Quando a Milano arriva l'inverno, ogni cosa sembra cambiare. Il paesaggio nebbioso offusca la vista, anche quella degli osservatori più attenti, tranne quella di Alice. Lei vede tutto, in ogni momento. In quella grigia giornata di gennaio però il suo sguardo curioso indugiò troppo a lungo, e in un attimo il suo mondo di adolescente si trasformò. Sotto la fitta foschia si celava un segreto che non doveva essere rivelato per nessun motivo. Un mistero rimasto nascosto per molto tempo, si stava facendo largo prepotentemente attraverso le umide mura della città. Era una gelida mattina quando Alice uscì di casa e, come ogni giorno, si diresse verso l'Istituto Tecnico Turistico dove frequentava il secondo anno. Il rientro a scuola dopo le vacanze di Natale era sempre difficile e quell'aria frizzante non lo rendeva certo più lieto. Il muro bianco che copriva ogni cosa era il vero emblema della così opaca città lombarda. Una leggera brina scendeva delicata e insistente bagnando l'unica parte scoperta del volto della giovane. Doveva sbattere ripetutamente le ciglia per evitare che la rugiada le entrasse negli occhi. Per ripararsi dal freddo si avvolse nella sua sciarpa scozzese portandola su fino al naso e, con il suo cappello preferito schiacciato sulla testa, proseguì adagio verso il suo cammino. La rigida temperatura le procurò un brivido che la portò a ingobbirsi per potersi stringere di più nel suo parka verde militare, decidendo così di accelerare un po' il passo per provare a scaldarsi. Il vero freddo, quello che fa gelare le guance e intorpidire le mani, era arrivato. Le strade umide e scivolose rendevano il suo passaggio quasi come una prova di coraggio. Alice però non aveva paura di cadere e magari farsi male. Proseguiva impavida nelle sue Adidas bianche, perfettamente abbinate al resto del panorama. Ogni giorno faceva sempre lo stesso percorso per arrivare alla fermata del tram. Non era un'abitudinaria, anzi. Percorreva quel tratto esclusivamente perché era quello più breve. Il doversi svegliare molto presto ogni mattina, la rendeva taciturna e metodica e, senza rendersene conto, seguiva una sorta di rito involontario. I suoi sensi però si attivavano nello stesso istante in cui l'aroma di croissant appena sfornati le solleticava il naso attraverso la sciarpa. Le capitava sempre di dare un'occhiata alla vetrina invitante del panettiere sotto casa, senza mai comprare nulla. Le piaceva dare solo una sbirciata alla vetrina, fare un cenno al titolare, che sorridente ricambiava il saluto da dietro il bancone, per poi continuare la sua corsa. La sua sfilata proseguiva con un cenno al fiorista all'angolo fino ad arrivare alla rosticceria dove lei e sua madre erano delle assidue clienti. Un ultimo gesto con la mano seguito da un sorriso coperto dal freddo, per poi saltellare via spensierata. Il suo mondo di quindicenne era dominato dall'allegria e dalla giovialità derivata dai racconti che leggeva nei libri che le aveva lasciato il padre. La sua mente vagava tra universi sconosciuti che molto spesso lei stessa creava, tanto da vedere ovunque grandi misteri da risolvere. Talvolta la sua fantasia si espandeva talmente tanto da distrarla, soprattutto nelle ore di lezione. Veniva spesso ripresa e i suoi voti ne risentivano. Era riuscita a fatica a farsi promuovere e, nonostante non avesse la minima voglia di proseguire in quella direzione, aveva fatto un accordo con sua madre. Avrebbe completato gli studi e solo allora avrebbe potuto decidere cosa fare della sua vita. Lei voleva vivere di quelle fantasie che spesso leggeva nei racconti che prendeva in prestito in biblioteca o che comprava a pochi euro sulle bancarelle di libri usati. Da quando suo padre se n'era andato, spettava a lei trovare nuovi testi da scoprire. Mondi fantastici fatti di avventure e tesori nascosti. Durante l'estate, però, si era messa nei pasticci più di una volta e per evitare che sua madre andasse in escandescenza, avevano deciso di fare un patto. Ad Alice era sembrato un buon compromesso, almeno all'inizio. Ora che si trovava sotto la pensilina in attesa del tram, con un sonno terrificante e un freddo che le faceva battere i denti, non ne era più così sicura. Aveva però fatto una promessa ed era decisa a mantenerla. Come spesso capitava, anche in quella gelida mattina, il suo mezzo di trasporto tardava ad arrivare. Decise così di sedersi sui seggiolini di plastica, dove sperava che la tettoia l'avrebbe protetta da quel freddo che si aggirava fastidioso. China