La principale occupazione della Banda Du Pre era attendere che finisse l'orario di lavoro, il Sistema Bertrand non lasciava scampo, nessun caso sarebbe mai arrivato secondo le normali rotazioni sulla scrivania dell'Ispettore Capo Du Pre; quando arrivavano erano errori, casi fortuiti o rogne mandate lì apposta per morire.
Quella mattina le cose andarono diversamente.
Una donna entrò nell'anticamera dove la scrivania di Victor e la poltrona di Jasmine occupavano quasi tutto lo spazio, posò sul tavolo il foglio compilato all'ingresso che ogni visitatore doveva riempire e riconsegnare vidimato all'uscita.
- Devo vedere l'Ispettore - .
Victor prese il foglio, lo avrebbe trattenuto e restituito timbrato quando avesse lasciato l'ufficio, si alzò, bussò alla porta dicendo semplicemente: - Visite Capo - , poi la aprì immediatamente lasciando uscire una nuvola di fumo.
Jasmine alzò lo sguardo, fino a quel momento assorto dalla lettura delle ultime notizie sul suo cellulare e vide, per un istante, la donna prima che varcasse la soglia. Si sentì come se una saetta le stesse attraversando il cervello, ma non fece in tempo a reagire, Victor aveva già richiuso dopo averla fatta entrare.
Spalancò il cassetto della scrivania sotto lo sguardo incuriosito del collega, estrasse una cartellina verde con scritto “Ufficio Rilascio Passaporti - , la aprì e trovato il foglio che cercava indicò la foto con il dito, Victor la osservò, sgranò gli occhi ed esclamò sottovoce: - Cazzo! - .
Entrambi si voltarono a osservare la scacchiera a vetri opacizzati che li separava dalla scena alla quale avrebbero pagato per assistere.
Du Pre colto di sorpresa sistemò alla belle e meglio la pipa nel posacenere e si alzò di corsa per aprire la finestra nell'angolo, verso la quale, immediatamente, il fumo che aveva saturato la piccola stanza si diresse.
- Mi scusi, non aspettavo nessuno, prego si accomodi - , la osservò, era elegante, circa quaranta anni, mai vista prima ma con qualcosa di familiare.
Attese che si sedesse e visto che non diceva nulla chiese: - Come posso esserle utile? Perché mi cercava? - .
- Mi chiamo Emilie Blanchard, sono rientrata questa mattina dopo molti anni di assenza dalla Francia, ho saputo che mia madre è morta e vorrei visitare la sua tomba - .
Du Pre rimase interdetto da quella richiesta, lo aveva scambiato per il custode del cimitero?
- Mi perdoni, io come potrei aiutarla in questo? - .
- Lei sa dove è sepolta - .
- Mi scusi ma questa conversazione sta prendendo una piega davvero strana - , cominciava a preoccuparsi, la osservò meglio, vide al collo, spuntare tra i lembi del colletto della camicetta una catenina d'oro, dalla quale pendeva un ciondolo quadrato con inciso un angelo.
La riconobbe e il suo cuore si fermò per un istante.
- Emilie Blanchard non è il mio vero nome, quando molti anni fa decisi di lasciare la Francia ne avevo un altro, mi chiamavo Lauriane Lemoine - .
Erano passati quasi quaranta anni, questione di qualche mese, e si ritrovava esattamente al punto di arrivo. L'Aeroporto di Quebec City era cambiato ma neppure troppo da quel giorno del Giugno 1981 nel quale atterrò lì con la sua famiglia per non muoversi mai più, la sua vita si era fermata in quel momento; tutto ciò che era venuto dopo era stata sopravvivenza, routine, e in qualche modo lo aveva sospettato prima ancora di partire, per questo prendette quella decisione a suo tempo. Aveva conservato il ricordo di quel pomeriggio nel fienile perché sapeva che avrebbe avuto bisogno di un ricordo felice al quale aggrapparsi.
