Aprì gli occhi. La vista era annebbiata. Un sapore dolciastro le fece venire un conato di vomito. “Dove sono? Che è successo?” pensò la ragazza cercando di orientarsi nella semioscurità. Capì di essere sdraiata su un vecchio materasso che puzzava di piscio. Muovendosi piano tentò di alzarsi, ma si tenne ben stretta al bordo perché tutto intorno a lei iniziò a girare. Un altro conato di vomito le ribaltò lo stomaco. Quando la vista si abituò, mise a fuoco di essere all'interno di una stanza, forse una cantina. La sua pelle ne percepiva l'umidità e l'odore di muffa si mescolava a quello del materasso. Un fruscio veloce, lungo la parete, la destò dai suoi pensieri terrorizzandola. Temendo i topi, raccolse le ginocchia contro il petto appoggiandosi con la schiena alla parete alle sue spalle, si fece piccola piccola. La luce dell'unica finestrella, a circa due metri sopra la sua testa, non le permetteva di distinguere altro. Il cuore le batteva all'impazzata. Lo sentiva pulsare nel petto, in gola, in testa, ovunque. Si stropicciò gli occhi nella speranza di trovarsi nel mezzo di un incubo da cui si sarebbe svegliata e tutto sarebbe svanito nel nulla. Non fu così. Iniziò a urlare più forte che poteva. - Mamma! Mamma aiuto! - gridò tra i singhiozzi mentre si tirava, con rabbia, i lunghi capelli corvini. Pianse per un tempo che le parve infinito fino a quando un rumore la congelò. Qualcuno stava trafficando con la serratura. Tremava così forte da non riuscire a controllare gli spasmi del suo corpo. Si fece ancora più piccola desiderando di diventare invisibile. La porta alla sua sinistra si aprì, un cono di luce spezzò il buio e la sua speranza. 1 - Undici giorni prima L'agente Martinelli riagganciò con un sospiro. “Nemmeno un mese che ho preso servizio e già mi capita una denuncia di scomparsa. Non sarò mai all'altezza, mai capace di gestire una situazione come questa. Ora vedo chi c'è in servizio e ne parlo con lui.” Si incamminò lungo il corridoio alla volta degli uffici. Parecchi erano vuoti. Scorse il commissario Farri seduto alla scrivania. Si avvicinò alla porta, ma si fermò sulla soglia. Bussò appena. - Scusi, posso parlarle un attimo? - L'uomo non alzò la testa dal pc. L'agente si schiarì la voce e ripeté la frase con un tono più alto, e solo ora Farri si degnò di alzare lo sguardo verso di lei. - Ah, sei quella nuova. Che vuoi? Spero per te che sia importante perché io non faccio da balia a nessuno. - - È importante, dottore! Ho ricevuto la telefonata di una donna che denuncia la scomparsa della figlia - rispose tutto d'un fiato Monica, rossa in viso. - Lo stipite della porta sta su anche da solo. Entra. - Il commissario Farri era un cinquantenne con ancora tutti i capelli neri e un fisico asciutto e giovanile. Solo la fronte, sempre corrugata, dava la sensazione di trovarsi davanti a un uomo inquieto. Monica non poté non guardare la mano sinistra. Portava ancora la fede. Sulla scrivania, rivolta verso di lui, una cornice celava agli sguardi curiosi la foto di una bellissima donna. Monica lo sapeva perché, un giorno che gli aveva portato delle carte da firmare, si era avvicinata abbastanza per riuscire a vederla. Al suo arrivo al commissariato, il collega che l'aveva affiancata durante i primi giorni, le aveva raccontato che Farri era rimasto vedovo un paio di anni prima: la moglie di cui era molto innamorato aveva perso la vita in un incidente stradale. Questo aveva contribuito a inaridire ancora di più un carattere già duro. Aggiornò il commissario sotto il suo sguardo freddo e diffidente. - Più lentamente Martinelli, respira tra una frase e l'altra. E stai ferma con quelle mani, mi fai girare la testa. Soprattutto metti giù la mia penna. - Solo allora, Monica si rese conto che aveva preso la Bic dalla scrivania. - Comunque, inizia a scrivere il rapporto per la segnalazione preliminare. Avvisami appena arriva la madre. - Farri la congedò con un gesto frettoloso della mano tornando con la testa al pc. “Stronzo!” ripeté tra sé Monica mentre percorreva su e giù il corridoio del commissariato. Camminava