su sé stessa, con le mani nelle tasche del giaccone e le ginocchia strette oscillanti per il freddo, pregava nell'arrivo del riscaldato vagone del tram. A ogni minimo rumore si sporgeva in avanti voltando la testa da un lato con la speranza di vedere scorgere in lontananza il suo mezzo di trasporto. All'ennesimo tentativo però incrociò lo sguardo della donna seduta accanto a lei. Un'anziana signora, avvolta in un malandato cappotto grigio e con accanto un logoro carrello della spesa che emanava un forte odore speziato. Si fissarono per qualche istante, poi la donna abbozzò un sorriso a denti alternati, per poi tornare a guardare nella direzione opposta. Alla vista di quel sorriso inquietante, Alice fu improvvisamente attraversata da un brivido. Una strana sensazione emanata da quel personaggio che le sedeva accanto l'aveva scossa. Un vecchio paio di scarpe non adatte alla stagione invernale coprivano i piedi gonfi e tozzi della sconosciuta che, nonostante il freddo rimaneva immobile, come se nulla la scalfisse. Una mano rugosa posata in grembo, mentre con l'altra stringeva saldamente quel carrellino come se al suo interno ci fossero delle gemme preziose. Quando però si rese conto di essere osservata, lasciò un po' la presa del suo prezioso forziere porgendo i palmi verso l'altro quasi in segno di preghiera. Alice, incuriosita, notò subito un simbolo scolorito tra le linee della vita, ma non riuscì a distinguerlo con chiarezza. Un vecchio tatuaggio fatto molti anni prima le occupava buona parte della mano crepata dal tempo. Il fatto che fosse difficile da decifrare lo rendeva ancora più interessante ai suoi occhi, tanto da rimanere a fissarlo per un tempo che le sembrò infinito. Più guardava quel groviglio di linee sbiadite, più la sua voglia di capire cosa fosse aumentava. Siamo semplicemente sedotti dall'impossibile, più di quanto vorremmo. In quel momento Alice si sentiva un pezzo di ferro attirato da una gigantesca calamita immaginaria posta sulle mani della vecchia signora. Lo stridulo rumore metallico proveniente dal tram, la fece trasalire. Una leggera folata di vento fece svolazzare il foulard che copriva il capo della sconosciuta, senza che lei si scomponesse minimamente. Il tram fermò la sua corsa e le porte si aprirono. La donna rimase immobile nella sua posizione e così anche Alice non riuscì a fare diversamente. Si sentiva stranamente rapita da una cosa così banale e al tempo stesso insolita. Ma al contrario dell'attempata vecchietta, però, lei doveva muoversi se voleva arrivare a scuola in orario. A quel pensiero si alzò con un balzo e si precipitò sul vagone affollato, facendosi spazio tra la gente. Prese posto davanti alle porte, poco prima che si chiudessero e cercò una presa salda che l'avrebbe aiutata a tenersi in equilibrio durante la marcia. Diede un ultimo sguardo alla donna che sedeva immobile, fissando l'infinito. Che personaggio bizzarro, pensò Alice. Il tram non riprese subito la sua corsa, ma rimase per qualche istante fermo alla banchina. In quel preciso momento la donna staccò lo sguardo dal nulla e si alzò procedendo in direzione del tram portandosi dietro il suo prezioso carrello. Si fermò sul ciglio del marciapiede dando un'occhiata in direzione di Alice, sciolse la mano dal suo forziere e lo avvicinò al vetro. Posò delicatamente alla gelida piastra trasparente il palmo, mostrando il simbolo, seguito dal suo sorriso alternato e ingiallito. Alice, intimorita da quel gesto, fece un balzo senza però riuscire ad indietreggiare abbastanza per potersi sentire del tutto al sicuro. La calca sui mezzi nell'ora di punta non le avrebbe mai permesso di mettersi al riparo da quell'inquietante personaggio. A un tratto, però, il suo sguardo puntò in direzione del palmo raggrinzito. Sgranò gli occhi cercando di mettere a fuoco come poteva quel mistero che pochi secondi prima l'aveva attratta. In quel momento il tatuaggio appariva più grande e più marcato. Le linee, che poco prima sembravano quasi invisibili, ora erano ben chiare e nitide. Come mai me lo sta mostrando? pensò Alice. Il tram ripartì, dissolvendo quella domanda con una folata di vento. Alice provò a seguire la donna con lo sguardo, incollandosi al vetro per osservarla ancora per qualche istante, ma riuscì solo a scorgere la sua sagoma che lentamente recuperava il suo adorato carrello per poi dirigersi nella direzione opposta svanendo nel nulla misteriosamente, dietro la pensilina.
Silvia Corradi
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