valeria che gli offriva il caffè e lui che rispondeva che aveva già fatto colazione. Questi riti gli permettevano di affrontare le giornate lavorative in modo graduale e soft: subito dopo sarebbero cominciati i problemi.
- Sono arrivate le analisi della signora Maestri? - .
- Le ho proprio qui - .
- Iniziamo subito la terapia di cortisone e antibiotico - , disse immediatamente dopo averle controllate. - La signora ha contratto una malattia sicuramente stando a contatto con i bambini: lo streptococco beta emolitico del gruppo A, che le ha provocato l'artrite. Ora ti scrivo le dosi e i tempi di somministrazione. Il signor Del Sasso è ancora qui? - .
- È venuta poco fa un'ambulanza dal Policlinico Umberto I: l'hanno preso in carico lì. Ha firmato la dottoressa Laura che stava staccando dal turno di notte - .
- Bene. I due casi che ci preoccupavano la settimana scorsa vanno risolvendosi - .
***
Poco dopo Laura passò a salutarlo, prima di uscire dalla clinica. Aveva l'aspetto di chi non ha dormito, ma lo stesso voleva fare due chiacchiere con Zaccaria.
- Andata bene la giornata con tuo figlio? - .
- Ti dico la verità: non saprei come classificarla. È sempre mio figlio e gli voglio bene per questo, ma non assomiglia a nessuno dei suoi genitori. Mi sembra così fatuo. Dipenderà dalla specializzazione che ha scelto e di conseguenza da chi frequenta - .
- Non è detto che chi sceglie chirurgia estetica abbia a che fare solo con chi vuole migliorarsi. Pensa a quante persone vengono operate a seguito di gravi traumi al volto e recuperano fattezze riconoscibili - .
- Hai ragione, ma a questo punto devo dichiarare che è strano di suo e ritorno al punto di partenza: come abbiamo fatto Mariella ed io a educare nostro figlio a quel modo? - .
- Non ti crucciare più di tanto. Ognuno ci mette del suo per diventare quello che è - .
- E con i tuoi figli come va? - .
- Sono ancora adolescenti con le loro problematiche e tragedie inenarrabili - . Laura aveva due figli, un maschio e una femmina, tutt'e due alle superiori. Li stava tirando su da sola, perché il marito, medico anche lui, l'aveva lasciata per una giovane infermiera.
- So com'è quell'età. Ricordo ancora la mia e, più di recente, l'adolescenza di mio figlio - .
- Cosa fai a pranzo? - , chiese Laura, cambiando discorso.
- Pensavo di andare a quella piccola trattoria a conduzione familiare, in una traversa vicino al mare, in prossimità del castello. Vuoi venirci anche tu? Sarai mia ospite - .
Laura rispose di sì con entusiasmo: le piaceva la compagnia di Zaccaria e d'altra parte l'aspettava un triste panino al tacchino. - Vado a casa, mi faccio una doccia e tento di riposare, ma metto la sveglia così non mi perdo il lauto pranzo che mi offrirai. Ti aspetto sul piazzale. A dopo, Zac - .
***
Andarono con l'auto di Laura, perché Zaccaria era in sosta pranzo e poi sarebbe tornato a lavorare, quindi, la sua auto restava alla clinica.
Raggiunsero una trattoria storica, di quelle che ti aspettano col menù sulla porta scritto a mano e un tavolinetto con sopra un fiasco di vino. All'interno, l'arredo era marinaro, con reti tese sul soffitto e altri attrezzi da pesca, come piccole nasse riempite di conchiglie che erano messe agli angoli, mentre finte aragoste e immagini marinare adornavano le pareti; i tavolini in legno erano coperti con tovaglie a quadri.
Ordinarono un brodetto di pesce con pezzi di pane bruscato e una spigola al forno. Un vinello bianco locale fresco al punto giusto accompagnò il pasto.
Il pranzo soddisfece entrambi e anche la compagnia reciproca rese il tutto piacevole.
- Che ne dici di fare quattro passi, giusto per digerire? - , propose Zaccaria.
- Molto volentieri. Poi, ti accompagno e subito dopo torno a casa per seguire un po' i figli nello studio. Sempreché vogliano. Ormai fanno le loro scelte, ma devo essere presente, per non farli sentire completamente abbandonati. E, poi, c'è una bella pila di panni da stirare - .
- Un bel programma, non c'è che dire - .
- Per fortuna, mi sono distratta con il pranzo luculliano che mi hai offerto. Ti ringrazio anche della piacevole compagnia - .
- Ha fatto piacere anche a me. Dovremo riprovarci - .
Laura gli rivolse un sorriso di gratitudine. Zaccaria era una persona gradevole e di non molte parole con cui non era necessario mostrarsi diversi da ciò che si era.
Continuarono a passeggiare lungo la spiaggia, senza aver bisogno di esprimersi a parole, tuttavia sereni. C'era questo di bello in Zaccaria: non servivano chiacchiere superflue tanto per dare fiato alla bocca. Era una persona essenziale e badava a quello. Il superfluo non apparteneva più alla sua vita ed era la stessa visione del mondo che aveva Laura. 

Zaccaria rientrò in clinica, accompagnato da Laura, che lo aveva lasciato lì ed era andata via, e aveva ancora un sorriso sulle labbra, quando la caposala gli corse incontro trafelata.
- Dottore! Abbiamo appena ricoverato una ragazza con forte aritmia e insufficienza respiratoria - .
- Com'è arrivata qua? - .
- L'ha portata l'ambulanza. L'ha accompagnata il suo allenatore. Gioca in una squadra di softball locale e si è sentita male durante un allenamento - .
