Scritture brevi con quadri d'autore.
È stato un attimo: per un attimo, ho desiderato possedere un obiettivo fotografico pronto all'uso. Un I-phone, uno smart-phone? Quello che non possiedo e che detesto? Ma sì, pure quello sarebbe andato bene per provare a fermare l'immagine. Il desiderio è però durato davvero pochissimo, perché ho subito reagito e usato gli occhi della memoria per fermare il ricordo. Poi mi sono detta: - Ho sempre le parole per raccontarlo - . Estemporanea sia, dunque.
Le - estemporanea - (così, come fosse neutro plurale) sono nate da questo impulso: originario, primaverile e simile a un germoglio, vissuto il primo giorno dell'ora legale e suggerito da un battito d'ali. Pensate come ossatura della omonima pagina del mio sito web, presentate con le parole in corsivo che avete letto, le prime di loro erano state divulgate inizialmente sui - social - . E quella avrebbe dovuto essere la collocazione, se non fosse arrivato da una lettrice un suggerimento convincente. A lei si deve dunque, in parte, questa pubblicazione. Inoltre, la mia indole e la mia scrittura non amano i tempi serrati, a volte concitati dell'on line, condizionati dalla preoccupazione di esserci, sempre, di individuare il momento giusto anche per non esserci, di operare il marketing migliore, dopo esserselo inventato, perché l'imperativo è l'originalità a tutti i costi, però guai a non assecondare gli stereotipi del momento, magari usando mezzi tanto pacchiani quanto fastidiosi. Alla fine, la sensazione è quella di svolazzare in una gabbia con la porta accostata: non è chiusa, ma lo sembra e ti costringe, anche quando basta così poco per aprirla. Preferisco perciò la pace di un foglio bianco, sul quale scrivere quando c'è davvero qualcosa da dire. A tutto quanto mi sembra artificioso e anche vizioso nel suo girare in circolo, ho pensato di contrapporre la semplicità che nel terzo tempo della mia esistenza ritrovo con gioia, sfrondata del superfluo, libera dell'inutile, leggera ma non priva di peso. Quindi, la decisione presa ex tempora, - sul momento - , di scrivere impressioni subitanee catturate dalla penna, è passata al vaglio della ponderazione; come ogni riflessione sul presente, ispirata da un qualche accadimento, ha subito le trasfigurazioni suggerite dalla memoria, da un'associazione di idee, dalla sola descrizione, dall'accavallarsi degli stati d'animo. Queste scritture, dunque, brevi anche se non sintetiche, sono attimi da cogliere, piccoli - carpe diem - legati alla quotidianità di una coppia datata: due neofiti delle colture, che hanno infilato la propria chioma bianca in mezzo alle chiome argentate degli ulivi. Sono ricordi, momenti, riflessioni, pensieri, incidenti di percorso, pesi, metafore, tristezze e inquietudini che passano nel flusso delle stagioni di una vita semplice, legata il più possibile alla natura. Da un lato, sono nati tra i solchi scavati nella terra di un orto; dall'altro, tra le onde del mar Ligure, solcate dalla prua di un barchino, fedele alleato verso la libertà che solo il mare sa offrire, nella distanza dalla folla, dalla malignità gratuita del prossimo, in senso etimologico e traslato, dalle infinite seccature che rincorrono anche chi le evita. L'idea di vivere tra mare e campagna, di coltivare un orto, di potermi concentrare sulla scrittura è rimasta inattuata in me fino a qualche anno fa. Ora è realtà concreta, talvolta faticosa per il fisico, ma rigenerante per la mente. Le tante sfumature di blu che il mare assume ogni giorno, quando lo vado a vedere al mattino o quando navigo e mi ci immergo, sono ulteriore coronamento di un desiderio realizzato. Con noi c'è Giatt, il nostro cane. Se sogno l'impossibile – e sovente mi accade – penso a quanto sarebbe stato felice qui, con noi, anche Pedro, il nostro cane, prima. Lo struggimento mi stritola, ma poi guardo il presente negli occhi verdi di Giatt, me lo stringo addosso, mi lascio inondare di leccate e mi rassereno, perché ho molti motivi per farlo. Le immagini introduttive, spunto per ogni scrittura breve, nell'idea iniziale non erano indispensabili, anzi; alla fine, però, mi sono sembrate gradevoli e sono il mio pegno pagato alla tecnologia con cui mi trovo più volte in disaccordo. Le considero quadri d'autore della natura, che mi limito – spesso neppure personalmente – a riprodurre. E qui è doveroso dire grazie al “mio fotografo” il quale, al contrario di me, non prova soggezione alcuna nei confronti di questi mostriciattoli elettronici, non sente timori riverenziali e procede per tentativi, un pulsante dopo l'altro, trovando sempre la strada per utilizzarli al meglio. Io provo a seguire a ruota.