Naturalmente in quel momento non sapeva ancora quanto quelle poche ore avrebbero poi influenzato il resto della sua vita. Quaranta anni senza mai uscire dai confini di quella città, segregata in una vita banale, priva di qualsiasi significato, segnata da una decisione sbagliata dettata dalla mancanza di coraggio di un ragazzina troppo giovane per poter decidere da sola.
E adesso, a poche ore dall'inizio del nuovo anno, in fila al gate, in attesa del volo che l'avrebbe riportata a casa nella Notte di Capodanno. Già sapeva che non sarebbe mai più tornata.
Biglietto di sola andata.
Nella casa dell'Ispettore Du Pre, al Quai de Valmy, non c'erano telefoni, o meglio, uno c'era, quello di Emy, ma era sempre in modalità aereo, alle vecchie prese di casa nessun apparecchio era collegato e il telefono di servizio giaceva, ancora nella scatola di fabbrica, nel terzo cassetto della sua scrivania al Quai des Orfevres, quindi quando l'amena riunione del giorno di festa fu interrotta da un trillo, tutti furono sorpresi. - È il mio - , disse immediatamente Victor alzandosi, il suo giaccone era rimasto appoggiato sullo schienale della sedia della cucina dove avevano fatto colazione. Le colazioni con le gaufres dei giorni festivi a casa Du Pre erano una tradizione che ormai andava avanti da molto tempo, una di quelle cose, nate spontaneamente, che aveva trasformato la Banda Du Pre in una famiglia. Victor tornò immediatamente, - Un cadavere Capo - . - Sicuro sia per noi? - , il Sistema Bertrand era sempre valido. - Sicuro, sono tutti in ferie, o noi o nessuno, Bertrand dovrà ingoiare il rospo - . - Dove? - - Nel 14°, al parco della Square du Chanoine-Viollet - . - Un altro cadavere in un parco in un giorno festivo, non suona bene - , il riferimento era al famoso caso Alphand. - Vado a prendere la macchina Capo - .
Da anni all'Ispettore non veniva concessa un'auto di servizio, così quella di Victor era ormai il mezzo ufficiale.
Afferrò il suo cappotto blu, prese una pipa a caso dalla rastrelliera, guardò l'orologio, segnava le nove e trentacinque.
- Facciamo i rilievi del caso, in un paio d'ore dovremmo essere di ritorno - , salutò con un cenno e scese le scomode scale a chiocciola di metallo che portavano al cortile posteriore, unica via di accesso alla casa. Lechat era in un angolo a leccarsi la coda, appena fuori del cancello celeste la Renault 19 blu notte del suo assistente lo aspettava con il motore acceso.
Le strade erano deserte, impiegarono meno di un quarto d'ora per attraversare Parigi.
Il Parco della Square du Chanoine-Viollet era poco più di un giardino circondato dai palazzi nella zona sud di Parigi compresa tra le fermate della Metro Alesia e Plaisance, con un assurdo campo di basket circolare in angolo.
Il corpo era semisdraiato su una panchina, vicino all'entrata posta all'incrocio tra la Rue du Moulin Vert e la Rue Hippolyte Maindron.
Da ormai molti anni Du Pre aveva sviluppato una singolare avversione per la vista dei cadaveri e quando poteva cercava di tenersene a distanza.
La vide appena entrato nel parco e nel suo cervello scattò qualche connessione inconsapevole, per qualche strana ragione non riusciva a staccarle gli occhi dosso. Quel corpo di donna abbandonato come una bambola rotta lo ipnotizzava, quel volto aveva acceso una scintilla che non riusciva ad afferrare. Fece qualche passo ancora, si fermò senza distogliere lo sguardo, una piccola fiammella nel suo cervello stava rischiarando la sua mente.
Un poliziotto si avvicinò, salutò con un cenno della mano sulla visiera del berretto, - Buongiorno Ispettore, accanto alla panchina c'era la borsetta con i documenti, si tratta di Ginette... - , non lo lasciò finire, quel nome fu la luce che si accese tra i suoi pensieri, istintivamente toccò la fede che portava all'anulare destro.
