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Autore: Mattia Cagalli
Eternal Kaos
Fantascienza
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Eternal Kaos
Il V-train sfrecciava a seicento chilometri all'ora, partito da Padova in direzione VeniceLand. Non erano previste fermate intermedie. I passeggeri, per la maggior parte dipendenti del parco divertimenti e qualche turista che non poteva permettersi di alloggiare nei costosi hotel sotto la cupola, indossavano la maschera antigas anche all'interno dei vagoni. Nonostante la compagnia ferroviaria garantisse una qualità dell'aria a livelli accettabilmente respirabili.
Max era salito alla fermata di Marghera, il suo viaggio sarebbe durato un minuto e venti secondi. Nemmeno il tempo di soffermarsi a guardare lo spettacolo trasmesso dagli schermi posizionati lungo le fiancate interne dei vagoni. A quella velocità non aveva alcun senso avere dei finestrini, oltre a indebolire la struttura, non avrebbero offerto alcuna visione ai viaggiatori. Così gli schermi riproducevano una ricostruzione digitale del paesaggio che si poteva vedere dai treni di cento anni prima.
Il treno pneumatico fu un regalo alla città di Venezia da parte di una società svedese. La Infinity, azienda nata a Uppsala nel 2099, decise di donare il primo prototipo di mezzo di locomozione pneumatica al mondo, a quella che riteneva la città più bella del Mondo.
La Corporazione Zhang che letteralmente “acquistò” la Laguna dallo Stato Italiano, accettò di buon grado.
Le spese per la realizzazione della cupola e il restauro di Venzia post apocalittica innondazione furono già abbastanza ingenti.
Il V-train era l'abbreviazione di Vactrian, parola inglese composta dai termini vacuum e train. Letteralmente treno a vuoto, sistema su rotaia a levitazione magnetica. Il treno si muove all'interno di una galleria in gran parte sottovuoto e l'assenza di resistenza dell'aria, permette vigig a velocità ipersonica. Con un ridotto spreco energetico.
La locomotiva attraversò la cupola e concluse la sua corsa in quella che un tempo era conosciuta come stazione ferroviaria di Santa Lucia. Ora era nota semplicemente come VeniceLand Terminal. All'apertura delle porte Max fu il primo a scendere, si tolse la maschera, liberando lo sguardo e le narici. Camminava verso l'uscita mentre la mandria umana alle sue spalle, che quotidianamente si riversava nella città-parco, lo superava per correre ad accaparrarsi gli aquataxi, i monopattini a noleggio o un posto sui sub traghetti. Erano rimasti in pochi a preferire muoversi a piedi.
Il palazzo da cui era arrivata la chiamata, era un edificio di proprietà della Corporazione; la vittima, una dipendente del Museo Correr. Non aveva ancora esaminato il corpo, né analizzato la scena del crimine, ma Max poteva già immaginare le cause e le ragioni della morte. Lo presagiva nelle ossa, come ogni volta che un crimine lo coinvolgeva.
Max alzò lo sguardo e socchiuse gli occhi a fessura. La ridotta illuminazione solare e gli specchi giganti installati per sfruttare la bassa albedo del mare erano insufficienti a garantire la luce necessaria alla città-parco. Per questo erano stati montati dei fari sospesi che si spostavano seguendo i movimenti degli abitanti, aumentando o diminuendo l'intensità a ogni passaggio. In quel momento il faro sopra di lui aveva impostato la luminosità massima.
Nella testa di Max frullavano mille pensieri, la “regressione”, da quando era stata confermata e divenuta di uso comune, portò a diverse tragiche conseguenze. Linda Wu, la giovane vittima di quel giorno era sicuramente una di queste. Gli esperti sono infatti concordi che nelle menti più deboli la conoscenza del proprio passato influisse eccessivamente il loro presente. Gli psicologi ritenevano che taluni non fossero in grado di accettare il proprio io e le proprie colpe passate. Fino all'estremo gesto per senso di colpa.
All'arrivo, alcuni agenti occupavano il portone d'ingresso, bloccando i curiosi e un paio di giornalisti che Max riconobbe di vista. Lungo le scale le Guardie della Corporazione osservavano la situazione senza intervenire, ma tenendo tutto sotto controllo.

