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Autore: Giovanna Barbieri
L'accusa del sangue
Giallo Storico
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L'accusa del sangue
Prologo

Sabato - Palazzo Odasi

Un po' preoccupata, Lucrezia Barzi da Gubbio salì le scale in fretta, sollevando il bordo della semplice camisea e dell'elegante gamurra di velluto alessandrino per non inciampare, e si diresse verso la camera di Crezia. La governante personale della figlia non era riuscita a farsi aprire e, di solito, la porta della camera da letto della figlioletta non era mai chiusa con il chiavistello.
- Ho bussato e chiamato ma Crezia non mi ha risposto, madonna - si giustificò Gina tutta agitata. - Non era mai capitata una cosa del genere. -
- Crezia, cosa ti è saltato in mente di chiuderti in camera! La cena è pronta. Apri subito! - esclamò lei continuando a bussare con forza.
La bambina non rispose ai suoi richiami, non un suono proveniva dalla stanza. Convinta che la figlia stesse male, chiamò Lodovico e Antonio affinché buttassero giù la soglia di quercia. Quando infine, dopo molti urti, il piccolo gruppetto riuscì ad accedere, quello che vide li sconcertò e terrorizzò. Il locale era vuoto, tutto sottosopra e le impannate erano state squarciate con una lama affilata.
- Antonio, guarda, c'è una corda con rampino alla finestra! - esclamò sconvolto Lodovico. - La mia piccola è stata rapita. -
- La mia bambina! Dov'è Crezia? - gemette lei angosciata sentendosi mancare, ma Gina fu lesta a sorreggerla.
Quando si riprese, si accorse che la serva le aveva allentato i lacci di seta dorati che, incrociati da mani esperte, stringevano mediante occhielli metallici il busto della gamurra di velluto.
Quando corsero all'esterno, si accorsero che l'umidità della sera aveva favorito la comparsa di una fitta nebbia, insolita in quel periodo dell'anno. Nella corte interna, ingentilita da colonne sormontate da capitelli di tipo ionico, riuscirono a trovare solo il suo nastro dei capelli.
- La mia bambina - borbottò lei tra le lacrime stringendo a sé la seta azzurra.
- Sono stati gli ebrei, mio signore - disse Antonio roteando con le mani ruvide il cappello floscio. - La Pasqua ebraica si avvicina e tutti sanno che gli ebrei bramano il sangue dei bambini cristiani per i loro riti. -
- Andiamo dal Rabbino! - ordinò Lodovico sempre più preoccupato.
Rughe di profonda angoscia gli deturpavano la fronte e i lati della bocca quando partì con una fiaccola in mano in testa a un gruppo di cittadini, usciti dalle soglie a causa del trambusto, e di domestici. Anche Lucrezia Barzi si unì al gruppetto. Non sapeva a cosa credere, il marito si era sempre distinto per le sue conoscenze umanistiche e ora era una figura di rilevo tra i consiglieri del duca Guidobaldo e del suo tutore, come segretario e procuratore. Di certo non era un superstizioso, ma un buon cristiano.
Oltrepassarono quasi correndo il palazzo ducale e il duomo, infilandosi nelle strette viuzze che portavano alla Sinagoga, vicino alla quale abitava Abraham il rabbino. Molti urbinati si affacciarono sulle porte delle case e alle finestre chiedendo a gran voce spiegazioni per il tumulto a quell'ora di notte. Alcuni si unirono a loro, nonostante l'umidità crescente rendesse le figure umane simili a spettri infernali, altri invece richiusero le impannate, turbati per i loro cari. Erano partiti in venti da palazzo Odasi ma alla fine, quando giunsero di fronte all'uscio del Rabbino, la folla inferocita contava più di cinquanta cittadini.
- Rabbino, dov'è la mia bambina? - urlò Lodovico con una fiaccola in mano, pronto a dare alle fiamme quella dimora miscredente.
- Andate a casa! Non ho alcuna bambina e mio figlio non sta bene! - sbraitò di rimando Abraham rimanendo al sicuro dentro la sua abitazione.
- Sfondiamo il portone! Aiutatemi - suggerì Antonio agli altri soldati di ventura.
Abraham oppose resistenza ma riuscirono a trascinarlo fuori, minacciando di bruciarlo vivo se non avesse confessato dov'era stata rinchiusa la piccola Crezia Odasi.
- Non ci sono bambine in casa. Mai avuto una figlia e, di certo, non rapisco quelle dei nobili - si difese il rabbino.
- Setacciate tutta l'abitazione - ordinò poi Lodovico ai soldati della casata, deluso dalla risposta dell'ebreo.
