2 Novembre 1866, Dia de los Muertos.
Vagava da ore, a cavallo. Si era spinta lontano, sulle montagne a ovest della capitale, cavalcando come in trance, facendosi guidare da Dominic. E ora scendeva la sera, mentre lei rimaneva in sella in mezzo al buio. “Vergine Morenita, prendimi qui. Se vana dovesse riuscirmi la mia esistenza, ora che i sensi mi offuscano e il mio sangue scorre talmente veloce da non permettermi di fare ordine nel cervello, portami con te. Che cosa è meglio? Concentrarmi a ripulire la vita mia, o distaccarmene? Se tu stanotte non mi offrissi un segno, Madre Celeste, sarebbe meglio per la morte rapirmi prima dell'alba. Se vi è il rischio d'essere assalita, in questa notte audace, significa che l'ora è arrivata, che il mio destino si è compiuto. Se invece conviene che io viva, scamperò ai guerrilleros, alle fiere, alla caduta in un dirupo, o all'assideramento. Eppure, non voglio morire! Il caos cesserà, se mi parli. Debbo sapere se restare e lottare, e aiutare con i miei mezzi i sovrani, o se da questo groviglio del mio cuore non c'è ritorno. Se nel Cielo le mie sono considerate macchie immonde, o fonte di vita rinnovatrice. Ecco il mistero! Signora di Guadalupe, perché mi attirasti fin quassù? É a Città del Messico il mio destino, lo so. E, al fianco di Ethienne, tramare ai danni dei nemici di Max”. Un fruscio la fece voltare. Due uomini a cavallo la stavano osservando. - Que pasa? - , le domandò con calma uno di loro. Dal bosco ne giunsero altri, che la circondarono scrutandola minacciosi. Il primo uomo provò a parlarle in francese. - Da dove venite? - . - Mi sono smarrita - . - Da Città del Messico? - . - Sì - . L'uomo, un indio dal corpo robusto ricoperto da una serape bianca e nera, si rivolse al compagno, in spagnolo. - Quanto vale una señora della corte reale? - . Paloma finse di non comprendere. - Dobbiamo arrestarvi per accertarci della vostra identità. Seguiteci - . Legò il collo di Dominic con un laccio, se lo arrotolò attorno alla sella e costrinse dama e cavallo ad accodarsi. Accanto e dietro di loro, altri uomini controllavano che non tentasse la fuga. Un terzo si rivolse al capo. - Perquisiamola, potrebbe essere armata - . Tese le braccia per indurla a scendere, ma lei ebbe paura, si ritrasse e scalciò. - Scendete, se non volete essere frustata! - . La donna obbedì. La sella di Dominic recava lo stemma reale; gli uomini si guardarono compiaciuti, annuendo e portandosi i sigari alle labbra. Il terzo uomo si lasciò andare in un lascivo tono di scherno. - Maximilian! - . Il capo indio sputò per terra. - Siete stata imprudente ad avventurarvi quassù da sola. Vi condurremo da El Presidente, lui deciderà della vostra sorte. Sono il Generale Arteaga, dell'esercito repubblicano di Benito Juarez. Costui è il Generale Salazar. Ci rincresce, non possiamo lasciarvi andare - . - Sono la contessa de Vallory, Gran dama dell'imperatrice Carlotta - . - Impicchiamola! - , esclamò il secondo uomo. Arteaga non smise di scrutarla, finché Paloma non distolse lo sguardo. Parlò all'altro Generale. - Que pienses? - . - Juarez - , rispose Salazar. Quando le legarono i polsi, e il gruppetto si rimise in marcia, la prigioniera chiamò il primo Generale. - Señor Arteaga! General...Sono la sorella del sergente Alejandro Ortega - . L'uomo sollevò un braccio e i cavalli si arrestarono. - Ah. Il sergente dell'esercito messicano di Maximilian - . Il giovane ansioso di impiccarla fece un ghigno, tirando fuori dalla sacca una corda arrotolata. Paloma ansimò per la paura. - Non lo..non lo....stimate? - . - Vi condurremo dal vostro fratello, señora contesa. Se avete detto la verità, sarete libera - . Lei cominciò a battere i denti. - Siete congelata - , disse Salazar. Prese una serape dalla sella e la lanciò alla prigioniera, che l'afferrò al volo balbettando un ringraziamento. Dopo un breve tratto all'interno della foresta, cominciarono la discesa a