Era ormai passata la mezzanotte. Primus sedeva davanti alla sua postazione analizzando i dati che venivano ciclicamente mostrati sui sei schermi della consolle: posizione delle volanti della polizia di pattuglia, statistiche delle chiamate al 911, dati dal pronto soccorso. Non c'era nulla di cui preoccuparsi. Aveva minuziosamente riprodotto, in una stanza nascosta della sua abitazione, una specie di centrale dati, come quelle che si possono trovare nelle stazioni di polizia moderne: quattro computer con CPU Cray, un sistema satellitare di interfaccia dati, uno scanner della polizia e tutto il necessario per poter tenere sotto controllo il più possibile la città. Si sfilò il guanto in pelle della mano destra e prese la tazza di the fumante che stava di fianco al mouse, se la portò alla bocca senza distogliere lo sguardo dai monitor, fece un piccolo sorso e poi la ripose sul sottobicchiere. Lucius, il suo maggiordomo, si curava di lui in tutti i minimi dettagli, d'altronde era il suo lavoro. Seppur interrotto frequentemente dai numerosi “bip” emessi dai computer che riempivano la stanza, il silenzio era evidente. A volte passavano ore prima che ci fosse necessità di intervenire, Lucius spesso aveva esortato il suo padrone ad andare a letto e di impostare un allarme qualora si fosse verificato un caso in cui fosse stato necessario intervenire ma, Primus non era d'accordo; doveva essere sveglio e vigile, pronto ad agire. Posò gli occhi nuovamente sulla tazza del the e fece per raccoglierla quando un “bip” diverso dagli altri gli fece rivolgere subito lo sguardo al monitor. Nel mezzo dello schermo lampeggiava la scritta 10-90, che nel gergo della polizia significa “allarme della banca” e, subito dopo 10-150, “avvistamento Alter”. Fissò lo schermo per qualche secondo. Visto il tipo diall arme precedente, bastava fare due più due per capire che quello avvistato era un Alter di tipo Execraris. Nel giorno della comparsa di Primus, il mondo era venuto a conoscenza dell'esistenza di persone diverse dal genere umano, persone capaci di fare cose fino ad allora credute impossibili, alterate geneticamente: gli Alter. Col passare del tempo, comparvero in numero sempre più grande, un po' in tutto il pianeta soprattutto negli Stati Uniti e nell'Europa centrale. Queste persone avevano abilità e capacità al di fuori del comune e mentre alcune si misero al servizio della comunità altre, purtroppo, si diedero alla criminalità. D'altronde era facile: trovarsi in una situazione sociale difficile ma avere abilità al di sopra dell'uomo comune significava non poter essere contrastato da nessuno, se non da un altro Alter, risultava così molto più semplice votarsi alla delinquenza. I criminali con poteri speciali vennero definiti Execraris, per la loro natura maligna ed incline alla malavita. Primus di fronte al segnale sullo schermo, ed essendo bene a conoscenza del fatto che di Alter pacifici ne erano rimasti pochi ormai sulla faccia della Terra, si alzò di scatto e si fiondò nella cabina ascensore che dava al garage sottostante dove lo attendeva, sempre pronta all'azione, la sua fedele Spacer. La Spacer all'apparenza era una comunissima moto da corsa; era stata invece progettata direttamente da Primus. Aveva fatto costruire i vari pezzi in diverse fabbriche localizzate in varie parti del mondo, così che il progetto finale non fosse alla portata di nessuno e se li era fatti recapitare ad un box pubblico non nominativo nella periferia di Los Angeles. All'assemblaggio ci aveva pensato direttamente lui, assieme al suo fedele maggiordomo Lucius. Non appena l'ascensore toccò il secondo piano sotterraneo, Primus scattò verso il mezzo, ci salì a cavalcioni e lo mise in moto appoggiando l'indice della mano destra sulla placca centrale della plancia, poi schizzò fuori dal garage a tutta velocità. La sua abitazione era ben distante dalla città ma, grazie ai razzi a propulsione nanotomica della Spacer (che si basava sulla propulsione spaziale nucleare ad impulso, come per il progetto NASA Orione o il successivo Dedalo) riuscì ad essere nella zona da cui era stato lanciato il 10-150 nel giro di pochi minuti. Arrivò davanti a un palazzo abitativo di 3 piani, nella periferia di Los