Il Destino dei Quattro Cavalieri
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Cronache di Eden. Il sogno di Maia.
“Maia addormentati, un Angelo ha un messaggio per te”. Maia si rigira nel letto, è una notte molto inquieta, agitata e lei non capisce se quella voce è realtà o sogno, così socchiude le palpebre per fare buio intorno a sé ma al posto dell'oscurità una luce bianca si espande avanti a lei: Maia percepisce l'imminenza di un avvenimento straordinario e si abbandona, si rilassa, si libera di ogni pensiero, finché il volto di una donna le si materializza di fronte. Il viso è sereno e rassicurante, la sua espressione è beata, accogliente e, anche se non sta sorridendo, la osserva con benevola compassione prima di prendere la parola: “La vita è una linea: ha un inizio ed una fine. Tu allungala Maia. Il numero sette è il numero della vita, è il numero della famiglia. Segui il numero sette. Ci sono sempre due angeli al tuo fianco, non sei sola. Questo è solo l'inizio, molto altro ti sarà svelato”. Così come è arrivata, la sua immagine di dissolve. Maia si sveglia di soprassalto senza riuscire a mettere a fuoco quanto le è appena successo; si sente scossa, incredula, agitata, cosciente che qualcosa di magico e potente si sia appena catapultato nella sua vita. Di nuovo. I suoi pensieri tornano a Eden, a quel posto magico e meraviglioso dove la sua vita aveva preso forma, aveva trovato uno scopo, dove si era liberata di tutte le catene che le sue origini, il suo passato, la sua famiglia, il suo stato sociale le avevano imposto quando il Mondo era diverso, quando era diviso a metà e nessuno poteva infrangere le regole; quando la libertà era un miraggio così come l'espressione delle emozioni dell'uomo, schiavo delle performance produttive o della criminalità. Questo sino a che lei, Chiara, Lean, Erian, Richard e tutto il popolo di Eden avevano compiuto il destino del Mondo, portando valorosamente a termine la Missione e convincendo il Dio dell'Amore ad esaudire il loro desiderio; cancellare dalla Terra e dalla sua memoria, l'organizzazione e le regole che il Nuovo Ordine avevano imposto. Maia sospira, con un pizzico di nostalgia: non tornerebbe indietro mai e, per nulla al mondo, cambierebbe la sua vita attuale con quella passata, ma non può mentire al suo cuore: quella passione, quel coraggio, quel senso di appartenenza ad un progetto universale, di cui lei aveva fatto parte, non era mai più tornato a farsi sentire nel suo cuore; quella sensazione magica di stringere il mondo tra le mani, di sentire un amore etero avvolgere ogni persona, luogo, animale era un lontano ricordo e questo ogni tanto le faceva sentire un doloroso vuoto che la schiacciava nel baratro delle sue fatiche e delle sue paure, annullando ogni stimolo a reagire, a provare a ricreare quello spirito. Questo sogno le risveglia qualcosa. Quella parte mistica e magica di sé è ancora viva, è lì che la attende e aspetta che lei si risvegli, che si ricordi di chi è, dei suoi sogni e delle sue potenzialità. In fondo lei è stata la Guerriera, un tempo. Si alza dal letto, ma il piede le duole ancora: quella ferita maledetta stenta a rimarginarsi nonostante le continue medicazioni; il morso di quella bestia nel bosco non accenna a sparire; neanche il riposo forzato, imposto dalla terribile situazione che il Mondo intero sta attraversando, sembra essere di una qualsivoglia utilità. Si sdraia nuovamente e si volta alla sua destra. Lean dorme sereno accanto a lei, il suo respiro è regolare e la sua espressione è rilassata. Maia benedice ogni giorno quel destino che le ha permesso di trovare la sua anima gemella. Lean è davvero il suo pezzo mancante, colui che ha aperto la porta del suo cuore e l'ha liberata dalla sua prigione emotiva: lei che, durante gli anni dell'adolescenza, pensava di essere un brutto anatroccolo, troppo timida, troppo schiva e troppo seria per poter