valle. Poco lontano, si intravedeva la superficie argentata di un lago, spezzata ogni tanto dal guizzo fugace di un piccolo charale, dal dorso simile a un minuscolo frammento di specchio. Sulla riva galleggiavano, ormeggiate, alcune zattere di giacinti d'acqua, mentre sullo sfondo si ergeva il vulcano marrone rossastro, con la cima innevata scintillante al chiaro di luna. Costeggiarono il lago, Paloma venne fatta salire su una delle zattere assieme ad Arteaga e Salazar. Gli altri uomini si dileguarono nella notte. Approdarono su di una minuscola isoletta. Al di là delle colline basse si scorgeva un chiarore come di un gran fuoco. Mano a mano che si avvicinavano a piedi, la donna in mezzo ai due uomini, si udivano cori lamentosi, simili a preghiere, ma molto più musicali. Guardò i suoi inusuali accompagnatori. I loro volti, avvicinandosi alla segreta assemblea all'aperto, avevano assunto l'immobilità della roccia. Dietro una lunga palizzata di bambù, una piccola folla sedeva come incantata su una variopinta distesa di serapes, bianche, nere e rosse. Ognuno sembrava non accorgersi del suo vicino, ognuno rapito dall'inno intonato da un grande capo, con voce da medium, in piedi accanto al rogo centrale, calpestando il terreno in una danza dolorosa e lenta, la danza degli oppressi. El Dia de los Muertos, tradizionale festa dedicata al ricordo dei defunti fin dall'epoca precolombiana, veniva celebrata con musica, bevande e cibi locali dai colori vivaci, combinati a rappresentazioni caricaturali della morte: i famosi teschi messicani dipinti sul viso delle persone, con ghirlande e corone di fiori sul capo. Paloma si aggirò tra loro, percependo come in quell'occasione qualcosa stridesse, e ancora non sapeva spiegarsi cosa fosse quella sensazione, di più, quella veggenza dei fatti, divenuta negli ultimi tempi una costante stretta nello stomaco. “La setta di Quetzalcoatl!”, intuì. Si trovò dinnanzi Alejandro, armato di una antica alabarda, con il volto dipinto di giallo, nudo sotto una serape rosso fuoco. - Come sei giunta fin qui? - . Riconobbe i generali che la scortavano. - Questa donna afferma di essere tua sorella, Tonatiuh - . Alejandro proruppe in una risata tale da sbigottirla. - Sì..certo! Nell'altra vita ciò corrisponde al vero, essa non vi ha mentito - ; si rivolse alla donna, sfiorandole il volto - Tonatiuh non ha sorelle carnali. Lo imparerai - . La lasciò sola accanto al rogo, tra la folla dipinta, impegnata nelle preghiere azteche. - Spirito di Tonatiuh, dio solare dell'antico culto, incarnati nel mio corpo! Il culto dei morti è importante per il nostro popolo. I sacrifici umani mantengono l'equilibro tra vita e morte, perché il sangue feconda la terra, rendendola fertile per la nuova vita. Vita e morte si intrecciano, sono una cosa sola - . Le potenti vibrazioni della musica divennero quasi insopportabili. Al termine della danza, ebbe luogo il sacrificio. Una giovinetta nuda, carica di gioielli, venne afferrata dalle sacerdotesse, portata sulla riva del lago con una gran processione, e affogata senza pietà davanti alla folla esultante. - No! No! Assassini! Crudele, crudele magia nera! - , gridò la povera Paloma, inorridita. Le persone non si curavano di lei, strillavano anch'esse, di eccitazione. Si lasciò cadere sfinita presso una siepe, ma qualcuno la rimise in piedi, parlandole in una lingua sconosciuta, e offrendole una grossa pipa da fumare. Dopo aver finto di aspirare, sottrasse una serape rossa e si ricoprì il capo, giusto in tempo, perché riconobbe con grande spavento, tra le teste della folla ebbra, quella nerissima e lucida di don Felipe, i suoi occhi enormi che schizzavano dalle orbite, folli come non mai, dilatati nel delirio orgiastico collettivo, dopo il sacrificio umano. Pianse, completamente sconvolta. Dopo l'annegamento della vergine ci fu un'altra danza rituale, durante la quale Alejandro cadde a terra sui ginocchi, la testa e