Mentre l'ultimo profeta camminava lungo la strada, due moscerini si fermarono e cominciarono a dialogare. Primo moscerino: - In questa società frenetica, in questa civiltà della fretta, dove tutti corrono come dei forsennati, senza tra l'altro sapere verso quale direzione; dove l'ossessione principale è il tempo, dove la vita è scandita dal ritmo degli orologi; dove anche i bambini si proiettano nel flusso degli eventi come semplici ingranaggi di un programma insensato; si immagini che in questa società si diffonda il germe della saggezza; si immagini che l'atarassia si trasmetta da un individuo all'altro come una pandemia; si immagini, esenti da ogni sorta di turbamento, indifferenti a tutto, imperturbabili e felici, che tutti gli uomini diventino saggi: ecco, non so immaginarmi nulla di più annichilante per la società attuale, l'effetto sarebbe ancora più micidiale di una guerra di sterminio totale. Non c'è bisogno di immaginarsi chissà quali scenari apocalittici: guerre nucleari, armi di distruzione di massa, meteoriti, glaciazioni, scontri planetari e via dicendo; basta solo pensare per un attimo alla saggezza, per vedere concretamente la fine del mondo. Niente sarebbe più nefando della saggezza per l'umanità e nessuno più del saggio ambisce all'annientamento dell'umanità - . Secondo moscerino: - Hai ragione. L'essenza della civiltà umana, del suo progresso, della sua evoluzione, del suo sviluppo, è la stoltezza o la demenza.... - . Ma non finì di parlare che entrambi furono spiaccicati sotto le ruote di una macchina. Eppure in questo dialogo, seppure incompleto, i due moscerini hanno detto delle cose che nemmeno un saggio si sogna di dire: c'è più ardire in un moscerino che non in un saggio; dunque, la saggezza che potrebbe annientare all'istante l'umanità intera, richiede una forza minore di quella di un moscerino, forse più leggera di una piuma. Vale a dire: non ci vuole nulla per annientare l'umanità. Tanto per capirci: ancora meno di quanto ci voglia per schiacciare un moscerino. A un certo punto sopraggiunse un automa e si fermò davanti a una pietra inerte, che lo chiamò. L'ultimo profeta ebbe così la fortuna di assistere anche al loro dialogo. Pietra inerte: - Essere nessuno, nascondere la propria vita, rinunciare agli atti, sottrarsi ai desideri: c'è qualcosa di più necessario? La libertà non si afferma con il continuo esercizio dell'anonimato? Che altro è la civiltà se non un corteo di automi immersi nella velocità? - . Automa: - Dici bene, non ho un momento per me, anche nello svago non riesco a stare fermo un attimo - . Pietra inerte: - L'essere, infeudato alle ore, è ancora un essere umano? Un mondo, in balia del tempo, non è l'inferno? - . Automa: - Diventare qualcuno: questo è l'imperativo della società. E non si può diventare qualcuno senza possedere qualcosa, foss'anche una qualche facoltà spirituale o una qualsiasi ambizione - . Pietra inerte: - Più si possiede e più si è schiavi di ciò che si possiede. Si è liberi solo se si possiede il necessario, e si può essere felici come un dio anche solo con un frustolo di pane e con un po' d'acqua. Diventare qualcuno: questo ti ordina la società, incatenandoti a un'infinità di bisogni e di esigenze tanto inutili quanto insensati. Io dico invece: essere nessuno; è meglio non aver bisogno di niente piuttosto di dover appartenere a quell'orda affannata e frenetica, a quella marmaglia tecnologizzata di cui tu sei il prodotto più avanzato - . Automa: - Darsi da fare: questo mi dice il mio demone, questo è lo slancio vitale del mio essere, questo è il motore innato della mia volontà. Darsi da fare: è questa l'anima della civiltà e per questo essa ci offre una gamma infinita di opportunità. Sebbene stremati, i nostri animi sono insaziabili - . Pietra inerte: - Darsi da fare significa dedicarsi al falso e al fittizio. E per che cosa poi? Verso dove si dirige la civiltà? Essa, accompagnata dall'inutile scienza, anche se riuscisse a sconfiggere tutti i flagelli, a compiere cose mirabolanti come i viaggi nel tempo o in altre galassie, anche se potesse promettere in dono i pianeti come delle caramelle, se potesse realizzare tutto ciò che è inimmaginabile anche per la mente più ottimista, non potrebbe mai allontanarsi nemmeno di poco dal baratro del nulla. E non sono le macchine né la tecnica responsabili della rovina; semmai la accelerano con tanta più efficacia quanto più aumenta la loro pervasività - . Automa: - Per me la civiltà è come una droga, non posso farne a meno, ne sono sì intossicato ma allo stesso tempo assuefatto. Come un tossicodipendente, ogni giorno devo iniettarmi una dose di quelle comodità e di quelle meraviglie che mi ripagano di tutte le fatiche. Come potrei distaccarmi dalla civiltà, quando non provo altre gratificazioni oltre a quelle che mi dispensa? - . Pietra inerte: - Non so immaginarmi una qualche utilità della civiltà, della scienza e della tecnica, se non quella di eliminare il