Gli uomini setacciarono tutto il domicilio, anche la camera da letto del bimbo del rabbino, con la febbre alta. Il piccolo e la moglie di Abraham furono trascinati fuori, accanto al rabbino. La donna li guardò terrorizzata, cercando di difendere il figlioletto dalle loro grinfie, ma i soldati non erano interessati a un ragazzino indifeso e malaticcio.
- Mio signore, qui la bambina non c'è e non abbiamo trovato nulla che potrebbe far supporre la sua presenza nella casa - disse Antonio frustrato dopo aver perlustrato tutti gli ambienti. - Cosa ne facciamo del rabbino e della sua famiglia? - domandò infine guardando l'ebreo con cattiveria, forse desiderando dargli fuoco su due piedi.
- Liberatelo - disse Lodovico infastidito. - Ritorniamo a palazzo e dov'è quel dannato Bargello? - ululò subito dopo diretto ai suoi uomini.
Lodovico e Lucrezia Barzi sapevano bene che né il Bargello né i membri del consiglio né il conte Ubaldini apprezzavano le uccisioni arbitrarie di ebrei o miscredenti vari, se non si erano macchiati di alcuna colpa. Ci pensava già l'Inquisitore a torturarli ed estorcere loro chissà quali verità.
- Ora lo andiamo subito a svegliare - rispose Antonio chiamando gli altri soldati assoldati da Lodovico.

1


Domenica, Pasqua di Resurrezione

Casa del Bargello e Duomo d'Urbino

- Bargello, Bargello, svegliati! - udì qualcuno urlare nel mezzo della notte, bussando con insistenza al suo portone.
Goffredo aprì gli occhi allarmato. Guardò un istante Fiamma, che dormiva ancora accanto a lui, e scivolò fuori dalle lenzuola. Indossando solo le brache di lino, si precipitò giù dalle scale e spalancò la soglia.
- Chi sei? Cos'è accaduto? - domandò inquieto, quando non riconobbe il soldato, presagendo una tragedia.
- Sono Antonio Caccialame, capitano dei soldati assoldati dagli Odasi. La piccola Crezia, figlia di Lodovico Odasi, è stata rapita dalla sua camera da letto e non si trova da nessuna parte. Il nobile ti vuole subito a palazzo - annunciò l'uomo.
L'anno precedente, Goffredo era stato nominato Bargello della città di Urbino e d'indagini e litigi ce ne erano sempre molti, soprattutto ora che i potenti de' Medici erano entrati in città, esuli da Firenze, e avevano cominciato a rivaleggiare con gli affari degli Odasi e con altri potenti, cui erano affidati ruoli pubblici.
Goffredo era giovane, ma aveva combattuto nella presa di Volterra del 1472 con il duca Federico Montefeltro. All'epoca aveva appena compiuto diciotto anni e faceva parte di un contingente fiorentino di soldati. Ricordava ancora quanti uomini aveva ucciso nel giugno di quell'anno quando con altri soldati era stato dislocato sulle colline di Volterra e si era scontrato con l'esercito della città. In poche ore le verdi alture si erano tinte di rosso carminio, di budella viola e fumanti, di escrementi umani fuoriusciti dai cadaveri e di braccia amputate dei soldati, mutilati durante la lotta.
Alla morte dei mercenari volterrani lui e gli altri avevano saccheggiato Volterra, facendo strage dei suoi abitanti, anche se lui si era rifiutato di accanirsi contro le donne e i bambini. Il comportamento riprovevole degli eserciti di Roma e di Milano lo aveva spinto a cercare altre compagnie. Così era approdato a Urbino ed era stato assoldato dal duca Federico, mettendosi in luce con lui, con il conte Ubaldini e con i membri del consiglio.
- Vengo subito, lascia solo che mi vesta - disse invitando a entrare sia lui sia gli altri uomini.
Il trambusto infine aveva svegliato Fiamma e quando entrò in camera da letto per finire di vestirsi, lei aveva già indossato il guarnello rosato sopra la camisea bianca. Era bella come un raggio di sole in una giornata uggiosa. Aveva incontrato la fanciulla nel negozio di spezie di Edmundo de la Turre, qualche mese prima, ed era subito diventata la sua amante. Il vecchio amico l'aveva assunta per vendere le erbe in bottega mentre lui si dedicava ai rimedi. Come Bargello doveva essere straniero, celibe e super partes per risolvere le controversie tra gli abitanti, ma Fiamma lo aveva stregato con la sua bellezza, pur non potendo maritarla.
Fiamma lo guardò di traverso e si accigliò. - Che cosa succede? Lo sanno che è piena notte? - domandò molto seccata.