Il detective Max Lee era un uomo taciturno, capace di intere giornate senza proferire parola. Con un senso integerrimo della legge, viveva giorno per giorno nella convinzione che solo seguendo le regole era possibile mantenere l'ordine. Eppure, mal sopportava interagire con la visione della giustizia della Corporazione, i rapporti tra diverse forze dell'ordine avevano sempre portato a una perdente competizione piuttosto che una proficua collaborazione. Meno ci parlava, meno si confrontava, meglio stava. E lo stesso sicuramente valeva anche per le Guardie nei suoi confronti. Fu comunque costretto a far leggere il proprio QR-code un paio di volte a due di loro prima di raggiungere la stanza dove giaceva il corpo. La sicurezza sulla verifica dell'identità non era mai troppa.

Linda Wu, ventitré anni, capelli biondi e occhi verdi. Il corpo leggermente in sovrappeso per il metro e sessantasei di altezza, nudo e immerso nella vasca da bagno, come in uno stagno d'acqua rosa. Suicidio. Taglio alle vene dei polsi. Tagli efficaci e quindi mortali, in verticale. Era chiaro che sapeva quello che stava facendo, non era una richiesta d'aiuto. L'aiuto non l'aveva chiesto né trovato.
Max superò gli uomini della scientifica e si abbassò per osservare lo sguardo della donna. Le sollevò le palpebre e la fissò intensamente; come se potesse trapassare i globi oculari e raggiungere la sua mente.
Nonostante i suoi occhi fossero difettosi ormai da anni, vista annebbiata, con sfarfallio persistente.
Quelli originali, che Madre Natura gli aveva donato, li aveva persi in un incidente automobilistico e le protesi, gli innesti che l'assicurazione Experience gli aveva garantito erano ormai anticaglia.
Prima o poi avrebbe trovato il coraggio e soprattutto le crypto per una riparazione o addirittura un nuovo sfavillante modello. Quel tempo però, non era ancora giunto.

Rashid Witell, il medico patologo, osservò la scena e non si azzardò a richiamare l'attenzione di Max. Sapeva che quel rituale era parte integrante del suo metodo d'indagine. Restò in piedi alle sue spalle, in attesa delle domande di rito che ben presto arrivarono – Ora del decesso?
Rashid abbassò la testa verso lo schermo del termo-scanner per leggerne i dati.
– Sicuramente alle 23.05 di ieri notte, nessuno sembra aver sentito nulla.
Max portò le dita della mano sinistra tra i capelli, si mosse lentamente avanti e indietro lungo le mattonelle del bagno, osservando ogni quadrato alla ricerca di un segnale, un flash, un indizio. Istintivamente alzò la testa
– E l'arma del suicidio? L'avete trovata?
Rashid si sfiorò il dorso delle mani, uno strato protettivo di colore blu intenso si diffuse sulla sua pelle.
– L'abbiamo già crio-sigillata, puoi vederne l'ologramma sulla mia mano.
Il medico strinse il pugno destro, quando lo riaprì, la riproduzione tridimensionale di un vecchio rasoio da barba si materializzò fluttuando. Il detective Lee allargò l'oggetto virtuale, rigirandolo a trecentosessanta gradi per cogliere il più piccolo particolare. Apparentemente un banale rasoio da barbiere dei primi del Novecento. Nessun uomo contemporaneo userebbe più un simile arnese, una donna poi. Era suo? O qui viveva anche qualcun altro? Max lasciò la domanda insinuarsi nei meandri della sua mente, immaginando di chiuderla in un cassetto del cervello. Decise di abbandonare la stanza per esaminare il resto della casa. Prima però, si trovò a malincuore costretto a rivolgersi a una Guardia – La signorina o signora era stipendiata direttamente dalla Corporazione?
L'ambiguo individuo si limitò a balbettare poche parole - Come tutti i lavoratori a VeniceLand.