essere notata da qualche ragazzo. Eppure, proprio lei con quel carattere spigoloso e scontroso, estremamente puntiglioso e intransigente aveva fatto breccia nel cuore di un vero cavaliere che aveva saputo decifrare la sua mente e la sua anima, permettendole di completare il suo destino e con esso quello del Mondo. I primi anni dopo Eden le erano sembrati meravigliosi: per la prima volta nella sua vita assaporava la gioia di un'esistenza serena, gioiosa, giocosa, eccitante. Il Mondo non era più in pericolo, l'uomo era di nuovo libero, ognuno poteva scegliere di costruirsi il futuro secondo le proprie aspirazioni, talenti, volontà e lei poteva esprimere tutto il suo amore e tutta sé stessa. Anche i suoi lineamenti spigolosi e determinati si erano ammorbiditi lasciando spazio a morbidi sorrisi e forme più arrotondate; lei stessa era riuscita a imporsi meno regole, aveva imparato a riconoscere diverse sfumature di grigio tra il nero ed il bianco, ad accettare con meno fatica i propri limiti e le proprie difficoltà, ad accontentarsi anche quando non poteva essere al Top. L'Amore di Lean riempiva tutte queste lacune rendendole la vita più leggera, più semplice, più bella. Finalmente anche lei poteva dire di amare la vita, di volerne godere ogni attimo, ogni momento, in ogni respiro. Poteva dire di essere felice. Poi, con Chiara ed Erian avevano fondato un'associazione culturale formativa per ragazzi attraverso la quale potevano mettere a frutto concretamente quando avevano sperato e per cui avevano combattuto a Eden. Il progetto, avviato a livello locale si era poi esteso con varie sedi in tutto il mondo. Quella era la loro speranza: portare l'Amore partendo dai ragazzi, lavorando sui loro sentimenti, sulle loro emozioni, sui loro talenti. Tutti e quattro avevano investito ogni energia in questo grande sogno: Maia si occupava della parte legale, Lean dei rapporti istituzionali, Chiara era responsabile dell'area Educativa ed Erian della ricerca scientifica dove poteva esprimere le sue potenzialità e la sua genialità. Dopo qualche anno, Chiara ed Erian si erano sposati ed avevano dato alla luce la loro prima figlia, Diamante, in onore del grande Re Leone di Eden, ed un po' alla volta si erano allontanati dalla gestione diretta dell'associazione per occuparsi della loro nuova famiglia, delegando le attività a nuovi giovani pieni di talento e speranza. Lo stesso era avvenuto per lei e Lean, che, quando si erano sentiti pronti, si erano sposati coronando il loro sogno d'amore, avendo in mente uno stupendo progetto di vita, fatto di impegno, di scelte consapevoli, di obiettivi e speranze, sicuri che davanti al loro amore nulla avrebbe potuto. La loro prima figlia era arrivata come un miracolo poco dopo le nozze e rappresentava il perfetto coronamento nella costruzione della famiglia. Da quel momento Lean non era più riuscito a trattenere la felicità, si sentiva l'uomo più fortunato del Mondo: una moglie che amava alla follia, bella, determinata e coraggiosa, che portava in grembo una parte di lui, la sua eredità per il mondo, una giovane anima che avrebbe amato, protetto, educato e cresciuto come “uomo nuovo”; il futuro di un'umanità che non avrebbe mai più permesso ad un “Nuovo Ordine” di instaurarsi e comandare. Vedeva le forme di Maia cambiare giorno per giorno e, per quanto avesse particolarmente sentito la nascita di Diamante, nulla poteva essere paragonato all'esperienza di sapere che un piccolo essere si stava formando lì vicino a lui, suo papà. Faceva molta fatica invece a comprendere i sentimenti di Maia. Quella felicità spensierata e gioiosa, che aveva contraddistinto i loro primi anni nel mondo, aveva lasciato posto a tensioni e preoccupazioni. Quello che avrebbe dovuto essere il momento più alto della loro felicità del loro amore, spesso era disturbato da paure, timori, preoccupazioni. Con il tempo, nell'impossibilità di vedere