Memorie di una regista scostumata
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Attacchi di panico con fantasia.
Clint Eastwood passò dalla porta lanciandomi un'occhiata. Quando toccò a me, che dovevo recitare la traduzione di Innuendo, trovai l'atmosfera sul palco surriscaldata dai Radio Ga Ga per merito della loro trascinante verve. L'assolo di chitarra spagnoleggiante che commentò le mie parole scosse il teatro come un'orchestra ancestrale... Cominciai a volteggiare su me stessa come mi aveva insegnato l'amica regista Mamma Rosa, sotto gli occhi benevoli della band, e potrei giurare di aver visto le mie ansie mettere le ali e dissolversi fra le luci della ribalta, accompagnate dalla voce angelica di Giorgio. Meno male che quella sera ero supportata da Mamma Rosa, da Clint il coreografo, e dai meravigliosi Radio Ga Ga che tanto carinamente si erano prestati a tutte le mie stravaganze registiche. Specie Giorgio, il cantante, che si lasciò coinvolgere in alcuni movimenti scenici e me lo trovai in quinta, emozionatissimo, a condividere con altri attori zitti e immobili uno spazio di trenta centimetri quadrati, prima di tornare a squarciarsi la gola.
Cinque spettacoli tributai a te. “E io c'ero ogni volta, darling”. “Sei stato il mio mentore. Hai il merito di avermi fatto comprendere che tipo di regista volevo essere. Desideravo che i miei spettacoli fossero come la musica dei Queen, ricchi, trascinanti, con ogni dettaglio preciso al suo posto ed ogni sfumatura importante quanto il quadro d'insieme; la comparsa curata quanto il protagonista”. “Ti ho trasmesso la mia ossessione”, ride lui, senza nascondere i denti. “La tua immensa professionalità”, rispondo con dolcezza “Mi hai fatto toccare con mano che non vi è magia senza un duro lavoro. Gli attori hobbisti questo non lo capivano. Io sognavo di volare alto, trattavo ogni singola prova come un'occasione speciale. Loro poveracci facevano quel che potevano. Gilberto, il secondo carinissimo attore che ti interpretò, imparò tutti i tuoi movimenti alla perfezione. La Rossa lavorava alla Coin, stava in piedi otto ore e poi veniva alle prove a indossare i lunghi guanti della Regina Nera. Eta Beta si occupava del padre malato, dei gatti, della casa, del lavoro e certe volte arrivava stremata, sudata. Una volta anche alticcia. Quanto mi arrabbiai! Sentivo che il suo, pur senza averlo deciso scientemente, era un atto di pura ribellione”. “Talvolta anch'io mi presentavo bevuto. L'importante è sapersi far perdonare”. “Oh, e lei lo fece! Finchè durò, fu la mia direttrice artistica numero uno. Quanto al resto, se da un lato ero esigente causando non pochi conflitti, dall'altro fui ripagata con la soddisfazione di ricevere lodi particolari, ed applausi entusiastici, più la stima incondizionata di chi sceglieva di resistere al mio fianco. Ho avuto tanto, non potrei desiderare di più”. “E io sono fiero di te. Però meritavi più riconoscimento. Ti sono mancati i soldi, mia adorata”. “Credi che tutto si riduca ad una questione di soldi?”. Julian è scivolato nella stanzetta angusta senza farsi sentire, col suo corpo robusto eppure così fluido da rendersi invisibile. “Eccoti. Sai che il talento dell'invisibilità appartiene agli sciamani?”, gli dico. Mi guarda serio, poi guarda Freddie attendendo una risposta, che giunge puntuale. “Quando un attore ha firmato un contratto dietro compenso, deve comportarsi in maniera professionale o il regista lo caccia a calci in culo. Darling, tu che bazzichi l'ambiente della danza dovresti saperlo. Lì non si scherza, o sbaglio?”. “No, non si scherza” risponde toccandosi i capelli lisci sul collo “Però io considererei una grande sconfitta tenere i miei artisti per le palle perchè sono pagati. Quando lavoro ho bisogno di creare, e la prima creazione, ancora prima di una coreografia, è una forte complicità con loro. Tu puntavi a questo, mia bella signora. Se non sbaglio, ti piace vedere occhi che brillano intorno a te, non facce di chi non gliene frega un cazzo”. “Certo che sì. Ti vorrei ricordare che quando iniziai non esistevano scuole di regia a Genova. Mi dovetti inventare. Dovevo tutelare il lavoro di tutti, e per farlo rispettare compilavo regolamenti su regolamenti, uno più patetico dell'altro”. “Che però non hanno tutelato te. Il rispetto non si impone, il rispetto si suscita”. Vedendomi impensierita, piroetta su sé stesso un paio di volte poi mi afferra alla vita e mi solleva oltre la testa, facendomi strillare: “Mettimi giù! Julian!”