Dopo pranzo, mentre aiuto mamma a sistemare la cucina e mio padre se ne sta comodamente seduto in soggiorno a leggere il suo giornale, il mio telefono emette l'inconfondibile suono per avvisarmi dell'arrivo di un messaggio. È di William Morris, il mio capo. “Domattina alle nove in punto la voglio in ufficio, ci sarà un possibile cliente e chiede espressamente la sua presenza. Confido nella sua serietà”. La mia presenza? Chi mai potrebbe essere questo cliente che chiede di me? Non sono poi così importante come altri colleghi, sono solo una pedina al gradino più basso della scala gerarchica dello Studio. Provo a richiamarlo per ottenere maggiori informazioni, non voglio farmi trovare impreparata all'appuntamento. Tre squilli... quattro squilli... cinque squilli... E parte la segreteria telefonica. Stronzo! Non posso definire l'architetto Morris una persona simpatica, parla poco e non concede confidenze, tiene le distanze come se fosse un'entità ultraterrena inavvicinabile. Poteva anche degnarsi di darmi ragguagli in merito a questo fantomatico cliente e soprattutto spiegarmi le ragioni della mia presenza che, solitamente, non è mai richiesta a un primo appuntamento. Getto il telefono nella borsa e sbuffo prima di tornare in cucina per riprendere da dove mi ero interrotta. - Chi era? - chiede mia madre. - L'architetto Morris. Dice che domattina è richiesta la mia presenza per un incontro con un possibile cliente. - - È una bella notizia, no? Vuol dire che qualcuno ha notato la tua professionalità e vuole proprio te - risponde soddisfatta. - Non so che dire, è la prima volta che mi capita, di solito non partecipo alle riunioni preliminari. Mi sento un po' a disagio, non so come comportarmi, se potrò esprimere un parere o se dovrò stare zitta. - Esterno le mie perplessità e mi sento confusa. - Andrà tutto bene, ne sono sicura. Limitati ad ascoltare e intervieni solo se sarai interpellata. Se fai così non sbagli mai. - Sorride per incoraggiarmi. Sempre molto saggia la mia mamma. - Farò proprio così. Ora finiamo di sistemare qui, poi vado a prepararmi. Mi accompagni tu in stazione o papà? - - Verremo tutti e due. Voglio approfittare della tua presenza ogni secondo che abbiamo a disposizione. Tra quanto pensi potrai tornare a trovarci? - chiede con voce rotta dalla commozione. - Presto, molto presto. Vorrei non lasciar passare un altro mese senza rivedervi. Mi fa bene venire qui, lo sai. - Apre le sue braccia per accogliermi e io sprofondo nel suo caldo e confortante abbraccio. Ho un bisogno impellente di sentirmi al sicuro, protetta, amata. - Tesoro mio, sei sempre la benvenuta qui, io e tuo padre viviamo per te. Siamo molto orgogliosi di nostra figlia. - Una piccola lacrima le scende sulla guancia, un groppo doloroso mi stringe la gola. - Ti voglio bene, mamma - sussurro prima di lasciarmi sopraffare dall'emozione. - Donne! Che sta succedendo qui, mi devo preoccupare? - Papà rimane colpito dalla scena, si avvicina e ci stringe forte a sé cingendoci con le sue grandi braccia. Sorrido mentre cancello con il dorso della mano le tracce del pianto. - Va tutto bene, lo sai come siamo fatte, no? Ci commuoviamo per poco. - Annuisce sorridendo e stringendoci ancora di più. - Papà, così ci soffochi! - Si affretta ad allentare la presa sospirando. - Bene, ora che è tutto chiarito perché non ci prendiamo una bella tazza di tè? - propone dopo essersi schiarito la voce. Non ne sono sicura ma mi sembra di aver visto i suoi occhi inumidirsi. Grande uomo dal cuore tenero mio padre. Lo amo ancora di più se possibile. - Ottima idea. Metto il bollitore sul fuoco. Emma, ora è meglio se vai a prepararti, non puoi rischiare di perdere il treno - mi incita mia madre. - È ancora presto per la verità, beviamo con calma il tè poi andrò a cambiarmi e a fare la valigia - la rassicuro prendendo le tazze e i biscotti che ha preparato con le sue mani.