in lei un cambiamento, aveva deciso di non darvi troppo peso, convinto che si trattasse solo di un momento, il più delicato per una donna, che presto sarebbe passato. Maia invece stava vivendo una tempesta dentro di sé. Nonostante avesse potuto sperimentare l'amore ed il sentirsi amata in maniera totalizzante, l'esperienza della maternità stava aprendo ancora nuovi cassetti nascosti della sua anima e della sua mente. Nonostante pensasse di aver provato tutto nella sua vita, i più terribili pericoli, le insidie, la fatica e la solitudine, questa volta e per la prima volta in assoluto, le sembrava di camminare su un filo instabile: il dolore e lo sconforto, nel suo passato non le avevano impedito di disegnare rotaie ben salde su un sentiero diritto, anzi, ad ogni difficoltà corrispondeva una strada ancora più rigida. Qualsiasi cosa fosse potuta accadere se avesse proseguito su quel sentiero, a volte più lentamente, a volte zoppicante, sarebbe arrivata alla meta. Quell'esperienza non poteva promettere nulla: ciò che stava prendendo vita dentro di lei era totalmente fuori dal suo controllo, dalla sua volontà, dalle sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. Eppure, anche se non la vedeva, non la sentiva ed era solo un piccolo puntino di qualche millimetro, quel piccolo essere che cresceva dentro di lei era diventato la cosa più importante della sua vita. Il piccolo cuoricino batteva all'unisono con il suo, si cibava di quello di cui si cibava lei, respirava l'aria che respirava lei, soffriva per i suoi malanni, godeva della sua salute. Era impossibile studiare e mettere a punto un piano che assicurasse il raggiungimento dell'obiettivo, non vi era nulla di certo. Quella vita era stata un miracolo che cresceva, si evolveva senza che nessuno potesse condizionarla o modificarla. Tutto ciò le creava quella stranissima sensazione di perdita di equilibrio, di vuoto sotto i piedi, di precarietà assoluta: per quanto si sforzasse di compiacere Lean, che sembrava vivere una favola, non riusciva a godersi quei momenti unici. Si sentiva incapace di accettare la sua condizione e di affidarsi a quell'Universo che già una volta l'aveva salvata, si sentiva sempre sotto osservazione e nessuno per quanto bene le volesse, riusciva a capire quali sensazioni ed emozioni la stessero così tanto sconvolgendo. I mesi erano passati ed era giunto il momento: la piccola Moon era nata in una fredda e buia notte d'inverno, il cielo era terso e l'acqua gelida. Dalla finestra Maia poteva osservare il fumo che usciva dalla bocca della gente che parlava, mentre si tormentava per la paura dei dolori che l'avrebbero attesa e per quel senso assoluto ed opprimente di inadeguatezza che le permeava corpo e mente. Non si sentiva più sicura di nulla, di chi fosse, divisa tra un amore folle ed una paura cieca. Per un momento aveva deciso di abbandonarsi in uno sguardo al cielo ed una splendida luna, piena, candida, delicata, fresca, si era proposta improvvisamente davanti ai suoi occhi. Ad un tratto le era sembrato quasi che sorridesse prendendo le sembianze della mamma di Lean. Luna era stata come una mamma per lei: l'aveva accolta, accudita, attesa; l'aveva sostenuta e spronata. La piccola Moon venne alla luce e si mostrò in tutto il suo splendore; era bellissima, candida, delicata, quasi eterea. Lean la prese tra le braccia e a Maia parve di vedere un cerchio di luce avvolgerli prima che la piccola venisse adagiata sul petto della madre: nulla al mondo, conosciuto e sconosciuto poteva essere paragonato a quella sensazione infinita e magica di sentire il respiro del proprio figlio sul petto, con i pugnetti chiusi e il corpo rannicchiato ancora in posizione fetale. Maia percepiva in sé la forza creatrice dell'Universo, di quel miracolo chiamato Vita reso possibile dall'Amore. L'Amore, era sempre e solo l'Amore la chiave di volta del tutto, dal respiro di Moon