- La piccola Crezia Odasi è sparita, forse rapita e uccisa - la informò infilandosi le calze, la camicia, le brache a sbuffo e il farsetto, allacciandosi poi in vita i foderi con le spade.
- Organizzerai una ricerca in tutta la città? - gli chiese preoccupata. - Quando sono uscita dalla bottega di Edmundo si stava già formando una fitta nebbia. Non si vedeva quasi nulla per la via. -
- Sì, lo so, non è calata. Dovrò comunque setacciare la città, ma prima devo parlare con il padre, il nobile Lodovico Odasi - le spiegò.
- Edmundo ne sarà distrutto! Lo sai che è la sua allieva prediletta - poi Fiamma aprì le labbra per dire qualcos'altro, di sicuro voleva aiutare nella ricerca, ma lui non le permise di pronunciarsi.
- Fiamma, non puoi venire con me. È notte fonda e là fuori da sola saresti in pericolo - infine le girò le spalle e scese in cucina dove aveva lasciato gli uomini.
Goffredo non era lo sposo e non aveva alcun diritto di vietarle qualcosa, ma Fiamma era molto giovane, lo amava, e spesso seguiva i suoi suggerimenti.
In pochi istanti si precipitò a palazzo Odasi, dove lo accolse una famiglia angosciata e arrabbiata. Lo avevano fatto accedere dal portone che dava sulla via, quello del porticato con il soffitto di legno a cassettoni, sorretto da quattro colonne di marmo, con capitello di stile ionico.
- Bargello, abbiamo già cercato mia figlia per tutto il palazzo e anche per le strade, con le torce, ma nessuno l'ha vista o ha notato qualcosa di strano nei pressi del palazzo - riassunse Lodovico Odasi seduto nel suo studiolo con le mani infilate nella chioma scura.
In quello stesso locale Goffredo sapeva che il nobile si dedicava ai testi didascalici greci di contenuto etico ed erudito per i quali lui era famoso in tutta Urbino.
- Avrà molta paura, è solo una bambina - mormorò il nobile con tono basso e roco, prossimo alle lacrime.
- Posso vedere la camera da letto di Crezia prima di ricominciare le ricerche? - domandò Goffredo seguendo Lodovico nella grande sala riservata ai pasti.
La grande sala, affrescata con gli stemmi della casata e i colori di Urbino, senza lusso eccessivo, era affollata di soldati di ventura, sbirri, berrovieri e urbinati in attesa di continuare a vagare per le vie della cittadina ma entrambi li evitarono, adocchiando le scale che s'inerpicavano al piano superiore.
- Seguimi - con un gesto, Lodovico gli indicò di salire con lui nella zona privata della casa, dove si trovavano le camere da letto con i salottini riservati al ricamo e agli amici intimi.
- Mia moglie non uscirà ancora dal palazzo, così come Battista e Girolamo, che sono stati messi a letto dalla balia, troppo giovani perché restino alzati tutta la notte. Il medico ha preparato per Lucrezia un infuso calmante molto forte e ora sta dormendo - specificò quando gli domandò di non fare molto rumore.
La camera da letto di Crezia, arredata con un letto a baldacchino protetto da un tendaggio di velluto rosso e un lettuccio con accanto uno sgabello, era sottosopra, come se la piccola avesse lottato prima di cedere al suo rapitore. Doveva aver fatto anche un discreto baccano, considerò Goffredo, e si domandò come mai i genitori o i servitori non l'avessero sentita. Poi ricordò che la sala dei banchetti era distante dalle camere private. I servi non avrebbero potuto udire nulla, se si trovavano in quella parte del palazzo. Infine Goffredo si avvicinò all'impannata.
- È stata tagliata dall'esterno, ma come ha fatto una persona ad arrampicarsi fino al secondo piano senza essere vista? - domandò al nobile che aveva ingaggiato alcuni soldati di ventura per sorvegliare il palazzo.
- La nebbia era già abbastanza densa ai vespri - disse Ludovico con voce aspra.
- Non tanto da non notare un uomo che si arrampicava sul muro con una corda - commentò lui adocchiando il rampino.
Lodovico strinse le labbra in una smorfia di malcontento e Goffredo si ripromise d'interrogare prima possibile i soldati di guardia e i servitori. Forse uno di loro aveva coperto il malfattore.
- Credo sia meglio dividerci in gruppetti e setacciare ogni rione della città - propose infine.
