Silgiu, alla ricerca del Custode
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C'è ancora speranza. Luja - 15 settembre 2015 - Isola nell'Oceano Indiano - Villaggio Sentinel.
La prima luce del mattino colpisce l'angolo della scrivania, vado alla finestra, sposto il drappo color avorio e la apro. I rami spogli dell'albero sacro s'innalzano oltre la volta della foresta e come artigli squarciano il cielo. Non è rimasto molto tempo per rimediare e io non posso farci niente. Tetrameles, fichi del diavolo e anacardi fanno da sfondo alle abitazioni dell'ultimo villaggio del nostro popolo. Cinque uccellini Irena si lanciano richiami e saltellano sul piedistallo della Dama Bianca. Raggi di luce ambrati si diffondono dalla tavola ricavata dal tronco, il luogo delle grandi decisioni. Mi sposto al centro della sala e ci passo la mano sopra. Dopo tanto tempo emana ancora profumo di resina. Il telefono squilla. - È tutto pronto? - La voce è tremolante. Lascio cadere la penna accanto alla tastiera del computer. - Certamente! La maggior parte degli adulti è impegnata in attività di abbattimento degli alberi, altri lo sono in quella di rimboschimento; i rimanenti si occupano della spedizione del legname. Tra qualche giorno il carico lascerà l'isola. Ce la faremo, non preoccuparti. - La brezza sposta la tenda, porta con sé il profumo dell'oceano. Riaggancio il telefono e mi siedo. I braccioli della sedia sono ruvidi, distrutti da colpi di spada e martoriati dalle pallottole. Gaia dovrebbe arrivare tra poco. Sposto il mouse e ripongo i fogli firmati nel cassetto, mi metto davanti i documenti da firmare. All'esterno uno scalpiccio, qualcuno cammina sotto il portico. Dev'essere lei. Spalanca la porta, si avvicina con passo spedito. La mia nipotina è bellissima, come sempre. Si china, i suoi capelli lisci coprono la tastiera del computer. Mi bacia sulla guancia. - Ciao Nonna, volevi parlarmi? - Inutili i giri di parole, meglio andare dritta al punto. - Riguarda la mia decisione, la dirò alla riunione, questa sera. - Gaia rivolge lo sguardo a terra, appoggia il sedere sul tavolo e incrocia le braccia sottili. - Ti preoccupa, che non possa avere figli? - Come immaginavo: ha capito. - Con Innan non potrai avere figlie. Per questo, sarà tua cugina a prendere il mio posto. - Mia nipote scuote il capo, i suoi capelli neri rilasciano profumo di pesca. - È giusto così, non preoccuparti Nonna, avrò più tempo per studiare e stare con Innan. - Si alza all'improvviso, preme la mano sulla pancia. Corre alla porta in fondo alla sala, il tacchettio sul parquet risuona nella stanza. La seguo, si infila in bagno e serra la porta. - Che cosa ti succede bambina? - Tossisce, entro. - Mi stai facendo preoccupare. - - Sarà il cibo. - Fa scorrere la carta igienica, l'arrotola nelle dita e la passa sulla bocca. - Innan fa schifo ai fornelli. - Strano, ha sempre mangiato di tutto fin da piccola, pensavo che sarebbe riuscita a digerire anche il legno. - È la prima volta che vomiti? - Abbassa la tavoletta del gabinetto e ci si siede. - No, la prima è stata questa mattina. - Non sarà che...? - Vieni qui, fammi toccare. - Sollevo la maglietta rosa e copro gli incisivi di SpongeBob stampato nel tessuto, accosto i polpastrelli al suo ventre. - È impossibile, sei incinta! - Si morde il labbro, indietreggia e sbatte il fianco contro il lavandino. - Ma è fantastico. - Deglutisce. - Voglio dirlo a Innan il prima possibile. - Com'è potuto succedere? Ho sempre pensato che fosse impossibile. È troppo pericoloso, potrebbe morire. - Devi abortire. Non riuscirai a portare a termine la gravidanza. Ti ucciderà. - - Perché dici così Nonna? - Incrocia le braccia, solleva il viso e contrae i muscoli della mascella. - È mai successo prima? - - No, che io sappia no. - - Come fai