Che tu sia un burattinaio incosciente o consapevole, in entrambi i casi, provocherai delle vittime.
Una giornata così calda e umida Carlos Ramòn, immigrato dal Messico e naturalizzato statunitense, corriere della West Courier, non la ricordava da tempo. Da quando dodicenne trascorreva le vacanze estive, con la sua famiglia, dalla nonna materna, giù in Messico. Indubbiamente consegnare pacchi tutto il giorno, nel caotico traffico di Los Angeles, non era certo d'aiuto, tantomeno lo era la corporatura diversamente magra di Carlos. Finalmente l'ultima consegna della giornata all'hangar del centro di manutenzione nell'Aeroporto Internazionale di Los Angeles. Un piccolo, ma pesante, pacco che Carlos lascia cadere, un po' per le mani sudate ma soprattutto per la stanchezza. “Mio Dio, spero di non aver rotto nulla”, pensò ad alta voce, mentre scuoteva delicatamente il pacchetto. Non sentendo rumore di ferraglia si rassicurò, portando a termine la consegna. Il pacco conteneva un localizzatore GPS destinato, quale pezzo di ricambio, al Jet privato, con codice di registrazione NS1-1965BG, di proprietà della Steelmoney, un'importante società di investimenti con sede nella stessa Los Angeles.
Aeroporto internazionale Tokyo-Haneda, il sole è da poco tramontato, è previsto mal tempo con fitte piogge e forti raffiche di vento da sud. Nella sala Vip sono da poco arrivati alcuni dirigenti ed una segretaria della Steelmoney, in attesa che il jet aziendale sia pronto a partire. Nell'ampia sala si sono accomodati in ordine sparso, tranne due di loro che sono seduti vicini. Uno dei due, parlando sottovoce, dice all'altro: “Adam posso farti una domanda?”. “Dimmi Tom, cosa succede questa volta”. “Ssssst, Adam parla a bassa voce; il capo mi ha licenziato!”. “Parli del Sig. Ritter?”. “Si, si parlo proprio di lui; mi ha licenziato perché non li ho ceduto il passo all'entrata dell'aeroporto”. “Il fatto è che mi stavo letteralmente facendo nei pantaloni, per colpa del sushi che ho consumato a pranzo; secondo te lo possono fare?”. “Caro Tom ricordi il giorno in cui ti hanno assunto, oltre a firmare il contratto d'impiego, hai firmato anche un foglio in bianco?”. “Si Adam, mi sono sempre chiesto cosa fosse”. “Bene puoi smettere di chiedertelo, quel foglio erano le tue dimissioni, quindi la risposta alla tua domanda è: sì lo possono fare”. “Ora, se abbiamo finito e non hai altre domande, vorrei stare un po' tranquillo, scusami sono stanco morto, grazie”. “Grazie a te, ci vediamo sull'aereo”. “A proposito, Tom, mi dispiace tanto ed in bocca al lupo per tutto, ti auguro di trovare un impiego migliore di questo”. “Sei veramente una cara persona”, rispose Tom, dirigendosi a passo svelto verso la toilette. Tom Ellis si era rivolto, per una consulenza, ad Adam Lynch in qualità di legale della società. Adam Lynch era una persona moderna ma che cercava di vivere in maniera alternativa strizzando l'occhio anche a tendenze vintage, molto elegante con barba corta super curata, insomma un hipster. Laureatosi ad Harvard, con il massimo dei voti, dapprima fu selezionato da un famoso studio legale di Boston, successivamente era stato reclutato dalla Steelmoney, dopo aver vinto una grossa e difficile causa civile contro di loro. Come soleva dire Michael Abner, fondatore e proprietario della società, “Tieni gli amici vicino ed i nemici ancora più vicino”. Adam nasce a New Orleans da una famiglia borghese, suo padre un affermato avvocato, sua madre casalinga, primo di tre figli, tutti maschi. Povera donna sua madre, avere a che fare con quattro maschi non è cosa facile. Continuamente tradita, maltrattata e sminuita dal marito, in un attimo di profondo sconforto, si tolse la vita gettandosi dal Eads Bridge sul fiume Mississippi. Adam, dopo la morte della madre, non rivide né sentii il padre, né tantomeno i fratelli, ritenendoli tutti responsabili per la morte dell'adorata madre.