con la testa bassa quasi stesse osservando il pavimento in graniglia effetto minestrone che andava tanto di moda negli anni ‘60. - Ops, scusa! - si affrettò a dire dopo aver urtato un collega che stava uscendo dal proprio ufficio. Si fermò mortificata a guardare fuori dalla finestra. Dal mattino presto aveva spirato il libeccio e ora il sole era scintillante. Il mare si intravedeva tra i rami dei pini marittimi e del traffico dell'Aurelia arrivava soltanto un borbottio lontano. Era irritata sia per l'atteggiamento come sempre spocchioso del commissario, sia con sé stessa. Si rendeva conto che anche il suo aspetto fisico non le era d'aiuto: magra, piccolina e con quei grandi occhi azzurri che le conferivano, ancor di più, un'aria impaurita. “Possibile che io non sappia mai tirare fuori le palle? Che debba agitarmi per tutto? Che questo lavoro non faccia per me? Ma no, Monica, è solo che ti devi fare le ossa e se fartele vuol dire passare sotto le forche caudine di Farri, pazienza!” Un vociare in fondo al corridoio catturò la sua attenzione. Vide il collega Marongiu che procedeva verso di lei seguito, a qualche passo di distanza, da una donna. Intuendo fosse la madre di Ambra, si precipitò in ufficio. Compose l'interno del superiore avvisandolo dell'arrivo della signora Torchio. Fece un respiro profondo cercando di calmarsi. Bevve un po' d'acqua e poi si appoggiò allo schienale assicurandosi di avere le spalle ben dritte. Sarebbe stata all'altezza della situazione. Se lo ripeté come un mantra. 2 - - L'agente Martinelli? - chiese Francesca affacciandosi alla porta. - La signora Torchio, immagino. Si sieda pure - rispose Monica porgendole la mano. La madre di Ambra aveva gli occhi arrossati e i capelli scarmigliati. La t-shirt, la tuta e le sneakers indicavano che la donna non aveva badato a cambiarsi prima di uscire. - Le ho portato la foto di Ambra. Anzi, le foto: sono due. Le più recenti che ho trovato - pronunciò agitata porgendogliele con le mani tremanti. L'agente Martinelli le osservò con attenzione rimanendo colpita dai lunghi capelli biondi e dal fisico statuario della ragazza. - Le prendo io. - Francesca si voltò e Martinelli, alzandosi in piedi e provocando un fragoroso rumore con la sedia, disse: - Le presento il commissario Farri - . Leo Farri, dopo freddi convenevoli, rivolse alla signora Torchio una serie di domande. La donna iniziò a parlare nervosa. Le sue risposte risultarono subito confuse in merito a orari e compagnie frequentate dalla figlia. Monica, che stava verbalizzando, alzò di colpo lo sguardo appena udì le parole di Farri. - La fermo subito, signora. Lei non c'è di aiuto. Non sa dirci, con precisione, a che ora è uscita sua figlia e nemmeno che cosa indossava. Comprendo che sia agitata, ma cerchi almeno di essere più precisa nel ricordare dove è andata e con chi. Per quanto riguarda il suo ex marito ci ha solo parlato, anzi sparlato direi, della sua nuova compagna senza entrare nel merito dei rapporti tra padre e figlia. - Francesca scattò in piedi e, guardando negli occhi il commissario, esplose: - Lei ha figli? Se sì, lo sa anche lei che le ragazze non raccontano tutto ai genitori. Ieri è scesa dalla mansarda e, senza passare in cucina, è uscita urlando: vado ma'! Ecco perché non so come era vestita. Comunque, aveva appuntamento con Arianna Melis. È la sua amica del cuore. È a lei che ho telefonato questa mattina quando mi sono accorta che Ambra non era rientrata e che aveva il cellulare spento. Mi ha detto che sono andate a Sanremo con un'altra ragazza che non conosco. Ma poi, giunte in piazza Colombo, ognuna di loro si è unita a un gruppo diverso - . La donna pronunciò le ultime parole tra le lacrime. - La collega mi ha parlato di un messaggio su WhatsApp che non la convince, può mostrarmelo? - Francesca tornò a sedersi, cercò nella borsa un fazzoletto e si asciugò gli occhi. Prese lo smartphone e dopo qualche secondo glielo porse. - Ah, okay. Eccolo qui. Verbalizza Martinelli: ore ventitré e cinquantacinque. Sto bene mamma. Non cercarmi. Fra qualche giorno ritorno. TVB. - - Come