Il Gioco dell'amore.
Romeo vive in Italia, ha ventisei anni, una laurea in matematica e un futuro che spera radioso di fronte a sé. Giulietta vive in Canada, venticinque anni, una laurea in lettere classiche e davanti un futuro che immagina sfavillante. Nessuno dei due conosce l'altro, né ha mai saputo dell'esistenza dell'altro. Eccellente premessa. Ma il demiurgo ha deciso di giocare con loro al gioco dell'amore. Sono quindi destinati a incontrarsi. Romeo sta mandando curriculum in ogni dove. Non è facile trovare lavoro. D'altra parte la laurea in matematica è un po' come quella in filosofia, a ben rifletterci. Difficile che questa affermazione trovi d'accorto sia i matematici che i filosofi, perché i primi vedono la ricerca delle verità della ragione e dello spirito perseguite dai filosofi come fumose e priva di strumenti scientifici adeguati, mentre i secondi trovano le visioni e le strutture studiate dai matematici inutilmente intricate e irrilevanti, inadeguate a cogliere l'essenza del pensiero e dello spirito. Ma il punto di incontro in questo contesto è molto più prosaico, attiene alla dimensione generalista ed utilitaristica di entrambe le discipline. Possono andare bene per tutto o per niente. Che può fare un laureato in filosofia? Il filosofo, ovviamente. Facile a dirsi. Un filosofo ha studiato i grandi pensatori. Ha studiato i grandi temi dell'etica, della religione, del libero pensiero, della ragione e del sentimento, dell'essere e dell'apparire, della vita e della morte, della conoscenza, della fisica e della metafisica. Certo, ma che sa fare in pratica? Domanda anch'essa complessa. E poi, perché tradurre sempre e comunque il sapere in saper fare? Il sapere è eccelso di per sé stesso, ovviamente, ma la vita sociale, l'esigenza di dare un valore economico alle proprie conoscenze, la necessità di guadagnare per vivere, soddisfare i propri bisogni materiali e immateriali, mettere su famiglia, provvedere al necessario per i bisogni dei propri figli, vivere una vita che sia più che sopravvivenza biologica, con serenità e libertà dalle privazioni e dalle ristrettezze dell'esistenza, ebbene, tutto ciò richiede che qualcuno ritenga opportuno corrispondere un compenso in danaro anche alla prestazione intellettuale fornita. Similmente, la laurea in matematica è, come dire, una laurea intellettualistica, teorica o applicativa che sia. Può andare bene per tutto o per niente. Che può fare un laureato in matematica? Il matematico, ovviamente. Può avere la testa tra le nuvole, sognare teoremi e congetture, volare con la mente verso l'ambizione di dimostrare l'ipotesi di Riemann o la congettura di Birch e Swinnerton-Dyer, aspirare ad imitare Wiles nella sua dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat. Oppure può mettere le sue competenze razionali al servizio della finanza, della biologia, dell'informatica, delle telecomunicazione, dei trasporti, delle previsioni metereologiche, della diagnostica medica, del marketing e delle ricerche di mercato. Naturalmente, come il laureato in filosofia, può impegnarsi anche nella didattica, nelle scuole e nelle università, affrontando le delizie e le frustrazioni della comunicazione del sapere. Ha la logica, la capacità analitica e creativa per ottimizzare le idee e i processi. Tutto e niente, quindi. Romeo ha ogni cosa per realizzarsi compiutamente. Anche una famiglia che lo supporta, lo finanzia e lo adora. Può permettersi di ambire, scegliere e attendere. Certo, è un privilegiato. Potrebbe sembrare un bamboccione, un sognatore puro, un imbranato, un giovane rincoglionito dallo studio e dalla fatica, introverso e solitario, un nerd alieno alla socializzazione e agli affetti, trasparente, ignorato da uomini e donne, soprattutto donne. Niente di più falso. La natura, ma forse sarebbe meglio dire il demiurgo e gli dei artefici delle sembianze fisiche, sono stati generosi con lui. Romeo