Lettera al mio amore. Il fioccare della neve divenne turbine quasi all'improvviso. Il grande albero al centro della piazza spariva alla vista, e qua e là si intravedevano solo i piccoli flash delle lucine di Natale. Mentre rabbrividiva, Marta decise che quello sarebbe stato davvero un Natale diverso. Non più i soliti litigi con Vanni, immancabili anche durante le feste. Gli aveva preparato la cena della vigilia scegliendo tutte le cose che a lui piacevano. Lo spumante era nel frigo, la lettera l'aveva attaccata all'albero con una molletta rossa, proprio accanto al divano, dove lui sedeva sempre. Si era alzata dalla panchina e camminava avanti e indietro, osservando i “Grandi Magazzini” ormai chiusi con le luci accese a intermittenza. Doveva solo aspettare che lui venisse a prenderla. “A quest'ora deve aver letto la mia lettera. Sarà qui a momenti” pensava, fiduciosa. Vanni era arrivato a casa in ritardo, a causa del traffico e della nebbia. Appena girata la chiave nella toppa, lo aveva investito, un delizioso profumino. La cena era pronta. L'atmosfera era accogliente. La tavola apparecchiata per due. C'erano le candele rosse al centro della tovaglia con le renne, i bicchieri di cristallo, l'albero addobbato con le luci accese. - Marta, dove sei! - Nessuno rispose. Vanni la cercò in camera, in bagno, in ogni angolo. - Marta, ma dove sei finita. Martaaa! - La casa era immersa nel silenzio, sua moglie non c'era. “Forse ha dimenticato qualcosa ed è scesa a comprarlo. Poteva avvertirmi, però!” Decise di fare una doccia, mentre aspettava sua moglie. Passò mezz'ora. Vanni lavato e profumato andò in cucina. Tutto era pronto, mancava solo lei. “Adesso però mi sente, cosa aveva da fare così urgente da non potermi aspettare?” Prese il cellulare e fece il numero di Marta. - L'utente non è al momento raggiungibile... - Decise di aspettare ancora un poco, poi l'avrebbe richiamata. Sedette sul divano e accese la televisione. Si sentiva l'atmosfera del Natale, anche attraverso il video e lui invece era lì da solo, che brutta sensazione. Cominciò a sentire dei crampi allo stomaco. Fu in quel momento che si accorse che all'albero era attaccata una lettera, bianca, con una molletta rossa, spiccava tra il verde dei rami. - Che diavolo significa? - Impaziente l'aprì e lesse: Lettera al mio amore Mio amore, sai che purtroppo sono avara di parole, mi rigirano in mente e non le riesco a dire. Per questo ti scrivo, per arrivare al tuo cuore lentamente, per dirti che tutte quelle cose che hanno avvelenato i nostri giorni sono solo da cancellare. Da stasera cominceremo una nuova vita, sorretti dall'amore infinito che ci unisce. Mio amore, ti ho sempre respirato, in ogni attimo di vita, in tutti gli istanti di gioia vissuti insieme e nel tormento che, pure amandomi, mi hai regalato, perché io non ero capace di essere come tu volevi. Mi hai fatto soffrire molto: ogni parola brusca, ogni tuo sguardo scuro mi causavano un tremendo dolore. Il troppo pianto aveva spento la mia voce ed ero diventata un monosillabo vivente, dicevo solo sì, oppure no. Non facevo che ripetere le tue parole: “Non vali niente...” Ogni volta che eri troppo vicino mi sentivo oppressa e soffocata. Quel tuo modo di amarmi così totalitario e assoluto mi annientava. Ma adesso ricominceremo tutto da capo, dal punto di partenza. Ti aspetto, lì dove ci siamo conosciuti: sarà un Natale fantastico, una rinascita. Prima però c'è una cosa che devi sapere. Noi ci siamo sempre detti tutto, anche i pensieri più segreti. Qualche mese fa ho pensato di allontanarmi da te. Credevo di poter assaporare una semplice pace, che non dava dolore, che non bruciava le viscere. Ho pensato di tradirti, mio amore. Perdonami se puoi... A questo punto Paolo interruppe bruscamente la lettura. - E brava Marta, ma non la passerai liscia. Vediamo dove vuoi arrivare... - disse sarcastico. E continuò a leggere: ... Avevo incontrato uno, per caso, e mi era sembrato la persona giusta. Sono andata a casa sua. C'era un caos incredibile, persino un calzino sul tavolo di cucina. Ma insomma, nessuno è perfetto, anzi io sono proprio l'imperfezione in persona di che mi meravigliavo? Poi è andato a preparare il caffè mi ha detto: Siediti, ... - No, non posso continuare. Brutta zoccola. E me lo scrive pure. Schifosa. Proprio la notte di Natale che bel regalo mi hai fatto! - Preso dalla rabbia, strappò la lettera in mille pezzi e la gettò sul fuoco del camino. Poi per reagire alla cocente delusione si sedette a tavola e cominciò a mangiare con ingordigia. I tortelli gli parevano salati. Lacrime ribelli lo aggredivano di continuo. Stappò lo spumante e parlò alla bottiglia. - Ho intenzione di berti sai, fino all'ultima goccia... - Marta seduta sulla panchina rabbrividiva ogni volta che vedeva i fari di una macchina nella nebbia. - Perché non viene? Magari mi ha inviato un messaggio... - Cercò nella borsa il cellulare, inutilmente. Sgomenta si rese conto che doveva averlo perduto nel tragitto in treno. Era dunque bloccata in quel posto solitario che lei stessa