Secondo lui, infatti, non aveva senso girare per le vie con le fiaccole in mano, come in una spedizione punitiva. Con gli altri vagò a lungo nella foschia e quasi tutta la città rimase sveglia a cercarla, ma nessuno riportò a lui o a Lodovico alcuna notizia. Quando si accorse che il cielo notturno si stava schiarendo a est, come se un grande stoppino di lanterna fosse stato infiammato e stesse rischiarando a poco a poco, palazzi e chiese, rese visibili grazie al calore del sole, decise di andare a dormire qualche ora, prima di riprendere la ricerca. Goffredo entrò in casa giusto in tempo per sentire suonare la prima ora, poi cadde addormentato sulle coltri senza togliersi gli abiti.
Gli sembrò di aver appena chiuso le palpebre quando un forte picchiare al portone di casa lo destò di soprassalto. A fatica si alzò dal letto, senza svegliare Fiamma, e andò ad aprire.
- Bargello, dovete venire come me. Hanno trovato il cadavere di una bambina - disse agitato Pietro, il suo assistente.
- La piccola Crezia Odasi? - quasi urlò, scosso.
- Non ne sono sicuro, ma potrebbe essere lei. L'età corrisponde. Il corpo è stato trovato dentro il Duomo da un gruppo di ecclesiastici adibiti alle mansioni pasquali e già mezza città si è raccolta davanti al portale. I tre religiosi sono usciti urlando che il Demonio si era impadronito della Chiesa, così hanno svegliato l'arcivescovo Lazzaro Racanelli e i commercianti che stavano facendo colazione prima della funzione religiosa. Racanelli sta già sbraitando contro la comunità ebraica per blasfemia - gli raccontò Pietro tutto agitato.
- Ci mancava solo lui. Già abbiamo molti guai con l'Inquisizione e gli eretici. Dobbiamo affrettarci prima che la folla si scagli contro la comunità giudaica, uccidendo tutti! - afferrò le due spade e le infilò nelle rispettive fodere, infine si girò verso Fiamma che si era svegliata a causa del trambusto ed era scesa in cucina.
- Nel frattempo io andrò dritta da Edmundo. Non ti preoccupare, Goffredo - annunciò lei con un tono deciso che non ammetteva repliche, fissandolo con gli occhi spalancati, grandi come due ciottoli di fiume.
- Pregalo di venire in Duomo, avrò bisogno di lui per capire com'è morta la giovinetta e quando - ordinò alla compagna.
A Urbino lavoravano anche alcuni medici, ma lui conosceva bene e si fidava solo di Edmundo. Sapeva, infatti, che senza l'aiuto dell'umanista, speziale e alchimista che conosceva anche molte cose di anatomia e veleni, molte uccisioni sarebbero rimaste impunite. Afferrati dall'ansia, Goffredo e Pietro corsero verso la grande chiesa e faticarono non poco a farsi largo tra la folla agitata e vociante che si era riunita davanti alla piazza cercando di entrare.
- Con altri birri tieni il popolino fuori dal Duomo. E assicurati che entri solo Edmundo de la Turre, eventualmente anche Ottaviano Ubaldini della Carda e il Podestà, ma nessun altro. -
- Neppure il padre della bambina? -
- Soprattutto il nobile Odasi che di sicuro si precipiterà qui, appena la notizia si diffonderà. -
Quando infine mise piede nella grande chiesa, lasciando all'esterno la nebbia, Goffredo fu catturato come sempre dal biancore della navata a croce latina e gli sembrò un sacrilegio calpestare la pavimentazione di marmo, così chiara da potersi specchiare. Di fronte all'altare maggiore notò l'arcivescovo che stava pregando con altri religiosi, oscillando il turibolo da cui proveniva un forte odore d'incenso. Si diresse verso di lui e un'orribile sensazione di ribrezzo gli strinse lo stomaco quando vide il corpo che riposava sull'altare.
- È la giovane Crezia Odasi, figlia di Lodovico Odasi. Non ho dubbi, Bargello - asserì l'arcivescovo guardandolo mesto. - L'ho battezzata io proprio in Duomo, nove anni fa. -
In un primo momento Goffredo annuì senza parlare, soffocato dal rammarico di non essere riuscito a scoprire dov'era stata imprigionata, poi disse con voce roca: - Devo esaminare il luogo del delitto e vi prego di cancellare la messa in Duomo, arcivescovo Racanelli. Confido anche nella vostra saggezza e lungimiranza, aiutandomi a mantenere calma la folla contro la comunità ebraica. Sapete bene che quelle rivolte provocano molti ferimenti e morti anche nel popolino - gli suggerì ben sapendo che l'uomo si era già scagliato contro gli ebrei che dimoravano in città.
