Sono le sei e quarantacinque; quel rumore sembra un suono lontano, finché non mi rendo conto che è lei, quella maledettissima sveglia che mi tormenta dai tempi delle scuole superiori. La spengo e accendo l'abatjour, un gesto automatico che mi impedisce di ricadere nel sonno profondo. Rimango qualche minuto a godermi le coperte calde – già, perché a novembre uscire dal baccello notturno non è facile, anzi per me che sono un piccolo ghiro è praticamente impossibile. Quando Muffin si accorge della luce corre sul letto e mi strofina il muso sulla guancia facendo le fusa: è il suo modo gentile di supplicarmi perché io mi alzi e gli conceda qualche croccantino; solo così trovo finalmente la forza di alzarmi e di iniziare la mia routine quotidiana. Vivere sola ha i suoi vantaggi e svantaggi; il bagno è sempre libero, ma la colazione non è mai pronta. Apro l'armadio e scelgo una gonna al ginocchio nera, una camicia rosa di seta, calze nere velate con una sottile linea che parte dal tallone e che rende il tutto molto intrigante, e mi dirigo verso il bagno. L'unica cosa a cui non rinuncerei mai al mattino è una bella doccia calda; il problema è che quando entro mi crogiolo sotto il getto per un tempo che sembra infinito, rischiando spesso di arrivare in ritardo. Mi vesto e mi do un tocco di trucco leggero, non mi piace sembrare una bambola di cera, tentando di domare la mia massa di ricci neri. Vincono sempre loro, però. Capelli a parte sono pronta per uscire; uno sguardo allo specchio nell'ingresso per vedere se l'insieme è come voglio che sia, mi infilo i decolté tacco dieci nere di vernice, le mie preferite, ed esco. Alle 7.50 sono alla fermata del tram per andare al lavoro: andare in centro a Milano con l'auto è improponibile, potrei prendere la metropolitana ma l'idea di non poter godere della vista della città che si risveglia mi rende triste. In questo modo posso incontrare ogni mattina le stesse persone che alla fine rendono il percorso quasi rassicurante. Lo vedo arrivare in lontananza, salgo e saluto l'autista. - Ciao, Mattia, tutto bene oggi? - Lui è cordiale e, con il sorriso sulle labbra che infonde gioia, mi saluta. - Buongiorno, Emma, benissimo. - Mi siedo vicino a Raimondo, un signore di settant'anni che vive a qualche isolato da me e che mi tiene il posto ogni mattina perché va a trovare suo figlio al lavoro. Fa il bibliotecario e dice che a casa, da quando la moglie è morta, si sente inutile. - Buongiorno, Raimondo - lo saluto amichevole. - Buongiorno, cara - mi ha dato questo soprannome perché dice che ho la faccia da cara ragazza, quindi che cara sia! - Ieri in biblioteca mio figlio mi ha dato un libro veramente stupendo; sono entrato nella storia a tal punto che alle diciassette ero ancora immerso nella lettura, non mi ero nemmeno accorto che era così tardi, e per fortuna che non ho perso il tram del ritorno, altrimenti avrei dovuto prendere un taxi e a quell'ora sai che traffico che avrei trovato? Sai, cara, non mi piace arrivare a casa troppo tardi, sono come un vampiro al contrario, quando il sole tramonta io devo essere al riparo. - A una prima impressione potrebbe sembrare logorroico, in realtà credo si senta semplicemente molto solo; dedicare un po' del mio tempo a una persona come lui non mi disturba affatto. - Quindi lo hai finito il libro? Se mi dici il titolo lo leggerò anche io. - Il mio relax serale è spesso un buon libro distesa sul divano, con l'immancabile coperta di pelo della carica dei 101, la tisana e l'adorabile Muffin che mi scalda le gambe. Raimondo mi guarda con uno sguardo pensieroso. - Sai, cara, non ricordo come si chiama, l'ho finito perché non ne ho potuto fare a meno, era così intrigante, parlava di pirati che navigavano in mari lontani e bellissimi, che a mio modesto parere non possono esistere... sono troppo belli per essere veri. Ti prometto che chiedo a mio figlio e domani te lo faccio sapere. - Nel percorso verso il lavoro passo davanti alla Bocconi, che oltre a un sorriso mi strappa sempre anche qualche ricordo di quando studiavo lì. Quelle immense vetrate che riempivano di luce i corridoi predisponevano le giornate al meglio, almeno per me che ho