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Autore: Massimo Vita
Corrieri di Ombre
Thriller
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Corrieri di Ombre
Transizioni verso nuove identità.

Nel sonno le capitava di rivedersi su quella sedia nell'ufficio di Madrid quando le avevano insegnato quali erano le prime domande da fare a un nuovo cliente:
1) Nome.
2) Se aveva bisogno di essere prelevato immediatamente o se aveva un posto sicuro per attendere.
3) Se era ricercato dalla polizia o da qualcun altro.
4) Se temeva per la sua vita o se era ferito.
Dopo queste domande, doveva dare informazioni sulle tariffe del servizio che offriva. Se il cliente le accettava, poteva procedere al passaggio successivo: informare il suo superiore che avrebbe avviato le procedure di salvataggio.
Quanti anni erano passati da quel giorno?
Probabilmente una decina. Quelle domande le aveva fatte centinaia di volte, eppure il momento del primo approccio per lei era sempre il più difficile. Doveva usare un tono di voce rassicurante come fanno gli operatori del 118, anche quando capiscono di trovarsi di fronte a un caso disperato. Doveva oltretutto anche essere determinata nel comprendere se il cliente aveva i soldi per poter pagare i loro servizi.
A meno che non fosse un ebreo.
Mentre passò dal sonno al dormiveglia quel sogno svanì.
Si alzò prima del previsto, un po' per il caldo e un po' per i rumori che venivano dal vicolo. Guardò l'ora e decise che, prima di recarsi al lavoro, sarebbe potuta andare a prendere il sole insieme a Conchita.
Al terzo piano del palazzo dove abitava, in Planceta de Montcada 10, i rumori erano sempre presenti, sia di giorno che di notte. Si iniziava la mattina presto con la raccolta dei rifiuti, si continuava con il brusio dei turisti durante il giorno e si terminava a notte fonda con le urla e le risate dei giovani turisti che affollavano tutto l'anno Barcellona.
Al pian terreno dello stesso stabile Lucia era riuscita ad aprire, con grandi sacrifici, il Lonja de Tapas1. Un locale piccolo e curato che era diventato un punto di riferimento per quanti volevano bere sangria e mangiare tapas. Oltre ai turisti aveva molti clienti barceloneses2 e, da quando aveva iniziato a fare le consegne a domicilio, il fatturato del locale era quasi triplicato.
Dopo essersi preparata in fretta e furia, passò dal negozio avvisando che sarebbe arrivata più tardi e si incamminò verso la spiaggia. Arrivò alla Platja de Sant Miquel3 intorno alle 12:00. Per arrivarci decise di attraversare il ponte pedonale girevole, passare all'interno del centro commerciale Maremagnum per prendere un pò di fresco e tagliare in una traversa per camminare il più possibile all'ombra.
Conchita era sempre in ritardo e anche quella mattina arrivò trafelata dopo più di un'ora. In attesa che arrivasse, si adagiò sul telo colorato, mise le cuffie e si lasciò crogiolare come una lucertola al sole. Quando il calore diventava insopportabile, si spruzzava sul corpo dell'acqua aromatizzata al ciclamino.
Nonostante i suoi trentadue anni, aveva ancora il corpo di una ragazzina. Non era particolarmente alta, ma il corpo ben proporzionato, l'incarnato scuro, i capelli nerissimi e gli occhi verdi, erano gli ingredienti che madre natura aveva utilizzato per creare una donna che attirava gli sguardi anche di ragazzi molto giovani.
Mani e piedi sempre curati, vestiti chiari e spesso coloratissimi, un trucco leggero, un passo deciso e un atteggiamento sicuro e sfrontato, completavano il suo personaggio.
Passarono qualche ora a chiacchierare, appisolandosi di tanto in tanto tra una ciancia e l'altra. Fecero un bagno in un'acqua insolitamente troppo calda per essere il mese di Giugno.
Mangiarono un tramezzino accompagnato da un succo di melograno, e quando si sentirono rigenerate e pronte, prima di farsi cogliere dalla noia, decisero di andar via.
Lucia aveva giusto il tempo di ritornare a casa, farsi una doccia e arrivare al negozio prima delle 18:00. Poi, sarebbero state otto ore di inferno. I clienti si sarebbero ammassati all'esterno, il ritmo sarebbe stato frenetico e si sarebbe continuato almeno fino alle due del mattino a servire tapas, sangria e cervezas4 gelate.
Oltre a stare alla cassa, si occupava anche di controllare che i vassoi con i quaranta tipi di tapas fossero sempre pieni. L'assortimento ne includeva anche alcune per vegani e altre senza allergeni. Il buffet, per attrarre sempre più clienti, doveva essere ricco e colorato.
Maria aveva cominciato a lavorare con Lucia ancor prima dell'apertura del negozio, nelle fasi di ristrutturazione e di organizzazione del locale. Fidata e competente, era in grado di portare avanti l'attività anche da sola.
Bassina, con i polpacci grossi e le caviglie sottili, si poteva definire grossa più che grassa. La gentilezza dei modi e lo sguardo naturalmente amorevole compensavano i tratti un po' duri, stanchi e scialbi del suo viso. Ne risultava una persona che ispirava fiducia al primo sguardo.