al destino del Mondo, ma in quel momento il respiro di Moon contava molto di più dell'intero Pianeta. Ecco che in Maia prendeva forma un nuovo sentimento, qualcosa di inaspettato, imprevisto, inatteso: quella creatura così vulnerabile e delicata era diventata la ragione stessa della sua vita: per nulla al mondo avrebbe permesso che le venisse fatto del male. Quel sentimento chiamato Amore si stava evolvendo in qualcosa di diverso, qualcosa più vicino ad un senso di protezione, cura e persino possesso. E forse fu quello il suo errore più grande: lei era cresciuta in una giungla solitaria di presenze e sentimenti, Moon sarebbe stata inondata di attenzioni e cure. Da quel momento in avanti la sicurezza, la crescita fisica e spirituale di Moon sarebbe stata il suo obiettivo, il suo compito, la sua responsabilità, la sua unica ragione di vita. La sua Missione. Lean guardava sua figlia evolvere e risplendere e nulla di più avrebbe potuto riempirlo di gioia. Lui che era cresciuto in una Missione nel mondo sottosviluppato, aveva da sempre sognato una famiglia sua; quel nucleo intimo caldo protetto che il fato gli aveva negato da bambino costringendolo a mettere a rischio da subito l'esistenza sua e quella di sua mamma, Luna. Il suo amore per Maia non era cambiato anzi, il fatto che fosse diventata la madre di sua figlia lo riempiva di orgoglio. Era bella, nonostante i cambiamenti fisici, la stanchezza e le difficoltà di essere una giovane madre, ma spesso stentava a riconoscerla: dove era finita quella ragazza che armata solo di coraggio e spirito di avventura aveva sfidato il male? Dove era finita la sua passione per il mondo, la sua tenacia, la sua volontà? Sembrava che sua moglie fosse intrappolata in strette reti che non la lasciavano respirare. Soltanto quando la abbracciava e la baciava sentiva ancora i suoi brividi, la sua tenerezza nell'abbandonarsi tra le sue braccia e respirare con la stessa frequenza del suo cuore. A Maia pareva di essere affossata dentro un tunnel, ma era abituata alla sofferenza ed alle rinunce: la sua missione ora era far crescere Moon in salute, bellezza, intelligenza e educazione. Amava Lean oltre ogni limite, tuttavia non si sentiva più sicura della sua fisicità, così sconvolta, modificata, martoriata dal parto, dall'allattamento, dalla privazione del sonno ed ogni suo pensiero ed energia erano rivolte alla piccola. Tuttavia, quando lui la abbracciava lei si sentiva ancora la più bella e la più fortunata del Mondo, e assaporava, per qualche momento, quel trasporto spensierato che l'aveva fatta sognare sin dalla prima volta che Lean l'aveva baciata. Quelli erano gli unici momenti in cui si ricordava che cos'era stata la Guerriera. Ci vollero diversi anni prima che Maia e Lean potessero ritrovare un equilibrio di pace e serenità dando alla luce altri due figli, Jane e Alexander: ogni inizio era stato sempre più complicato e sfidante ma Maia aveva ormai segnato il percorso, la sua Missione ora era diventata più definita e aveva imparato a condurla, aveva imparato a convivere con le sue paure, ma non le aveva sconfitte. Gli impegni di una famiglia numerosa e la stanchezza cronica, la aiutavano a “dimenticare” o nascondere tutta quella massa di ansia che le schiacciava con forza mente e cuore. Jane era un portento, una forza della natura, un fulmine a ciel sereno, un'iniezione di energia sconvolgente. Aveva sempre un pensiero per tutti, cercava di proteggere ogni persona, di custodire il bene della famiglia nel suo piccolo corpicino. D'altro canto, era forte, determinata e, molto spesso, tendeva a voler primeggiare. La sua bellezza era travolgente, proprio come il suo carattere: la sua potenza si scontrava con le forme morbide e accomodanti, i biondi capelli ondulati e gli occhi verdi talmente profondi che guardandoci dentro si intravedeva l'origine dell'arcobaleno. Alexander era un piccolo pensatore: ogni