Siamo in stazione a Exeter St Davids con largo anticipo rispetto all'orario di partenza, in attesa del treno che mi porterà lontano da qui, chiacchierando del più e del meno per reprimere l'ansia del distacco che ci assale ogni volta. - Fai buon viaggio e avvisaci quando arriverai - si raccomanda mia madre. - Chiamaci un po' più spesso, lo sai che ci fa piacere sentirti, e riguardati - aggiunge mio padre cercando di darsi un contegno per non commuoversi. - Lo farò, riguardatevi anche voi. Spero di tornare presto, mi mancherete, lo so. - Un ultimo abbraccio prima di salire nella carrozza dove prendo posto. Ogni volta è difficile lasciarli, questa volta ancora di più.
Non ho dormito molto la scorsa notte, mi frullavano in testa un sacco di ipotesi riguardo all'appuntamento di stamattina, così alle sei mi sono alzata, ho fatto una doccia e una leggera colazione, mi si stringe lo stomaco quando sono agitata e per quanto mi sforzi non riesco a ingurgitare più di un caffè. Apro l'armadio per scegliere cosa indossare, vorrei essere elegante e fare una buona impressione. Scarto qualche vestito che non mi convince e opto per un completo blu notte con giacca e abito a tubo che arriva appena sopra al ginocchio. Indosso un paio di scarpe décolleté con tacchi alti ma non vertiginosi, raccolgo i capelli in un morbido chignon, mi trucco senza calcare la mano e completo il tutto con un paio di orecchini e collana di perle. Mi guardo allo specchio soddisfatta del risultato, prendo la borsa ed esco per avviarmi al lavoro. So che arriverò prima del solito ma non ha senso rimanere a casa ad aspettare. Una volta arrivata in ufficio mi sentirò meglio, almeno me lo auguro. Il grande capo non c'è ancora, speravo di trovarlo già qui e potergli parlare. Di solito è il primo ad arrivare ma, ovviamente, oggi che mi serve non c'è. Do un'occhiata all'orologio, manca mezz'ora all'appuntamento e più i minuti passano più l'ansia aumenta. Datti una calmata Emma, inspira... espira, inspira... espira. Ecco, brava, così. Sembra funzionare, mi dico soddisfatta. Riprendo il controllo e per evitare che l'inquietudine ritorni accendo il computer e mi dedico ai progetti che sto seguendo. Il suono dell'interfono mi fa sobbalzare. Ero così concentrata da non rendermi conto che sono le nove in punto. - Emma Wright - rispondo all'istante con il cuore in gola. - Signorina Wright, può raggiungerci in sala riunioni? - La voce cavernosa dell'architetto Morris mi procura un brivido gelato lungo la schiena. - Arrivo subito - gli rispondo cercando di non far trapelare il mio stato d'animo. Mi alzo dalla poltrona lisciando l'abito e sfiorando con le mani il mio chignon per essere sicura che sia tutto a posto. Faccio un profondo respiro e mi avvio al piano di sopra tra lo sguardo curioso di alcuni colleghi. I pochi metri che mi separano dalla sala riunioni sembrano una distanza insormontabile da affrontare con le gambe che mi tremano. Il battito accelera e faccio molta fatica a controllarlo. Sono davanti alla porta, mi stampo in faccia un sorriso di circostanza e busso due volte. - Avanti! - Il grande capo mi invita ad entrare. Ennesimo respiro, giro la maniglia e faccio un passo avanti nella sala. Oltre a lui noto la presenza degli altri due soci, gli architetti Harris e Watson, la dirigenza dello Studio “WH&M Architecture & Interiors Design” al completo. Di spalle c'è un uomo elegante nel suo completo grigio scuro. Il cliente. Morris fa cenno con la mano di avanzare e mi sorride. Strano, credevo non ne fosse capace. - Signorina Wright, prego, si accomodi. - Indica una poltroncina di fronte a lui alla quale mi avvicino. - Le presento il signor Cooper. - Non può essere quel Cooper, è solo un caso di omonimia, cerco di convincermi mentre la