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Autore: Paolo Pedicini
Cosa è nostro
Erotico
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Cosa è nostro
13 luglio 2022, mercoledì.

- Di notte qualsiasi finestra si trasforma in una minaccia. Di giorno ogni specchio diventa un riflettore - mormorò allegra alla lastra appesa al muro.
Nessuno, lei in particolare, avrebbe potuto credere che un gesto ripetitivo e banale come contemplarsi prima di uscire potesse provocare simili conseguenze.
Fabiana si avvicinò al vetro e aggiustò le frangette a tendina, scure come i capelli, che le abbellivano l'acconciatura. Esaminò gli occhi e li trovò invariati. Neri e luccicanti, come lo erano da ventiquattro anmi, o almeno da quando aveva preso l'abitudine di osservare il proprio aspetto prima di sottoporlo a sguardi non suoi.
La maglietta bianca, ornata da drappi marrone chiaro che scendevano sulla spalla destra, si abbinava alla perfezione coi pantaloni in tinta con l'indumento che li dominava. Fece un cenno di approvazione.
Se superi il tuo giudizio, delizierai chiunque. Pensò.
Stava per voltarsi, quando notò un puntino luminoso sulla parte centrale del cristallo. Abbassò la testa e si avvicinò, per vedere meglio.
Non era un insetto, e nemmeno una luce riflessa. Portò l'indice su quello che era diventato, per lei, un alone da cancellare e avvertì una leggera scossa. Piacevole come un soffice tremolio.
Poi un'altra sensazione, più forte, ma non meno gradevole, che le attraversò il corpo. Si sentì trascinare in avanti, con lentezza, ma di peso. Dalla specchiera uscì una Fabiana, vestita uguale, che la sfiorò. Mentre l'altra si avviava verso il corridoio, un braccio lambì il suo. Lei prese la direzione opposta.
Una volta entrata in quello che le sembrò un lunotto, iniziò a salire, accompagnata da una musica di sottofondo rilassante, anche se poco varia.
L'ascesa le apparve apatica e interminabile. Il tempo di abituarsi, poi la scalata sarebbe diventata rilassata, e ininterrotta. La melodia, anche se sempre uguale, avrebbe raggiunto il tono della soavità.
- Dove sono? - chiese a sé stessa.
Le rispose il suono di una voce impossibile da definire. Non era maschile, neanche femminile, priva di età. Non catalogabile, ma ingraziante.
- La domanda è ingannevole. Sarebbe più consono sostituire il dove con chi. -
- Non capisco. Dovrei chiedere a te chi sono quando lo so già di mio? -
- Tu dici? Io penso che tu non possa affermarlo con certezza. Fabiana è uscita e sta per incontrarsi col fidanzato. Sai dirmi che cosa faranno? Dove andranno? Di cosa parleranno? -
- Certo che lo so. Sono io. -
- Già. Ma esiste un dettaglio non trascurabile. Colei che sostieni essere te si comporterà in modo diverso, più naturale. Darà forma a ogni tuo desiderio, visione. O delirio, se preferisci. -
- Ma che cazzo stai dicendo? -
- Che in questo preciso istante stai comunicando al tuo ragazzo quanto ti attraggano i nomi composti. -

Fabiana uscì di casa con l'intenzione di raggiungere in fretta il centro commerciale dove l'aspettava Gianmarco, suo inseparabile compagno da tempo immemorabile. Sapeva quanto lui fosse puntuale e non voleva farlo attendere troppo.
Ma quando percorri una strada che hai sempre e solo conosciuto di riflesso, risulta inevitabile assorbire ogni particolare, per l'innata curiosità verso ciò che odora di nuovo.
Il suo problema derivava dal dover assimilare non solo le vie da percorrere, ma anche l'esistenza stessa, che lei, fino a pochi minuti prima, aveva vissuto rifratta, occupando il lato del vetro meno indicato per apprenderla.
Chiuse il portone d'ingresso della villetta e ammirò l'enorme piazzale che la contornava. Si voltò e si soffermò sul giallo della tinta. Il colore dovrebbe far cagare, rifletté, ma risalta e non stona. Approvato, quindi.
Varcò il cancello automatico che delimitava la proprietà e attraversò la strada. Il Liz Gallery, luogo dell'appuntamento, distava poche centinaia di metri. Li percorse in mezz'ora. Si fermò a ispezionare tutto l'esplorabile.
Ogni rovo che coccolava i marciapiedi catturava la sua attenzione. Sapeva che potevano nascondersi degli animali, li voleva vedere. Fu delusa dal dover considerare che di nascosto ci fossero solo cartacce e buste di rifiuti.
Represse l'idea di allungare verso la zona definita industriale grazie alla presenza di un paio di fabbriche e virò a destra. Percorse un breve tratto di strada, identico a quello precedente e sbucò nel parcheggio riservato ai clienti del centro commerciale.
La struttura le si presentò enorme e piena di posti auto.
