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Autore: Elena Andreotti
Natale con amore
Narrativa Romance
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Natale con amore
Alexandra rimase a guardare attonita lo smartphone, ormai muto, tra le sue mani.
Era stata contattata da un'agenzia immobiliare della sua città natale, Sitka in Alaska, incaricata da un imprenditore edile di rintracciare i proprietari di alcune case in riva allo Swan Lake.
L'agente al telefono le aveva spiegato che l'intenzione era di trasformarle in graziosi bed and breakfast di lusso. Le spiegò che la zona stava acquistando sempre più notorietà tra gli stranieri, soprattutto americani degli Stati più a sud, che desideravano trascorrere le vacanze in zone più naturali e genuine. Alexandra aveva risposto che ci avrebbe pensato su.
Pensarci su era un'attività che le risultò alquanto faticosa. Aveva volutamente accantonato quel luogo e quel periodo della sua vita in Alaska.
Era nata a Sitka, circa ventotto anni prima, da una famiglia di origine russa. I suoi avi si erano trasferiti in quel territorio, allora appartenente alla Russia, mettendo in piedi un fiorente mercato di pesca e trasformazione del salmone. Il settore ittico era l'attività produttiva e commerciale più praticata, poiché la sua città sorgeva sull'oceano Pacifico e nei vari corsi d'acqua e canali i salmoni andavano a deporre le uova. Nella stagione in cui quei pesci risalivano le correnti c'erano gli orsi che aspettavano di cibarsene: uno spettacolo unico a cui Ale cercava di non mancare. Grazie al commercio ittico i suoi avi fino alla sua famiglia avevano vissuto agiatamente.
La sua origine russa era ancora rintracciabile nei suoi biondissimi capelli, lisci e fluenti, gli occhi che sembravano di ghiaccio, per la trasparenza dell'iride, leggermente obliqui, nonché una linea slanciata e perfetta, che manteneva grazie all'esercizio e alla dieta ferrea.
Da otto anni non metteva più piede a Sitka, da quando le avevano comunicato che i suoi genitori erano morti in un incidente stradale. Per lei era stato devastante tornare per il funerale. Non solo era stata sopraffatta dal dolore, ma anche da un profondo senso di colpa, perché era andata via a diciotto anni, quasi senza salutare nessuno; l'aveva fatto in forte contrasto con i suoi genitori, i quali pensavano che lei fosse troppo giovane per affrontare una nuova vita a New York. Non aveva mai perdonato i suoi, che riteneva, comunque, responsabili del suo allontanamento; tuttavia, la loro morte era stata un duro colpo.
Il ricordo della sua “fuga” le causava ancora una forte sofferenza emotiva. Se fosse stata più matura avrebbe fatto altre scelte, avrebbe affrontato ogni problema, tentando di risolverlo, ma aveva solo diciotto anni e andare via le era sembrata l'unica soluzione.
Con una fitta al cuore, le tornò vivido nella mente il volto di Thomas, il suo primo e forse unico grande amore, quell'immagine che aveva voluto seppellire il più a fondo possibile tra i ricordi dolorosi che respingeva nei meandri remoti della sua mente. Thomas...
***
Aveva guardato dritto negli occhi il suo amore. Quegli occhi scuri come la pece che ricordavano che nel suo sangue correva anche sangue di Inuit, popolo nativo dell'Alaska. Infatti, il padre di Thomas, Jonathan Price, aveva sposato, in seconde nozze, una donna eschimese, contro il parere di tutti, parenti e amici. Il ragazzo era, di conseguenza, un mezzo-sangue, come avrebbero detto cent'anni prima, ma, anche se tale concetto non veniva più espresso, non vuol dire che nella piccola cittadina di Sitka fossero cessati i pregiudizi. Specialmente in una famiglia rigorosamente di religione ortodossa come la sua. Per i suoi genitori non era ammissibile che sposasse un uomo di un'altra religione.