Angeles. Era la notte di Halloween: festoni, zucche e luci addobbavano quel palazzo, gli schiamazzi dei bambini riecheggiavano felici nella tarda serata che stava ormai per trasformarsi in notte. Tanto meglio, poteva muoversi anche con più disinvoltura. Solitamente agiva di notte ma, veniva comunque avvistato da gente che non dormiva e stava alla finestra a guardare il mondo. A volte era una seccatura perché, le urla goliardiche dell'avvistatore venivano sentire anche dagli Execraris o dai semplici delinquenti che Primus stava controllando, nascosto in un anfratto o dietro ad un gargoyle. Ma nella notte di Halloween poteva gironzolare tranquillamente anche per le strade, al massimo gli avrebbero fatto i complimenti per la bella replica, quasi perfetta avrebbe detto qualcuno, del costume di Primus. Non fece nemmeno in tempo a pensare di spegnere il motore che, dal tetto del palazzo, vide cadere una sagoma umana. Immediatamente diede gas, la Spacer con un boato si impennò e si diresse velocemente verso il corpo in caduta. Tre piani erano pochi tanto quanto i secondi che un corpo poteva metterci a toccare terra. Primus girò la manopola dell'acceleratore fino a fondo, la Spacer emise un ruggito ed una fiamma azzurro-viola uscì dal mini reattore centrale posteriore, facendo balzare la moto in aria, direttamente verso il corpo in caduta. Primus riuscì ad avvicinarsi al corpo solo a metà tra il primo ed il secondo piano ma, tanto quanto fosse abbastanza da poterlo prendere al volo, balzando dalla moto a mezz'aria. Nello slancio coricò il corpo sulla spalla sinistra e grazie ad uno scatto repentino si aggrappò al cornicione del secondo piano, fece poi una capriola su sé stesso e con la mano destra raggiunse il davanzale della finestra del terzo piano. Con una mossa veloce e decisa fece adagiare il corpo del ragazzo sul tetto del palazzo, poi fu una bazzecola salire e trovarsi faccia a faccia con l'essere che lo aveva spinto giù.
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Venere. Quante cose ricorda questo nome. La Nascita di Venere, famoso dipinto di Botticelli. La stupenda Dea romana della bellezza, che in Grecia era chiamata Afrodite. Oppure, semplicemente, la cosa più ovvia, quella che Jimmy stava osservando con il suo telescopio, che il padre gli aveva regalato anni fa per il suo undicesimo compleanno: il pianeta Venere, l'astro più lucente dopo il Sole e la Luna. Jimmy amava stare sul tetto del suo palazzo durante notti come quella. Notti in cui sembrava che Dio si fosse dimenticato di dipingere le nuvole, dove la luna, che appariva gigantesca quella notte, mutava il paesaggio in un dipinto del periodo blue di Picasso. Le immensità dello spazio ed ancor più dei corpi celesti, erano per lui un'attrazione immensa ma, Jimmy non aveva mai sognato di fare l'astronauta come si poteva credere. Anzi, aveva sempre considerato allenamenti e prove da sostenere per diventare piloti interspaziali come dei supplizi, delle fatiche inaudite e, a suo modo di vedere, un po' ingiustificate. Lui che vomitava anche sulle montagne russe più lente e basse, non avrebbe certo potuto fare un salto nel vuoto come fanno gli astronauti. Tuttavia i pianeti gli piacevano e se ne stava lì nel silenzio ovattato di quella notte di Halloween, apprezzando che niente disturbasse quei suoi intensi momenti d'adorazione per ciò che stava ammirando. Odiava Halloween per due motivi: il caos che la folla creava riversandosi nelle strade a festeggiare e l'idiozia che ne nasceva. Gente sempre pronta a giocare scherzi di cattivo gusto, come tirarti uova marce se sei fortunato o legarti e lasciarti sui binari del treno se lo sei meno. Venere era lì, immobile, bellissimo, lucente come sempre. Sembrava quasi impossibile che un pianeta talmente intrigante fosse anche così inospitale: la temperatura superficiale riesce a raggiungere i 475 gradi centigradi, capace di fondere metalli come zinco e piombo. La pressione raggiunge le novantadue atmosfere, in pratica sostare su Venere sarebbe come stare in piedi a 1000 metri sul fondo del mare. Anche la sua superficie, se si potesse visitare da vicino, sarebbe molto meno attraente: deserti gialli, con qualche altipiano sparpagliato a caso e vulcani