L'auto scivolava sull'asfalto bagnato della sera. Una pioggerellina scendeva sottile impastandosi alla polvere che si era posata sulla strada creando una patina pericolosa. Alberto guidava come sempre, sicuro e veloce, anche quando la mente era rivolta altrove. Troppi pensieri. Le ombre della sera s'intrecciavano ai fari delle auto che, come un nastro interminabile, si aggrovigliavano tra loro nell'impazienza dei guidatori di tornare a casa. Tutti sembravano avere fretta, tutto era rumoroso e veloce, troppo veloce. La frenata fu brusca, la sterzata istintiva, ma l'impatto fu lo stesso tremendo. Come una scena girata al rallentatore, tutto si mosse creando una sequenza di causa-effetto. La testa urtò l'airbag che si aprì nello scontro con l'auto che la precedeva. Le cinture lo bloccarono contro il sedile fermandolo nella speranza di salvargli la vita. La vettura che aveva dietro si fermò contro la parte sinistra della sua auto che si era girata nel movimento di frenata, un altro colpo lo ricevette anche da destra e in breve si trovò inscatolato e bloccato dalle lamiere contorte della sua Toyota Celica, di color grigio metallizzato, praticamente quasi nuova. L'ultimo pensiero fu quello che doveva pagare ancora gli ultimi 3.000 euro. Un attimo di fermo immagine seguito subito dalla frenesia del dopo incidente. I clacson impazziti, le persone sotto shock, le telefonate d'emergenza, un lungo tamponamento, le auto della Polizia Stradale, le ambulanze. Il caos era totale. E poi, il silenzio. Alberto percepiva i rumori che lo circondavano come echi rarefatti. Lo liberarono dalle lamiere e lo portarono d'urgenza in ospedale. Tutto era ovattato e lontano, provava una strana sensazione di distacco, benessere e pace. Non si era mai sentito così tranquillo e sereno. Aprì gli occhi e si accorse di osservare sé stesso da una strana angolazione. Era vicino al soffitto e gli infermieri e i dottori erano in basso, attorno al suo corpo immobile, si agitavano preoccupati di non farcela. All'improvviso si rese conto che lui non avrebbe dovuto trovarsi fuori dal suo corpo e questo gli causò una sorta di panico, cosa gli stava succedendo? La sua mente, logica e razionale, non poteva accettare una risposta che non fosse ragionevole. Come avrebbe potuto spiegarsi quella scena? Un sogno? Uno scherzo della mente? Ricordava l'incidente, la frenata, il botto, il buio e la luce. Rammentò un articolo letto di sfuggita qualche settimana prima, parlava di premorte, ma di sicuro non era questo il suo caso. Le persone si affannavano attorno al suo corpo, non capiva quello che si dicevano, forse se qualcuno fosse venuto a spiegargli quello che stava succedendo avrebbe avuto meno confusione nella testa. Così quella era la morte? Non era così terribile come pensava, la sensazione era di pace e di benessere. Pensò a Ida, ultimamente sentiva che c'era come un'ombra tra loro, si girò di scatto come a voler scacciare quel pensiero e vide il suo viso. Si guardò attorno stupito e si accorse di essere nella cucina di casa sua, sua moglie stava cucinando tranquillamente, canticchiando una canzone, quella che ripeteva in continuazione in quel periodo. Avrebbe voluto toccarla, abbracciarla, rassicurarla che lui stava bene. Avrebbe voluto chiederle se il pensiero che lo tormentava da una settimana era fondato oppure se era solo una sua fantasia. Allungò la mano per una carezza, ma il gesto rimase congelato dal grido che proveniva dall'appartamento vicino. Era la voce disperata di una donna. Nell'istante in cui la sentì urlare pensò di aiutarla e si trovò ad assistere al suo omicidio. Suo marito le stava stringendo il collo con le mani, lo sguardo fisso e impenetrabile come se fosse estraneo a quell'azione violenta. Quando lei smise di agitarsi l'adagiò lentamente per terra, lasciandosi subito dopo cadere stremato sulla poltrona del salotto, mentre fissava il corpo della donna una risata acuta e stridula gli uscì dalla bocca. Alberto aveva assistito a un omicidio senza poter fare nulla per impedirlo. Vide sotto al colletto della camicia bianca di lui dei graffi che lei gli aveva fatto mentre cercava di salvarsi la vita, lui, immobile la fissava con un'espressione sollevata mentre con la mano continuava a togliersi dalla fronte un leggero velo di sudore. Ecco cosa rimane di un matrimonio che sembrava a prova di divorzio. Niente