
L'uomo non era più in giovane età, la barba corta e ispida gli irruvidiva le guance, accentuando i segni la-sciati dalla stanchezza e scavati dal passare del tem-po. Stava seduto su un grande blocco di pietra squadrato rotolato giù e adagiato vicino alle palle di pietra del trabucco, raggruppate alla base della grande torre ci-lindrica. Il miles Adenolfo, era il feudatario del ca-strum di Acquapuzza detto anche di Acqua Putrida. L'uomo inclinò il capo all'indietro per ricevere sulla fronte il tepore dei primi flebili raggi di sole che spun-tavano dietro la schiena di quell'enorme monte lepi-no, che appariva come un gigante addormentato. E respirò profondamente la fresca brezza che gli porta-va anche il penetrante odore di zolfo che proveniva dalle sorgenti lì vicino, che caratterizzavano tutta la zona. La lunga nottata insonne non gli era certo stata di giovamento. Aveva una sofferenza che gli pesava nel petto come uno di quei macigni di pietra calcarea. Era arrivato il tempo di prendere una decisione, la sua giovanissima e bella figlia Oddolina era stata richiesta in sposa da Roberto Frangipane. Nella sua mente gli si annebbiarono i ricordi di un tempo felice, passato insieme alla sua consorte, gli ar-rivarono all'orecchio le calde note delle loro aggrazia-te e spensierate voci, che ridenti felici si rincorrevano sull'erba. Ma Oddolina con la carnagione di porcellana, gli oc-chi di un particolare colore zaffiro, i soffici capelli co-lor del miele, le labbra piene, era cresciuta e si stava trasformando in una giovane affascinante donna. L'uomo sospirò ancora, anche la vita del castrum era tesa e scandita dai ripetuti allarmi dei soldati, impe-gnati al controllo della strada pedemontana che fian-cheggiava il loro territorio. Da quando il dominio del castello di Acquapuzza rien-trava nel progetto di riorganizzazione territoriale e del controllo della viabilità perseguito e attuato dalla Chiesa romana. Adenolfo ripensò all'insistente manovra politica che in quegli anni Adriano IV riuscì a mettere in atto, fiaccando quella iniziale resistenza che lo stesso Ade-nolfo aveva osato fare. Ripensò alle milizie romane che gli furono mandate contro dal pontefice stesso e al lungo assedio che ne seguì. Alla fine dovette arrendersi e alzare sulla sommità del-la torre lo stendardo pontificio. Il giorno successivo ad Albano fece atto di sottomis-sione prosternandosi, a piedi nudi, con una corda le-gata al collo, davanti ad Adriano IV e, dato in ostag-gio il figlio, fu perdonato e riebbe il fortilizio in feudo. Quel periodo fu veramente difficile e gli imposero pe-santi condizioni per l'entrata nel vassallaggio della Chiesa. Successivamente i confini del territorio del castrum erano stati difesi con grande attenzione contro i domi-ni dello stesso castrum confinante di Sermoneta. La riorganizzazione dello Stato aveva comportato, per il castello di Acquapuzza una evoluzione nel sistema territoriale che si andava strutturando, con l'istituzione del passo e i relativi pedaggi. Gli risuonavano alle orecchie le grida concitate e i ru-mori dei passi in corsa dei soldati di guardia che spes-so, nel buio pesto della notte, spezzavano il silenzio, con il rimbombo dei colpi pesanti e i cigolii dei cardini delle porte e il fruscio sordo delle pesanti catene che sbarravano il passaggio. Preludio di interrogatori lun-ghi e agitati che talvolta purtroppo terminavano con la macabra esposizione di corpi penzolanti che faces-sero da monito per altri avventori che pensavano di passare senza lasciare il dovuto obolo doganale. Intorno al castello vi era poi una piccola comunità dedica all'agricoltura e alla pesca, oltre che al traspor-to di merci e persone lungo il corso del Cavata. Adenolfo, respirò ancora più profondamente per sof-focare i singhiozzi che gli premevano in gola, ma no-nostante fosse un uomo autorevole non potè più trat-tenere quelle amare lacrime che gli si facevano strada tra le palpebre serrate, rotolando giù lentamente lungo il tracciato lasciato dalle rughe ricadendo sul suo man-tello. Ripensò ai benefici che il suo feudo poteva acquisire con quell'unione. I Frangipane avevano numerose concessioni nella Ma-rittima e avevano ottenuto centri importanti per il controllo delle vie terrestri e marittime, come Terraci-na, il Circeo, Ninfa. Si assicuravano possedimenti a Cisterna, diritti e beni a Priverno e, infine, erano investiti anche di Tivera e Astura. I membri più insigni della famiglia, una volta insedia-tisi nella Marittima, cercavano di stabilire una rete di rapporti con famiglie potenti, già presenti nel territo-rio, come quella dei da Ceccano e quella dello stesso Adenolfo, arrivando in tal modo a controllare anche quei territori sui quali non esercitavano il dominio in modo diretto.
Sonia Testa
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