Disastro. Una giornata così calda e umida Carlos Ramòn, immigrato dal Messico e naturalizzato statunitense, corriere della West Courier, non la ricordava da tempo. Da quando dodicenne, con la famiglia, trascorreva le vacanze estive, dalla nonna materna, giù in Messico. Indubbiamente consegnare pacchi tutto il giorno, nel traffico di Los Angeles, non era certo d'aiuto, tantomeno lo era la corporatura diversamente magra di Carlos. Finalmente l'ultima consegna della giornata all'hangar del centro di manutenzione nell'Aeroporto Internazionale di Los Angeles. Un piccolo ma pesante pacco che Carlos lascia cadere, un po' per le mani sudate un po' per la stanchezza. “Mio Dio, spero di non aver rotto nulla”, pensò ad alta voce, mentre scuoteva delicatamente la scatola. Non sentendo rumore di ferraglia si rassicurò, portando a termine la consegna. Purtroppo il localizzatore GPS, destinato al Jet privato con codice di registrazione NS1-1965BG, era stato irreparabilmente compromesso. Il sole è da poco tramontato, è previsto mal tempo con forti raffiche di vento da sud. Il volo NS1-1965BG da Tokyo a Los Angeles si prepara al decollo percorrendo la via di rullaggio x-ray. A bordo quattro dirigenti ed una segretaria della Steelmoney, un'importante società di investimenti finanziari con sede a Los Angeles, di ritorno da un meeting in Giappone. John Ritter, vice presidente e genero del fondatore della società Michael Abner, ne aveva sposato l'unica figlia Lynn. John, classe 1965, nasce a Kassel, una città situata sul fiume Fulda, nell'Assia settentrionale, della Germania centro-occidentale. Con la famiglia si trasferì in America in cerca di fortuna. Quasi subito il padre di John, Torsten, trovò lavoro in una fabbrica di mattoni. Si erano stabiliti in un'umile casa, sulle rive di un piccolo fiume, che restituiva una vista mozzafiato accompagnata da tanta umidità. Le pareti del piccolo alloggio erano tanto nere da sembrare delle gigantesche lavagne. John frequentava la terza elementare e la madre di tanto in tanto faceva piccoli lavori di cucito per il vicinato, guadagnando qualche dollaro extra. Le cose sembravano andare per il verso giusto quando, un piovoso pomeriggio di novembre, il padre di John muore schiacciato dalla caduta di un carico sospeso, indovinate un po'... di mattoni. Quando successe John aveva da poco compiuto nove anni. Sua madre Kerstin Schwarz, rimasta vedova, spezzandosi la schiena con due lavori, cameriere di giorno e donna delle pulizie di notte, non ha fatto mancare nulla al suo unico ed adorato figlio. John, un timido ed esile ragazzino, con lunghi capelli neri, vestito spesso con una maglietta a righe orizzontali bianche e blu, salopette di jeans e le inseparabili sneakers Mecap , acquistate dalla madre in un mercatino di Little Italy, che gli facevano puzzare i piedi come due topi morti. Torturato dai ragazzi più grandi ed a volte anche dalle ragazzine, si era chiuso a riccio e quasi non parlava più. Proprio per le continue angherie, che giorno dopo giorno era costretto a subire, John aveva pregato la madre di fargli frequentare una palestra poco distante da casa. Il proprietario, un carissimo amico del suo povero padre, in cambio di un piccolo aiuto nelle pulizie, avrebbe permesso al piccolo John di usarla gratuitamente. John condivideva le pulizie con Elliot, suo coetaneo, che come lui non poteva permettersi di pagare la retta della palestra. Elliot, da sempre, viveva con la nonna materna, una santa donna che si era occupata di lui fin da quando sua figlia lo aveva partorito ed abbandonato, scappando in Messico con un tossico come lei, dove dopo qualche anno era morta per overdose da eroina. Era un bambino che sicuramente avrebbe fatto la sua bella figura in un quadro di Botero, molto simpatico ed estroverso, non amava fare attività fisica ma amava le ciambelle, non pensava ad altro. In palestra ci andava perché obbligato dalla nonna, la quale avrebbe fatto di tutto pur di toglierlo dalle strade pericolose del quartiere in cui vivevano. I ragazzi si divertivano molto passando i pomeriggi a farsi degli scherzi, a parlare di ragazze, ad allenarsi