praticamente ovunque, tanti dei quali ancora attivi. Un paesaggio idoneo a Lucifero anziché paradisiaco come il nome del pianeta potrebbe indicare. Il silenzio fu interrotto da una voce con tono ironico che proveniva dalle sue spalle: - Guardi le stelle, ragazzo? - Jimmy si voltò di scatto impaurito. Non c'era mai stato nessuno su quel tetto e vivere a Los Angeles certo non ti fa pensare al coniglio pasquale che quest'anno è arrivato in anticipo. Soprattutto la notte di Halloween. La figura si fece avanti con un balzo che nessuna persona con il cervello a posto, avrebbe definito umano. Quell'individuo ancora indistinto e celato dall'oscurità, aveva coperto con un salto una distanza che, secondo Jimmy, ad occhio e croce era di circa 15 metri; o era una persona molto allenata che non aveva mai pensato di andare alle Olimpiadi, oppure era un Alter. Jimmy non sapeva se essere entusiasta o iniziare ad avere i brividi. Non ce n'erano rimasti molti di Alter, dopo lo scoppio della bomba. Los Angeles era territorio protetto da Primus e quindi si poteva contare sul Leaguer migliore, tuttavia i cosiddetti Execraris, come li aveva definiti in un talk show Luis Marshall, il noto conduttore televisivo di NT5, continuavano ad esistere, con le loro gang, ognuno nella propria città, sempre alla ricerca di banche abbastanza grandi da rapinare, persone abbastanza ricche da rapire o povere vittime da massacrare fino all'arrivo dell'Alter di turno con cui potersi prendere a pugni e magari farsi un nome cercando di ucciderlo. Ma di Alter ormai ne erano rimasti, appunto, pochi. La figura spettrale si fece avanti. Jimmy non ne aveva mai visto uno dal vivo, tanto meno un Execraris. La sua esperienza si era sempre limitata a qualche foto sgranata sui giornali e subito capì che sfortunatamente non si poteva trattare di Primus. Dentro al ragazzo la paura iniziò a farsi strada come un fiume in piena che scende a valle impetuosamente, spaccando gli argini. - Sai, una volta un poeta scrisse che se guardi le stelle, loro guardano in te. - , disse la sagoma parlante. Jimmy riuscì solo a deglutire, anche se ormai la sa liva era scomparsa dalla sua bocca e la gola grattava come carta vetrata. Eppure era buffo come in quella situazione, riuscisse a pensare solo ai problemi di cultura del mostro: “Se guardi nell'abisso, l'abisso guarderà dentro di te” questa era la frase giusta, pensava Jimmy; l'ha detta Nietzsche, tutto era tranne che un poeta. Gli frullava continuamente in testa, come non avesse altro da fare se non correggere gli errori letterari dell'abominio che aveva di fronte. Il tetto era grande come un campo da football e da un capo all'altro correvano fili d'acciaio ricoperti di nylon lunghi una decina di metri, che le signore dei piani alti utilizzavano per stendere il bucato. Sulla sinistra c'erano un paio di bocchettoni per l'aerazione mentre a destra, socchiusa e muta rimaneva la porta in lamiera che dava alla tromba delle scale. In un momento di ritrovata lucidità Jimmy pensò di fuggire, fece per buttarsi verso destra cercando di arrivare alla porta che dava alle scale ma l'Alter con un altro balzo gli si parò davanti impedendoglielo. Emise un suono di dissenso con la lingua, simile al ticchettio di un orologio, agitando il dito incredibilmente lungo e infilato in un guanto bianco davanti al volto del ragazzo, ormai più pallido della stessa Luna disegnata in cielo quella notte. Jimmy stava fissando quella specie di uomo e stentava a credere a quello che vedeva. Grandi occhi gialli, venati di rossi capillari imbizzarriti, talmente grandi che uscivano dalle orbite come se stessero per schizzargli fuori da un momento all'altro. Denti taglienti, conficcati in una bocca larga contornata da labbra smilze, che sembravano usciti da una di quelle pubblicità dove un cuoco ciccione decanta le lodi di coltelli dai mirabolanti nomi giapponesi, affilati come sciabole di antichi samurai. La cute, tirata sulle ossa, azzurrina ma estremamente chiara come il ghiaccio artico, appariva spessa e dura come il cuoio; non erano guanti bianchi quelli che indossava, era il colore della sua pelle! Ed i capelli, quelli non li aveva. Aveva una specie di cono cristallino e azzurro che gli