Molto pretenzioso per un paese di dodicimila anime, rifletté, ma Montesarchio è raggiungibile da tutta la Valle Caudina, per cui a livello commerciale è stata una scelta indovinata. Almeno fino a quando i sicari della speculazione non hanno ferito a morte l'economia.
Varcò l'ingresso e notò una discreta presenza di persone all'interno, tra loro un ragazzo seduto al tavolino del bar che le sorrideva.
- Fabiana, mi stavo preoccupando. -
- Scusa, ho perso tempo ad ammirare il paesaggio. -
Gianmarco indossava pantaloni blu e una camicia dello stesso colore, intervallato da righe bianche. Non usava abiti firmati né vistosi, ma sapeva abbinare i colori.
Fabiana adorava la semplicità con la quale si presentava in pubblico, non solo per come sceglieva il vestiario. Lui, pur essendo dotato di ottima cultura, non usava mai ostentare il suo sapere.
Lo considerava un abuso, se perpetrato ai danni di chi non può comprendere. Una sfida insensata se lo fai con chi ti capisce, ma, sentendosi superiore, la interpreta come una gara. Pensiero frutto di anni di studi terminati con il conseguimento della laurea in storia e filosofia.
A lei mancava poco all'addottoramento, solo che facoltà scelta, medicina e chirurgia, prevedeva tempi più lunghi di quella del fidanzato.
- Credo che lui abbia contemplato te. Sei angelica. -
- Dottor Nobile, di nome e di fatto, tu che ti perdi in un complimento sul mio abbigliamento? -
- Fabiana, mi riferivo a qualcos'altro. Nemmeno l'ho notato il bianco degli abiti. -
- Circoscrivi. -
- Il chiarore dei tuoi occhi. Abbellisce il volto, e lo rende intrigante. -
- Gianmarco, non te l'ho mai detto, è giunto il momento. Lo sai che detesto i nomi composti? -
- Dunque? -
- Avrei preferito che ti avessero chiamato Asdrubale, piuttosto che affibbiarti un nome unione di due. -
- Si può rimediare. Cambialo. Chiamami come ti pare, per me è uguale. -

***

Fabiana rimase perplessa, chiese chiarimenti.
- Voce, perché ho cambiato discorso? -
- Non mi è dato sapere ciò che solo tu puoi conoscere. -
- Bell'aiutante mi sono scelta. -
- Fabiana, hai seguito l'istinto. Continua a farlo. Avanti. Chiedigli quello che hai in mente. Adesso. -

***

- Gianmarco, è presto. Voglio andare a visitare la torre. Mi ci porti? -
- Certo. Però ricordo l'unica volta in cui ci siamo stati e non mi sembra ti abbia entusiasmato. -
- Sì, ma è trascorso molto tempo. -
- Lei è sempre uguale. -
- Non io. -
Il fidanzato la fissò mentre si sforzava di capire. Fabiana gli offrì collaborazione.
- Ci sono cose che vanno guardate all'età giusta. O al momento opportuno. -
La Saab nera era parcheggiata nei pressi dell'uscita, la raggiunsero subito. Fabiana aprì lo sportello del passeggero e salì senza attendere che il suo ragazzo azionasse il telecomando della centralizzata. Sapeva che non la chiudeva mai. Sosteneva, a ragione, che se un ladro prende di mira un tuo bene non esiste antifurto che possa impedire il passaggio, forzato, di proprietà.
Gianmarco avviò il motore, uscì dal parcheggio e imboccò via Benevento. Il tempo di entrare nel centro abitato e raggiunse l'inizio di via Amendola, la strada principale di Montesarchio.
All'incrocio svoltò a destra e iniziò a percorrere la Vitulanese, a metà della quale imboccò la strada piena di tornanti e tutta in salita. Lo fece in scioltezza. L'auto aveva il cambio automatico.
Dopo le ultime curve la carreggiata ritornò dritta, al culmine della scalata li aspettavano il castello medievale sulla sinistra, la torre di fronte a loro.
Gianmarco fermò la macchina nello slargo che separava i due monumenti e scese, seguito dalla fidanzata.
Dai lati del piazzale si poteva osservare il paese sottostante. Lo fecero, come d'abitudine. Ma lei quando affacciò lo sguardo oltre il muretto di protezione, sembrò rapita dal panorama.
- Che meraviglia. Vedo la piazza, le persone, le case. La vita che scorre - esclamò Fabiana.
- Sì, ma non è la prima volta - le fece notare lui - o no? -
- E come se lo fosse. Andiamo dentro, dai. -
Si avviarono verso le scale che portavano all'ingresso del simbolo di Montesarchio, un tempo carcere dove il re confinava i dissidenti. I prigionieri di guerra venivano destinati nelle celle del castello.
Quando entrarono nella torre, Fabiana fu soffocata da un pensiero claustrofobico.
La lapide mi dice che Carlo Poerio è stato rinchiuso qui dentro per dieci anni. Lo hanno messo in una stanza così piccola perché era un patriota, idealista e uomo di legge? Il monarca, nella sua raffinata crudeltà, avrà voluto castigare la sua mente troppo ampia rinchiudendola in qualche metro quadrato, così da annichilirla. A quanto pare ha fallito, e non mi sorprende.