a saperlo? - - Non posso permetterlo! Ho perso mia figlia. Ti proibisco di continuare. - Gaia esce e sbatte la porta. Cosa faccio Adesso? So dove va, devo raggiungerla. Faccio i gradini due alla volta, lascio il villaggio per addentrarmi nella foresta. Passo tra le radici aeree dei baniano e imbocco il sentiero. Respiro a fatica, il cuore pulsa nelle tempie e le ginocchia tremano. Appoggio la schiena a un albero e prendo fiato. Il passaggio non è come lo ricordavo: gli arbusti ostruiscono la strada, le spine graffiano le mie braccia; sembra mi vogliano rallentare o addirittura bloccare. Devo far presto, costringerla a ragionare. Sa di rischiare la vita, e io ne morirei. Tre rami spogli arrivano dalla mia destra, quattro ricchi di foglioline si muovono sulla sinistra, li sposto e mi butto tra gli alberi. Due mi cingono in vita, non riesco a muovermi. Uno si insinua sotto l'ascella e si rigira sul petto. L'altro si attorciglia nelle gambe e risale fino al collo. Ma cosa...? Spuntano nuove foglie, impediscono alla luce di filtrare. C'è buio. Mi sollevano. Una voce entra nel cervello. È l'albero sacro. Il timbro è calmo, appena udibile. - Non devo oppormi alla nascita delle bambine? - Stringe ancora, non respiro. - No, cerca un'altra donna! - Un moncone del ramo preme tra le costole. - Mi fai male, lasciami. Lasciami andare. - I rami si aprono, mi poggiano a terra. Raggiungo Gaia, è alla base dell'albero sacro, in ginocchio tra le radici, stringe la testa tra le mani. Mi metto al suo fianco e le accarezzo una spalla. - Perde le foglie. - Le lacrime le scorrono sulle guance. - È iniziata? - - Sì cara. - - Quindi la storia si ripete? - Fa un respiro profondo. Tira su con il naso. - Il tempo dell'uomo è giunto alla fine? - Lo sciabordino del mare attraversa la foresta e giunge fino a noi. - Ho paura di sì. - Anche l'oceano è irrequieto. Piega la testa indietro, i capelli scendono lungo la schiena. - Che cosa possiamo fare? - - Non saprei. - L'aiuto a tirarsi su. - Torniamo a casa ora. - Lei appoggia la fronte sulla mia spalla. - Ho preso la mia decisione. - - Non sei obbligata. - - Porterò a termine la gravidanza Nonna. - - Sai che sono due bambine vero? - *** Sembra ieri, ma sono già passate cinquantadue settimane dal giorno del litigio con mia nipote. Un trillo. Spalanco gli occhi, qualcuno suona il campanello. - Arrivo, solo un attimo. - Chi può essere a quest'ora? È Innan che prende fiato. Dentro di me, qualcosa si spezza. Il sudore, sulla sua fronte, riflette la luce della lampadina. Alcune gocce scintillano nella barba bionda. Ci siamo. Niente ha più importanza ormai. - Luja. - Innan mi scuote il braccio. - Luja, riprenditi. - - Sì, scusa. Dimmi. - - Devi, venire subito! - Stringe la mia mano. Gaia ha chiesto di te. Sta molto male, temo che sia in pericolo. - Vado in sala, prendo la borsa da medico. - Ti seguo. - Avanziamo nel sentiero, i sassi si infilano tra le dita, l'erba è bagnata e fresca. Entriamo in casa, la stanza è vuota. - Dov'è lei? - Innan mi precede, fatico a stargli dietro. Entriamo in camera, Gaia si rigira nel letto. Gocce di sudore grondano dal suo viso e spuntano sul suo torace. Le tocco la fronte. - Ha la febbre alta. - L'aiuto a tirarsi su, prendo un flacone dalla borsa. - Bevi questo, farà abbassare la temperatura. - Innan, dall'altra parte del letto, con le labbra sfiora i suoi capelli. - Non puoi lasciarmi solo, proprio adesso che stai per diventare mamma. Te ne prego. - L'uomo si gira e mi guarda negli occhi; le sue guance sono rosse. - Portiamola dal fiore azzurro, l'insetto verde ha salvato quella ragazzina, farà lo stesso con lei. - Non c'è niente da fare, l'albero Sacro me lo aveva detto. Mi devo solo fidare di Lui. - Mi dispiace, caro, non funzionerà. Questa è un'altra cosa. - La solleva