Aveva conosciuto Tom, come si faceva chiamare dagli amici, sui banchi di scuola. Lei lo guardava di sottecchi. Aveva, come dire, una bellezza esotica, almeno ai suoi occhi. In breve scoprì che anche lui la osservava di nascosto. Alla fine era stata Alexandra ad avvicinarlo per proporgli di andare a pattinare allo Swan Lake. Ne erano seguite giornate insieme, fatte di uscite sulla neve, di cioccolate calde e di bagni estivi nei laghi dei dintorni. Il loro amore adolescenziale si era trasformato in qualcosa di più solido e avevano fatto coppia fissa per quasi due anni. Per Alexandra lui era stato tutto il suo mondo, in modo totalizzante, come può accadere a quella giovane età. Finché non se ne erano accorti i suoi genitori che non vedevano di buon occhio quella storia.
- Dovresti frequentare altri ragazzi. Sei ancora giovane ed è prematuro fermarsi al primo che ti fa gli occhi dolci. Ci sono tanti bravi ragazzi della nostra chiesa - , le diceva sua madre ed era chiaro dove voleva andare a parare. Tom, non era dei loro, in nessun senso, ma la madre aveva ottenuto l'effetto opposto, come spesso accade con gli adolescenti: Alexandra si era incaponita di più e per lei, al mondo, esisteva solo Tom.
Quell'ultimo giorno che si erano visti, Alexandra non aveva pensato certo che a breve non l'avrebbe visto più. Accarezzandogli i serici capelli neri, aveva pensato che dovevano prendere una decisione drastica. - Penso che dovremmo fuggire insieme - , gli aveva detto risoluta, forte dei suoi diciotto anni.
- Non so... Non penso che sia l'idea migliore - .
- Ma i miei mi hanno minacciata di mandarmi dalla zia Elsa, finché non rinsavisco! - .
- Vedrai che non lo faranno - .
- Sì che lo faranno! - .
- Non disperare. Troveremo una soluzione - . Tom aveva guardato quei meravigliosi occhi di ghiaccio, che ardevano di passione per lui.
Invece l'unica soluzione che avevano trovato possibile era una fuga insieme, dato che i genitori di Alexandra avevano impedito la loro frequentazione. Avevano organizzato tutto con cura. Per un primo periodo li avrebbe ospitati una cugina di Ale, che viveva da tempo a New York.
L'appuntamento era stato fissato per la mezzanotte, poco distante da casa sua. Alle due di notte, di Thomas nessuna traccia. Ale era rientrata in casa sconsolata. La mattina dopo aveva chiamato al telefono Tom, il quale le aveva risposto, in modo freddo, che era meglio non si vedessero più. A nulla erano valsi i pianti e le parole imploranti di Alexandra.
- Ascolta, forse ci siamo illusi che il nostro sia un grande amore, ma è solo un'infatuazione giovanile. È meglio se non ci vediamo più - . Le aveva riattaccato il telefono in faccia senza darle la possibilità di replicare, di supplicare, di elemosinare amore.
Alexandra aveva pensato che ci fosse stato lo zampino dei suoi genitori, che avessero minacciato Tom. Voleva credere qualsiasi cosa, ma non che lui non l'avesse mai amata. Aveva affrontato i genitori, ma questi avevano fatto finta di niente.
- Comunque, quel ragazzo non è adatto a te - , aveva sentenziato la madre e con queste parole aveva messo una lapide sul loro amore.
Ale era furibonda. Tutto il suo mondo le era crollato addosso e si sentiva un'estranea in casa, così aveva deciso che sarebbe andata via lo stesso. Tomas non aveva avuto il coraggio di abbandonare tutto, la sicurezza della sua tranquilla vita a Sitka, gli amici e i suoi passatempi, per iniziare una vita insieme da qualche altra parte. Lei, invece, avrebbe scalato le montagne, attraversato i mari a nuoto se fosse stato necessario, solo per stare con lui. Una profonda delusione si era impossessata del suo cuore e si sentiva disperata: niente aveva più senso senza di lui.