se non orrore, angoscia, desolazione. A un tratto Alberto avvertì uno strattone violento, si girò arrabbiato, non voleva andarsene, voleva sapere cosa sarebbe successo ma si ritrovò in ospedale, in sala operatoria. Lentamente ritornò dentro al suo corpo, la luce si spense. Alberto avvertiva una strana sensazione in tutto il corpo, la testa gli doleva, aveva un'insolita percezione verso i rumori della stanza e un vago ricordo di qualcosa di brutto e sconvolgente a cui aveva assistito. Ma non riusciva a ricordarlo e questo gli creava un leggero malessere, come un dolorino persistente alla base della schiena. Tutto era confuso. Aprì lentamente gli occhi e vide Ida, sua moglie, addormentata sulla sedia. Si era appoggiata al muro con la testa e le gambe erano sopra a un'altra sedia, un plaid le copriva parzialmente il corpo e sul viso aveva un'espressione preoccupata. Dalla finestra, una luce tenue filtrava attraverso la tapparella chiusa per metà. Avrebbe voluto allungare la mano per toccarla o chiamarla, ma si sentiva troppo stanco. Non ricordava l'incidente, né l'esperienza di premorte che aveva avuto e neppure il delitto a cui aveva assistito. Nella sua mente c'era solo tanto buio. Ad un tratto si ricordò di avere casualmente sentito, una settimana prima, una telefonata di Ida. Le parole erano dette con dolcezza, sottovoce, da quanto tempo era cambiata? Ultimamente era spesso sbrigativa e stanca, ricordava i suoi silenzi e di come lo guardava quando lo credeva assorto in altre cose, quasi a valutare se parlargli, ma rimandava sempre, sembrava temere la sua reazione. Ma lui, voleva veramente conoscere la verità? Ida aprì li occhi e gli sorrise. Si alzò dalla sedia, una gamba si era addormentata, per questo dovette muoverla un po' per riattivare la circolazione sanguigna, poi gli si avvicinò e gli accarezzò una guancia. Aveva il viso stanco ma felice adesso che lo vedeva sveglio. - Ben tornato amore, ero così preoccupata per te - - Cosa è successo? - - Hai avuto un incidente stradale. L'auto è distrutta - - Non avevo ancora finito di pagarla - - Sempre prima l'auto, vero? - Sospirò rassegnata accarezzandogli la guancia - a me interessa solo che tu stia bene. C'è stato un momento in cui sembravi morto, ma poi... - Gli sfiorò la fronte con un bacio. - Poi sei ritornato, per fortuna. Ho avuto tanta paura - - Mi dispiace - La voce gli usciva con difficoltà. Era troppo bello sentirla preoccupata, forse allora non c'era nessuno di cui essere geloso. Chiuse gli occhi sorridendo, era bello dormire con lei vicino. Presente La parola fine comparve sullo schermo e la luce sostituì il buio rarefatto della sera. Eva schiacciò una zanzara che le si era posata sulla gamba, aveva voluto indossare un vestito leggero per il caldo ma poco adatto se si doveva rimanere all'aperto in balia di insetti. - Pizzicata? - - Indovina?!? Tu niente punture? - - Mi sono spruzzata abbondantemente di repellente. Ne vuoi un po'? - Ginevra le allungò la bomboletta. - Grazie - Allungò la mano, prese lo spray che si spruzzò sulle gambe, si alzò mentre terminava di metterlo sulle braccia, seguirono la fila ordinata di persone che si avviava verso l'uscita del parco. Era una delle prime rappresentazioni estive che la città offriva, un biglietto abbordabile per vedere o rivedere un film uscito qualche mese prima. La serata era mite, la pioggia del giorno prima aveva lasciato ancora l'aria umida e si sentiva il bisogno di avere sulle spalle un golfino leggero. Camminavano vicine a braccetto mentre ridevano di alcune scene del film, erano così prese da non accorgersi di un uomo che le stava osservando in silenzio. Era seduto su di una panchina vicino a un albero, aveva gli occhi su un giornale sotto la luce gialla del lampione cha aveva alle spalle. Ginny ed Eva gli passarono davanti parlando, lui abbassò gli occhi indeciso sul da farsi, si allontanarono e lui richiuse il giornale, lo ripiegò e si avviò verso casa. La porta si richiuse alle spalle di Alberto con un secco click della serratura. Ida era seduta sul divano, stava guardando un film senza prestare molto interesse alla trama, era preoccupata per lui, lo sentiva distante e tormentato per qualcosa, ma ogni volta che tentava di farlo parlare, si chiudeva ancora di più in sé stesso.
Maria Cristina Buoso
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