ha amici, è socievole, ama stare in compagnia ed è ricercato per la sua capacità di socializzare, integrarsi, omogeneizzarsi, stare bene con chiunque senza subire il peso delle altrui eccellenze né far pesare le proprie. È anche bello, per quanto la bellezza sia questione misteriosa e soggettiva, una bellezza tranquilla e confortante, normale. Gli piace anche lo sport e la lettura. Giulietta è bella. Bella oggettivamente, senza equivoci, senza se e senza ma. Un misto di apporti genetici difficile da individuare esattamente, tra eredità anglosassoni, francofone e native di quella sterminata terra di conquista che è stato il Canada. Esotica quanto basta, europea quanto basta, nordamericana quanto basta. Intelligente e brillante, per di più. Ambita e circondata, libera e serena, felice. Non ha fretta di mettersi a lavorare, potendo la sua famiglia permettersi di favorire i suoi sogni e le sue aspirazioni. Il suo obiettivo più immediato è passare un periodo di tempo in Italia, la culla del classicismo, erede dell'antichità ellenica, dell'eccellenza romana e latina, dello splendore umanistico e rinascimentale. Perfezionare l'italiano letterario, dopo uno studio scolastico, ma apprendere anche l'italiano popolare e qualche forma dialettale, è all'apice dei suoi sogni, lasciando nell'indeterminatezza e nel disinteresse il suo futuro a medio termine. D'altra parte, che può fare un laureato in lettere classiche? Il letterato, naturalmente. Impegnarsi nell'insegnamento a vari livelli, certo, ma anche concorrere per incarichi nella pubblica amministrazione, poi ci sono musei e biblioteche, c'è il giornalismo tradizionale e quello online, c'è l'editoria, ma anche il marketing, le funzioni organizzative e di gestione del personale. C'è un mondo che aspetta solo gente preparata, che voglia mettersi in gioco e impegnarsi. Scelta limitata, forse, quella del demiurgo, settoriale e comoda, non del tutto politicamente corretta, forse, ma felice. Il gioco dell'amore è in fondo solo un gioco, non può sobbarcarsi di questioni più generali, caricare su di sé problematiche economiche, sociali, razziali, di genere, di colore della pelle, religiose e morali, perché diventerebbe ancora più complesso, difficile da focalizzare. Non certamente fuori della portata del demiurgo, ovviamente, ma fuori della portata dell'umana capacità di comprensione. Diventa quindi necessario, affinché possa essere ridotto alla sua essenza, ridurre al minimo se non eliminare del tutto tali interferenze, tali intrusioni fuori dal dominio specifico, rendendolo esclusivamente una questione di sentimenti e di romanticismo. L'incontro è quindi inevitabile, predestinato. Giulietta arriva alla stazione di Firenze, dopo essere atterrata a Milano con un volo senza scalo, essere rimasta una notte a Milano e aver preso un Frecciarossa. Firenze è il sogno di Giulietta. E già l'arrivo in treno non può che essere sorprendente per chi arriva quasi direttamente dal continente americano, trovandosi in una stazione bella come Santa Maria Novella, considerata uno dei capolavori del razionalismo italiano, uno dei primi esempi in Italia di struttura architettonica realizzata nell'ottica di riflettere la sua funzione. Giulietta è troppo intelligente per ammirare solo la bellezza classica e non apprezzare bellezze più moderne. Naturalmente oltre Firenze ci sono Roma, Napoli, Venezia, Palermo, Urbino e Siena, ci sono le città e la moltitudine di paesi dove la storia, la cultura e l'arte hanno lasciato tracce indelebili. Ma Firenze è l'italiano per definizione. Firenze è Dante, il padre della lingua italiana. Ci sarà tempo per girare, visitare, conoscere e ammirare. Intanto la sua destinazione è un pensionato universitario femminile, gestito da religiose, dove soggiornare tranquillamente durante un periodo di studi universitari orientato a studenti stranieri laureati. La sua famiglia è un