dicevo questa mattina al telefono alla sua collega, Ambra non si sarebbe mai allontanata da casa. Lei era troppo preoccupata per me. E poi, quel ti voglio bene... - - Perché forse sua figlia non le voleva bene o non glielo diceva mai? - - Non me lo diceva mai. Tanto meno per messaggio. Un abbraccio ogni tanto e via. Lei è fatta così. - - Non ha risposto alle altre domande signora: era già successo che non rientrasse? Avevate litigato? - Francesca deglutì, poi rispose: - Una volta. Si era fermata a dormire da un'amica senza avvisarmi. Le litigate capitavano spesso e soprattutto sugli orari di rientro perché, secondo lei, dovevo darle più libertà. Altro motivo di discussione erano i soldi: era un continuo chiedere - . - Va be', ora sentiremo le amiche e il suo ex marito e vedremo. - - Il mio ex marito? Buono quello! Liquida sempre tutto a suon di palanche, sgancia due centoni e via. È il suo metodo per comprarsi la figlia. E poi c'è quell'altra, la straniera. Come si chiama? Aspetti, mi faccia pensare, perché io in genere la chiamo quella. Ah, sì Tatjana. Ha proprio un brutto vizio: ficca il naso negli affari degli altri e io gliel'ho detto tante volte a Domenico che la madre di Ambra sono io. Io e nessun'altra! - urlò la donna con tono esasperato. Farri la osservò con sguardo impenetrabile e aggiunse: - Non ci dobbiamo scordare che sua figlia ha vent'anni, che già una volta non è rientrata e pretendeva più indipendenza. Giusto? - Poi, rivolgendosi all'agente: - Segnati i numeri di telefono di Ambra, del padre e dell'amica e falle firmare la denuncia - . Congedò, infine, Francesca con: - Inoltreremo subito la segnalazione, ma dubito che avrà un seguito perché le ricerche non vengono attivate nel caso in cui, come Ambra, ci troviamo di fronte a maggiorenni che abbiano manifestato la volontà di allontanarsi e che siano in buona salute. Comunque, stia tranquilla. Avrà incontrato un ragazzo e deciso di stare un po' con lui. Vedrà che fra qualche giorno, come le ha scritto, tornerà a casa e lei la perdonerà - . Appena la donna uscì, Monica si accasciò sulla sedia. Era consapevole di quanto si fosse sentita impotente. Lei, in mezzo tra quel caterpillar di Farri e il muro di burro di quella donna fragile, piena di problemi. Registrò, come da procedura, tutti i dati sulla scheda segnalazione scomparsa per poter attivare il piano di ricerca previsto dalla Prefettura. Decise poi, di andare a prendersi una cioccolata. Ai distributori delle bevande, vide il commissario che stava sorseggiando l'ennesimo caffè della giornata. La ragazza lo ignorò e dopo aver infilato la chiavetta digitò il numero quattro: bevanda al gusto di cioccolato. - Fatto tutto? - - Sì certo, dottore - rispose. L'uomo gettò il bicchierino facendo canestro e girò sui tacchi. Qualche passo dopo, senza voltarsi, aggiunse: - Chiama il padre e poi convoca l'amica al più presto, così ci togliamo ‘sta rogna. Tanto questa si sarà rotta le palle per qualche motivo e allontanata per fare un dispetto alla madre. Quasi tutte queste storie finiscono a tarallucci e vino - . - Avvisa il questore Catanzaro? - domandò con voce stridula l'agente. E proprio mentre venivano sputati fuori bicchierino e bevanda, Farri bofonchiò una risposta che Monica non comprese.
Il cellulare del commissario squillò. L'uomo guardò il display: era Ghinazzi. Attese qualche secondo, poi rispose. - So' il Ghina, Leo. Oh, icché tumm'hai chiamato? - esordì l'ispettore Denis Ghinazzi, un toscanaccio dalla battuta pronta. - Certo, ma tu, come sempre non hai risposto. C'è la segnalazione di una ragazza scomparsa. Dobbiamo sentire il padre e l'amica anche se, secondo me, questo è un allontanamento volontario. - - Mezz'ora e arrivo. - - Non serve perché il padre ha appena comunicato a Martinelli che è fuori e rientra in tarda serata. Tu vieni domani mattina per le otto e mezza che andiamo da lui in ditta. Puntuale, mi raccomando! - - Puntualissimo come sempre! - sogghignò l'ispettore i cui ritardi erano memorabili.
Luisa Ferrero
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