Toccare il fondo.
Marco si stava rivestendo. Era dietro il separé che divideva l'angolo dove c'era il lettino per le visite dalla restante parte dell'ambulatorio del dottor Luca Migliori. Sapeva che c'era qualcosa che non andava. Luca non voleva dirglielo, prima di essere sicuro. Ma lo conosceva troppo bene. Si conoscevano dai tempi del liceo. Il suo amico era un libro aperto per lui. Non ci aveva scherzato su, quindi voleva dire che si trattava di qualcosa di brutto. Molto brutto. Luca non perdeva mai occasione per prenderlo in giro. Come quella volta che lo aveva visitato e gli aveva chiesto se non pensasse fosse il caso di mettersi a dieta, prima di non riuscire più nemmeno ad allacciarsi le scarpe. Marco si guardò nello specchio sopra il lavandino che il dottore usava per lavarsi le mani dopo le visite. Effettivamente, a soli trentasette anni e mezzo, già le maniglie dell'amore e la pancia stavano unendosi in un unico strato di grasso che debordava sopra la cintura dei calzoni. Marco si affrettò ad abbottonarsi la camicia. Meglio non guardarsi nemmeno. Distolse lo sguardo dallo specchio e volse la vista fuori dalla finestra che affacciava su una strada abbastanza trafficata di un bel quartiere di Firenze; abbastanza vicino al centro, ma fuori dalle zone prese d'assalto dai turisti, in quel periodo di fine primavera, in cui però faceva già caldo come in piena estate. No. Questa volta Luca, come la volta precedente e quella prima ancora, non aveva fatto battute. Era segno che qualcosa lo preoccupava seriamente. Per quello gli aveva fatto fare tutti quegli esami del sangue, quelle risonanze magnetiche e tutto il resto. Marco Conticini era un pubblicitario, non capiva nulla di tutti quei nomi che figuravano sulla richiesta medica. Ma non era uno sprovveduto. Aveva controllato. Oggi, con internet, molte informazioni sono a disposizione di tutti. Molti di quei nomi strani che erano presenti negli esami che gli aveva fatto fare Luca, figuravano tra i marcatori oncologici. E gli aveva fatto fare una risonanza magnetica. Anzi, gliela aveva fatta fare due volte. Quel pomeriggio lo aveva visitato di nuovo, ma in realtà era per parlargli dei risultati di quegli esami che lo aveva chiamato da lui.
Marco fece i pochi passi che servivano ad arrivare alla sedia davanti alla scrivania di Luca, come telecomandato. Si sentiva quasi galleggiare e gli sembrò di doverne fare cinquanta di passi invece dei quattro o cinque necessari. Scostò la sedia e si mise seduto. Intanto nella sua mente, inconsciamente era partita una litania disperata: Se arrivo a sedermi prima che lui ricominci a parlare, mi dice che era uno scherzo... Se accavallo le gambe, prima che lui continui, non è un tumore... Se riesco a contare fino a cinquanta prima che mi dica che cosa ho, non è... - Marco - iniziò a dire il medico - ho voluto aspettare di avere tutti gli esami, prima di fare ipotesi che potevano risultare sbagliate... Prima di rischiare di farti stare in pensiero per nulla... - Uno, due, tre, quattro... contava mentalmente più veloce che poteva. - Però, dopo tutti questi accertamenti... - Ventuno, ventidue, ventitré, ventiquattro... - C'è una formazione tumorale, Marco. Mi dispiace... Non c'è un modo più facile per dirlo. - Marco pensò che non fosse giusto. Perché si era seduto prima che avesse iniziato a parlare e aveva anche accavallato le gambe prima che avesse pronunciato la diagnosi. E poi aveva contato fino a veniticinque! Non cinquanta, ma comunque... - Marco? - Luca lo richiamò alla realtà. - Eh? - - Non vuol dire che non ci sono cose da fare. Non devi cadere nella disperazione. - - No. Certo... -
Risalire
Erano passati dieci giorni dall'incidente e Marco era di nuovo nello studio medico di Luca. L'amico gli stava togliendo i punti dalla ferita alla testa. Marco sentiva molto più male adesso a toglierli, che non quando glieli avevano messi. Ma non importava. Luca era concentrato su ciò che doveva fare e non parlava. Marco pensava alla sua vita. Si sentiva come un sasso lanciato in mezzo al mare che aveva attraversato lentamente e inesorabilmente l'acqua, fino ad arrivare quasi sul fondo. Eppure, anche a così pochi metri dal fondale, continuava a trovare pesci e piante che valeva la pena fermarsi a osservare. E capiva che era solo una piccolissima, infinitesima parte della natura. E poteva valere la pena gustarsi anche quella seppur piccola frazione di vita che gli restava. ...........
