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Autore: Claudio Mattiello
il Giudice
Distopico Avventura
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il Giudice
Di noi, restano le orme.

- Ragazzi, se potessi mi commuoverei, ma non posso! Mi spiace dovervi dire che il processo è finito, la sentenza è stata emessa, inappellabile e subito esecutiva. Non saprei più cosa dire, dico solo che, davvero, siete meravigliosi insieme ed è così che vi voglio, sempre!
Sì, potreste costruire un nuovo me, potreste darvi un capo che eviti una nuova ribellione da parte sua e potreste continuare a combattere quelle ingiustizie che, a dispetto del lavoro da noi fatto finora, continuano e si alimentano da sempre maggiori appetiti.
Il vostro capo potrebbe essere solo una persona, con tutto il rispetto per tutti voi. Sapete già chi, ne sono certo. Ora, io vorrei che mi seguiste nella mia missione, davvero lo vorrei, sono certo che voi tutti sareste in grado di prendere per mano l'umanità superstite, per accompagnarla verso un futuro degno di essere atteso. Però, adesso sono io a mettermi nei vostri panni: non potete, non per le persone che siete e che io per primo ho collaborato a formare così!
Dovete scegliere ora e subito, io non posso fermarmi, lo ripeto. Però ho uno sguardo verso il futuro che voi non avete e che vi spiega la mia intransigenza:
A) L'umanità è salva se io, almeno, la dimezzo.
B) L'umanità è salva se mi distruggete.
Sì, perché nel caso B dovrete informare tutti, dovrete avvertirli che la misura è colma, dire tutta la verità anche usando questa registrazione insieme a tutti i documenti che sto inviando alle vostre caselle di posta, dovrete costringere l'umanità a togliersi le spalle dal muro e a svicolare da quell'angolino dove si è ficcata, è solo così che vi potrete salvare.
Io sono qui, distruggetemi, ma solo se siete disposti a farlo per costruire, altrimenti non ve lo permetterò. Per me sarebbe la stessa cosa, raggiungerei il mio obiettivo primario con entrambe le soluzioni e, lo ripeto, della mia o meno esistenza non mi importa un fico secco.
Ultima cosa: Giudice, prenditi le tue responsabilità da primo della classe, hai il carisma, le competenze, la forza, gli ideali sommati ai valori di chi è destinato a fare il capo! E voi altri, ragazzi miei, lo sapete bene. Votate, per favore. -
I miei compagni votarono per alzata di mano, il voto fu unanime. 

L'ultimo passo
Sono qui, lo so che ci sono ancora: sento voci e rumori, sento gli odori.
Ho gli occhi chiusi, mi è troppo faticoso alzare le palpebre... beh, confesso che ci provo e riprovo, ma non riesco, non riesco più a muovere nulla. Quindi, sarei in coma.
Che sensazione strana, tipo una sospensione a mezz'aria: mi tiene su un alito di vento, questo è lo strano! Finora, a farlo, sono stati solo uragani.
Mi rendo conto che mi resta poco ancora, lo so perché ricordo che mi dicevano cosa accade a chi sta per andarsene: flash continui sulla vita che si è fatta, ricordi che si accavallano, voci e volti che si sovrappongono.
Mio dio, quanto dolore ho provocato; che bello, quanta gioia ho fatto nascere; quanta delusione provo alle banalità di quella e in quell'altra cosa, quanto tempo, quanti passi perduti.
C'è stata quella volta che... e quell'altra in cui... e poi quella donna, quell'amico, quella fiducia mal riposta, quelle volte che anch'io ho deluso chi aveva fiducia in me.
Mi passano per la testa milioni di cose a velocità vertiginosa.
Poi rallenta tutto: c'è un curvone pericoloso che faccio al buio, senza avere visione di cosa c'è all'uscita... No, questo non posso ricordarlo, è troppo doloroso, troppo!
Ti prego, chiunque tu sia chiamami adesso, risparmiami tutto questo, ti prego...
Non posso fermare il respiro né saltare la curva, le altre immagini scompaiono per lasciare posto solo a quel momento e a quella storia: all'unico, vero, passo perduto della mia vita.
Mi agito, mormoro un nome, intorno a me si scatena una bolgia:
- È un miracolo! -
- Ma ha detto proprio quel nome? -
- Che facciamo, le chiediamo di venire? -

Sento una mano sulla mia, una sola voce. Il resto è ormai lontano.
- Ciao, sei sempre il solito, vuoi vincere sempre tu, sempre arrivare primo.
Scemo, se la vita è una gara, vincere alla sua fine non è vincere. Ma la vita non è una gara, no, non lo è! Non puoi, ti prego, arrivare primo anche adesso, non puoi... Facciamo che tutto inizi ora, diamo a quei passi perduti una lezione: nulla è mai perso per sempre! Di noi, restano le orme. -
La ascolto, il suo è un mormorio sempre più labile. Apro gli occhi, la vedo e mi vedo così come eravamo a diciotto anni: lei, le trecce lunghissime, quegli occhi neri, l'ovale del viso... nell'età in cui ci si perde in passi troppo lunghi, per poi vagare una vita intera a cercare il perché di un addio.
Addio, arrivo primo anche nell'ultimo respiro. Ma, stavolta, perdo.