Essendo arrivata intorno alla sessantina, considerava Lucia quasi una figlia. Prendeva le sue parti quando non era presente, curava i suoi interessi e non disdegnava di dirle cosa pensasse se erano in disaccordo.
I suoi toni erano così morbidi che Lucia non poteva fare a meno di ascoltarla, le sue competenze così superiori che seguiva i suoi consigli senza batter ciglio.
Capitava spesso che si ritrovassero a parlare del più e del meno, soprattutto a fine serata quando avevano bisogno di rilassarsi dopo il servizio.
Lucia era contenta di aver aumentato il suo stipendio quando aveva saputo che Miguel, il figlio, aveva espresso il desiderio di andare all'università di Madrid.
Una sera Maria le raccontò, senza secondi fini, quale sarebbe stata la retta e quanto sarebbero costati il vitto, l'alloggio e le spese di viaggio del figlio e Lucia, senza farsene accorgere, ne memorizzò il totale e aumentò lo stipendio successivo dello stesso importo.
Maria, sulle prime, non disse nulla e la abbracciò. Poi le comunicò che poteva sempre contare su di lei, per qualsiasi cosa avesse avuto bisogno.
Maria, dal canto suo, aveva compreso che doveva considerare normali le assenze improvvise di Lucia. Qualche volta era mancata solo per poche ore, altre invece le sue fughe erano durate giorni. Una volta, era scomparsa per quasi un mese senza dirle nemmeno dove fosse. Senza nemmeno chiamarla.
E' vero, prima di partire le aveva detto che non sapeva quando sarebbe tornata, ma in un mese poteva esserle accaduta qualsiasi cosa. Almeno una telefonata l'avrebbe gradita.
Durante quella sua assenza Maria aveva provveduto a tutto, pagato i fornitori, fatto gli acquisti e portato avanti l'attività come se fosse sua.
Non ci fu, durante la sua assenza, nessuna emergenza e quindi non ebbe nemmeno la scusa per chiamarla. Non le rimase che attendere il suo rientro.
Ma quando la titolare tornò raggiante, riposata e abbronzata, la accolse con uno sguardo severo che durò pochi istanti, le disse che l'aveva fatta preoccupare.
Proprio come fa una madre con una figlia.
Lei le rispose sorridendo mentre le consegnava una statuina di Buddha in giada acquistata chissà dove per farsi perdonare. Alle altre ragazze invece, aveva regalato solo dei piccoli ciondoli nello stesso materiale.
Il fatto che avesse comprato un regalo diverso e più costoso solo per lei, era la dimostrazione che la considerava in maniera diversa.
Da quel momento però Lucia, per rispetto dei suoi sentimenti e non per obbligo nei confronti di una dipendente, la avvisava sempre prima di assentarsi, e ogni due o tre giorni la chiamava con la scusa di informarsi su come stessero andando le vendite.
Maria si era convinta che quando scompariva lo faceva per vedersi con quel tipo, che aveva capito si chiamava Alejandro. Probabilmente doveva essere sposato e sicuramente non era di Barcellona.
Certo, era decisamente un bell'uomo, ma non capiva perché Lucia, alla sua età, non andasse in cerca di una persona con la quale mettere su famiglia e fare dei figli invece di perdere prezioso tempo con un tipo come quello che, secondo lei, non le voleva offrire la stabilità di cui aveva bisogno.
Ogni tanto compariva, poi non si faceva vedere per mesi.
Capitava che si presentasse al negozio all'improvviso come se volesse marcare il territorio per continuare a soggiogarla. Come se venisse a controllare che Lucia non avesse incontrato qualcuno che poteva mettere a rischio la sua dipendenza da lui.
Se fosse stata la madre lo avrebbe affrontato.
Gli avrebbe detto di lasciar stare sua figlia, che non poteva continuare ad illuderla con chissà quali promesse, sapendo che non le avrebbe mai mantenute.
Purtroppo, non essendo figlia sua, non poteva far nulla e non le rimaneva altro che assistere a questa storia destinata a finire male.
Il massimo che poteva fare era lanciarle dei segnali, sbuffando quando lo vedeva arrivare e sospirando quando lo vedeva andar via.
Una volta capitò che i suoi segnali divennero talmente evidenti e così impertinenti che Lucia, non potendo più sostenere la parte di chi non li avesse compresi, sbottò a ridere chiedendole se non fosse invidiosa che le attenzioni di quel bell'uomo fossero tutte per lei.
Anche le altre ragazze del negozio si misero a ridere e cominciarono a prenderla in giro, smorzando la tensione.
Anche quella sera il lavoro era andato bene. Non rimaneva che pulire tutto e andare a casa a riposare. Lucia fece la chiusura di cassa e aggiornò la lista delle cose da acquistare la mattina successiva. Dopo tante ore riprese il cellulare dalla borsa e notò subito l'icona di Telegram con una notifica. Prese un pezzo di carta e una penna per ricopiare il messaggio prima che si autodistruggesse, aprì l'applicazione e lesse:
24/6/19 18:00 Les Anges De Luxe – Palais des Papes Avignon (FR). ALAINBECOMEASHADOW5

Massimo Vita

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