tra le braccia e la bacia in fronte. - Vado a cercarlo. La salverò. Troverò l'insetto verde e tutto andrà per il meglio, lo so. L'ho visto. - Innan accosta l'orecchio alla bocca di Gaia. - Che cosa hai detto? Ripeti ti prego, ripetilo. - Il torace di mia nipote si muove veloce, sorride un'ultima volta. Gli occhi verdi sono rivolti verso il suo uomo. È finita. Il petto è immobile. Tocco il polso: i battiti sono assenti. La mia adorata nipotina ha iniziato un nuovo viaggio. Innan cade sulle ginocchia, il tonfo sul pavimento mi fa trasalire. - Perché? - urla. - Perché? - Si calma, ha singhiozzi di pianto. Sdraia mia nipote sul materasso e le appoggia la mano sul ventre. - Mi dispiace, bambine. - La bacia sulle labbra. Picchia la tempia contro il poster del salice. Il muro trema e i colpi rimbombano. Il sangue dalla fronte cola sul suo collo e finisce a terra. La chioma dell'albero sulla parete è diventata rossa. Barcolla un istante, si ferma sulla porta, sferra un pugno allo stipite ed esce. Quarantotto ore dopo, 03 giugno 2016. Sono ai piedi dell'albero Sacro. Davanti allo scavo, Innan, in lacrime, tiene Gaia tra le braccia. - Non potrò consolarvi quando cadrete. Rispondere ai vostri mille perché. - Le bacia la pancia. - Mettervi in castigo alla prima marachella, per poi abbracciarvi pentito. Insegnarvi ad andare in bicicletta, vedervi arrabbiate, litigare per il primo amore. - Le accarezza i capelli. - Non ho protetto vostra madre e non sono riuscito a salvarvi, bambine. Ovunque vi troviate, prendetevi cura della mamma. Vi voglio bene. - La adagia tra le radici dell'albero Sacro e lascia cadere il fiore azzurro, a forma di stella, sopra il suo corpo. - Lui ha mentito. L'albero mi ha fatto vedere altro. Io ho visto un'altra cosa. - Attende un istante e si allontana. Vanno via tutti. La pioggia viene giù, lambisce le foglie e si diffonde di ramo in ramo, fino ad arrivare alla base dell'albero. Il fango scorre tra le radici. Il gatto di Gaia, al mio fianco, miagola. Lei riposa sotto il mucchio di terra fradicia. Sono sola, l'acqua scorre fra i capelli, cola sul viso, fondendosi con le lacrime. Sommerge ogni cosa. Nasconde, forse per vergogna, quanto è accaduto. La luce dei lampi rende visibili i rami, che ondeggiano come vele, nella tempesta. Il chiarore della luna è offuscato dalle nuvole. Sem annusa il luogo di inumazione. Solleva la coda, miagola e scava nel fango. M'inginocchio; infilo le mani nella melma. Gaia è già avvolta dalle radici, com'è possibile? Sembrano trasparenti. Circola al loro interno una sostanza azzurra e fosforescente. Il ventre si solleva. Qualcosa si muove dentro di lei; qualcuno è vivo. Due rami arrivano dall'alto, le aprono le gambe. Una testolina spunta tra le cosce. La afferro, la avvolgo nella giacca e la stringo al petto. La piccina piange. I rami ci accerchiano; siamo tra le foglie. Qualcuno mi parla. Ancora la voce nella testa. Nuovamente Lui. - Devo impedirle di toccare la terra? perché? - I rami si ritirano, le nubi liberano il cielo e piccoli fili dorati irradiano il volto della bambina. Porto le braccia al cielo, saltello e gli schizzi del fango arrivano sul muso del gatto. La piccola ha gli occhi aperti. Uno è azzurro e uno è verde. Guarda l'animale e sogghigna. Sem, con il muso all'insù, miagola, strusciandosi sulle mie gambe. Mi chino e gli mostro la bambina. - Non la trovi bellissima? - Intorno a noi svolazzano coleotteri verdi e farfalle azzurre. Sui rami cantano uccellini e, ai bordi della foresta, spuntano gli occhi di animaletti curiosi. La piccola afferra il gatto per un orecchio. Sem punta le zampe e tira; lei lo avvicina a sé. - Avrò un bel da fare con te bambina mia, invece per te Sem, prevedo tempi duri. -
Pierpaolo Rubiu
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