- Avete già fatto gli esami di routine? - .
- Se viene nel suo ufficio, glieli mostro. Abbiamo eseguito l'elettrocardiogramma e verificato gli elettroliti, l'emocromo e la funzionalità renale - .
- Chi c'è tra gli aiuti? - .
- C'è il dottor Bardi - .
- Ora lo avviso, in modo che si occupi dell'ambulatorio. Oggi dovevo scendere io - .
Mentre parlavano, raggiunsero la stanza di Zaccaria.
- Noto una forte carenza di potassio. Può capitare agli sportivi di perdere elettroliti, ma mi meraviglio che non abbia reintegrato opportunamente. Faremo uno screening completo. Intanto, iniziate subito il trattamento per reintegrarlo. Solita procedura - .
Zaccaria passò subito dopo a controllare la ragazza. Davanti alla porta c'erano l'allenatore e alcune atlete ancora in tenuta sportiva. Non ebbe coraggio di dire loro di aspettare in anticamera: in fondo non davano fastidio.
Aveva letto sul foglio del pronto soccorso che la ragazza si chiamava Marina Rivera. In quel momento la trovò assopita. Le tastò il polso, anche se avrebbe potuto fare diversamente guardando il monitor che le avevano applicato per controllare le funzioni vitali, ma si fidava delle sue percezioni affinate con anni di pratica medica. Arrivò l'infermiera con la flebo per reintegrare il potassio.
- Se può restare qui in attesa che dia qualche segno di vitalità, lo gradirei molto - .
- Non si preoccupi, dottore - .
- Chi abbiamo in reparto stamattina tra gli infermieri? - .
- Roberta, Ludovica e Sandro - .
- Bene, sono infermieri in gamba e sanno cavarsela anche da soli. Possiamo stare tranquilli. Lei resti qui, per favore - .
Dopo circa una mezz'ora, Valeria si affacciò alla sua porta per dirgli che la ragazza si stava riprendendo.
- Vengo immediatamente a controllare la paziente - .
Mentre attraversavano il corridoio che conduceva alla stanza della ragazza, sentirono l'allarme delle apparecchiature di monitoraggio: qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Zaccaria si precipitò nella stanza e si rese conto che il cuore della paziente aveva cessato di battere. Immediatamente cominciò il massaggio cardiaco mentre Valeria predisponeva il defibrillatore che il medico attivò personalmente. Avrebbe preferito la presenza del cardiologo, ma in quel momento aveva il suo bel daffare in cardiologia. Quello che era sembrato un semplice intervento per rifondere un po' di sali minerali si stava tramutando in tragedia. Cosa era potuto andare storto? Dalle analisi non si evincevano altri problemi di salute che avrebbero potuto compromettere il quadro clinico della ragazza in modo drammatico.
A nulla valsero tutte le manovre di rianimazione. Circa venti minuti dopo, Zaccaria ne constatò il decesso.
Già da un po' non era rimasto nessuno degli amici per il corridoio e neppure i genitori: probabilmente si erano resi conto che stare lì in attesa non portava a niente e c'era il rischio di intralciare gli operatori.
Avrebbe dovuto avvisare la famiglia, ma soprattutto chiamare il medico legale. Non poteva essere che una giovane, in apparente buona salute, fosse morta in circostanze così strane.
Guardò per caso la flebo e si accorse che era stata svuotata molto velocemente, rispetto ai tempi stabiliti per la somministrazione.
- Valeria, aveva regolato lei il deflusso della flebo? - .
- Sì, dottore - .
- Non le pare strano che sia già finita? - .
- In effetti... Quando sono venuta a chiamarla andava alla lentezza richiesta. Non me lo spiego - .
- Non la tocchi. Chiamo subito i carabinieri - .
In dieci minuti, una volante e il medico legale arrivarono in clinica.
Pietro Franti, per l'appunto maresciallo del locale comando dei carabinieri, si rivolse a Zaccaria, che già sapeva essere il primario di Medicina Interna, visto il ricovero poco felice, a suo avviso, in quello stesso reparto. - Dottore, mi spieghi bene. Lei sta forse ipotizzando un avvelenamento volontario? - , chiese, riferendosi alle poche frasi che Zaccaria aveva formulato durante la chiamata e ripetuto al suo cospetto.
- Le ripeto che il regolatore del flusso della flebo è stato completamente aperto, nell'arco di tempo intercorso tra l'allontanamento dell'infermiera dalla stanza della ricoverata e il momento in cui abbiamo sentito l'allarme delle attrezzature del monitoraggio. In tutto, forse, dieci minuti al massimo. Anche meno - .
- La situazione è seria. Lo sa che potreste essere accusati di questa morte? - .
A Zaccaria sembrò che il maresciallo godesse di questa situazione. Ancora non gli perdonava di averlo costretto a una dieta ferrea? No, non poteva essere così meschino... O, forse, sì? Di sicuro sarebbero quantomeno stati messi sotto inchiesta amministrativa. Zaccaria si preoccupava più per l' infermiera che per sé stesso, prima di tutto perché lui poteva anche andare in pensione, ma la donna non poteva rischiare di avere macchiata la sua carriera. Zaccaria si domandava come fosse potuta accadere una cosa del genere e se non ci fosse del dolo dietro. In tutta la sua carriera medica non era incorso mai in nessun incidente, in special modo con i dispositivi medici. Una flebo non si apriva casualmente: erano fatte in modo che non accadesse se non volontariamente.
Al medico legale non restò che constatare il decesso e disporre l'autopsia.
La famiglia fu avvisata della morte della congiunta e dell'esecuzione dell'esame autoptico, perciò, si procedette.

Elena Andreotti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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