le braccia piegate all'indietro, rivolte al cielo nero, ondeggiando tra le alzate di fumo. Quella che sembrava una sacerdotessa sollevò la serape rossa di lui fin sopra il capo biondo, coi capelli fermati da un laccio di cuoio che gli attraversava la fronte, e declamò: - Tonatiuh ha gradito il sacrificio ed è sceso tra noi, entrando nel corpo del suo sacerdote terreno! - . Dalla folla si levò un mormorio di soddisfazione. Alejandro, novello dio, si alzò, nudo e perfetto come una scultura, irradiando attorno a sé una torcia fiammeggiante, e scrutando uno ad uno gli occhi degli adepti. Paloma nascose il volto dentro la serape. Lo sentì intonare un canto remoto, con una voce piena e vigorosa, la voce dell'anima. “Conosco questo canto. L'invocazione a Meztli, dea della Luna”. - L'anima mia rotola stanca/risucchiata da un turbine di fango/soverchiata da leggi antiche/prigioniera della notte oscura/ Raddoppiando si va la crosta lattea/ A nulla è valsa la lezione del passato?/ Ma andare avanti/ seguendo i tuoi segnali/ se l'umano dolore non fa splendere/ non dell'uomo ma della donna / la più divina impresa / Sorgi, o dea / e allatta il seme della Terra - . I suonatori disposti intorno al luogo dell'incarnazione, battevano con una mano su tamburi di argilla e gusci di tartaruga, e con l'altra agitavano sonagli, o soffiavano dentro corni di conchiglia e flauti d'osso. Ne risultava un fragore musicale ipnotico che scuoteva fin nelle viscere, rimbombava in gola, facendo sobbalzare a ogni colpo. Tra la folla, Alejandro la ritrovò. - Arteaga e Salazar se ne sono andati prima del sacrificio. Non furono ancora baciati da Meztli. Vieni nella mia capanna di adobe. Niňa. Gli esseri umani morti per annegamento, o perché colpiti dal fulmine, avranno un'esistenza ultraterrena privilegiata. Per questo scegliamo le vittime tra gli adepti più meritevoli, per garantire loro l'immortalità - . Tentò di abbracciarla, lei lo respinse piangendo. - Tu mentivi, Alejandro? Mentivi, quando dicesti che solo la terra è importante? - . - No - . - Allora, perché fai questo? Ti stordisci la mente col peyotl, e poi non sai discernere tra il bene e il male! Sei un maledetto, un sacerdote di Satana, e io sarò mille volte dannata per essermi congiunta con te - . - No. Gli uomini devono credere. Finché io penso di essere il dio del Sole, la mia esistenza ha un ruolo nel cosmo. Domani, quando sarò il conte di Figueras, avrò altre mete, altre libertà da cavalcare. Non comprendi? Non mi senti, niña? Non mi senti? Quando ti ho avuta, non mi hai sentito? Io, qui sono: figlio della coppia cosmogonica Ometecutli e Omecihualt. I miei fratelli sono Tetzcatlipoca, dio della giustizia, e Huitzilopochtli, dio della guerra; Quetzalcoatl, dio del vento...Tlaloc, dio della pioggia, e Centleot, dea dell'agricoltura, ci proteggeranno là sui nostri monti, i Pirenei. E poi c'è la dolce Meztli, dea della Luna. Io ti ho riconosciuta, sorella delle notti umide. Non siamo sulla Terra per recitare i ruoli? Io, Tonatiuh, scelgo di impersonare il dio azteco, di prestargli un po' del mio corpo, un po' della mia voce e della mia anima. Il sangue e la terra, invece, li ho donati a te, sono la tua dote di sposa per il nostro futuro. Credi di voler essere per sempre una volgare dama di corte? Carlotta è andata, e Massimiliano è carne morta, niña. Sai cosa cantavano i peones, nella locanda di Veracruz dove la tua sovrana pernottò prima d'imbarcarsi per l'Europa? "Adios, Mama Carlota, mi tierno amore se fueron los franceses, se va el Emperador"! Scegli: vuoi essere Meztli? Vuoi essere la señora contesa Ibarra de Bagnerès y Figueras? O vuoi restare una oscura dama degli imperatori, in balia di qualsiasi mercenario di Juarez! Non far scegliere da altri i tuoi ruoli, Palomita. Tra cento anni saremo carne morta, e non ci sarà più un'opportunità, per noi - .
Contessa Scalza
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