gola mi si stringe e il cuore comincia a battere come un tamburo. Reprimo l'impulso di uscire da quella sala enorme che improvvisamente mi sembra troppo piccola per contenere l'aria necessaria per respirare. Il cliente si alza in piedi e si gira fissandomi con insistenza. Mi sorride porgendomi la mano e mi sento morire. - Ciao Emma - sussurra rimanendo con la mano tesa a mezz'aria. - E-Ethan... - balbetto incapace di muovere un solo muscolo, sono pietrificata. Non posso stringergli la mano, non ce la faccio. - Vi conoscete? - esordisce Morris alquanto stupito. Gli altri non fiatano, continuano a guardarmi seri aspettando che mi decida a comportarmi da persona educata. Dopo qualche secondo Harris accenna un colpo di tosse e mi lancia un'occhiata torva. Mi rendo conto che sto facendo una pessima figura e la sto facendo fare anche a loro. - Sì, io e la signorina Wright siamo amici di vecchia data. - È Ethan a parlare interrompendo il silenzio imbarazzante che si è venuto a creare. Continua a fissare me ignorando gli altri. - È un piacere rivederti dopo tanto tempo - continua imperterrito insistendo a volermi stringere la mano. - Anche per me. - Non so come riesco a ritrovare la voce e mi decido a dargli la mano che stringe con vigore, trattenendola più del necessario. Quel contatto è una scossa ad alto voltaggio che mi manda in tilt. - Bene - sospira Morris sistemandosi meglio sulla poltrona. È chiaro che è molto confuso dalla strana situazione. - Se la signorina Wright volesse essere così gentile da sedersi al suo posto potremmo iniziare. - Mi fulmina con lo sguardo. Mi rendo conto che sono ancora in piedi immobile come uno stoccafisso. Faccio un cenno della testa per scusarmi e mi siedo all'istante, Ethan fa lo stesso. - Allora signor Cooper, in cosa possiamo aiutarla? - Chiede Morris. - Il mio hotel di Bournemouth ha bisogno di un restyling completo come ben sapete dato che siete stati interpellati per un preventivo. Vorrei che fosse il vostro Studio a occuparsene. - La sua voce è gentile ma decisa. Ed è bellissima. - Siamo qui apposta e siamo certi che sarà soddisfatto del nostro operato, abbiamo i migliori architetti e le maestranze necessarie per realizzare un lavoro a regola d'arte. - Morris si gonfia d'orgoglio mentre decanta la professionalità dello Studio. - Ne sono più che certo. Ci sono alcune voci che vanno riviste, per quanto riguarda i costi sono sicuro che possiamo metterci d'accordo, ma c'è una cosa sulla quale non transigo. - Ethan rimane impassibile mentre gli altri si fanno seri in attesa di conoscere quale sia il paletto che non può essere rimosso. - Va bene, ci dica qual è questa cosa, siamo certi che non ci sarà nessun impedimento da parte nostra alla sua richiesta. - Anche se finge di essere a suo agio il capo sembra seduto sui carboni ardenti. L'ammontare del lavoro deve valere una cifra considerevole, sono sicura che venderebbe anche sua madre pur di aggiudicarselo. - Nello staff che impiegherete dovrà esserci la signorina Wright - dichiara con fermezza. - Desidero che sia lei la persona alla quale farò riferimento per qualsiasi cosa riguardi l'andamento dei lavori - prosegue senza scomporsi. - Non ci sono problemi signor Cooper - conferma Morris senza chiedere il mio parere. Mi prende un colpo apoplettico. Non posso e non voglio lavorare per lui. Senza ragionarci mi ribello. - Ma io non sono disponibile! In questo periodo sto seguendo ben due cantieri e... - Morris mi interrompe bruscamente impedendomi di proseguire. - Signorina Wright, i suoi cantieri verranno seguiti da altri colleghi più che competenti, le garantisco che non deve preoccuparsi. Se il signor Cooper richiede la sua presenza l'avrà - conclude risoluto rivolgendomi uno sguardo che non ammette repliche. Mi