duramente. Bè veramente Elliot, mentre mangiava ciambelle, gentilmente offerte da un cliente, proprietario di una pasticceria, incitava John mentre si allenava. L'hanno potuto fare per circa un anno fino a quando Elliot dall'oggi al domani si trasferì con la nonna in Florida, senza avere la possibilità nemmeno di salutare per l'ultima volta John. Perso il compagno di avventure, John si dedicò unicamente agli allenamenti e sono bastati un paio d'anni a farlo diventare un ragazzo alto 1,78 metri per 80 chilogrammi di peso, dandogli la possibilità di superare agevolmente le selezioni per entrare da titolare nella squadra di football del liceo da lui frequentato. John ha potuto frequentare Harvard, non per i due lavori della madre ma grazie alla borsa di studio ottenuta esclusivamente grazie alle sue eccellenti doti di quarterback. Un anno prima di laurearsi aveva incontrato, durante una festa organizzata dalla sua confraternita, l'amore della sua vita, Lynn, figlia del ricchissimo Michael Abner. Qualche anno dopo essersi laureati si sposarono e rientrati dalla luna di miele, il papà di Lynn, come regalo di nozze, aveva nominato John vice presidente della società di famiglia. Diciotto mesi dopo nacque la loro prima figlia Alice, uno splendido fagottino di 2,7 chilogrammi, occhi azzurri e lunghissimi capelli neri. John Ritter era cambiato! Aveva ancora lunghi capelli neri che teneva apposto con intere confezioni di gel, era divenuto un uomo di successo, ricco, elegante grazie ai vestiti italiani su misura, amante delle auto potenti, arrogante ed a volte scortese, soprattutto con i propri collaboratori, non ha esitato a licenziare una segretaria solo per aver addolcito il caffè con zucchero bianco e non di canna. L'arroganza che lo caratterizzava era accompagnava dal quasi impercettibile cigolio delle costosissime scarpe artigianali, acquistate direttamente dai migliori calzolai di Firenze e rigorosamente fatte a mano, che John adorava indossare. Frances Short direttrice marketing, castana con capelli lunghi a toccare le spalle, amava trattarli con meches platino, di corporatura curvy, insomma una bomba sexy, adorava le scarpe e le borse firmate. Amava nuotare e cascasse il mondo ogni sera per almeno un'ora doveva farsi una nuotata, addirittura aveva scelto l'appartamento in virtù della presenza nelle vicinanze di una piscina. Vestiva talmente elegante che quando entrava in una stanza tutti si girano a guardarla. Frances era di origini italiane, i suoi nonni immigrano da un piccolo paese della provincia di Brindisi in Puglia, precisamente Francavilla Fontana, il centro del Salento . Era molto legata alla nonna materna e come lei adorava gli aforismi, ne aveva uno per ogni occasione. In Italia era ritornata pochissime volte con ma i ricordi delle vacanze passate in quella splendida terra sono rimasti indelebili nella sua mente, ricorda ancora le fantastiche spiagge del litorale Tarantino, in particolar modo quelle antistante “Torre Burraco” un'antica torre antisaracena. I “pappamusci” dei quali, da piccola, Frances era letteralmente terrorizzata; crescendo è passata la paura ed ha potuto apprezzarli come tutte le migliaia di fedeli che, ogni anno, assistono ai riti della settimana santa di Pasqua. I “pappamusci”, detti anche “perdoni”, sono coppie di confratelli della Congregazione del Carmine, che, dalle prime ore pomeridiane del giovedì santo, per tutta la notte, fino al tramonto del venerdì santo, attraversano il paese scalzi, in gesto di penitenza, visitando tutte le chiese cittadine e pregando davanti ai sepolcri, dove riposa il Cristo morto. Sono vestiti con una veste bianca semplice o ricamata. Alla cintura hanno il cingolo, simbolo del sacrificio; sul petto lo scapolare, l'abitino color marrone, segno dell'appartenenza alla Confraternita e privilegio, anzi “Decor Carmeli”, proprio del Carmine. C'è anche il cappello, ad indicare il rispetto e l'ossequio del pellegrino. Infine si caratterizzano per la presenza del cappuccio, che nasconde il volto, e per il bordone, il bastone dei pellegrini.
Giovanni Battista
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