Come i miei precedenti lavori, anche questo ha una finalità benefica. Tutto il ricavato delle vendite sarà devoluto all'Associazione A...fido: un gruppo di volontari che opera in Sicilia, a Campobello di Mazara, e collabora con Dimensione Animale Bergamo – ODV – canile di Verdello, dove sono trasferiti i cani tolti da situazioni terribili, o abbandonati, o feriti o, peggio, vittime di violenza, recuperati e curati dai volontari di A...fido. Dimensione Animale Bergamo si occupa di seguirli, trovare loro uno stallo e un'adozione. Con il mio grazie per il loro adoperarsi.
Upupa
Questa mattina, primo giorno della nuova stagione di ora legale, l'Ape Piaggio arrancava, ancora insonnolita come noi, sul breve tragitto che separa casa nostra dall'orto. Il percorso è quasi diritto, in falso piano per la maggior parte, tranne un paio di erte, brevi ma decise. Scorre a fianco, sulla destra a salire, il torrente che viene dai monti, ricchi di fonti e sorgenti. Non ci sono mai andata, alla sua sorgente, nonostante frequenti questo luogo da quando sono bambina e lo abbia scelto come casa: ci si rende conto da “grandi” di quanto si sia vissuta una vita distratta. Superato il ponticello che attraversa il torrente, un volo inatteso e impreciso, a sbalzi, come risucchiato da un vuoto d'aria, cattura l'attenzione. - Guarda! - - Cos'è? - - Dai colori sembra una ghiandaia - . - No, no. E poi, è un volo a sinusoide - . - Cos'è allora? - L'Ape Piaggio rallenta. Giatt, infilato sotto le nostre gambe, si alza come sollevato dal proprio naso. Il tartufo rosa si muove curioso, indaga. Sei occhi scrutano, dal finestrino abbassato, nell'intrico dei rami, più radi a bordo strada. È lì. Appollaiata, a guardarsi intorno. La vediamo bene: - È un'upupa! - diciamo in coro, provando a bisbigliare. Giatt non distoglie lo sguardo, gira le orecchie per decifrare la nuova onomatopea. Non l'abbiamo mai vista in natura, ma la riconosciamo. Le piume color cannella rosate, le striature scure e, appena si gira verso di noi, apre e chiude l'inconfondibile cresta, prima di volar via. L'impressione è molto diversa dal ricordo scolastico dello svolazzare fra le tombe e le croci dei sepolcri foscoliani: non ho visto nulla di lugubre, uscito da un teschio, di notte. Ho visto, invece, l' - ilare uccello - , l' - aligero folletto - che ruota il ciuffo come un'antenna, lo stesso che Montale ha difeso dalle calunnie dei poeti. Ho visto un uccello diurno in esplorazione, che – ho letto in seguito – cercherà nel nostro orto il proprio nutrimento, aiutandoci a ripulire la terra e i germogli da insetti nocivi; e mangerà cibo sano, che saprà riconoscere privo di intrugli dannosi Come diceva Catullo, è un giorno – nel nostro caso un attimo, estemporaneo – da segnare con una piccola pietra più bianca delle altre.