Un sovrano è incapace di concepire che una persona sia disposta a difendere la libertà sacrificando la sua. Se lo avesse considerato gli avrebbe impedito di scrivere, ma non l'ha fatto.
Aveva bisogno di respirare, ma fuori da quell'ambientazione.
- Andiamo via. Salire non avrebbe senso. Sopra è tutto uguale - sbottò al termine della riflessione.
Uscirono all'aria aperta. Non c'erano altri visitatori. Faceva caldo e il sole delle dieci del mattino esercitava il suo fascino oppressivo.
- Gianmarco, parcheggia all'ombra. Ho voglia di parlare. -
Risalirono nella Saab che, grazie al colore, assomigliava a un forno in piena attività e il ragazzo accolse la richiesta dell'amata. Alla sini-stra della torre c'era una stradina affiancata da un muro in grado di proteggerla dai raggi del sole e dagli sguardi indiscreti. Anche l'auto beneficiò di quella tutela.
- Ti ho vista raccolta. A che pensavi prima? -
- A quanto può essere miserabile imporre la propria autorità. -
- Ti riferisci al re, suppongo. Ma sai, spesso i governanti sono obbligati ad agire in un certo modo. -
- Figurati. Ne sono consapevole. Il problema è quando un grande potere viene esercitato da un piccolo cervello. Cosa che succede spesso, in questo periodo. -
- Non ho capito. -
- Gianmarco, ogni giorno i politici, di qualsiasi colore, non fanno altro che parlare dei problemi del Paese sottolineando l'urgenza di risolverli. Sono anni che ripetono lo stesso ritornello e poi rimangono inerti. Sarà per deformazione professionale, ma io li paragono al portavoce di un ospedale che legge il bollettino medico di un ricoverato e conclude con un: bisogna intervenire, ma non spiega come. Ti sembra serio? -
- No. Ma esiste una differenza. Il sanitario che legge il referto sa di cosa sta parlando. -
- Dammi uno schiaffo. -
La richiesta, improvvisa e, soprattutto, immotivata, impattò su di lui con la forza di un pugno.
- Che? -
- Colpisci. Per favore. È importante. -
Il fidanzato ubbidì, ma non bastò.
- Più forte che puoi. -
Gianmarco le mollò un ceffone così poderoso da pentirsene all'istante. La guancia di Fabiana si tinse di rosso ingiuria.
Il rammarico gli durò meno di un attimo, però. Giusto il tempo per lasciare posto alla incredulità nel vederla armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni, sbottonarli, abbassare la cerniera. Poi i boxer. Il tutto con una rapidità incredibile.
L'inguine scoperto segnalò un membro inerte. Il suo volto un certo imbarazzo. Ma lei si avvicinò, lo avvolse tra le labbra e lo lasciò indu-rire nella sua bocca. Poi sollevò la testa per fargli spazio e lo percorse in discesa, con indolenza.
Prima di giungere in fondo, Fabiana sentì il palato inumidito, la lingua cremosa, la gola intiepidita. Ingoiò lo sperma.
Poi parlò, con voce pastosa.
- Non mi hai fatto completare la risalita. -
- Fabiana, ma che ti è preso? -
- Non ti è piaciuto? -
- Anche troppo. Non me l'aspettavo. -
- Rivestiti. Sai, avevo bisogno di capire come mai ho sempre represso le mie fantasie Cosa che mi ha sempre impedito di vivere il sesso con piacere. Mi spiego? -
- Certo. Ma perché non me ne hai mai parlato prima? -
- Ho sempre preferito rinviare, ma adesso so che devo sbrigarmi. Ho cominciato l'indagine. -
- Bene. Come posso collaborare? -
- Raccontami come mi vedi quando facciamo l'amore, e come mi vorresti. -
- Fabiana, hai un fisico notevole e un culo da copertina. L'unico difetto, se si può definire tale, è che durante l'amplesso sei silenziosa e io non riesco a misurare il tuo piacere. -
- Fa caldo. Ritorniamo al paese. Anzi no, portami a fare un giro, voglio sentire il vento tra i capelli. -
- Amore, perché ho la sensazione che tu voglia vivere ogni attimo come fosse il primo? -
- Gianmarco, fino a oggi ho visto la vita in uno schermo. Piccolo e in bassa definizione. È giunta l'ora di togliere i filtri. -
Non ci fu risposta. Parlò il motore diesel che si avviò in tutta la sua rumorosità.