po' tradizionalista in effetti, non avrebbe mai accettato una sistemazione logistica più autonoma e avventurosa, da ostello magari. Ma nemmeno Giulietta è in fondo eccessivamente spregiudicata. Romeo è invece proprio di Firenze, Firenze città, Campo di Marte, a nord-est. La probabilità che hanno due persone di incontrarsi in una città di più di 350.000 abitanti è estremamente piccola, in assoluto. Ma il demiurgo ha aggiustato le cose. Romeo va a mangiare quasi sempre una pizza la domenica sera, scegliendo a caso tra le pizzerie più rinomate, quelle che trova più congeniali ai suoi gusti, sia come ambiente che come qualità. Anche Giulietta ama la pizza italiana e, in compagnia di alcune sue compagne di pensionato e di corsi, la domenica sera va quasi sempre in pizzeria, scegliendo di preferenza casualmente tra le pizzerie più rinomate della città. La probabilità che la domenica sera Romeo e Giulietta si trovino nella stessa pizzeria è pertanto sensibilmente alta, un eccellente viatico per un loro incontro. Tutto accade dopo circa un mese dall'arrivo di Giulietta a Firenze. Romeo entra in pizzeria con un amico, si sistemano ad un tavolo in una sala, mentre nell'altra sala Giulietta e altre quattro amiche sono già agli antipasti di bruschette. La serata è tranquilla e gioviale, c'è inoltre meno gente che il sabato sera. I commensali mangiano tranquillamente ed indipendentemente ad entrambi i tavoli, chiacchierano, ridono, bevono birra. Dopo aver pagato il conto, al momento dell'uscita Romeo e il suo amico si trovano incolonnati dietro le cinque ragazze. Romeo è il primo e Giulietta è l'ultima. È un attimo. Giulietta si gira. Gli sguardi si incrociano per un lungo istante. Appena fuori dalla pizzeria si attardano entrambi quanto basta perché Romeo, che non è nato playboy ma ha quasi visto la Madonna, trovi il coraggio della disperazione per rivolgerle la parola, magari senza eccellere in fantasia. - Ciao, vieni spesso in questa pizzeria? - Praticamente una domenica sì e una no. - Allora, magari ci possiamo rivedere qui domenica prossima, anch'io sono quasi un habitué del locale. - Perché no. Può essere. Tutto qui, Giulietta si riaccoda al gruppo delle amiche e va via, bella e perfetta, lasciando Romeo estasiato. È l'amico a farlo tornare sulla terra, con una risata e una pacca sulla spalla. La domenica successiva Romeo è lì con largo anticipo, sempre col solito amico, con un piano d'azione semplice e ardito in mente. Si sistemano ad un tavolo e aspettano. Quando le ragazze arrivano, sono in quattro questa volta, Giulietta ed altre tre, vengono accompagnate ad un tavolo. Romeo butta il cuore oltre l'ostacolo, si alza e si avvicina al tavolo di Giulietta. - Ciao, ti ricordi di me? - Certo, l'habitué del locale. - Romeo, mi chiamo Romeo. - Ed io Giulietta. Piacere. - Piacere mio, ti assicuro. Lei sorride. Romeo non stacca gli occhi dagli occhi di Giulietta, che sostiene lo sguardo e lo ricambia. Le tre ragazze osservano la scena divertite. - Pensavo una cosa. Visto che siamo qui tutti per una pizza, io e il mio amico, tu e le tue amiche, non potremmo sederci insieme e mangiarcela tra una chiacchierata e l'altra? Giulietta guarda le sue amiche, che scrollano le spalle con finta indifferenza, non insensibili al bel giovane che si è presentato e al suo amico. - Va bene. - Dice, rivolta di nuovo verso Romeo. - Se a tavola sapete usare coltello e forchetta... - Faremo del nostro meglio per non farvi fare brutta figura, almeno lo spero. Un cenno all'amico. Dopo che il cameriere ha aggiunto un tavolo a quello delle ragazze, i due si siedono. Vengono fatte le presentazioni, ma è come riunire due gruppi separati. Romeo e Giulietta, vicini di posto, si immergono in un mondo a parte, mentre le tre ragazze e l'amico chiacchierano tra loro. Il demiurgo è soddisfatto, il gioco può iniziare.
Luigi Arcari
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