più in fretta possibile la civiltà stessa e con essa l'umanità intera - . Automa: - Tutta la fretta, tutta la velocità, tutto il dinamismo, tutti gli atti inerenti alla civiltà non sono programmati proprio a questo, a eliminare il più in fretta possibile la civiltà e l'umanità? Che senso avrebbe vivere senza cercare di superare i propri limiti? Che senso avrebbe la civiltà, tesa sempre alla progressione verso il meglio, se non potesse superare sé stessa? - . Pietra inerte: - Questo è sorprendente: che tutti sanno dov'è diretto il progresso e non solo nessuno si ferma ma tutti fanno a gara per realizzarlo il più velocemente possibile - . Automa: - Ma l'unica speranza per guarire dal male dell'essere nati, non è garantire a tutti la possibilità di non nascere? Gli esseri umani non lavorano come pazzi, non studiano sino alla morte, non si lambiccano fino allo stremo, non fanno e disfanno tutto, affinché non ci sia nessuno che possa ripetere la loro Storia, affinché non ci sia nessuno che possa rivivere la loro vita, insomma gli uomini dai tempi primevi non stanno solo cercando il modo perfetto per non lasciare nemmeno la minima traccia di possibilità a una qualche forma di vita nel loro mondo? Le loro vite non sono rivolte a far in modo che nessuno le possa rivivere? Il loro mondo non è stato creato non solo per scomparire, per essere obliato, ma anche perché non possa mai più ritornare? Le loro esperienze non vengono fatte per evitare in modo assoluto che chiunque altro le possa rifare? La presenza degli uomini non è la prova suprema che la cosa migliore per loro è il non essere nati? .... - . Probabilmente per un guasto, l'automa non si fermò più a porsi le domande. Mentre la pietra inerte pensò tra sé: - Ho sempre pensato che l'amore fosse una caratteristica peculiare degli uomini, ma non avrei mai pensato che fossero così amorosi e compassionevoli da dedicare tutta la loro vita alla loro completa cancellazione, a cercare di elidersi affinché nessun altro abbia da provare quello che essi hanno provato. Questo vuol dire dedicare la propria vita al prossimo: estirparla una volta per tutte affinché il prossimo non abbia da viverla. E in questo consiste qualsiasi loro sforzo, nell'essere certi di non fallire; anzi, si può dire che la loro vita sarebbe tutta un fallimento senza quest'unico successo - . “Essere qualcuno”, a questo, come il richiamo di una sirena, invita la civiltà e per questo l'uomo è disposto a rischiare tutto: dopo aver eclissato le bestie, dopo che ognuno, per farsi un nome, si è prestato a superare gli altri, all'uomo non rimane che superare sé stesso. Ma proprio il superamento dell'uomo, il limite estremo a cui mira implicitamente quel canto di sirena della civiltà, porta all'annientamento dell'uomo. “Essere qualcuno”, questo dice la civiltà, nessun uomo può non cedere a quel richiamo se vuole dirsi civilizzato, ma ciò che spetta all'uomo civilizzato, l'invito completo, quello vero, è questo: “essere qualcuno per diventare nessuno”. Una mosca che vagava libera per il vasto aere disse: - Gli uomini non vedono al di là di loro stessi, della loro cerchia di parenti e amici, dei loro interessi, della loro vita presente. Se solo gli uomini riuscissero a rivolgere la stessa attenzione che rivolgono a sé stessi e ai loro cari, a tutte le altre creature del mondo, dalle più piccole alle più grandi, dalle più vicine alle più lontane; se solo gli uomini dessero la stessa importanza che danno a sé stessi e ai loro affari, a un granello di polvere e alle sue evoluzioni aeree; se solo gli uomini potessero vedere, come vedono l'attimo presente di ogni loro unico istante, l'intero Universo e l'intera sua Storia; allora non avrebbe più senso parlare di stati, di governi, di giustizia, di ingiustizia, di società umana, ma tutto sarebbe di tutti, non ci sarebbe più nessuna proprietà particolare ma tutti possederebbero il Cosmo, non ci sarebbe più nessun individuo particolare ma tutti sarebbero Uguali, non ci sarebbe più nessuna legge ma tutti obbedirebbero al Tutto. Tutto è di tutti e qualcosa non è di nessuno; tutti possiedono tutto e nessuno possiede qualcosa. Si è tutto e allo stesso tempo nulla. Gli uomini invece sono per natura accecati dai propri interessi e non obbediscono ad altro che alle proprie immanenti passioni, siano esse razionali o irrazionali; per questo gli uomini non possono vivere senza uno stato, senza una società, per questo gli uomini non possono vivere senza catene, siano essi re o papi o liberi cittadini o semplici schiavi, per questo gli uomini sono tutti schiavi. Il bello è che alcuni uomini credono di essere liberi, quando invece non possono nemmeno urlare nell'immenso cielo senza temere di essere uditi da chicchessia, passando per pazzi e ritrovandosi con la camicia di forza, anche se le loro urla alla fine hanno lo stesso effetto del ronzio di una mosca - .
Howard William Levoe
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