adorato quel luogo magico. Mi ricordo di quel giorno che ero in pauroso ritardo, perché avevo spento la sveglia e mi ero riaddormentata - tipico di me - e mentre correvo trafelata alla lezione di economia estera, mi sono scontrata con Luca, rovesciandogli addosso tutto il caffè che tenevo in mano. Direi che, come primo incontro con il mio futuro fidanzato, non era andata male, ma persino peggio! Per fortuna lui non se l'era presa troppo. Raimondo mi desta dal mio sogno a occhi aperti. - Cara, questa non è la tua fermata? - Dio, ancora una volta stavo per perdere la strada. - Grazie, Raimondo, se non ci fossi tu! A domani, giovane pirata - , gli faccio l'occhiolino prima di scendere. Mi dirigo al Tiffany cafè con l'intento di fare colazione. Questo posto mi piace tantissimo, il banco è tutto a specchio e l'arredo ha degli inserti bianchi laccati che danno un tocco chic. Se solo non avessi già sistemato il mio appartamento, potrei pensare di fare qualcosa di simile. Per di più, la mattina è sempre fornito di ogni cibo possibile e immaginabile. C'è un'enorme vetrina piena di brioche di ogni gusto, torte, panini, pizzette, senza contare le coppette di frutta per i più salutisti - ovviamente io non sono fra loro. - Ciao, Alice, tutto bene oggi? Mi faresti un cappuccino con tanta schiuma? Vorrei anche una pastina al miele in un sacchetto. Grazie, tesoro! - Alice mi risponde con un lieve sorriso. - Okay, Emma, il solito quindi. Uno di questi giorni ti devo far provare il nuovo cappuccino al cioccolato: è meraviglioso, ma è talmente calorico che puoi fare a meno della pasta e non avrai fame fino a pranzo, credimi! - La guardo con espressione accigliata. - Così calorico, hai detto? Mi vuoi far diventare tutta ciccia e brufoli? - - Sei magrissima, anzi... avessi io un fisico del genere lo berrei tutti i giorni! - risponde ridendo. Sento vibrare l'orologio, segno che sono quasi le nove. Lo punto per non perdere la cognizione del tempo quando faccio colazione. Devo proprio scappare, altrimenti arriverò in ritardo alla riunione aziendale. Bevo in fretta il cappuccino e saluto Alice. - Ciao, Alice, ci vediamo domani. - Quando entro nell'ingresso dell'azienda, mi viene in mente la prima volta che sono stata lì: facevo ancora lo stage universitario e mai avrei immaginato che in futuro avrei potuto veramente lavorare in un posto così bello, e invece eccomi qua da quasi due anni. All'ingresso, sotto l'enorme scalinata in vetro, c'è un piccolo stagno artificiale pieno di pesci colorati e piante: una vera esplosione di colori e movimento che stupisce sempre chi entra per la prima volta. Sarò malata di lavoro, ma a me questo posto piace proprio. Saluto il receptionist: - Ciao, Luigi. - Come sempre lui saluta senza nemmeno alzare gli occhi dal PC; è proprio scorbutico, sarà anche un bell'uomo ma proprio non ci sa fare con le persone, e mi chiedo come possano aver deciso di mettere uno come lui in quel ruolo, dato che non sorride mai. Cosa avrà di così importante da fare ogni giorno? Nonostante ci sia l'ascensore e io lavori al terzo piano, decido di salire a piedi e arrivo ansimando. Vedo Karen che sta andando verso la fotocopiatrice: è sempre in anticipo e super operativa in confronto a me, che fino alle dieci ricordo a malapena come mi chiamo. Mi guarda e mi prende in giro in modo velato: - Buongiorno, Emma, oggi l'ascensore non funzionava? Ti vedo a corto di ossigeno, quanto tempo è che non vai in palestra o ti fai una bella corsa rigenerante? - Si mette a ridere, ha una risata così contagiosa che non posso fare a meno di ridere con lei. Karen è la prima persona che ho conosciuto quando sono arrivata alla Immobilux; è sempre stata carina e comprensiva, l'ho affiancata per qualche mese e mi ha insegnato veramente tantissimo. Ormai siamo diventate buone amiche, oltre che colleghe. Appoggio la borsa sulla cassettiera e mi siedo con un sonoro tonfo; sono già esausta e sono solo le nove di mattina. Accendo il PC, che inizia a fare uno strano rumore. - Ci mancava solo questa! - dico ad alta voce. Mentre aspetto che succeda qualcosa mando un messaggio di buongiorno a Luca.
Buongiorno, tutto bene? Ci vediamo più tardi da me?
