La mattina del 8 Novembre 2021, Giovanni Archeri stava scendendo in garage dov'era parcheggiata la sua Hyundai I10 grigio fumo di Londra. Una volta ,quando andavi a comprare un'auto ti dicevano che i colori disponibili erano bianco,nero,grigio,blu e qualche volta anche rosso, punto. Senza specificare di quale tonalità di colore si trattava: bianco sporco, grigio canna da fucile, rosso Ferrari o altro. Ora è tutto più complicato. Su questo rifletteva Giovanni mentre entrava nella sua auto, comprata due giorni prima. Era soddisfatto perché aveva trovato il modello Gpl, che consumava poco. Infatti, ogni giorno doveva fare settanta chilometri per arrivare sul posto di lavoro. Trentacinque per andare e altrettanti per tornare. Questo non gli pesava affatto. Lui amava il suo lavoro. Era responsabile del reparto libri e musica di un grande point- center di un famoso marchio italiano. Salito, inserì la chiave, la girò e partì. Erano le sei ed era ancora buio. Una leggera nebbiolina avvolgeva l'auto di Giovanni che stava per svoltare ,dopo una rotonda, verso lo” stradone degli alberi”. Chiamato così da tutti gli abitanti di Vergiate, cittadina in provincia di Varese, perché guarda caso, era una strada lunga e buia di circa tre chilometri, tutta delimitata da grossi alberi. “Che fantasia” pensava spesso quando la imboccava. Dopo aver armeggiato con il cellulare, rischiando di andare fuori strada per almeno un paio di volte, accese la radio . Una voce maschile iniziò a fargli compagnia, non si sentiva più solo. Al contrario, era come se fosse in macchina con il suo migliore amico. Gli audiolibri erano la sua passione. Di solito ascoltava romanzi classici, tipo “Il corsaro nero “ oppure “Moby Dick”. Quella mattina decise di sentire qualcosa di più deciso, sempre classico, ma più stimolante : Dracula” di Bram Stoker. Dopo circa quindici minuti la Hyundai I10 grigio fumo di Londra di Giovanni Archeri si schiantò contro un albero.
Stefano Re era alla guida dell'ambulanza che stava correndo verso lo stradone di Vergiate. Single, una volta si diceva celibe. Quarantanovenne dal fisico atletico appassionato di fumetti e di donne. Sapeva che il suo, non era un lavoro che tutti avrebbero potuto fare. Proprio per questo si sentiva privilegiato. Si sentiva utile alla società, molto più di altri lavori. Certo, la morte era una costante molto frequente nel suo lavoro, però lui diceva sempre agli amici, che ogni tanto glielo ricordavano:” bisogna avere paura dei vivi, non dei morti”. Lasciò l'ambulanza vicino alla macchina di Giovanni Archeri e scese di corsa ,insieme al collega Massimo, verso quella che fino a mezzora prima era un'automobile” nuova di pacca”. Si trovò davanti ad una situazione già vista e rivista: il cofano della macchina aperto e fumante, lamiere accartocciate come un foglio di carta quando viene appallottolato per essere tirato nel cestino e sangue, tanto sangue. Dopo avere messo il corpo del poverino dentro la sacca mortuaria, lo caricarono sull' ambulanza e si diressero, questa volta senza fretta, all'obitorio. Alle 17.00 Stefano uscì dall'ospedale. Aveva finito il turno. Incrociò nel parcheggio Danilo, un collega che lavorava all'obitorio. “Ciao Ste, finito?” chiese “ Si dai, anche oggi è andata. È stata una giornata tranquilla tutto sommato” rispose,” anche se l'incidente di stamattina all'alba è stato impegnativo.Poveretto,era proprio ridotto male” concluse sospirando. “Lo sai che volevo proprio parlarti di questo?” disse Danilo a uno stupito Stefano. “ Durante la fase di preparazione per sistemarlo nella cella mortuaria ho notato una cosa strana.” “ Una cosa strana?” chiese un sempre più sorpreso Stefano. “Il poveretto aveva sul collo due piccoli puntini equidistanti fra di loro. Una specie di puntura , tipo quelle delle zanzare o di qualche ragnetto velenoso. E se calcoliamo che a gennaio ,in una fredda mattina queste bestioline se ne stanno al caldo, non riesco proprio a capire cosa possano essere”, concluse deluso Danilo. “ Mah, se fossimo in Transilvania, penserei subito ad un vampiro, ma a Vergiate ....” disse sorridendo Stefano. Il discorso sui famosi “puntini” si concluse con un nulla di fatto. I due si salutarono e Stefano salì in macchina ,inserì la chiave e partì.
Il pomeriggio del 19 Gennaio 2022 faceva freddo,molto freddo.Le strade di Vergiate erano molto ghiacciate, nonostante un pallido sole ed una montagna di sale cosparsa dai camion del comune. Silvia Leopardi era una signora di bell'aspetto. Un po' sovrappeso ma molto carina e soprattutto molto simpatica. Sposata con un uomo che ormai viveva solo per una cosa: bere. Lei invece da ex professoressa di italiano, dava un senso alla sua vita esponendo, con la sua bancarella, a tutti i mercatini del sabato e della domenica che spuntavano in tantissimi comuni del varesotto e del milanese. Vendeva libri. Ma a lei non interessava tanto vendere, visto che con la sua onorevole pensione riusciva a vivere degnamente. Anzi riusciva anche a togliersi qualche capriccio, tipo viaggi o libri semi-rari. A lei piaceva da impazzire relazionarsi con le persone che si fermavano davanti alla sua bancarella e chiedevano consigli su cosa leggere e quali scrittori scoprire. Se poi i suoi interlocutori erano giovani, beh in quel caso, si sentiva importante, molto importante. Per un attimo tornava dietro la cattedra ad insegnare. Quella domenica pomeriggio, aveva esposto la sua bancarella al mercatino di Buccinasco, alle porte di Milano. La giornata era stata prolifica ,pensava, e aveva anche conosciuto persone interessanti. Verso le venti imboccò lo” stradone degli alberi”. A destra ogni tanto, riusciva ,grazie alle luci che arrivavano dall'altra sponda, ad intravedere il lago. A sinistra buio, alberi e buio . Stava ascoltando un bel audiolibro, uno dei suoi preferiti : “ il gatto nero” di Edgar Allan Poe. “Ancora una decina di minuti e sarò a casa ,al calduccio. Che bello”, pensò. Dopo cinque minuti, moriva, al freddo, dentro la sua auto al chilometro 2 dello “ stradone degli alberi”.
