Sam.
“Che ti piaccia o no, devi abituarti a me; siamo una cosa sola, te e io!” “Vattene cazzo!” La discussione andava ormai avanti da tempo, e nessuno dei due arretrava di un millimetro. Il primo incontro, con Sam, avvenne sei mesi prima in un bar, l'Old Town. “Ti devo parlare, vediamoci all'Old” le disse un amico. Quarant'anni, di aspetto piacevole, elegante, July era una manager in una Azienda di pubblicità, di quelle che devono sempre inventare qualcosa che possa far breccia sul pubblico, e lei sapeva bene come comunicare. La sua bravura era lampante e guadagnava molto; amava il lusso: auto, vestiti firmati, un attico nel centro di Manhattan dalla vista invidiabile. Per lei il lavoro veniva prima di ogni cosa. Avanti a tutto, anche di lei stessa. La chiamavano lo squalo tanto era fredda e determinata in ogni cosa che faceva. Se fosse dovuta passare su qualcuno per vincere una sfida, non ci avrebbe pensato due volte, senza rammarico per la “vittima”. Non esistevano “sconti” nella sua logica. Mai. Il business, i risultati, la ricchezza rappresentavano i valori fondanti della sua vita, quegli stessi principi che le erano stati impressi da suo padre. Cresciuta in una ricca famiglia, scuole e università di prestigio, dove uscire senza essere la migliore del corso non era contemplato, con servili e agguerrite amicizie altolocate, a ben guardare la sua infanzia era stata pianificata e organizzata per il successo, con il solo obiettivo di guadagnare sempre più danaro. Un divorzio sulle spalle, una figlia, Ginevra, che non sentiva da almeno un anno. L'ultima volta che si erano viste, l'incontro non terminò affatto bene. Ginevra le aveva vomitato addosso tutta la frustrazione di esser cresciuta senza di lei. Probabilmente non era nata per essere una buona madre. Ascoltava quelle parole, con uno sguardo inespressivo appeso agli occhi della figlia, paonazza dalla rabbia. “Scusami devo rispondere, è l'ufficio” disse July dirigendosi velocemente verso l'uscita. Al suo rientro Ginevra non c'era più. Se ne era andata passandole accanto, ma lei, concentrata al telefono, neanche se ne era accorta. Da quel giorno, di un anno prima, non l'aveva più sentita. Lei, la manager, lei, July lo squalo, non pensò mai di recuperare il rapporto con la figlia. Una sera come tante, a fine lavoro, July si accomodò al bancone dell'Old Town. John, il barman, le servì un Tommy's Margarita. Era stanca, senza forze, e non era da lei. Faticava anche a trovare nuove idee per i clienti ed era una esperienza che la distruggeva, ogni giorno sempre di più. Il responsabile di questo suo stato aveva un nome. Sam. Era piombato nella sua vita improvvisamente e, nonostante i suoi sforzi, non riusciva a liberarsene. Ogni volta che arrivava lei stava male; le si intorpidivano le gambe rendendole difficile camminare; provava dolore, la testa le girava. Odiava Sam, con tutta sé stessa. Fissando il suo Margarita, cercava di prendere una decisione. La storia con Sam durava, ormai, da sei mesi ma negli ultimi tre aveva preso una direzione devastante. “Hai ucciso i miei sogni” pensò July, ma la sua bocca non era riuscita a tenere a freno quei pensieri rabbiosi, lanciandosi nella sua testa, in un botta e risposta. “Non credo tu abbia mai sognato, se per sogni intendi qualcosa che sia al di fuori del lavoro e del danaro” ribatté sarcastico Sam “È ciò che mi sono creata e che mi piace, non vedo perché dovrei cambiare per te.” “Ah ecco, ci risiamo” si accanì Sam, “certo, bella la tua vita; mai un sorriso, sempre pronta a rovinare quella degli altri pur di vincere; questo è ciò che ami giusto? E dimmi, da quanto tempo non hai notizie di tua figlia?” Il Margarita era terminato, così come il suo litigio immaginario. Era tempo, per July di tornarsene a casa. Magari una buona dormita le avrebbe schiarito le idee. Aveva pur sempre una decisione da prendere. Dal bar a casa era un isolato, e una passeggiata l'avrebbe aiutata sicuramente. Appena girato l'angolo ebbe un capogiro, seguito da un bruciore alla gamba che le si bloccò. Non riusciva a tenersi in piedi tanto da doversi appoggiare al muro. Qualche secondo, forse un minuto, la fitta si affievolì liberandole la gamba. “Maledetto Sam!” Ormai collegava ogni dolore a Sam, era