L'alloggio era ben arredato, seppur con un gusto minimalista, lo stretto necessario per una vita dignitosa tra un giorno di lavoro e l'altro. Era stata fortunata ad ottenere una sistemazione sotto la cupola. I letti a VeniceLand erano quasi esclusivamente per i turisti, coloro i quali mantenevano economicamente la città. A parte questi, solo qualche riccastro raccomandato e dipendenti con compiti di vigilanza avevano un tetto sotto la cupola.
Nulla era fuori posto, ma strati di polvere palesavano il disinteresse della ragazza verso l'abitazione. Probabilmente la usava come pied-à-terre, il suo QR-code infatti ne rivelava la residenza nel distretto di Treviso.
Max trovò interesse verso una scrivania, unica fonte di disordine. Il cassetto ad apertura digitale era stranamente aperto, ma non vi era nulla a parte una vecchia scheda SD. Un formato di ormai difficile lettura. Cosa poteva contenere? Max ipotizzò vecchie fotografie di una macchina digitale dei primi anni del XXI secolo e conosceva chi gli avrebbe dato la risposta. Infilò la scheda nella custodia del cellulare e continuò il giro.

Il corpo di Linda fu occultato in un sacco nero, alcuni uomini a servizio del coroner, la caricarono su un elettro scafo. Probabilmente Lee sarebbe andato a dare un'altra occhiata al cadavere in un secondo momento. Seppur certo del suicidio, un'analisi più approfondita avrebbe potuto dare risposte inaspettate. Solo fino a qualche mese fa non lo avrebbero mai convocato per un anonimo dipendente che si toglieva la vita, ma ora erano al quarto misterioso addio volontario a quel mondo. Quattro nell'arco di tre mesi.
Rashid si ricordò di avere una vita oltre la polizia - Ehi Max, dopo questa storia ci sta un drink al Doge Rosso.
Max si inginocchiò per guardare sotto il letto, la voce gli usciva strozzata per lo sforzo
– Mi piacerebbe, ma stasera mi aspetta una interessantissima videochiamata con la mia ex moglie e il suo avvocato. Vuoi unirti a noi?
Allungò la mano sotto il materasso e quando la ritirò stringeva uno smartphone con lo schermo acceso. Rashid si limitò a ridere, prima di sparire alla luce artificiale della città.
Lo smartphone era un vecchissimo modello Samsung del 2121. Ne aveva regalato uno identico a sua figlia a Natale di quell'anno, un dono riciclato che la ragazza non apprezzò. Il simbolo della batteria lampeggiava sullo schermo, era necessaria una ricarica urgente se voleva ispezionare subito il contenuto. Purtroppo il blocco schermo era a riconoscimento d'iride.
Max corse all'esterno del palazzo, fortunatamente l'elettro scafo non era ancora salpato.
Quindi, dopo aver sbloccato lo schermo il detective aprì vocalmente il registro delle chiamate e quello dei messaggi e ne trovò uno da un numero sconosciuto.
Poche righe in entrata “Lo chiamiamo Nelum”. Appena in tempo, la batteria sospirò. Max consegnò il dispositivo alla scientifica che, come con il resto degli indizi, venne immediatamente crioconservato.
L'elettro scafo cominciò a muoversi lentamente, il sacco nero ondeggiava e l'immagine ricordava a Max quella del Caronte mitologico. Dove sarebbe andata l'Anima di Linda? Una domanda a cui la scienza aveva dato risposta.
Trasformata in pura energia, avrebbe atteso nell'universo interconnesso. Vibrando.
Comunicando a livello quantico, scambiando con il Tutto, energia e informazioni, fino al momento di ricongiungersi con una nuova materia umana.
Niente paradiso, niente inferno, le religioni avevano perso di significato. Esisteva solamente un limbo invisibile all'occhio umano.
Per quanto tempo tempo vi sarebbe rimasta? Giorni, mesi, forse anni, fintanto che un nuovo corpo fisico non l'avresse attratta. Con forza maggiore.

Mattia Cagalli

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