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Autore: Lia Tavani
Ritorno a Magheia
Fantasy
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Ritorno a Magheia
Il suo telefono trilla di nuovo, annunciando questa volta l'arrivo di un messaggio, così Viola distoglie lo sguardo dal lampadario, tirando di nuovo fuori il cellulare dalla tasca per sbloccarlo.
È un messaggio di Giorgia, sul gruppo che condividono con tutte le ragazze del Quintetto.
- Buongiorno ragazze -
Strano, nota Viola, leggendo il testo con un sopracciglio alzato.
È freddo e sintetico, decisamente non da lei.
Viola non vuole pensarci, e scaccia subito la cosa, convincendosi che stia per proporre un serio incarico col Quintetto.
È sia emozionata che preoccupata, mentre spera che sia un impegno a cui può partecipare senza precipitarsi a Bologna da qui.
La chat segna che Giorgia sta ancora scrivendo e Viola attende, in piedi in mezzo alla stanza col telefono in mano.
“So che non ci sentiamo da un po'” continua, girandoci intorno inutilmente, “Vi scrivo per dirvi una cosa”.
Ci sta mettendo un'eternità, sbuffa internamente Viola mentre batte il piede a terra con impazienza.
Quanto ci vuole per dire quello che deve dire?
- Non è facile dirvi questo - scrive e il sangue di Viola gela improvvisamente nelle vene.
Ora, nel frattempo che l'ipotesi che stesse per proporre qualche serata muore così come è nata, Viola avverte dietro la testa il sentore che quel Buongiorno ragazze sia la versione di Giorgia del Dobbiamo parlare e trema, l'ansia che di nuovo prende possesso di lei.
Ma quando finirà?
Non possono darle tregua?
Quasi lo esclude, mentre pensa che non è possibile che le cose le vadano male nel giro di meno di due giorni, ma il karma l'avvisa subito che si sta sbagliando, e anche di grosso, quando sul gruppo arriva anche un messaggio da Chiara, “Anche io voglio dirvi una cosa”.
Viola per poco non ha un mancamento, la cosa che diventa gigante troppo velocemente.
Cosa succede?
Perché ora?
Perché oggi?
Il tempo sembra fermarsi mentre i tre pallini dello sta scrivendo di Giorgia continuano a comparire ad intermittenza nella chat.
Poi accade.
- Questo gruppo non mi sta portando a niente, e noi non andiamo d'accordo. Io abbandono -
Come osa?
Come osa lasciarle così?
Viola freme di rabbia, mentre un'ondata di lacrime di furia, panico e tristezza sfoca lo schermo del telefono, lo smartphone che le trema in mano.
- Anche io - aggiunge Chiara, e non c'è neanche un briciolo di empatia nelle loro parole.
Non hanno neanche provato a indorare la pillola, uscendosene invece così, come uno sparo.
Perché? Dopo tutto questo tempo?
E i loro progetti?
Perché?
La testa di Viola sembra un disco rotto, ma la situazione non migliora, perché la risposta veloce di Francesca colpisce violenta come un pugno, - A questo punto anche io -
Viola è inorridita dalla leggerezza con cui stanno lasciando il loro gruppo così fortemente sognato.
Come possono abbandonarla così?
No, non lo accetta, non vuole, non è possibile.
Vorrebbe fosse uno scherzo, un pesce d'aprile, ma è marzo e la sfilza di - Mi dispiace - che le appaiono davanti è troppo reale per essere solo uno scherzo.
Arriva l'avviso di chiamata di Rachele, che sicuramente ha notato il suo silenzio radio, ma Viola non ha la forza fisica né morale di rispondere.
Prima Ludovico, ora il Quintetto, quanto tempo?
Quanto tempo prima che tutto cambi?
Rachele persiste e le manda un messaggio personale, - Come stai? - , ma ignora anche questo, le lacrime che le bagnano il collo, incontrollate.
Sono le sue amiche, il suo gruppo, il suo sogno, non si fa un gruppo da soli.
Cerca di calmarsi, fa alcuni lunghi sospiri e poi riprende in mano il suo telefono, cercando immediatamente il nome di Clara per ottenere il conforto dall'unica persona che Viola sa potrebbe darglielo in questo momento.
Le scrive, le dita che corrono sullo schermo come impazzite, un - Ciao - che è solo l'inizio di uno sfogo lungo ore, la chat sfocata dalle lacrime, e attende con ansia la sua risposta, passeggiando per la stanza come una trottola fuori controllo.
Fortunatamente lei non tarda a rispondere.
- Ehilà! - le arriva, tutto felice, seguito da un emoji di un cuore, ma invece di aspettare che Viola continui, scrive ancora, - Stavo per scriverti, ho una novità -
Il mondo smette di girare mentre anche le lacrime di Viola si sospendono sulle sue guance, come se il tempo avesse improvvisamente smesso di scorrere.
Non le piace.
Per niente.
Trema, tirando sul col naso, mentre digita un “Ah sì? Che novità?” seguito da un emoji di un sorriso che è di una falsità agghiacciante.
“Mi hanno approvato l'Erasmus!” scrive, inconsapevole di aver appena preso a schiaffi Viola dritta in faccia, “È un'esperienza estiva! Parto tra un mese! Non è fantastico?”.
No.
No.
Non è fantastico.
È orribile.
Le orecchie di Viola vanno a fuoco mentre un eco di antichi progetti le risuona nel retro della sua mente, attutito dal rumore orribile e ferroso che fa invece questo messaggio.
E se non tornasse?
E se conoscesse un'altra amica?
Cosa farà adesso senza di lei?
Potrà scriverle tutti i giorni come prima?
Avrà tempo per parlare con lei?
No.
Non può accettarlo.
Non riesce a perdere Clara.