***

- Voce, non ci credo. Ho davvero fatto questo? Sono stata così sfacciata? -
- Sì. -
- Ma perché dico di avere fretta? -
- Fabiana, se l'hai detto un motivo ci sarà. Ma lo conosci solo tu. Prova a ragionare. -
- Forse dipende dal fatto che potrei decidere di uscire dallo specchio e riappropriarmi dell'esistenza, magari accadrà a breve, che lo voglia o no. L'altra io lo teme quindi vuole godersi il poco tempo a sua disposizione. -
- Ipotesi tangibile. Continua. -
- In ogni caso ciò che conta è comprendere in cosa consiste il mio blocco nei confronti del sesso. -
- Perché non lo sai? -
- Io sì. Lei no. -
- Nemmeno io. Raccontami. -
- Voce. È il momento meno appropriato. -
- Perché? -
- Il luogo. Non è imparziale. -

***

- Fabiana, dove vuoi che ti porti? -
- Accompagnami a comprare la mozzarella, mi è venuta voglia di bufala. -
Gianmarco guidò in silenzio. Percorse i tornanti in discesa a velocità moderata, sufficiente a provocare la ventilazione che lei deside-rava. Giunti in centro, salì il corso Caudino e raggiunse piazza Umberto I. Fabiana osservò la chiesa alla loro sinistra.
- Bella l'Annunziata. Ci vado da quando ero bambina. -
- Concordo. Anche se non ho mai visto una chiesa sgradevole. -
- Vero. -
Ma lui aveva una domanda da porre. Un quesito che va formulato nell'immediato, ma di cui deve essere valutata l'opportunità, perché la risposta può non piacere. Gianmarco corse il rischio.
- Che sapore ha? - chiese timoroso.
- Ti riferisci al contenuto o al contenente? - ribatté Fabiana, che aveva compreso l'argomento, però.
- Entrambi. -
- Amo', neutro. Tutt'e due. Ma non è questo che vuoi sapere. Hai fatto l'introduzione. Termina. -
- Hai ragione. Insomma, ti è piaciuto. Intendi rifarlo? -
- Gianmarco, che razza di domanda fai? Se non mi attirava l'idea me ne sarei stata tranquilla. Desideravo partecipare al tuo orgasmo, ma da protagonista. Ovvio che ambisco a ripetere l'esperienza, migliorandola. Per adesso ho capito che mi eccita essere schiaffeggiata, poi comprenderò cosa mi ha bloccata per anni. -
- Riassumendo. Scopo, dunque sono? -
- Anche al contrario suona bene uguale - aggiunse lei.
- Ogni concetto filosofico è passibile di inversione, cara la mia Fabiana. -
- Ecco qua che emerge il pensatore, molto paraculo però. Guarda caso mi parli con tenerezza dopo che ti ho fatto un pompino. -
- Ammetto che se ripenso alla torre mi viene duro, ma ti assicuro che ero sincero. -
- Lo so. Ma cambiamo argomento. La filosofia è una materia troppo delicata per lasciarla spiegare ai filosofi. -
- Complimenti. In mezza mattinata è venuta fuori la tua vena ironica e il masochismo applicato alla porcaggine. Mi piace. -
- Siamo arrivati, ammazza quante persone. Gianmarco, sciroppati la fila. Io aspetto in macchina. -
Lui la guardò, sorrise e la baciò. Fu un gesto rapido, ma vero. Si incollò sulle sue labbra per un breve istante. Fabiana avvertì un dolce turbamento. Poi scortò con lo sguardo il suo prendere posto nella fila di persone, che era considerevole.
Il ragazzo uscì dal negozio con la velocità di un rapinatore di banche. Vederlo brandire la busta correndo le strappò un risolino.
Ripercorsero la nazionale in senso inverso e Giancarlo l'accompagnò a casa. Si salutarono dandosi appuntamento per la serata.
- Ti telefono quando avrò terminato in chiesa - gli urlò lei dal piazzale.
Il pomeriggio l'aspettava il funerale dello zio della sua migliore amica. Luisa. Quattro anni più grande di lei, insegnante a domicilio di spagnolo, scrittrice di romanzi erotici per uso personale. Sposata con Aurelio Tagliaferri, direttore di banca.
Infilò la chiave nella serratura e aprì la porta d'ingresso.
- Mamma, sono tornata. -
- Vieni in cucina, sto preparando il pranzo. -
- Si sente da via Napoli. Papà? -
- Tornerà tra poco. Credo. -
Fabiana appoggiò la busta sul tavolo e andò in salotto. Detestava assistere alla preparazione del pranzo. Trovava irriguardoso seguire il lavoro altrui.
Aveva dovuto derogare a questa sua idiosincrasia durante l'apprendistato in ospedale. Impossibile imparare a usare il bisturi da remoto. Stava per accendere il televisore quando udì la voce della madre.
- Mario, bentornato. Tra mezz'ora è pronto. Tua figlia ha comprato la mozzarella di bufala. -
- Più tua che mia - osservò il genitore - dov'è? -
- Indovina. -
- Albertina, beata te che hai sempre voglia di scherzare. -
In realtà la più seriosa nella coppia era lei, per questo il marito spesso la prendeva in giro. Mario Nuzzolo, laureato in architettura, dirigente della Provincia di Benevento, artista comico mancato causa pigrizia congenita e timidezza manifesta, raggiunse la sua unica figlia, seduta sul divano.