- Ginette Fleury, nata ad Amboise il 16 Giugno 1965 - , il poliziotto, interdetto dalle doti, apparentemente divinatorie, di Du Pre non disse altro e si allontanò, l'Ispettore senza staccare lo sguardo proseguì, - Victor, chiama Tallandier - .
Il suo Vice, anche lui sorpreso dalla situazione non obiettò e si allontanò di qualche metro per chiamare il medico legale preferito dal Capo, proprio nel momento stesso nel quale arrivava sulla scena del crimine Weber, il medico di turno, che si diresse con decisione verso la panchina e nel farlo salutò educatamente, - Buongiorno Ispettore - .
- Non si avvicini - . - Prego? - , era sinceramente stupito. - Non la tocchi - . - Ispettore, sono il medico di turno, non mi ha riconosciuto? - - Lei è un macellaio, ho fatto chiamare un vero medico legale, sparisca! - .
Il malcapitato si guardò intorno incontrando gli sguardi sfuggenti dei poliziotti sulla scena, consci che se l'Ispettore si fosse arrabbiato sarebbe stato fisicamente pericoloso trovarsi nella sue vicinanze, i suoi scatti d'ira erano tanto rari quanto leggendari e pericolosi, senza salutare si girò e andò via mormorando sottovoce: - Comunque l'intervento lo fatturo lo stesso - .
Nella mezzora che attesero l'arrivo del nuovo medico legale, colto di sorpresa la mattina di un giorno di festa, Du Pre rimase piantato nello stesso punto nel quale si era fermato, a circa cinque metri dal cadavere, con le mani nelle tasche del cappotto, tutti i poliziotti sul luogo rimasero nelle loro posizioni, nessuno ebbe il coraggio di fare un solo movimento.
Tallandier entrò a passo di carica nel giardino, - Du Pre, cosa le salta in mente, oggi è di turno Weber, perché ha fatto chiamare me? - . - Perché mi serviva un medico, non uno squarta polli - , il tono con il quale lo disse, senza mai smettere di guardare la morta, fecero capire al nuovo arrivato che la situazione era seria, girò intorno alla panchina, - Avete fatto le foto di rito? - , il fotografo accennò di sì con la testa senza parlare, Tallandier posò la valigetta, alzò le palpebre della vittima, controllò il collo, osservò mani e piedi, - Non vedo lesioni esterne né ferite, potrebbe trattarsi di un malore - , riprese la valigetta, - Qui non posso fare altro, devo portarla alla Morgue - .
- Quando saprà dirmi qualcosa? - .
A quel punto il medico si avvicinò all'Ispettore e gli sussurrò, - Cosa succede Du Pre? Chi è quella donna? - , non ebbe risposta. Si conoscevano da più di venti anni, non insistette oltre, capì che la mente del suo amico era altrove. - Farò l'autopsia immediatamente - .
- Se le contestano gli straordinari festivi dica pure di metterli in conto a me - .
- Stia sicuro che lo faranno - .
Rimase ad osservare i necrofori che facevano il loro lavoro, non senza una certa ansia dato lo sguardo torvo di Du Pre fisso sui loro movimenti, li seguì nel vialetto fino alla strada e solamente quando le porte del furgone blu si chiusero sembrò uscire dalla trance nella quale era caduto, si voltò.
- Torniamo a casa - .
Entrò senza dire nulla, appese il cappotto, si sedette sulla sua poltrona, afferrò la pipa, sempre carica che lasciava sul tavolino accanto, la accese senza dire una parola.
Victor, in cucina, raccontò alle due donne quanto accaduto poi si sistemò al suo solito posto sul divano fumando uno dei suoi sigari, Jasmine, seduta sulla poltrona sul lato opposto non sapeva cosa fare e rimase in silenzio. Emy continuò a preparare il pranzo, apparecchiò la tavola, sistemò le posate, quaranta minuti dopo si appoggiò sul bracciolo, nella parte più vicina alla poltrona dell'Ispettore.
- Emile, chi era quella donna? - . - Era Ginette - , rispose sbuffando del fumo. - E chi era Ginette? - .
Marcello Salvi
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