volto a guardare Ethan, le sue labbra sono leggermente inarcate in un sorriso compiaciuto per aver ottenuto quello che voleva. - Sei soddisfatto? - sibilo con tutto il rancore che provo nei suoi confronti. - Direi di sì - conferma sfoderando il suo irresistibile sorriso, lo stesso che mi ha tormentato per infinite notti da quando l'ho lasciato e che, devo ammettere, mi era mancato. Dio se mi era mancato! - Molto bene, come vede signor Cooper è tutto risolto - dichiara Morris gongolante. Lo odio e odio Ethan per avermi incastrata. Mi vuole attorno? Bene, non gli renderò la vita facile, è una promessa! - Quando dovrebbero iniziare i lavori? - chiedo a Ethan ignorando i presenti. - Il prima possibile - risponde determinato. Gli brillano gli occhi di felicità per essere riuscito ad avermi in pugno. Ridi pure, bastardo. Goditi la tua vittoria fin che puoi. Non hai idea di quello che ti farò passare. - Ho anch'io una richiesta - esordisco lasciando tutti basiti. - Una richiesta signorina Wright? - chiede Morris alquanto contrariato che abbia solo osato aprire bocca. - Sì, vorrei che nello staff che seguirà i lavori del signor Cooper ci fosse anche l'architetto Matthew Wilson. - - Per lei ci sono problemi signor Cooper? - Si rivolge gentilmente a Ethan sperando che questa richiesta non mandi tutto all'aria. - Non so chi sia l'architetto Wilson, ma se la signorina Wright lo reputa all'altezza per me va bene. - Stringe la mascella e mi guarda. Lo so a cosa sta pensando “Chi cazzo è questo Wilson?” Beh, lo scoprirai presto mio caro, sarà la tua spina nel fianco. - Richiesta accordata - afferma Morris evidentemente sollevato. Mi alzo dalla poltrona rivolgendomi ai grandi capi. - Signori, se non avete più bisogno di me io andrei, devo dare disposizioni ai colleghi per il cambio di programma. Attendo il materiale per mettermi al lavoro su questo nuovo incarico. - - Ha ancora bisogno della presenza della signorina Wright? - Si rivolge a Ethan e io spero proprio che per oggi finisca qui. Non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere i nervi saldi prima di esplodere. - Per il momento è tutto, avremo modo di incontrarci nei prossimi giorni per discutere dei particolari, vero Emma? - Mi rivolge un sorriso carezzevole mentre mi squadra dall'alto al basso soffermandosi qualche istante sul mio seno. Non cambierai mai, Ethan. - Come vuoi, farò in modo di trovare qualche buco libero tra un impegno e l'altro a partire dalla prossima settimana. - Voglio rendergli la vita difficile fin da subito, ma Morris mi prende in contropiede. - Disdica tutti gli impegni che ha e si renda disponibile solo per il signor Cooper, questo lavoro ha la priorità sul resto. - - Ma signor Morris... - provo a replicare. Ethan sorride divertito. - Nessun ma. Vada pure signorina Wright, le faremo avere tutto quello che le servirà. - La serpe mi elargisce un sorriso ampio e falso come Giuda. Non mi resta che ingoiare la sconfitta e fingere che tutto vada bene. - Ethan... - Mi giro a salutarlo con un sorriso fasullo come una banconota contraffatta. Dovrei dire che è stato un piacere rivederlo ma non mi piace mentire. Lo guardo e vorrei fulminarlo, invece gli porgo la mano che lui stringe ancora più saldamente della prima volta, fissandomi con i suoi bellissimi e maledetti occhi azzurri. - Emma... - Pronuncia il mio nome con voce calda e profonda, procurandomi l'effetto di un pugno devastante allo stomaco. - Sono molto felice di averti ritrovata. - Aspetta a dirlo, ti farò pentire per essere rientrato nella mia vita, vorrei urlargli contro. Sto zitta, faccio un cenno con la testa prima di girarmi per uscire da questa stanza e allontanarmi in fretta da lui.
Renée Conte
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