- Fabiana. Ti sembro megalomane se affermo che fa un po'caldo? -
- Papà. Ti ricordi quando portammo la Stilo a demolire? -
- Sì. Perché? -
- Che dicesti allo sfasciacarrozze quando consegnasti il libretto di circolazione? -
- Portare una vettura marciante allo scasso è come accompagnare una persona viva al cimitero e prometterle: non ti preoccupare, prima o poi morirai e ti seppelliranno. -
- Ti sei vendicato, vero? -
- Sì. Ce ne aveva fatte troppe. Darla in permuta avrebbe significa-to riconoscerle lo status di auto. Non lo era. Fabiana, come mai questo tuffo nell'adolescenza? -
- Lo sai quante volte ho incolpato te e mamma di avermi messa al mondo? -
- Vediamo. Ti rispondo in base alla mia esperienza personale. Da quando mi sono reso conto di essere al mondo e fino a che non sei nata tu, almeno dieci volte al giorno. Lo facevo quando ero arrabbia-to con la vita. Tu mi hai superato, ne sono certo. Ma non credo tu l'abbia fatto anche quando hai saputo di aver superato i test di am-missione. -
- Papà. Andiamo a tavola? -
- Questa è una proposta che non si può rifiutare - le rispose il padre imitando la voce di don Vito Corleone.
Pranzarono sereni. In religioso silenzio, per non perdersi nemmeno una battuta del programma televisivo che nessuno dei tre seguiva con particolare interesse, anche perché il volume, come d'abitudine in casa Nuzzolo, era in modalità ultrasuono.
Fabiana non ritenne opportuno rivangare ancora e rimandò a data da definire un'altra richiesta per suo padre. Ma la rivisse con la mente.
Papà usciva sempre alle sette. Mamma, chissà perché, aveva preso l'abitudine di lucidare il pavimento di mattina presto. Mentre lei passava lo straccio come un'invasata, lui saltellava da una mattonella all'altra per non lasciare impronte. Sembrava che stesse attraversando un campo minato.
Ma lei non apprezzò lo stesso e lo rimproverò.
- Dì la verità, lo fai apposta a uscire quando lavo a terra? - ed era convinta.
- In Africa, ogni mattina, il leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella, o morirà di fame A Montesarchio, ogni mattina, Albertina si sveglia e sa che deve correre a passare lo straccio alle sette in punto, o morirà di noia - le rispose, serio quanto e più di lei.
Sorrise a quel ricordo. Sua madre notò.
- A che pensi? -
- Che oggi devo andare ai funerali dello zio di Luisa. -
- E lo trovi divertente? -
Suo padre intervenne per evitare l'inevitabile litigio.
- Ragazze. Stamattina ho conosciuto il nuovo comandante dei carabinieri. Il maggiore... non mi ricordo più il cognome. Sapete perché me ne sono dimenticato? Quando l'ho visto mi è bastato un attimo per ribattezzarlo falso in bilancia. -
Era riuscito a far barcollare la contegnosa consorte, che rise di gusto, evento da celebrare. Fabiana lo fece, con la fantasia.
Se proprio era destino che dovessi nascere ammetto che mi è andata bene, o che poteva andare peggio.
Alla fine del pasto di metà giornata, le donne di casa riconsegnarono alla cucina l'aspetto di sempre mentre Mario onorava l'appuntamento col riposo pomeridiano.
- A che ora devi andare in chiesa? - chiese Albertina a sua figlia.
- Alle tre. -
- Madonna mia! Con questo caldo? -
Non pensi che a un morto interessi più la temperatura interna che quella esterna?
- Nella Trinità si sta freschi, vado. -
Fabiana entrò nella parrocchia, dove non era mai stata, con distacco. La riteneva simile, se non uguale, a qualsiasi tempio di Dio. Salutò Luisa con un cenno e rese posto al centro, lontana dai parenti del defunto.
Da dietro l'altare spuntò il prete con i paramenti viola sulle spalle. Prima che l'officiante iniziasse a parlare, ebbe il tempo di osservare l'immagine di Gesù sulla croce disegnata sopra un grosso vetro.
L'artista bizantino che l'aveva concepita intendeva raffigurare un volto sorridente per la fortuna di aver raggiunto il paradiso che lo aspettava. I raggi del sole illuminavano la corona di spine e proiettavano scintillii iridescenti sulla parete bianca. Fu colpita dalla bellezza dell'insieme.
Quando il coro terminò l'inno introduttivo, l'uomo basso, coi capelli bianchi e gli occhiali da vista, benedì la bara.
- Qual è il messaggio di Dio quando ci strappa una persona amata? -
Ce lo spieghi padre, sia convincente, per favore, pensò.
- Qualcuno crede che nostro Signore, scegliendo tra di noi, ci imponga la sua volontà. Non è così. La verità è che lui accoglie i migliori e così ci chiede di raddoppiare la nostra fede e continuare a fare del bene così come ha sempre fatto Walter, che si è addormentato con la certezza di risvegliarsi al cospetto del padre celeste per vivere la vita eterna. La sposa, i figli, i parenti e coloro che gli hanno voluto bene sanno che possono consacrare la loro esistenza propagando l'amore, nonostante, come lui, afflitti dalle pene quotidiane. Preghiamo. -
Che bravo il sacerdote, rifletté, secco, stringato. Parole sagge ed essenziali.