inevitabile. Riprese la strada verso casa, regalò un falso sorriso al concierge del palazzo, prese la posta e digitò il codice di accesso alla Penthouse nell'ascensore. Si buttò sul divano, stravolta, fino al mattino. “Non posso accettare le tue dimissioni; ripensaci July, non andartene, sei una dei miei migliori manager. Se è un problema di soldi possiamo discuterne, inserire un bonus annuale... una pausa... sono disposto a tutto.” “Sei gentile Mark, ma non lascio per un'altra Azienda, non è una questione di soldi o di prestigio, credimi”, rispose con un sorriso che lo stesso Mark non le aveva mai visto. July appariva serena, forse rassegnata, non sapeva neanche lui come dipingerla. Non l'aveva mai vista così tranquilla. “Cosa succede July, vuoi un periodo di ferie per riposarti? Non hai che da chiedere.” “Mark, per favore non rendermi la cosa più difficile di quanto già non sia. Sam e io lasceremo Manhattan per un periodo sabbatico. Andremo da qualche parte al mare. Voglio mettere in ordine la mia vita. Per favore accetta le mie dimissioni e, sii felice per me” disse congedandosi con un abbraccio. Uscita dal palazzo, si fermò per un ultimo sguardo, sorrise e si avviò verso una scelta il cui solo pensiero continuava a stupirla. Respira
July aprì le tende della camera da letto venendo subito colpita dai primi raggi dell'alba. Davanti a lei, Higgs Beach, che le regalava ogni mattina una vista da togliere il fiato. Nonostante fossero già due mesi che con Sam, aveva preso quella villa in affitto, non si era ancora abituata al magnifico paesaggio. Con il suo tazzone di caffè si accucciò nella veranda in completa serenità. Era una sensazione nuova, non si era mai sentita così bene e, soprattutto, senza il lavoro. Con Sam le cose stavano migliorando; a volte si ripresentava qualche problema, ma cominciavano a comprendersi. Fu lei a fare il primo passo, lasciando il lavoro per trasferirsi in Florida. Una decisione molto difficile, ma aveva capito, finalmente, di doversi prendere cura di se stessa, e Sam, indirettamente, era stato l'innesco. In un certo senso era grata per la nuova vita che stava costruendo. Non aveva mai pensato di poter vivere senza il suo lavoro, o che si potesse essere felici ammirando un panorama come quello che le regalava Higgs Beach. Una casa sul mare, la spiaggia di sabbia finissima, le onde che ogni mattina le donavano energia. Qualcosa di completamente nuovo per lei ma, perfetto. “Le nove, devo sbrigarmi o perdo l'allenamento” disse fra sé e sé. Infilò un legging, una maglietta e si diresse verso il centro sportivo. Fu Sam a convincerla a iscriversi, lei che al massimo correva a Central Park, quelle poche volte che il lavoro le lasciava il tempo di farlo. Ma lui era stato decisamente convincente e non avendo altra scelta si era iscritta. Era seguita da una giovane ragazza hawaiana dagli occhi verde mare, Nohi, che la accoglieva ogni volta con un sorriso meraviglioso. July si sentiva sempre meglio dopo una sessione di allenamento con lei. Spesso si fermavano per bere insieme e July aveva cominciato a raccontarle qualcosa di sé, della sua “vita” precedente, di sua figlia e del suo desiderio di chiamarla misto alla paura per la possibile reazione negativa di Ginevra. Parlavano di Sam, Nohi le disse che presto avrebbe potuto eliminare il bastone. Da un paio di settimane, infatti, July camminava con un sostegno. Questo era Sam, in uno dei suoi momenti peggiori. “Dai, stai andando bene. Io cerco di stare tranquillo ma a volte non riesco proprio a fermarmi in tempo, mi dispiace” “Sai Sam, ormai ti conosco” rispose July “non ho più paura, ed ho capito che siamo comunque legati, pertanto, viviamoci nel miglior modo possibile” “Sei gentile” rispose Sam “Sono certa che con il tempo riusciremo a sistemare le cose tra noi, in modo che non ci siano altri problemi. L'allenamento mi sta giovando, presto il bastone sarà solo un ricordo, e la cura che ho iniziato comincia a dare i suoi frutti.” “Brava” rispose Sam “Io sono qui, July, perché qualcosa in te non andava come doveva. Non per colpa tua, ma ormai faccio parte della tua vita, e sta a te fare la cosa giusta per vivere nel miglior modo possibile”.......
PierFerrè
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