- Questo è un chiaro atto di blasfemia, contro nostro Signore Gesù Cristo e contro la Cristianità, soprattutto il giorno di Pasqua. Come puoi chiedermi di difendere gli ebrei di Urbino? - rispose indignato Lazzaro.
- Farò tutto quello posso per scoprire la verità sull'omicidio di questa innocente bambina e non vi nasconderò nulla, arcivescovo Racanelli. Se gli ebrei sono coinvolti in quest'atto così efferato, ve lo comunicherò e voi potrete scrivere al papa. -
Il religioso lo fissò alcuni istanti, i profondi occhi scuri dell'uomo parvero scavargli nell'anima, ma Goffredo non abbassò i propri.
- Ti posso concedere tre giorni, dopodiché neppure io sarò in grado di trattenere una spedizione punitiva contro gli ebrei - lo avvisò con sguardo duro.
- Un'ultima cosa, prima che ritorniate al vostro palazzo: vorrei parlare con i religiosi che stamattina hanno scoperto il corpo. -
- Li metterò a tua disposizione quando arriverai, ma non hanno nulla a che fare con questa blasfemia - dichiarò con astio.
Poi gli girò le spalle e si diresse fuori, seguito dagli altri ecclesiali. Goffredo così si avvicinò di più al cadavere della fanciulla che giaceva composta sulla mensa sacra, come un agnello sacrificale, sgozzata da un orecchio all'altro. Indossava solo la camisea di fine lino di Reims, macchiata di sangue e sporca, lunga fino ai piedi e ricamata sulle maniche. Crezia era così minuta, così innocente che per la prima volta, dopo tanti anni, lui sentì alcune lacrime di dolore e d'indignazione pungergli gli occhi.
Respirò a fondo e inghiottì la commozione prima dell'arrivo di Edmundo o del Podestà. Non avrebbe fatto una bella impressione se come Bargello fosse stato visto in lacrime per un omicidio. Anche se a morire sgozzata, era stata una bambina con l'aspetto di un angelo. Il tintinnio del ferro e lo scalpiccio del cuoio interruppero le sue riflessioni e, quando si voltò, si accorse che Pietro lo stava raggiungendo per aggiornarlo.
- Non credo sia stata uccisa qui, non c'è abbastanza sangue sull'altare - commentò lui rivolto al birro che si era fermato al suo fianco. - Ma preferisco prima avere la conferma di Edmundo de la Turre. -
- Il nobile Odasi insiste per entrare. I birri faticano a trattenerlo, sembra indemoniato e vuole accertarsi che la fanciulla morta sia proprio sua figlia - mormorò Pietro facendosi un veloce segno della croce alla vista di quella creatura sfortunata.
In quel mentre un rumore di legno sbattuto malamente lo investì e Goffredo si volse per vedere chi stava avanzando. Con suo sommo disappunto vide Lodovico Odasi correre trafelato verso l'altare. Pietro non riuscì a fermarlo e l'uomo si avvicinò, affranto, al cadavere della figlia.
- La mia bambina! Chi ti ha fatto questo? - Lodovico cadde in ginocchio iniziando a pregare e a singhiozzare nello stesso tempo. Diversi istanti più tardi si riprese, asciugandosi le guance ruvide con le maniche della camicia. - Ho pregato tutta la restante notte affinché fosse stata rapita per ottenere un riscatto e non per questo - sussurrò cullandola tra le braccia.
Quando il nobile si staccò dal corpo martoriato di Crezia e si alzò, un'espressione dura gli storceva le labbra. - Dovete bruciarli tutti quei miscredenti! Arresta il rabbino Abraham e consegnalo all'Inquisitore. Padre Antonio de Morant lo sottoporrà a tortura e canterà come un usignolo al Notturno! - esclamò rabbioso.
- Sapete che non posso farlo, almeno finché non avrò qualche prova di un loro coinvolgimento. Ora vi prego di lasciare le indagini e il Duomo a me e ai miei uomini. Per oggi la chiesa rimarrà chiusa al pubblico - specificò lui stanco di tutta quella gente inviperita e astiosa.
- Sentirai ancora parlare di me, se non risolverai questo delitto in modo celere. Come sai, lavoro per il giovane duca e per lo zio come segretario e procuratore. Non faticherei per niente a richiedere la tua rimozione dalla carica di Bargello - con quella minaccia non molto velata girò i talloni e si precipitò fuori.
- Pensate che sia un atto di spregio alla Chiesa? - gli domandò poi Pietro che era rimasto immobile e silente al suo fianco.
- Il cadavere di Crezia è stato deposto con cura sull'altare. Nella posa somiglia a un agnello sacrificale. -

Giovanna Barbieri

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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