Il prete possedeva il dono, raro, di tranquillizzare chiunque lo ascoltasse, ma in quella occasione non aveva avuto bisogno di particolari sforzi. Sapeva, per esperienza, che i familiari erano entrati in chiesa accompagnati dalla rassegnazione che sostituisce il dolore per la perdita di una persona cara.
La funzione si trascinò mesta. Al termine la bara fu trasportata al cimitero, nell'auto più angosciante che esista. Fabiana raggiunse la sua amica.
- Luisa, assisterai alla sepoltura? -
- No. Me ne vado a casa. Perché non vieni a farmi compagnia? Aurelio è al lavoro, non mi va di stare sola. -
- Con piacere. Prendo l'auto. -
- Vengo con te. Mi ero fatta accompagnare da mia sorella, adesso l'avverto. Aspetta un minuto. -
Durante il tragitto nessuna delle due parlò. Luisa non intendeva commentare la morte del fratello di sua madre, poco più che cinquantenne, avvenuta per una cirrosi che lo aveva ucciso a distanza di poche settimane da quando aveva scoperto di averla.
Fabiana non aveva bisogno di sapere. Conoscere cosa avesse originato il decesso non modificava l'esito finale, che era sempre e comunque arresto cardiaco.
L'abitazione distava cinque minuti d'auto. Il silenzio che regnava nell'abitacolo fu sopportabile. Parcheggiarono nello spazio condominiale, salirono le scale ed entrarono nell'appartamento a piano terra che rappresentava, per Fabiana, la seconda casa.
Prese posto sul divano, nel salone che fungeva da studio, aula per insegnamento e sala cinematografica. L'amica alzò le tapparelle, in tutte le stanze. Lo fece con rabbia, provocando un rumore assordante. Accompagnò l'operazione con un commento ancora più rimbombante.
- Adoro la luce, ho sempre valutato le persone in base a questa caratteristica. Non riesco a capire come, in nome di una presunta frescura, si possa tenere gli ambienti al buio, d'estate, quando i raggi del sole sono tanto belli che ti sembra di vivere in un presepe. Aurelio preferisce l'oscurità. Quando è in casa sembra di stare in una cripta. Per lui tenere le persiane alzate fa entrare aria calda d'estate, polvere e freddo d'inverno. -
- Luisa, percepisco nervosismo in te. Hai alzato le tapparelle che per poco non spezzavi l'avvolgibile. Era uno sfogo per tuo zio o c'è dell'altro? -
- Vai a pagina trentadue e leggi - le disse porgendole un blocco di fogli spillati - l'ho terminato. Avremo modo di correggerlo tutto, prima però fa' come ti ho detto. La risposta alla tua domanda è in quel foglio. -
Fabiana iniziò a leggere, con attenzione.
- Eleonora, alzati e mettiti di fronte allo specchio. Ti devo parlare - ubbidii.
Mi appoggiò una mano sulla spalla e iniziò a declamare.
- Cos'è l'erotismo? Un poeta direbbe che è una goccia d'acqua che scende fino al mento, e aspetta di cadere sul seno.
Un romanziere scriverebbe che è una donna che si sveste, conservando il mistero fino alla fine, che mentre sente la soavità degli abiti che sfiorano il suo corpo immagina l'eccitazione di lui che la osserva.
Ma ognuno sa che l'erotismo è una componente della vita.
Ammirava il mio volto riflesso. La sua mano discese sulla schiena. Vide il mio volto sbiancare, ma notò la mia attesa. Non respinsi il tocco. Mi accarezzò le natiche, sempre osservando il vetro, alzò la gonna, abbassò le mutandine e le lasciò scendere piano, fino alle caviglie, si posizionò di fronte a me e si inginocchiò.
- Guardati - ordinò.
Mise la testa tra le gambe e iniziò a muoverla. Vidi il desiderio del mio volto riflesso nel cristallo. Poi sentii la lingua percorrere le cosce e dirigersi verso il centro. Quando la percepii dentro, chiusi gli occhi. Fu un riflesso condizionato. Mi persi la visione del godimento, non il tremore che precede l'orgasmo.
Dopo si alzò e mi mostrò la sua erezione.
- Adesso guarda noi - mi disse. Stava dietro di me.
Tolsi la gonna. Poi gli slip. Mi appoggiai sulla punta del suo membro. Lui spinse ed entrò nel mio corpo.
Era la prima volta che lo facevo in quella posizione, in piedi, e con uno specchio a fare da spettatore. Alessandro si muoveva dentro di me. Contemplavo il vetro e vedevo i nostri volti. Mi tenne il sedere e cominciò ad aumentare la velocità delle spinte. A ogni colpo andava verso l'alto, nel più profondo di me, ebbi un'altra convulsione, poi la delizia del piacere.