. “Credi che Hija de Puta si sarebbe permessa anche solo di tirare fuori la limetta delle unghie dall'astuccio durante le prove, se il suo contratto prevedeva che lo spettacolo fosse pronto in un mese?”, domanda Freddie mentre volteggiamo “Honey, tu ci mettevi otto mesi a prepararne uno e ti capisco; vi vedevate due volte a settimana, dalle otto a mezzanotte se andava bene. Se non c'erano le allerte meteo”. “Gli scioperi dei mezzi”, aggiunge Julian arrestandosi. “ Il cane da portare dal veterinario”, rincara Freddie. “Il compleanno dell'amica del cuore”, rincaro, col fiatone. “Tanti cazzi! Eppure hai fatto miracoli. Angelo tu ci credevi e facevi in modo di trascinarli sul carretto dell'entusiasmo, dal primo giorno di prove fino alla sera del debutto. Okay?”. “E io di cosa stavo parlando?”, risponde Julian mandando bagliori dagli occhi cerulei. “State dicendo la stessa cosa”, intervengo “L'ideale sarebbe... una Compagnia di anime affini, rispettose anche se non aggiorni continuamente il Regolamento; che, a proposito, contemplava i casi in cui si accettavano defezioni. Gente motivata, seria, ma anche giustamente retribuita”. “Continuo a pensare che i soldi non ti garantiscono quello che cerchi”, dice Julian togliendosi la maglietta sudata. “Tesoro, ti ho sorpresa più volte a dividere gli incassi, quando c'erano, fra voi in parti uguali”, mi provoca Freddie con voce sottile ed occhi larghi, per poi guardarsi le unghie. “Ma non ti ho insegnato niente?” sbotta Julian “Al regista va la fetta più grossa! Lo vedi che non ti rispetti?”. “Tutti noi, tutti noi ci sbattevamo per sostituire le maestranze che non potevamo permetterci”, ansimo, un po' piccata “C'era chi cuciva i costumi, o reclutava forza lavoro per il trasporto delle scenografie. C'era chi faceva le fotocopie delle locandine, in ufficio, di nascosto. C'era chi....”. “E sticazzi?”, mi interrompe, venendomi vicino. Freddie continua ad osservarsi le unghie. Con tono salottiero osserva: “Peccato che Hija de Puta ce la siamo giocata ai dadi”. “Perchè?” gli domandiamo, disorientati. “Ho urgente bisogno di una manicure!”. Ci prende a braccetto e usciamo all'aria aperta del centro storico, carico di odori esotici. In mezzo ai due maestri d'arte e di ciccia, mi sento una Regina. Una Queen. Dritta e fiera, sopra una roccaforte di Bellezza, Ardimento e Arguzia.
“Senza contare che nei gruppi tocca trovarsi impelagate con attrici bravine ma ahimè, ancor più bravissime massaie e Supermamme”, mi ridacchia la Saggia Regista, comparendomi ad un tratto sul piazzale della chiesetta sopra Montoggio, dove vado a passeggiare. La libero di qualche fogliolina gialla e sfioro le gemme nuove. “Costantemente, nei paraggi della festa comandata di turno. Natale, Pasqua, 25 Aprile, 1° Maggio e il diavolo che ti porti. Sono tutte buone, per mettersi a fare spesa e cucinare, almeno sette giorni prima”. “E che dire dei figli bisognosi, dai cinque ai venticinque anni?”. “Due palle”. “Hai provato a coinvolgere anche il loro fogliame?”. “Un paio di volte, ma temo di averli traumatizzati”; scoppio a ridere “L'attore John Malkovich ed io una sera restammo in ginocchio un'ora tentando di rabbonire il bimbo di Bottegaia delle Favole, un po' frastornato dopo aver assistito alle prove. Rimasti soli dissi a John – Abbiamo traumatizzato un bambino dei Pesci! - . - Meno male che sua mamma è del Toro – rispose lui, ridandomi la speranza di non aver perduto una delle migliori collaboratrici mai avute, di cui racconterò in seguito”. “John non lo ricordo affatto”. “Sguardo e ghigno alla John Malkovich, però con qualche capello. Piuttosto talentuoso. Una cometa, lavorò con noi una volta soltanto”. La Saggia Regista mi cinge le spalle con un ramo e tre pigne mi cadono nelle tasche. “Oggi sei un pino odoroso, Saggia Regista”. “Sono come sei tu. A proposito, cercavi qualcosa per accendere la stufa."
Contessa Scalza
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