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Autore: Irma Kurti
Messaggi dall'alto
Poesie
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Messaggi dall'alto
Una poesia sui muri


Vorrei scrivere una poesia sui muri
antichi e inumiditi della mia città,
le persone non si fermano, il tempo
sfida i loro passi con tanta velocità.


Vorrei scrivere dei versi da leggere,
mentre si sorseggia piano un caffè
da gustare in un tiro di sigaretta,
una riga forse le rimarrà in mente.


Una breve poesia che in ogni verso
serba l'azzurro, la luce e l'amore,
la gente, le fredde mura della città
si sveglieranno dal lungo torpore.


Mi amerai ancora?


Mi amerai nei giorni tetri e nuvolosi
quando sarò bagnata dalle mie lacrime,
quando mi sentirò stanca, invecchiata,
e le mie mani rugose ti cercheranno?


Quando la stessa storia e l'episodio
te le racconterò una decina di volte,
quando a casa girerò senza un perché
confusa, disorientata, giorno o notte?


Quando camminerò a passo lento
come tartaruga e più non ti seguirò,
quando le malattie attaccheranno
senza pietà la mia mente e il corpo?


Dimmi, mi amerai ancora?




Le panchine in inverno


Le panchine bagnate dalle continue piogge
si restringono come dopo un forte dolore,
tristi, sconsolate aspettano la primavera,
il bocciarsi dell'amore o di un'emozione.


Tremano nelle notti lunghe e senza stelle,
si sentono più sole e malinconiche di me,
vivono tra i sussurri e i ricordi del passato,
immerse nel silenzio attendono il sole.



Il cuore non conosce leggi


Ci sono persone che non incontrerai più,
un po' di tristezza senti nella tua anima,
“così è la vita”, tu cerchi di consolarti,
coperto di foschia rimane il loro ritratto.


Ce ne sono altre che non vuoi perderle,
la loro presenza è un miracolo, ti basta.
Tu fai l'impossibile per tenerle in vita,
anche se stanno inerti nell'angolo di casa.


E rifiuti di capire le leggi della natura,
non vuoi ricordare l'età dei tuoi genitori,
l'affetto, l'amore superano le frontiere,
il cuore non conosce leggi e ragioni.


A cosa serve la gente?


A cosa serve la gente che non ti dice
nulla e ti versa un fiume di lamentele,
che ti rode, come i toppi, lentamente
il tuo prezioso tempo?


A cosa serve la gente che non vede
i tuoi occhi tristi e pieni di angoscia,
non ascolta il sospiro della tua anima,
il dolore che da lì gocciola?



La sedia vuota


Quanti tramonti non contemplo con te
e quante albe bussano senza noi due!
Mi immergo in questa oscurità infinita,
il sole lentamente penetra le nuvole.


Le stagioni vanno e vengono con passo
monotono e i giorni perdono le magie.
La sedia vuota vicino a me somiglia
ad un abisso che nessuno può riempire.


Resti di parole

Quanto astio,
odio e fango
si lanciano
sulle persone!
Le parolacce
escono dalla
bocca e,
certamente,
dal cuore.
Prima o poi
lo so,
in quell'arena
anch'io finirò.


Parole grevi
come pietre
colpiranno
la mia anima.
Rannicchiata
in un dolore,
non aspetterò
fino a quando
si guarisce
la ferita, ma
mi alzerò
e camminerò
più decisa.



Calpesterò
i resti
di parole,
butterò via
quei sassi.
Nel viaggio
di nuovo
mi ritroverò.



Le mura della mia casa


Non so quando tornerò di nuovo,
quanti giorni o mesi passeranno
per accarezzarvi e la polvere di
calce come neve avrò tra le mani.


Chissà se state resistendo ancora
o siete già crollate in pezzi? Vi
siete rassegnate alla lunga attesa
della nostra mancanza? Le mura
della mia casa...



Una pianta mezza fiorita


Il sole sorge presto al mattino,
ma non mi tocca il suo raggio.
Sono una pianta mezza fiorita,
mezza sfiorita perché il cuore
ce l'ho lontano.


Nella casa dove dormo poco,
perché un gallo mi risveglia
prima dell'alba. Quel vicino
che abita con me nella città
quanta nostalgia mi regala!


Lì non ci sono dei semafori,
la mia anima non trova pace,
la politica avvelena i giorni,
tante memorie mi origliano
ad ogni angolo della strada.