Urlai il mio appagamento. Mentre venivo gli vidi contrarre le palpebre, come se i lampi dell'eiaculazione lo avessero accecato.
Fabiana tolse gli occhi dal foglio e scrutò l'amica.
- Eleonora sei tu. -
- Sì. Il romanzo nasce da lei. Una mattina mi sono messa a scrivere con l'intenzione di annotare un ricordo gradevole. Credevo di narrare un accaduto della mia vita, non fu così. Non solo. Pur sapendo cosa stavo per raccontare mi sono eccitata lo stesso. Il resto è venuto di conseguenza, anche se questa scena rimane l'unica non di fantasia - .
- Suppongo che Aurelio c'entri qualcosa. -
- Fabiana, le cose tra noi vanno male. Ma il punto non è questo. Il tradimento non c'entra, risale a qualche anno fa, mi pentii subito. Alessandro fu capace di suggestionarmi, usando arguzia e intelligenza. Mi ha corteggiata dal primo giorno di lezione, per più di un anno, sempre con delicatezza. Quel pomeriggio non andò via insieme agli altri ragazzi. Sulla porta d'ingresso mi chiese quale fosse l'ostacolo. Seduta sulla mia sedia da insegnante gli risposi che ci separava una barriera etica. Se mi invitò a raggiungere lo specchio vuol dire che aveva capito che il muro, ammesso che fosse mai esistito, s'era sgretolato. -
- Non è successo più? -
- No. Ma conservo il rimorso. Ora se hai pazienza ti devo raccontare il seguito, però. -
Luisa le parlò dell'aborto spontaneo che aveva impedito di portare a termine la sua prima e ultima gravidanza. Aurelio, scosso dall'accaduto, aveva deciso di evitare altre delusioni imponendole la pillola anticoncezionale.
I guai, però, erano iniziati quando lui le aveva proposto, con la massima naturalezza, di andare a letto con un altro uomo e raccontargli poi, nei dettagli, l'amplesso. Che lei avrebbe anche accettato, quasi considerandolo un modo per lenire la colpa; ma che si era rifiutata per una questione di principio.
- Le corna perdono il loro fascino quando il partner è a conoscenza - fu l'epilogo del suo racconto.
Fabiana stava per commentare, preferì non farlo. Scelse di cambia-re argomento senza uscire dall'ambito.
- Ma invece della pasticca non sarebbe meglio il preservativo? -
- Dice che equivale a farsi la doccia coi calzini. -
- Uomo interessante. Con una moglie ancora di più. -
Le due donne, sedute sul sofà di velluto, si fissarono. Dai loro volti traspariva il desiderio impetuoso di sfiorare le labbra, l'una dell'altra. Non importava chi lo avesse fatto per prima.
Il loro essere femmina lo impedì. Ognuna preferiva immaginare il proprio corpo sovrastato da quello di un maschio.
- Fabiana, ti andrebbe di restare a cena con noi? -
- Perché no? Avviso i miei. -
Gianmarco e la madre vennero informati, con una breve telefonata, che quella sera avrebbero dovuto rinunciare a lei. Nessuno protestò oltre il dovuto.
Luisa iniziò a darsi da fare in cucina. In casa Tagliaferri, nei giorni feriali, si pranzava solo di sera. Aurelio, che durante la pausa mangiava solo un panino, rientrava voglioso di primo. Andava accontentato, anche perché percettore di lauto stipendio.
- Fabiana, tu mangi sempre poco, vero? -
- Luisa, io tra poco mi laureo in medicina e se c'è una cosa importante che ho appreso durante gli studi è che per stare bene in salute bisogna lasciare la tavola con un leggero senso di appetito. Mentre prepari mi racconti la trama del tuo romanzo? - .
- Sì. Ma da domani voglio che tu lo legga. Mi interessa il tuo parere. Per adesso ti dico solo che la storia si svolge in un paese di fantasia. Il protagonista, Luigi Di Donato, fa l'aiuto regista di film porno e ha una relazione segretissima con il figlio di suo cugino. Sogna di girare una pellicola d'autore perché detesta gli eccessi che è obbligato a filmare per contratto. Allora crea Amelia, una donna che non ha il pube depilato e a cui piace fare l'amore solo in situazioni di pericolo. Ti incuriosirà. Sono certa. -
- Aurelio lo sa, suppongo. -
- Certo. Ma non ha letto neanche una riga. -
- Ovvio. -
- Perché dici questo? -
- Luisa, tuo marito somiglia molto a Gianmarco. Loro possiedono uno stile assorto, nel parlare e nell'agire. Non è una critica, solo una constatazione. -
- Fabiana, ma a te sta bene? Ci vai d'accordo col tuo ragazzo? -
- Per come sono fatta io, sì. Il problema è più tuo, temo. -
- Dici? -
- Per la verità sei stata tu a dirlo; e a scriverlo. Quando leggerò la tua opera per intero sarò più precisa. -
Il rumore della porta che si apriva interruppe il discorso. Il direttore di banca, stanco dell'ennesima giornata trascorsa a riverire la supremazia dei bilanci, fece irruzione nei loro ragionamenti.