Stefano arrivò circa quindici minuti dopo. Notò subito che l'auto della Leopardi non si era schiantata contro un albero come immaginava, ma era ferma, quasi diligentemente parcheggiata sul ciglio della strada, all'altezza del curvone che affianca l'ex discarica della zona. Vicino all'auto c'era l'appuntato Schiavone :” ciao Stefano, ci si rivede ogni tanto eh?”. “Schiavone ciao, purtroppo si. Sarebbe meglio vedersi in altre circostanze” rispose con la solita frase di rito che usiamo tutti quando, a un funerale , incontriamo amici o parenti che non vediamo da anni. Si avvicinò all'auto e aprì la portiera .La signora era sul sedile di guida con tutto il corpo in avanti appoggiato al volante. Il viso non si vedeva, o meglio si vedeva il profilo inclinato verso destra. Aveva tutti i capelli arruffati e il giaccone pieno di peli o capelli, non riusciva a differenziarli. La prese per tutte due le spalle per riposizionarla sul sedile, poi le avrebbe staccato la cintura per adagiarla sulla barella. “Cazzo!” esclamò tra il sorpreso e il terrorizzato. La signora Silvia Leopardi era senza un occhio. Dalla cavità orbitaria della poveretta sgorgava di sangue e materiale viscido e scuro. Cos'era successo? dov'era andato l'occhio? domandò a sé stesso e a Schiavone. “Avevo murato il mostro dentro la tomba”. “Porca putt...che cavolo!!”. Stefano sentì un brivido partire dalla schiena ed espandersi fino alla nuca. Quella calda voce maschile che usciva dalla radio lo spaventò. Spense immediatamente l'autoradio mandandola a quel paese. In quell'attimo arrivò una macchina, scesero una donna e un uomo. Corsero verso la macchina ma furono fermati da Schiavone e dal suo collega. “E' stata lei, lei!.. quella brutta puttana..” urlò il marito indicando la recinzione di ferro e cemento della costruzione adibita ,fino a dieci anni prima, a discarica comunale. “Lei chi?” chiese gentilmente Schiavone. “Dentro lì c'è la morte, c'è' il veleno, chi passa di qua....” “Basta ubriacone, smettila. Saliamo in macchina e seguiamo l'ambulanza ,andiamo” intervenne Marisa Leopardi , che sollevò di peso il cognato e lo scaraventò in macchina. Il referto dell'autopsia confermò la morte per trauma cranico, dovuto al colpo che la poveretta aveva ricevuto ,andando a sbattere contro il volante.
Erano passati due giorni dall'incidente della signora Leopardi. “Ma è stato proprio un incidente?” “La macchina era in una posizione quasi da parcheggio, non c'erano segni di frenata in strada. C'erano molti peli di non so cosa sul giubbotto della signora, i suoi capelli erano tutti arruffati e ,come ciliegina sulla torta, alla signora mancava un occhio che non è stato trovato. Poi il marito cosa voleva dire? Chi era quella puttana contro la quale inveiva? E quelle parole misteriose?. Il mostro, la tomba, che cosa stavano trasmettendo alla radio?”. Stefano, sdraiato sul divano, si poneva tutte queste domande senza però trovare una razionale risposta. Si alzò, prese il portatile e si mise a cercare. “Avevo murato il mostro dentro la tomba”. “ E.A. POE e il gatto nero” fu il primo risultato apparso, seguito subito da “IL GATTO NERO, breve racconto horror di Edgar Allan Poe. “Ah, è la frase di un libro” pensò abbastanza soddisfatto per l'esito immediato della ricerca. Scaricò in pdf il formato del racconto e si mise a leggerlo. “Non ci posso credere! Non può essere”. Stefano Re era sconvolto. Nel racconto di Poe c'era tutto. I peli sul giaccone potevano essere benissimo quelli di un gatto . I capelli erano come se qualcosa, forse proprio un gatto gli fosse balzato in testa .. e l'occhio ?... alla signora mancava un occhio, come mancava a Plutone, il felino protagonista del racconto. All'animale però l'occhio era stato asportato brutalmente dal suo padrone. Alla Leopardi? Chi poteva essere stato?. Gli tornarono in mente anche le parole di Danilo, l'amico che lavora all'obitorio:” c'erano due puntini sul collo della vittima”. Allora, pensò, stava per caso ascoltando un audiolibro che parlava di vampiri?. Che ne so, Dracula?. “ Calma, calma Stefano” mormorò fra sé. “Ragiona. In teoria uno in macchina decide di ascoltare un audiolibro e tutto quello che viene raccontato si materializza dentro l'auto? Ma è impossibile cazzo!. No no, ci deve essere un' altra soluzione, per forza... e io la voglio trovare.
Fausto Schiavo
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