tanto, osservando i suoi occhi, i genitori si domandano se ci fosse un adulto rinchiuso in quel piccolo corpo. Lui scrutava tutto con grande attenzione, ascoltava ogni parola e poi utilizzava i concetti, rendendoli propri: era bravissimo a esprimere i suoi sentimenti. Ecco lui era davvero libero, con la leggerezza di quell'animo puro che ancora non era stato contaminato dall'orgoglio e dall'invidia umana, tuttavia era furbo, scaltro, intelligente capace di spuntarla in qualsiasi situazione. E poi era così bello, bello e impossibile, con grandi occhi neri che sapevano osservare con profondità sconcertante, soprattutto quando il suo piccolo viso si scioglieva in un sorriso intriso di gioia e felicità. La piccola grande Moon cresceva in bellezza e salute. Nonostante fosse la primogenita per Maia restava sempre la più vulnerabile. Moon era delicata in ogni suo aspetto: aveva un corpo snello, seppur muscoloso e forte, i lineamenti del viso ricordavano raffigurazioni di donne e uomini ellenici, dalla simmetria perfetta, con i lunghi capelli ricci e biondi e occhi con sfumature che andavano dal verde al giallo, come il sole. Aveva una sensibilità fuori dal comune, ogni cosa per lei era vissuta con estrema gioia o estremo dolore e questo suo essere candida, pulita, timida la portava spesso a subire gli atteggiamenti di qualche ragazzo o ragazza più determinato e furbo di lei. Lei incassava, e lottava ma non aveva ancora trovato la sua arma per difendersi dal Mondo. Questo l'aveva resa nel tempo insicura e permalosa...perché ogni parola crudele a lei rivolta era come una pugnalata nel cuore. E così pugnalata su pugnalata dentro un aspetto dolce e delicato stava nascendo una guerriera, capace di smuovere le montagne a piccoli passi... Nonostante ciò, Maia non si rassegnava all'idea di lasciarla andare, di lasciarla soffrire di lasciarle fare la sua scalata nel mondo.... per qualche oscura ragione continuava a volerla vedere protetta, quasi di più dei suoi fratelli che per quanto più piccoli considerava più astuti. --- Maia si alza, non riesce più a prendere sonno. Il ricordo di quel sogno magico la fa sentire tremendamente disturbata. Qualcosa sta accadendo, e forse è il momento di tornare ad agire. Va in cucina e passando dalla cameretta dei ragazzi non può fare a meno di controllarli. Si affaccia e si accerta di vederli muovere, di vederli respirare, dormono come angioletti. Sposta leggermente le tende, un fioco sole sta per affacciarsi all'alba di un giorno nuovo: il silenzio e la desolazione imperversano là fuori per strada. Fino ad un mese fa a quell'ora il mondo era già in movimento, auto che si muovevano nella penombra, i primi lavoratori alle banchine del bus, giovani che avevano fatto tardi la sera e si apprestavano ad abbandonarsi tra le braccia di morfeo quando il resto del mondo si svegliava. Nulla, ora non c'è nulla: non ci sono auto, non ci sono pullman, non ci sono persone. Tutto tace, tutto è vuoto. Il mondo interno è sospeso in attesa che questa tremenda pandemia finisca e faccia tornare la libertà. Questo virus letale ha messo in ginocchio tutti, ma allo stesso tempo ha messo tutti sullo stesso piano: non conta chi abbia più o meno soldi, chi faccia un lavoro più o meno importante, chi sia più o meno famoso, più o meno bello. La libertà non si può comprare. Questa piaga terribile sta, in un modo o nell'altro, ricordando che cosa conta davvero. E davvero contano gli affetti che non chiedono soldi, che non chiedono sconti. Anche lei si sente un gatto in gabbia, l'incertezza, la mancanza di un tempo “fine” e la solitudine sono sue nemiche da sempre. Sospira, mentre pregusta il sapore del caffè caldo che sta pian piano salendo dalla moca, poi un pensiero le passa per la testa ...se il sogno fosse collegato a questa situazione? “Devo chiamare Chiara! Adesso”.
Maddalena Tosi
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