Non adesso.
Non mai.
Sta cambiando tutto, tutto sta evolvendo e Viola non vuole.
Non riesce a gestirlo, ha bisogno di stabilità.
Ha bisogno di armonia e questa non è neanche lontanamente una vita armoniosa, è solo un continuo percorso ad ostacoli che la sta rendendo solo infelice.
Una luce scoppia all'improvviso sul lampadario e Viola sobbalza, lasciandosi scivolare il telefono dalle mani per la sorpresa, e questo cade sul tappeto sotto di lei con un tonfo ben udibile.
Vorrebbe riprenderlo, temendo che il vetro si sia rotto, ma scoppia un'altra luce, alcune scintille che fioccano sopra la sua testa e l'unica cosa che può fare è coprirsi la testa con le mani, cacciando un grido acuto di spavento.
Indietreggia nel tentativo di allontanarsi dal fuoco delle luci e sbatte contro la vecchia sedia posizionata in un angolo della stanza, e questa cade di lato con l'urto, rimbombando rumorosamente sul pavimento.
Sembra non essere successo niente, ma dopo qualche secondo qualcosa cade da sotto la seduta con un piccolo rumore.
Lì per terra c'è un pacchetto di carta marrone arrotolato, fermato con del nastro adesivo.
“Che succede?” sente gridare dall'atrio del palazzo e nella confusione può avvertire la voce roca e profonda di Alessio.
Una cassetta degli attrezzi cade udibilmente a terra ed è rincuorata dal fatto che Alessio si stia avvicinando, ma poi un'altra voce, un po' stridula e del tutto inaspettata, attira la sua attenzione.
“Finalmente!” sbraita, il sollievo evidente, e Viola si volta di scatto, un altro urlo che le scuote la gola.
Appollaiata sul divano c'è una cornacchia.
E quella dannata cornacchia ha appena parlato.
Viola urla di nuovo, stavolta cacciando uno strillo lacerante, e il panico misto allo stupore minaccia di farle perdere i sensi all'istante, mentre finalmente Alessio si palesa sulla soglia della porta, il fiatone e la mano stretta nell'altra, il viso un po' dolorante.
D'improvviso c'è silenzio, mentre lui guarda lei, e Viola guarda tra Alessio e la cornacchia con la bocca spalancata.
Anche lui pare notare l'animale, e con lui anche la finestra aperta, e visto che non lo ha ovviamente sentito parlare, non gli dà alcun peso, preferendo avvicinarsi a lei, ancora accucciata a terra con il pacchetto marrone tra le mani, gridandole “Stai bene?” con voce preoccupata.
Viola apprezza moltissimo il gesto cavalleresco e non le sfugge che la sua mano è ferita, e in un altro momento lo ringrazierebbe di cuore per la sua premura.
Ma ora c'è un altro dannato problema.
C'è una cornacchia parlante a meno di due metri da loro.
Una.
Cornacchia.
Parlante.
Viola sa di non aver bevuto, ma ora mentre fissa l'animale con occhi sbarrati avalla l'ipotesi delle allucinazioni.
“Quell'animale ha parlato!” sbraita invece Viola, alzandosi in piedi e indicando l'uccello con il dito, e giura che quel coso sta sorridendo.
Un sorriso anche abbastanza fastidioso, se visto senza la meraviglia del fatto che le cornacchie non sorridono in maniera così sarcastica.
Anzi.
Non sorridono punto.
“Hai battuto la testa?” domanda Alessio e Viola gli lancia un'occhiataccia così ardente che sfida che ancora non stia bruciato spontaneamente. Lui è scioccato e boccheggia come un pesce lesso, e Viola non sa se ridere della sua espressione da ebete o prenderlo a schiaffi per renderlo reattivo.
“Sta benissimo” interviene di nuovo la cornacchia e stavolta anche Alessio si volta a guardarlo, il gesto della testa così sferzante e fulmineo che Viola quasi teme possa essersi rotto il collo.
Fissa l'animale, che lo fissa a sua volta, un placido movimento delle piume che forse dovrebbe significare un saluto, poi se ne esce con un “Ehilà” così tranquillo da sembrare solo un ragazzo qualsiasi che è passato per farsi offrire un Campari.
È un attimo, poi Alessio tira improvvisamente fuori un vocabolario così ampio di imprecazioni che anche Viola si ritrova a imparare cose nuove, e persino la cornacchia pare stupita dal suo arsenale di parolacce.
"Stai calmo" tenta di dirgli l'animale, ma lui caccia altre tre o quattro parole davvero poco signorili ed è ovvio che deve prima svuotare il caricatore.
Dopo qualche secondo, il fiato corto per le urla, le guance arrossate dallo sforzo delle grida, finalmente si zittisce.
"Finito?" gli chiede dopo in po', ma lui non risponde, prendendo invece ampie boccate d'aria. Probabilmente domani si ritroverà senza voce per quanto ha urlato.
Alessio le si para davanti improvvisamente, come se adesso la cornacchia fosse un nemico improvviso con cui fare a pugni e di nuovo Viola apprezza l'eroismo, ma:
1) può cavarsela da sola
2) quel volatile peserà 500 grammi.
Quanto pericoloso può essere un esserino così piccolo con le ossa cave?
"Bene! Tu non eri previsto" commenta l'uccello come se nulla fosse, guardando Alessio che ora ha assunto una posa di combattimento stile film, "Ma ormai sei qui e non posso ucciderti, quindi congratulazioni! Sei nel team! ".
Non sembra per nulla turbato dall'atteggiamento ovviamente ostile di Alessio e Viola non sa se trovarlo fastidioso o divertente, "Mi presento, il mio nome è Coroneo e credo di dovervi delle spiegazioni".

Lia Tavani

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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