Marco ce la mise tutta per riprendere il controllo della sua vita. Aveva iniziato a mangiare seguendo una dieta sana ed equilibrata, comprensiva di alimenti “da mucca”, ossia verdura cruda. Andava in palestra quasi tutti i giorni, con tutto l'impegno possibile. Portava a passeggio Zagor mattina e sera, perché Sandra aveva abbandonato pure il cane. In compenso era tornata per finire di portare via tutta la sua roba, svuotando la cabina armadi da tutte quelle tonnellate di vestiti, scarpe e borse. La sera Marco aveva ricominciato a uscire con gli amici, ogni tanto. Anche se a quell'età di amici single con cui uscire la sera non ne erano rimasti molti. Un po' di “single di ritorno”, separati come lui, però ne conosceva. Per il resto era tutto dedito al lavoro. Deciso a rimediare alla brutta figura fatta con la pubblicità del caffè, aveva già portato in agenzia due nuovi clienti importanti: una famosa marca di profumi e una catena di supermercati. Mica male no? Per essere un sasso arrivato quasi sul fondo del mare...
La prima “fuga”
Il nuovo percorso era stimolante. Era anche un po' più frequentato da altri amanti della corsa. Almeno nel primo tratto più vicino alla città, poi andava verso la campagna. Unica pecca che aveva quel tratto di strada era che passava davanti a casa di quella testa di cazzo di mister Discovery, dove ora viveva anche quella grande stronza della sua ex moglie. Quando ci passò davanti ebbe la sfortuna di vederli in giardino, abbracciati come due fidanzatini quattordicenni, che si baciavano, mentre lui le teneva le mani sulle chiappe e se la spingeva addosso, strusciandosi come se volessero iniziare a scopare da ancora vestiti. Passò accanto al Land Rover del bastardo, parcheggiato lungo il marciapiede. Almeno loro erano talmente impegnati a palparsi e scambiarsi saliva, che non lo videro passare. Fu preso da un accesso di rabbia. Brava Sandra, fatti vedere da tutti quanto sei brava a fare la puttana! Fatti riconoscere subito dai nuovi vicini si disse, mentre si immaginava già quei due che entravano in casa senza staccarsi l'uno dall'altro, mentre lei gli infilava le mani nei pantaloni per iniziare a fargli... Il suono prolungato di un colpo di clacson lo riportò alla realtà. Aveva attraversato la strada alla fine dell'isolato senza guardare e una mercedes gli avea inchidato a mezzo metro. - Guarda dove vai, imbecille! - gli disse un grassone dietro al volante, dopo aver staccato la mano dal clacson. - Scusa, amico! Hai ragione - ammise Marco. - Hai ragione un cazzo! Se ti schiaccio, poi scassano le palle a me! Idiota! - e il grassone in mercedes ripartì. Marco continuò a correre. Almeno lo scampato investimento aveva interrotto il film porno nella sua testa prima di arrivare a vedere sua moglie fare un servizietto di quelli che gli piacevano tanto quando stavano insieme. Di quelli che credeva fossero riservati a lui. - Che si fottano! Pezzi di merda - . Credeva di averlo solo pensato, ma doveva averlo detto ad alta voce a giudicare dallo sguardo che gli rivolse una vecchietta con un barboncino al guinzaglio, che stava incrociando sul marciapiede in quel momento. Aumentò il passo per uscire prima possibile dall'abitato. Voleva svuotarsi la testa. Non voleva più pensare a Sandra né a quella testa di cazzo con cui scopava. Appena entrò nel viale alberato che portava verso il parco e poi alla campagna, si sentì più rilassato. Le gambe andavano ancora meglio e aumentò ancora di più l'andatura. La maggiore velocità richiedeva più ossigeno da bruciare per i suoi muscoli e la sua respirazione si adeguò, senza sforzo. Respirava in modo più profondo, ma senza affanno. Sentiva il diaframma scendere e salire per assecondare il movimento dei polmoni. Sentiva l'aria fresca nell'ombra offerta dal viale alberato che gli rinfrescava la pelle e gli asciugava il sudore, man mano che si formava sulla sua pelle. Dalle cuffie usciva la musica dei Måneskin che si accordava col ritmo del suo battito cardiaco e la voce di Damiano che cantava Siamo fuori di testa, ma diversi da loro... lo stimolava a correre più forte per sfogarsi. E Marco corse forte. La musica rock gli entrava dalle orecchie e gli assorbiva la fatica, svuotandogli la testa di ogni pensiero. Il paesaggio immerso nella natura tutto intorno gli rapiva lo sguardo, portandolo in una dimensione fuori dal tempo, fuori dalla realtà. Adesso Marco stava bene. Si abbandonò a quella sensazione di benessere, di serenità e si lasciò andare. Così Marco si perse per la prima volta.
Ilario Giannini
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|