Domenica delle Palme 2022
Colombe, rami d'ulivo, guerra. Pandemia, epidemia, endemia? E vai a sapere davvero. Restano poche certezze, tutte nel quotidiano: gli ulivi oggi brillano al sole perché il vento, rinfrescato ieri da un acquazzone d'aprile degno di un barile, li muove e li rende cangianti; Giatt è accucciato ai miei piedi, a stretto contatto con me, mentre scrivo; il rumore della planetaria arriva dalla cucina dove mio marito impasta e sperimenta nuove lievitazioni. Oggi anche l'orto è in pausa. Giungono buone notizie di un caro amico in ospedale; un'altra invece è devastata da una perdita improvvisa. Nuove vicine di casa, dai tratti slavi, ricambiano un pane appena sfornato con tre panini dolci e semi di zucca rimasti in borsa nel trambusto della fuga. L'abbaiare del capriolo che salta nel bosco di fronte alla mia finestra ribadisce che sono molto fortunata. Dirlo proprio oggi con un ramo d'ulivo? Lo ripeto, con un carciofo.
Mare di giada
Il 12 aprile – scopro essere stata la giornata internazionale del mare – l'Ape Piaggio ci ha portato in riva al mare, in mezzo al golfo, perché guardare il mare ogni giorno è imperativo morale. Avevamo lo strumento adatto a portata di mano: - Che colore! - - Meraviglioso - . - Scatta, cattura, prendi! - Era già mutato. Non c'era già più quel particolare punto di verde che l'acqua assume con quella precisa inclinazione del sole e quella, proprio quella e non altra, intensità di luce; tuttavia, ciò che vedevo era molto simile e altrettanto splendido. Il vento da levante increspava la superficie dell'acqua creando piccole creste bianche, simili a screziature semoventi di pietra. Lo chiamano acquamarina o giada quel colore adorato, che provoca in me lo stesso effetto vivificante e gioioso di un tuffo.
Asparagus acutifolius
Giatt è partito in quarta: corre, pancia a terra, orecchie aerodinamiche, coda in linea. Va e torna infinite volte, incurante della pendenza; mi schiva attento, tranne quando, con in bocca un legno più grande di lui, scontra i miei poveri stinchi. È felice, e io, noi, siamo più felici di lui per come sta vivendo. Vorrei avere la sua energia; invece, mi arrampico lenta fino in cima al nostro pezzetto di terra e mi fermo per recuperare fiato, ma più che altro per osservare la valle: in questo mosaico di verdi, una tessera, piccola quanto un francobollo, è anche nostra. Penso a quanto Pedro si sarebbe divertito: a come sarebbe “volato” da una piana all'altra, di balzo in balzo, a tutto quello che avrebbe “letto” e imparato, a come sarebbe stato bello averli insieme davvero, non solo immaginati. Ma poi chissà, se l'immaginazione è solo tale. Tornano insieme, Giatt e il suo capo umano. Annusa il mazzetto di asparagi selvatici che lui stringe in una mano, mentre si osserva un dito dell'altra: - Ti sei fatto male? - gli chiedo. - Pungono! - Disseminati e mimetici, gli asparagi si confondono con gli infiniti fiori di campo di cui vorrei imparare i nomi. Da piccola ne avrei colti, uno per tipo, e li avrei portati a casa, da infilare nel vasetto grigio, dai bordi smerlati, che tengo come un oracolo perché mio da sempre, ora vuoto di fiori perché mi parrebbe di compiere un inutile scempio. E poi, perché guardarli sfiorire quando posso ogni giorno rimirarli vivi e vegeti? Gli occhiali non mi aiutano a scovare le punte mimetiche di queste squisite piantine, aguzze come il loro gusto, ma c'è chi li cerca per me.
Amelia Belloni Sonzogni
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