allungava il cranio nella direzione opposta alla faccia. Eppure aveva un bel vestito. Un gessato blu, elegante. Sicuramente di fattura Italiana. Ed era dannatamente alto. Jimmy era un po' sotto statura per la sua età. A diciassette anni era un metro e cinquantotto e nella squadra di basket della scuola poteva coprire solo il ruolo di playmaker, cosa che, tuttavia, gli riusciva anche abbastanza bene. Ma il mostro era veramente alto. Avrebbe potuto giocare da ala, pensò il giovane in maniera un po' illogica per la situazione e la logica aveva ben poco a che vedere con il personaggio che Jimmy realizzò infine di avere davanti: “Icyman”, il peggiore criminale vivente che potesse mai esistere era lì davanti a lui e lo minacciava! - Bambino... non si scappa dall'Icyman - ed uscivano, da quella specie di tagliaerba che aveva al posto della bocca, nuvole di vapore che subito si condensavano in cristalli di ghiaccio cadendo a terra come se stesse nevicando in un microcosmo. - Volevi vedere le stelle stanotte, eh? Beh, eccoti servito! - L'Execraris afferrò con forza le braccia del ragazzo, che era ormai immobile e rigido come un'asse di tek e con una spinta inaudita lo scaraventò fuori dal parapetto. Jimmy, durante la caduta, riusciva a vedere solamente la luna e non faceva altro che pensare a tutte le pene che gli astronauti dovevano sopportare durante i test e che, forse, non erano poi così inutili. Il suo corpo iniziò a prendere velocità, attirato dalla forza di gravità verso il centro della terra, era come se fosse stato legato ad una macchina da formula uno e al volante ci fosse il miglior pilota del mondo che cercasse di migliorare il record della pista. In tre secondi il suo corpo era passato da zero a centocinque chilometri l'ora. Altri tre secondi e le sue ossa avrebbero iniziato a frantumarsi per il contatto con l'asfalto, il cranio avrebbe subito un colpo talmente forte che gli occhi sarebbero penetrati dentro il suo cervello mentre mascella e trachea si scambiavano di posto. Sterno e colonna vertebrale si sarebbero fuse in una strana composizione, mentre tutti i suoi organi interni sarebbero esplosi. Il palazzo contava solo tre piani, ma i sei secondi che stavano trascorrendo non gli erano mai sembrati così lunghi. Riguardo alle storie che si sentono in televisione su quando ci si butta o si viene gettati da un palazzo e si perde conoscenza prima che si tocchi terra, erano stronzate. Jimmy era ben cosciente di tutto quello che stava accadendo. Sentiva il vento che lambiva i suoi padiglioni auricolari rendendolo praticamente sordo. Eppure riusciva a pensare solamente ai tre piani e a quanto sembravano lunghi quei sei secondi, come quando si fa un viaggio in treno e sembra che non si arrivi mai a destinazione, tra gallerie buie ed imperscrutabili e paesaggi infiniti ma sempre uguali. Icyman se ne stava appoggiato con i gomiti al parapetto, tenendo il mento tra le mani, a godersi il volo angelico del ragazzo. Fece un sorriso di soddisfazione, socchiudendo gli occhi, poi si voltò. Non gli interessava di vedere il corpo frantumarsi sull'asfalto, era troppo soddisfatto del suo operato per poter godere ulteriormente e così si girò per andarsene da dove era venuto. Immediatamente si dovette bloccare, lasciandosi scappare un “Uh” mugolato a metà tra la sorpresa e lo spavento. A cinque centimetri del suo naso si stagliava la faccia severa di Primus, che lo guardava con i suoi occhi neri, vuoti, senza iride e pupilla, da sotto quella maschera da giustiziere senza paura che non copriva tutto il volto ma era attaccata al costume sulla parte del collo, lasciando scoperto mento e bocca per poi ricominciare a coprire il viso dell'uomo all'altezza del naso e su via verso la testa. - Che cosa stai combinando, Icyman? - La voce uscì pura e cristallina. - Io? Niente! - Disse sorridendo disinvolto Icyman allontanandosi verso il parapetto. - Sto solo cercando del divertimento alternativo, vecchia scimmia primate. - Primus fece un passo avanti, la pelle nera del suo costume gracidava sotto la tensione dei suoi muscoli, le cuciture si tendevano quasi allo stremo, come se facessero fatica a contenere i muscoli di un corpo praticamente perfetto. - Lanciare la gente dai