Dall'altro capo della sala il Sig. John Ritter, vice presidente e genero del fondatore della società Michael Abner, chiese alla sua segretaria di avvicinarsi. “Mi dica Sig. Ritter in cosa posso servirla”. “Sig.na Cox domani dica alle risorse umane che la Steelmoney non ha più bisogno dei servigi del Sig. Tom Ellis, ora può andare”. “Come desidera Sig. Ritter, non mancherò”. Ecco l'impeccabile Tiffany Cox, la segretaria personale di John, una ragazza minuta, delicata, come una sottile ceramica. Si muoveva senza fare il benché minimo rumore, come se camminasse su una nuvola. Vestiva senza fare attenzione ai dettagli: una camicia ed un pantalone. Soltanto a volte un braccialetto le adornava il polso sottile. Aveva occhi neri e profondi come un abisso sconfinato, uno sguardo assente che celava un malessere ben più profondo di una semplice sofferenza di vivere. “Signori e Signore sono Mary, la vostra assistente di volo, vogliate seguirmi, l'aereo è pronto a partire. Il volo NS1-1965BG da Tokyo a Los Angeles si prepara al decollo percorrendo la via di rullaggio x-ray. A bordo, oltre ai tre componenti l'equipaggio, quattro dirigenti ed una segretaria della Steelmoney, reduci da un estenuante meeting di due giorni. “Torre di controllo qui volo NS1-1965BG diretto a Los Angeles, in attesa sulla testata pista, si richiede autorizzazione al decollo”. “Volo NS1-1965BG, qui torre di controllo, siete autorizzati al decollo, passo e chiudo”. “Ricevuto, passo e chiudo”, rispose il Comandante, portando in avanti la manetta di accelerazione. Il decollo impegna non poco il Comandante, che con destrezza, molto sangue freddo e riuscendo a vincere un forte vento laterale, porta il jet alla quota di crociera. “Qui è il Comandante che parla”, si sentì annunciare, “i signori passeggeri possono slacciare le cinture, se possibile, restando seduti per la presenza di una leggera turbolenza causata dal temporale che stiamo attraversando, grazie”. Quasi tutti preferirono rimanere con la cintura allacciata, tranne qualcuno che preferì slacciarla. Quest'ultima scelta si rivelerà azzeccata. Dopo circa sei ore di volo, mentre la hostess distribuiva da bere e qualche stuzzichino, si sentì un fragore come un boato, i passeggeri terrorizzati e disorientati cercarono di capire cosa fosse successo. “Una bomba, una bomba”, urlò Tom, in preda ad una crisi di nervi. “Calmati!”, replicò John, “se fosse stata una bomba, saremmo già tutti morti, e poi vedi squarci nella fusoliera?”. Un fulmine aveva colpito l'aereo, da un primo controllo effettuato dal Comandante e dal Primo Ufficiale non risultarono danni evidenti. Purtroppo la valvola dosatrice del carburante, la bussola ed il localizzatore GPS, sostituito qualche giorno prima e già compromesso dalla goffaggine del corriere Carlos, erano stati irreparabilmente danneggiati. Il jet perde la rotta, allontanandosi sempre di più dalla destinazione, puntando verso sud in pieno oceano pacifico, lasciando dietro di sé una lieve scia di carburante. “Torre di controllo di Los Angeles qui volo NS1-1965BG decollato da Tokyo”, disse il Comandante alla radio, “un fulmine ci ha colpiti, non sono stati rilevati danni evidenti, l'orario d'arrivo resta invariato”. “Qui torre di controllo di Los Angeles, volo NS1-1965BG non siete più visibili al radar, il fulmine che vi ha colpiti probabilmente ha messo fuori uso il vostro trasponder, a bordo ci sono feriti? passo”, chiese il controllore di volo. “No nessuno si è fatto male, passo”. “Bene, passo e chiudo”. “Roger, passo e chiudo”, replicò il Primo Ufficiale. Quattro ore più tardi il Comandante, rivolgendosi al Primo Ufficiale, disse: “siamo in volo da oltre dieci ore, la rotta sembra essere quella giusta, non capisco come mai non si vedono ancora le luci di Los Angeles”. “L'unica spiegazione è che, a causa del fulmine, si siano starati gli strumenti e quindi ci troviamo un po' fuori rotta, lungo la costa americana”, rispose il Primo Ufficiale. Nel frangente il Comandante, mentre stava controllando la strumentazione, si accorse del bassissimo livello di carburante. “Mayday, mayday qui volo NS1-1965BG”, urlò alla radio, richiamando la torre di controllo, “siamo a corto di carburante, la nostra posizione è latitudine 33 gradi, 18 minuti e 10 secondi nord; longitudine 239 gradi, 19 minuti e 34 secondi est”. “Ricevuto volo NS1-1965BG, è stata allertata la Guardia Costiera, abbiamo riferito la vostra posizione ed il piano di volo, mantenete la rotta e buona fortuna, passo e chiudo”, replicò il controllore di volo. Robert, così si chiamava il Comandante, si rese conto che con il poco carburante rimasto difficilmente sarebbero riusciti a raggiungere la terra ferma, tantomeno l'aeroporto di Los Angeles. In quel momento fu chiaro che le probabilità di rivedere la moglie Kate e la piccola Abbie, sua figlia, erano davvero scarse. Oramai era troppo tardi il segnale d'emergenza per fine carburante richiamò l'attenzione di Robert, da lì a poco i motori si spensero. Il Comandante cercò di far planare il più possibile l'aereo per evitare un disastroso ammaraggio, purtroppo il jet perse velocemente quota precipitando ed inabissandosi nelle fredde acque dell'oceano pacifico.
Il sole era caldo, quasi scottava, lo sciabordio delle onde bagnava i piedi di Frances, che sorseggiando un cocktail, si godeva la prima vera vacanza dopo quasi due anni, ininterrotti, di lavoro. Precisamente da quando era stata promossa, inaspettatamente, direttrice della filiale di San Francisco. Desiderava andare alle Hawaii fin da quando era piccola, ma la precaria situazione economica familiare non glielo aveva mai permesso. Con lei la sua migliore amica, Allyson, compagna di stanza al college, università di Harvard, facoltà di economia. Facoltà che, Frances, aveva potuto frequentare grazie ad una borsa di studio per meriti sportivi, a nuoto non la batteva nessuno. Un forte dolore alla gamba, la svegliò; era solo un sogno. “Oddio che dolore, cosa è successo? dove mi trovo?”, pensò toccandosi la gamba dolente per un profondo, ma non grave, taglio. Proteggendosi gli occhi dal sole con la mano, poco lontano, scorse un corpo sul bagnasciuga.
Giovanni Battista
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