aveva scelto. - Devo solo aspettare, sarà qui a momenti. - Intanto il tempo passava e a tratti cominciava a dubitare dell'arrivo di Vanni, ma subito ritrovava la certezza che sembrava vacillare; lui l'amava, sarebbe arrivato presto. “E se invece non venisse? Impossibile, io sono tutto per lui. Ho forse sbagliato a scrivergli quella lettera? No! Dimostra quanto lui sia importante per me. Vieni presto, Vanni, ho freddo!” si diceva. Rivedeva con la mente la lettera che aveva scritto, sapeva a memoria ogni parola, specie la parte cruciale che era stata decisiva nella sua scelta. ...C'era un caos incredibile, persino un calzino sul tavolo di cucina. Poi è andato a preparare il caffè e mi ha detto: Siediti, Carla. Capisci, quello non ricordava il mio nome! A te, mio amore, non è mai successo. Ho infilato la porta di casa e sono corsa via, non mi ha neanche richiamato. Adesso so quanto tu sei importante e unico per me e che una vita senza di te non avrebbe senso. Non saprei vivere, senza questo amore irriducibile che mi riporta a te, per me esisti solo tu. Ti aspetto alla panchina dei Grandi Magazzini. Lì ci siamo conosciuti. Ricordi? È solo a un quarto d'ora da casa. Chiamami. Ti aspetto, mio amore. La tua Marta. La nebbia era così fitta che non si vedeva quasi nulla e un senso di umido cominciò ad aggredirle la pelle. Si strinse ancor più nel cappotto e avvolse la sciarpa attorno al viso. Poi si alzò. Forse camminare le avrebbe fatto bene. Le gambe sembravano essersi addormentate, la bufera di neve faceva mulinelli intorno a lei. “Dei fari, ecco è lui. No! Sta proseguendo, non c'è anima viva. Perché ci metti tanto... Vanni ti prego, quanto potrò resistere in questo posto?” Andò ad appiattirsi contro la serranda del supermercato, così almeno si sentiva un poco più riparata. “Dunque, ho preparato tutto; sulla tavola, nel forno, nel frigo. Il regalo per lui è sotto l'albero: quell'orologio che gli piaceva tanto” pensava a qualsiasi cosa, pur di tenere la mente occupata e il tempo passava... Le lucine di Natale sembravano farle compagnia. Stava cominciando ad avvilirsi, quando un'ombra scura sembrò venirle incontro. - Vanni, sei tu? - Non ebbe risposta ma andò lo stesso ad avvolgerlo in un abbraccio. La mattina dopo una donna venne trovata assiderata davanti ai Grandi Magazzini, abbracciata strettamente a un albero al centro della piazza. Il mondo alla finestra
Era un giorno come tanti, uno di quei giorni che passano e neanche te ne accorgi. Le mele, nel cestino sopra il tavolo, erano rosse, come le guance della donna seduta accanto al fuoco. Piero leggeva in poltrona; ogni tanto vaghe scintille scoppiettavano. Era un giorno scuro, un giorno d'inverno. Affacciata sul camino, Azzurra guardava le lingue di fuoco che si abbracciavano mutando colore. Fuori, la nebbia calava sulle cose, fredda e insolente. Il vento a tratti veniva a bussare ai vetri, servendosi del ramo sporgente di un albero. “È come se qualcosa mi chiamasse.” pensò Azzurra. Un brivido la scosse, mentre si avvicinava alla finestra. Oltre il vetro c'erano solo stelle sbiadite a colorare il cielo. La pioggia improvvisò una danza frenetica, poi due gocce si fusero insieme e rimasero sospese nel nulla. - Azzurra, che fai lì? - - Piero, sto guardando il mondo. - - Addirittura. E si vede dalla nostra finestra? - - Se lo vuoi vedere, sì... - Piero sorrise e tornò a leggere, Azzurra a guardare fuori. Le persone sembravano sacchi scuri che tremolavano spinti dal vento, le auto parevano occhi famelici, di una bocca che ingoiava la strada. Gli alberi si piegavano lottando contro un nemico invisibile. Il cielo era diventato un foglio bianco, su cui una mano bizzarra si era divertita a colorare con un pennarello nero. Era come se, lì fuori, maghi e giocolieri nascondessero la realtà, lasciando vedere solo un ammasso confuso. Un cavallo senza padrone si fermò sotto un lampione e digrignò i denti come a voler sorridere, poi partì al galoppo spruzzando intorno acqua piovana. Un mendicante, con un cappello ormai pieno di pioggia, sostava all'angolo della strada. Alzò gli occhi verso la finestra e sorrise. Allora Azzurra guardò Piero che, serio, leggeva in poltrona. “Sorridimi. Il mondo è uno specchio rotto e fa vedere solo pezzi di sorrisi o sorrisi a pezzi, ma se guardo te posso vederne uno vero.” pensò. Lui era talmente immerso nella lettura che neanche sembrava accorgersi di lei. Azzurra tornò a guardare fuori. Arrivò una donna con una tuta bianca che si fermò al semaforo, incurante della pioggia. La cosa strana era che era calva, e osservandola meglio si accorse che non aveva la bocca e la guardava. - Piero, vieni a vedere. - Lui si avvicinò, ma quello che vide fu solo la normalità. Sospirando le carezzò i capelli: - Azzurra, quale mondo stai cercando? - - Quello in cui ci sia qualcosa di bello - disse lei. Sedettero sul divano. Quando più tardi la donna tornò alla finestra, tra i tratti di pennarello nero, nel cielo, c'era un pezzetto d'azzurro.
Liliana Tuozzo
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