Fabiana lo ammirò in tutta la sua grandezza. Vide un uomo alto, con gli occhi marrone, capelli castani a spazzola, naso e orecchie di medie dimensioni che abbellivano il viso tondo e poco allungato. Completo azzurro di cotone leggero, camicia bianca, cravatta intonata.
Come diavolo fa a non sudare vestito così? si chiese lei, ma disse altro.
- Aurelio. Che piacere vederti. Spero valga anche per te, visto che tua moglie mi ha invitata a cenare con voi. -
- Luisa, ma non gliel'hai detto che sono innamorato di lei? - Fu la replica scelta da lui per salutarle entrambe.
- Non mi avrebbe creduta. È abbastanza intelligente, riconoscerebbe subito la menzogna. Tu sei troppo impegnato ad amare te stesso - fu la risposta proveniente dalla cucina.
- Tesoro, scusa. Ho scherzato nel momento meno appropriato. Mi è dispiaciuto non aver partecipato alle esequie di Walter. -
Questa volta non ci furono riscontri, se non nella testa di Fabiana.
Sei un bell'uomo. Brillante e abbastanza sveglio. Affermato. Tu non lo sai, ma Luisa mi ha confidato che hai pure un affare di tutto rispetto in mezzo alle gambe, il quale, però, per funzionare ha bisogno di stimoli esterni. Mi viene da pensare alla legge del contrappasso.
Aurelio tolse la giacca e slacciò la cravatta. Una volta privo della sacralità che contraddistingue i bancari, prese posto sulla poltroncina a fianco al divano e scambiò frasi di circostanza con l'ospite.
Il dialogo sarebbe continuato a tavola. Luisa li aveva convocati in cucina, e in quella famiglia vigeva la consuetudine di scambiare opinioni durante il convivio. Fu proprio la cuoca ad aprire il discorso.
- Come è andata la giornata in banca? - chiese al marito che scrutava la pasta nel piatto con la speranza che smettesse presto di fumare per lasciare posto alla commestibilità.
- Tutto bene, non abbiamo subito rapine. Come ripeto spesso: non si ruba in casa dei ladri. -
- Voi bancari non siete malfattori, vi limitate alla circonvenzione d'incapaci. -
- Magnifica battuta, impreziosita da un leggero fondo di verità. Fabiana, tu che ne pensi? -
Che sembrate una coppia affiatata, ma non lo siete affatto. Che scherzate, ma vorreste litigare. Evitate di affrontare i discorsi che desiderereste fare rifugiandovi in sentieri alternativi.
- Ritengo che chiedere cosa pensi a una persona sia azzardato. Immagina se è distratta e racconta quello che le sta passeggiando nel cervello. Potrebbe essere catastrofico. -
- Accidenti - intervenne Luisa - questa me la segno. La inserirò nel romanzo. -
- Come lo hai intitolato? - le chiesero, quasi all'unisono, i due commensali.
- Non ho deciso. Datemi un consiglio. -
- Santi e preganti - rispose Fabiana, togliendo dall'imbarazzo Aurelio che stava per proporre l'unico elemento di sua conoscenza, ovvero il nome della protagonista.
Luisa rifletté, interessata. Poi le chiese di spiegare il motivo della scelta.
- Non ho letto il racconto, quindi sono andata sul vago e ho preferito qualcosa di simbolico. Ci sono i santi e chi li prega. Un libro esiste se qualcuno lo legge. -
- Aggiudicato - esclamò l'aspirante scrittrice - domani modificherò la copertina. -
Aurelio accese una sigaretta e, mentre fumava, fissò la moglie.
- Dimmi la verità. Speri che venga pubblicato e abbia successo? -
Fabiana la guardò interrogativa, come per ribadire la richiesta di sincerità.
- Visto che interessa a entrambi, vi rispondo col cuore. Non posso giudicare il mio lavoro, ma se troverò una casa editrice che lo stamperà spero di essere la prima in classifica, nel bene o nel male. Best seller o zero copie. Mi preoccupa più la prima ipotesi, però. Perché so che le persone non ti perdonano il successo. -
Fabiana lasciò gli amici alla terza Muratti di Aurelio, prima di salutare sottopose il cervello all'ennesimo processo mentale.
Incredibile. Fumi minimo due pacchetti al giorno, ma non lo ammetti. Se costretto saresti capace di riconoscere, senza imbarazzo, che ti eccita l'ipotesi di tua moglie scopata da un altro, mai di essere un fumatore incallito. Sei la prova vivente di quanto sappia essere stupefacente la psiche umana.
- Ragazzi, devo andare. Grazie per la compagnia. Luisa, passo domani mattina. -
Tornò a casa alle dieci, troppo presto, data la stagione. Ma era stanca. Ansiosa di calarsi nel sonno ristoratore e ininterrotto che accompagna le notti di ogni persona in giovane età. Salutò i genitori e si fiondò nel letto saltando la doccia.
La farò domani, pensò prima di addormentarsi.

Paolo Pedicini

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