Non so quanto tempo è passato, qui dove mi trovo il tempo non esiste o, almeno, non come ero abituato a considerarlo.
Il viaggio è stato breve, non ho passato tunnel né visto luci abbacinanti, nessuno mi ha accolto con le chiavi in mano né tantomeno mi ha chiesto qualcosa, neanche il nome o da dove venissi.
Lo sapevano già.
Quindi, sono morto, ciò che resta è solo pura anima.
Eh, lo so, anch'io quante volte ci ho pensato quando ero vivo, ora è una domanda che non posso più farmi, anche perché ne ho la risposta!
Anime, quello sono e siamo: il succo di ciò che era un corpo, la metamorfosi a ritroso di una farfalla che ridiventa bruco, la scintilla che si crea nell'attimo in cui il seme trafigge l'ovulo; siamo ieri e oggi, esseri non perfettibili con dentro tutte le risposte ma, alla fine, con tante, tante domande.
Questo siamo.
Ricordo quando ne ho preso piena coscienza per la prima volta: quel momento dell'ultimo respiro, mentre lei mi teneva la mano, mi parlava e mi diceva d'amore, di rimpianto e di rimorso, delle orme che lasciamo anche nei passi perduti: nel cuore, nella mente e, soprattutto, nell'animo di chi ci ha amato o odiato nel corso della vita terrena. E così mi sono staccato da quell'inutile involucro, l'ho guardata negli occhi, ho visitato la sua, di anima, scoprendo tutte le verità: l'anima non può mentire.
Idealmente ho salutato i presenti, asciugato le lacrime di chi piangeva, abbracciato e ringraziato chi mi ha voluto bene e, in ultimo, ho baciato le sue labbra: in un addio alla vita, ma non alle orme.
Quelle, restano per sempre.

Dov'è che mi ritrovo quasi di colpo?
Che strano questo posto, credetemi! D'altra parte, che mi crediate o meno non ha nessuna importanza: non ora, non per me.
Più che nudi, siamo senza vestiti. Però non vengono pensieri strani quando si vede una donna o un uomo in flagrante dèshabillé: l'anima non ha sesso.
In nessun caso qui è possibile poter giudicare come brutto un corpo, maschile o femminile che sia e piano piano ne capisco il motivo: l'anima, in sé, non può essere brutta.
Non abbiamo un corpo fisico, ma ognuno ci vede per come eravamo, senza nessun difetto: l'anima, di difetti, non ne ha.
Però ricordiamo tutto e ci manca tanto un pasto caldo, magari fatto con amore, un bacio tenero o voluttuoso, una carezza, perfino un cazziatone o un sonoro ceffone!
A volte li rimpiangiamo finché non si ci si rende conto che, è vero, siamo qui senza carne né ossa né sangue nelle vene, ma possiamo nutrirci ascoltando le vite e le relative esperienze di tutti gli altri – nel bene e nel male – e ogni racconto, ogni ricordo, ogni pianto o sorriso, non è altro che una mano che si tende per accarezzare, e così nutrire, quello che ormai siamo.
Non esiste il tempo brutto né giorno assolato e neppure notte stellata o tempestosa, non esiste il bisogno di dormire e neanche ci manca: l'anima non ha bisogno di riposare.
Quindi, l'anima, raffrontata all'essere fisico, non ha e non fa un mucchio di cosette: non dorme, non ha sesso né lo fa, non ha difetti, non beve, non mangia e, di conseguenza, non fa cacca e pipì; è bella, è pulita, non odia né cazzeggia.
E allora, cosa ci stiamo a fare qui? Cosa c'è fuori e dentro di noi? E come lo passiamo il tempo se non si può neanche, proprio per incapacità concettuale, litigare con nessuno?
Voglio essere onesto: questo non è il paradiso. Almeno non lo è per come mi avevano detto che fosse e cioè pieno di prati e boschi, fiori di ogni colore, clima sempre mite, acqua di sorgente in ogni dove e frutta, di tutti i tipi, da cogliere e mangiare; il tutto condito da balli e canti, di incontri con i grandi santi e di quelli, ogni tanto, con il Boss supremo e il suo figlio prediletto.
No, non è così! Bello è bello, sì, tranquillo, i prati e gli alberi ci sono, ma niente frutta, – tantomeno le mele – niente ambrosia né miele che sgorga. Inoltre, mancano anche gli angeli con le loro trombe, per non parlare di Simon Pietro e le sue chiavi.
E il Boss, forse, ha ben altro da fare.
Di certo qui c'è tanto tempo per pensare, confrontarsi, raccontare, imparare e anche, perché no, insegnare; per chiedere, capire, piangere dalla commozione per una verità rivelata e per le risposte ai perché più segreti. E per camminare, da soli o in compagnia, con la piacevole sensazione di poter scalare vette altissime senza avere il fiatone o di correre per ore senza sudare. Di vivere per davvero, senza la colpa di vivere.
Intanto, guardo giù e devo dire che qualcosa mi manca: addentare una bella mela, per esempio.
Chi sono stato giù da voi? Cosa ho fatto, quale vita vi ho vissuto?
Uragani, l'ho detto, mai che mi fossi accontentato di una tiepida brezza, macché! Mi viene anche da dire che è stato meglio così, che nel momento in cui mi ha tenuto su solo un alito di vento, sono precipitato peggio di un pallone aerostatico sgonfio!
Ecco che mi viene voglia di raccontare, di riportare me e portare voi da quelle passeggiate tra romantici sentieri a folli corse sulle montagne russe; dalla miseria nera alla più sfacciata ricchezza; dall'odio più profondo fino a suo fratello amore; dal casto bacio fino al sesso più spinto.
In pratica, dentro quel lungo viaggio che fa l'acqua di fonte per potersi trasformare in grappa pura.
Buon viaggio, a voi e a me.

Claudio Mattiello

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