palazzi è un divertimento per te, Icyman? - Disse Primus afferrando per il collo l'Execraris e stringendo con rabbia fino quasi a non farlo respirare. - Che cosa vorresti insinuare? Gahhhk! - Squittì lui sentendo la pressione della mano che ormai era diventata come una tenaglia. - Che io abbia lanciato qualcuno da questo tetto? Oh, ma fammi il favore... - , disse l'Execraris eseguendo il gesto con il braccio di chi vuole far intendere che non sia vero nulla. - Diciamo... che forse è scivolato... ed è caduto... - , poi si divincolò colpendo la mano di Primus e facendogliela abbassare di scatto. Gli occhi dell'Alter seguirono la propria mano che si abbassava involontariamente e lentamente rialzò lo sguardo a guardare con disprezzo Icyman mentre la sua bocca si torceva in una smorfia di rabbia. - Beh, ghiacciolo, io non posso certo incolparti di cose che non sono avvenute... - L'Alter Execraris rimase titubante e sul suo volto si tinse un velo di stupore, come se non capisse di cosa stesse parlando il suo nemico giurato. Poi si lanciò verso il bordo del palazzo ansimando e guardò giù. Nessun corpo giaceva sulla strada, solo alcuni bambini stavano cincischiando davanti alla porta dello stabile per scegliere il tasto sul citofono da premere, cercando di capire quale avrebbe potuto far uscire dall'apparecchio la voce di una tenera nonnina pronta a dare più dolci possibili, ma di corpi sull'asfalto non ce n'era nemmeno l'ombra. Icyman si girò tenendosi aggrappato al parapetto, come se avesse visto un fantasma, spingendo con la schiena il muretto alle sue spalle allo stesso modo di un animale braccato. La bocca aperta a formare una O perfetta di meraviglia mentre da dietro Primus si scorgeva Jimmy, ancora scosso ma sano e salvo. - Visto? – disse Primus - Gli angeli sanno volare, non lo sapevi? - Icyman fece per scagliarsi contro il ragazzo. Con le sue unghie affilate cercò di infilzare il viso di Jimmy che, ancora scosso, non si era nemmeno mosso. Primus non aveva fatto altro che alzare un braccio per fermare la pulsione del criminale verso il giovanotto. Prese l'Execraris per il petto e, con una mossa che sembrava uscita dalle televisioni del sabato sera sintonizzate sul canale del wrestling piuttosto che da un'arte marziale, lo stese. Si inginocchiò tenendo l'avambraccio sul collo del mostro e un ginocchio sul suo petto. “Icyman, hai finito di creare problemi. Stasera ti porto dentro e la finiamo.” “Basta! Sai bene qual è il mio nome, usalo invece di chiamarmi sempre con quel ridicolo soprannome!” Primus sapeva bene che il suo vero nome era Stephen Glacier, era stato reso pubblico anni fa, appena dopo il primo arresto ma preferì non usarlo. “Per me tu sei soltanto un ghiacciolo e, come ho detto prima, finisce qui.” Ma l'Execraris non aveva nessuna intenzione di stare a guardare. Alzando le braccia mostrò a Primus entrambi i palmi delle mani e con un getto di ghiaccio potentissimo lo sbalzò all'indietro, facendolo sbattere contro il muro delle scale che davano ai piani sottostanti dello stabile. - Tu, maledetto! Tu morirai di morte lenta per mano mia un giorno! Ma prima soffrirai, oh sì se soffrirai! Te la farò pagare per tutte le volte che mi hai umiliato mettendomi i bastoni tra le ruote! - Così dicendo si girò, spiccò un salto nel vuoto e contemporaneamente abbassò il livello della temperatura corporea, così da far azionare i bracciali che teneva sotto le maniche della giacca. I due getti incanalatori di ghiaccio installati sui polsi si allargarono e scattarono in avanti andando a coprire i pugni. Icyman sparò un'ondata di ghiaccio verso terra per sostenere il suo peso e si allontanò planando sulle strade, come sospeso nel nulla. - Come stai ragazzo? - Chiese Primus a Jimmy. - Tutto a posto? - - Sì Signore. Grazie Signore. Non prenderò più in giro gli astronauti Signore - . Primus non capiva, ma sorrise ugualmente. Poi saltò anch'egli nel vuoto e Jimmy, correndo verso quel parapetto da cui pochi attimi prima aveva fatto un volo di quasi tre piani, vide la nera figura avvolta nella pelle opaca del suo costume allontanarsi sul suo velivolo a reazione, fino a scomparire nella notte.
Davide Vezzoli
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