Per un po' cercò di sopravvivere con quello stato d'animo che non l'abbandonava un attimo, finché decise che era ora di dare una svolta alla sua vita, di operare una scelta radicale, perché così sentiva di non poter più andare avanti.
Era partita una mattina, senza salutare nessuno. Solo un biglietto che chiedeva di non cercarla più.
***
- Come sono contenta che tu sia qui - , le aveva detto la cugina Leslie. - Vedrai che ci divertiremo insieme. Per ora cerchiamo un lavoro per te - . 

Trovare un lavoro non era stato difficile per Alexandra. La sua bellezza e la sua naturale eleganza le aveva aperto le porte di una grande boutique del centro. Tutti i giorni partiva insieme a Leslie da Brooklyn per raggiungere il posto di lavoro e si ritrovavano a sera, stanche a tal punto da mangiare svogliatamente una cena rimediata da una delle due. Altro che divertimento! Ad Ale non interessava. Quello che voleva era restare il più lontano possibile da Sitka e dimenticarla insieme ai suoi abitanti.
Le giornate si susseguivano tutte uguali, ma a lei bastava di non essere a Sitka.
Un pomeriggio Leslie le disse che aveva invitato due amici per cenare insieme.
- Sinceramente non so se mi va - , rispose Ale.
- E dai! Non fare la guastafeste. Sono carini. Ci divertiremo - .
- Almeno, dimmi quale ti piace, per non interferire nei tuoi piani - .
- Ho una cotta per Joe. Lavora al mio piano e abbiamo cominciato a flirtare. Porta il suo amico Peter, un bel ragazzo - .
Suo malgrado, Ale si divertì la sera della cena e scoprì di avere molti interessi in comune con Pete.
- Ti piace pattinare sul ghiaccio? - , le aveva chiesto.
- Sono nata sui pattini - . Con una fitta al cuore Ale ricordò il lago dei cigni che era proprio di fronte alla casa dei suoi genitori, dove aveva pattinato tante volte con Tom.
- Ti va di andarci uno di questi giorni? - .
- Perché no? - , rispose Ale, meravigliandosi di quella sua improvvisa disponibilità a divertirsi. Forse il suo periodo nero stava terminando?
Pete si mostrò un compagno molto piacevole. Come era diverso da Tom, anche nell'aspetto: meno muscoloso ma più atletico, alto e dinoccolato con un simpatico ciuffo biondo ribelle e due occhi verde acqua sinceri e sorridenti.
Si recarono a Central Park, al Wollman Ring, che in quel periodo dell'anno era usato come pista ghiacciata.
Pete era molto bravo sui pattini e Ale si divertì molto a piroettare con lui. Il ghiaccio scorreva sotto i piedi senza apparente attrito, mentre a tradimento riaffioravano i tanti ricordi che Ale aveva volutamente accantonato: lei da piccola sullo Swan Lake, suo padre che la guidava nei primi passi sui pattini, le vacanze di Natale, le prime uscite con Tom e poi sempre e solo Tom.
- A cosa stai pensando - le chiese Pete. - Ti ho domandato se vuoi una cioccolata calda - .
- Sì, certo. Volentieri - .
Fu proprio davanti alla bevanda calda che Ale si rese conto che Tom non era ancora un discorso chiuso. Mentre Pete parlava il volto del suo primo amore andò a sovrapporsi a quello del suo cavaliere.
- Ascolta... Tu sei un ragazzo simpatico e mi piaci, ma penso che non dovremmo vederci più - , disse, tutto d'un fiato.
- Ho fatto qualcosa che non va? Ti ho offesa senza rendermene conto? - , balbettò il poverino.