Il sole sorge presto al mattino,
ma non mi tocca il suo raggio.
Sono una pianta mezza fiorita,
mezza sfiorita perché il cuore
ce l'ho lontano.



Tempo del passato


Tempo del passato, tempo prezioso,
tempo degli amori perduti altrove,
tempo del focolare vuoto. Tempo
delle assurdità, pieno di innocenza,
pazzia. Quante parole annegavano
nelle oasi dell'anima! Tempo in cui
uccidevano la libertà e la paura ti
seguiva ad ogni passo. Tempo del
passato! Non capisco, perché nel
mio pensiero ti preservo sempre?



Usuale



È diventato così usuale offenderci
con arroganza, con tante parolacce,
sfogare la rabbia come un veleno,
seminare odio e soffocare la pace.


È diventato usuale, per l'anima,
non aprirsi in un abbraccio spesso,
mutarci in meschini a poco a poco,
abbandonare la calma e il silenzio.


È diventato usuale, con i parenti
incrociarci e non dire una parola,
sentire lo stesso sangue in vena
che non ci unisce ma ci allontana.


È diventato usuale che si uccidono
persone pure con spirito innocente.
Soltanto l'amore, quello è inusuale,
un ricordo, una reliquia in un museo.


Una nuvola


È rimasta un po' di aria fredda
in quest'alba dalla notte scorsa,
in un brivido si trasforma subito
quando la mia pelle incontra.


Si spengono le luci e gli incubi,
i raggi del sole baciano la terra,
i colori si svegliano piano piano,
le piante giocano con la brezza.


C'è una nuvola, la conosco bene,
è il mio pensiero cupo per te,
come la visione di un ricordo
remoto, si sfumerà lentamente.


Il tuo pentimento



Cosa dovrei fare ora con il tuo pentimento?
Il mio cuore si è spezzato più di una volta,
non ho voce per dirti: “Stammi lontano!”
e non ho più la forza di chiuderti la porta.


Cosa dovrei fare ora con il tuo pentimento?
Buttarlo come una pietra lì, in quell'abisso,
cambiare me stessa o cambiare solo la strada,
dove non mi può trovare il tuo sorriso finto?



Un altro rifugio


Il temporale sbatte contro le finestre,
i lampi tentano di squarciare il buio,
il mio sguardo ti cerca dietro il vetro,
invano: hai trovato un altro rifugio.

“Non aspettarlo” dicono le ombre,
ma il mio spirito ti cerca smarrito.
Non attendo il sole, ma te entrare
in questo cuore vuoto e appassito.


La telefonata della tarda ora


La telefonata
della tarda ora
come il grido
di un corvo
nell'oscurità.
Il cuore batte
forte. Il sonno
serba voci
soffocate
che si svegliano
in assenza di luce.


Il cellulare
sul mio comò
mi porterà
la notizia
macabra,
prima o poi.
Ho paura
del suo suono
che mi segue
come fantasma
anche di giorno.


La telefonata
della tarda ora.



Ombre nell'anima


Ci conoscemmo
per condividere
il dolore, ma
la sofferenza
si moltiplicò
per sbaglio.
Volevamo
piantare
l'amore, ma
il sentimento
svanì piano.



Volevo essere
vicino a te,
però verso
altre galassie
ci separammo.
Tu svegliasti
in me le ombre
che ognuno
ha nell'anima,
tutte le nebbie
e l'uragano.



Spettacolo monotono


Ci saranno giorni in cui vorrai
seguire gli eventi come spettatore,
quando il cielo non offrirà neanche
un raggio di sole, quando sarai così
impaziente di vedere la fine dello
spettacolo che si chiama “vita”.


Ci saranno instanti in cui vorrai
alzarti in mezzo allo spettacolo,
perché la fine non ti interesserà e
ti ha affaticato tanto questo lungo
e monotono teatro. Quell'attimo
ti tremerà nelle dita proprio come
foglia gialla, fragile e appassita!





Insoddisfatti

Siamo insoddisfatti quando c'è sole
o dalla pioggia si rabbuia il tempo,
nell'inverno cerchiamo la primavera,
quando fa caldo sogniamo il freddo.


Niente ci piace e nulla ci rende felici,
ci sarà sempre qualcosa che non va.
Il tempo fugge, vola e deride questa
frustrazione e la nostra scontentezza.




































































Irma Kurti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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