- No! Tu sei perfetto. Sono io a essere fatta male - . Ale gli diede un bacio fuggevole e lo lasciò lì, con la cioccolata da finire.
Inutile dire che Leslie era esasperata.
- Io non ti capisco! Pete è meraviglioso - .
- Sì lo so, ma finiamola qui. Io sto bene da sola e tu non preoccuparti più di trovarmi un cavaliere - .
- D'ora in poi me ne guarderò bene. per colpa tua ho quasi litigato con Joe - .
La vita mondana di Ale finì quel giorno stesso e a lei non importò più di tanto, però s'interrogò quali fossero le sue aspettative: vivere o sopravvivere? Al momento non sapeva cosa rispondersi.

Durante una stancante giornata di lavoro, sfinita, ma sempre bella nel suo tubino nero, Ale fu notata da una cliente, una signora molto raffinata di un'età indefinita. Bionda, impeccabile nel suo tailleur firmato, la squadrava da capo a piedi con occhio clinico.
- Sai, cara... Hai una bellissima figura e un volto molto particolare. Ti va di dedicarti alla pubblicità? - .
- Grazie, signora... Non so a cosa si riferisca - .
- Meravigliosa! Splendida e ingenua. Non capita tutti i giorni. Mi riferisco a prestare il volto per la pubblicità dei cosmetici, dei dentifrici... Cose così. Se sei interessata, chiamami a questo numero - , e le aveva lasciato il suo biglietto da visita.
Aveva, così, iniziato la carriera di modella pubblicitaria per l'agenzia di Carola High. Il suo volto campeggiava su cartelloni enormi mentre dichiarava sorridendo che quel dentifricio era il migliore per rendere i denti bianchi e splendenti, oppure affermava che una certa crema idratante le aveva reso il viso come quello di una ventenne. Se la contendevano un po' tutti e lei era una stakanovista sul lavoro, molto seria e apprezzata.
La sua vita privata, invece, non progrediva di un passo. Con la sua bellezza non le mancavano certo i corteggiatori e qualche volta era uscita con qualcuno di loro, andata a feste esclusive, ma non provava alcun entusiasmo per tutto ciò. Sebbene si fosse imposta di non pensare più a Sitka e a Tom, tuttavia non riusciva più ad aprire il suo cuore a nessuno, non provava interesse per chicchessia e nessuna esperienza la entusiasmava. Si muoveva come un automa, efficiente ma senz'anima. Questo suo nuovo modo di essere l'aveva resa una professionista apprezzata, ma non le aveva portato la felicità. In sostanza, si lasciava vivere, senza aspettative, se non quella di guadagnare per non essere costretta a dichiarare il suo totale fallimento come persona.
Passò qualche anno così e lei si muoveva sulle passerelle più famose. Qualche giornale di gossip l'aveva definita “il ghiacciolo dell'Alaska”, per il suo essere algida e irraggiungibile, ma a lei non importava: andava bene così, finché non avesse trovato la sua strada.

- Che ne pensi di passare da questo lato della barricata? - , le aveva proposto Carola, dopo circa cinque anni che faceva la modella.
- Cosa intendi? - .
- Sei rimasta la solita ingenua - , le aveva detto ridendo, la sua agente, ormai anche amica. - Vuoi diventare la mia socia in affari? Io sto invecchiando e tu sei sveglia e hai capito molto di più di quello che fai credere - .
Alexandra aveva accettato più che volentieri, visto che ormai le passerelle e set fotografici le erano venuti a noia, e aveva cominciato ad affiancare Carola nel suo nuovo compito lavorativo.
Erano, così, passati altri cinque anni e lei diventava sempre più indispensabile alla socia anziana. Questo lavoro le era più congeniale, perché in fondo mostrarsi sempre bella e impeccabile non era il massimo delle sue aspirazioni. Il nuovo lavoro le piaceva molto di più e ne traeva maggiori soddisfazioni professionali.

Elena Andreotti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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