Dopo qualche secondo che pare infinito la macchina infernale si accende normalmente: forse anche il computer è stanco. Guardo subito le mail per vedere quali novità mi attendo oggi; ho ancora un'ora prima che inizi la riunione programmata. Saggia decisione quella di Andrea di organizzarla dopo il caffè, almeno ha qualche possibilità che non ci addormentiamo tutti sulla scrivania. La prima email che è in evidenza è quella dell'avvocato Rossetti, e subito sono assalita dall'ansia: non dà mai buone notizie e, come volevasi dimostrare, mi chiede un incontro per discutere della pratica del loft di Sammaritani, che è stato pignorato a Milano qualche mese fa e di cui la Immobilux è appena entrata in possesso. Pare che il nostro falsario rivoglia mettere le mani sulla sua ex casa. Guardo il calendario, siamo a martedì, prima di giovedì sarà impossibile incontrarlo: sono piena di appuntamenti. Gli rispondo che se è disponibile possiamo vederci venerdì mattina alle 10.30 e premo invio. Noto anche un'email della direzione, che ricorda il consueto appuntamento annuale per l'addobbo dell'albero di Natale nell'atrio. È un'usanza aziendale un po' strana, eppure a me piace: mi diverto un sacco con i colleghi. Sento vibrare il telefono ma non gli do peso. Dopo venti minuti finalmente finisco di controllare e rispondere all'elenco di messaggi che sono arrivati: meno male che l'unica impegnativa era quella dell'avvocato Rossetti. Apro il file delle commesse per vedere cosa c'è di urgente da sbrigare; dovrei iniziare la valutazione della nuova pratica del sig. Brevini. Non faccio in tempo ad aprire word che Karen compare sulla porta. - Tesoro, stiamo per iniziare la riunione, sei dei nostri? - La guardo e con un sorriso le rispondo: - Arrivo subito. Salvo il file e sono da voi. - Accidenti, non ho nemmeno fatto la pausa caffè e ho un sonno da paura; speriamo che la discussione non sia troppo impegnativa. Nel corridoio si sente solo il rumore dei miei tacchi; proba-bilmente saranno già tutti seduti. Quando entro effettivamente c'è una sola sedia libera. - Buongiorno - , saluto i presenti che mi rispondono in coro senza scomporsi. Sento salire un po' d'imbarazzo al pensiero di essere arrivata ultima, e senza destare troppa attenzione vado a sedermi nell'unica sedia libera. Ogni volta che entro in sala riunioni mi perdo a guardare i dettagli di quella stanza a mio avviso un po' impersonale: anche se Karen ha fatto aggiungere un'enorme pianta di ficus per dare un tocco femminile, la trovo comunque troppo spoglia. Alla fine c'è solo questo enorme tavolo di vetro attorniato da sedie ultramoderne e nient'altro; meno male che c'è un'intera parete vetrata che fa entrare luce e concede una bella vista sulla città. La mia attenzione viene catturata da Andrea, che entra quasi di corsa. Lo guardo e penso a quanto sappia essere affascinante, sempre impeccabile in giacca e cravatta. Se non fosse il mio capo, se non avesse dieci anni più di me, potrei pensare di... no, non potrei e basta, in realtà. Andrea prende posto vicino a me e, dopo aver constatato con uno sguardo se siamo tutti presenti, inizia il suo discorso. - Buongiorno a tutti, ho organizzato questo incontro per parlarvi della promozione che spetterà a qualcuno di voi a fine anno: ho deciso di premiare chi è meritevole, basta posti di lavoro da stacanovisti poco riconosciuti, siamo ormai nel 2020 ed è ora di cambiare un po' le cose. - Sono rimasta a bocca aperta, e noto con piacere di non essere l'unica sbalordita. Cerco di ricompormi per continuare ad ascoltare con attenzione quanto deve ancora esporre. - Vi sto osservando da diversi mesi e devo dire che qualche idea me la sono fatta sul vostro lavoro, su chi si impegna e su chi magari potrebbe fare di più. Voglio che questa possibilità possa spronarvi a dare il meglio, non solo per me, o meglio, per l'azienda, ma per voi stessi... chi lavora con piacere avrà sempre ottime soddisfazioni e migliori possibilità di crescita. - Sono sempre più allibita; non lo facevo così interessato ai suoi dipendenti, le persone come lui sono veramente poche al giorno d'oggi, soprattutto nel mondo del lavoro. Forse la sua giovane età lo aiuta a vederci con occhi diversi. Attende qualche secondo per farci riprendere dallo shock, prima di continuare. - Pensavo di comunicare il nome di chi avrà la promozione durante la cena di Natale che si terrà sabato 19 dicembre, e mi farebbe piacere che foste tutti presenti. Credo di aver comunicato tutto, qualcuno ha domande? - Lo guardiamo inebetiti, nessuno ha il coraggio di dire una parola, quindi ci saluta e torniamo ai nostri uffici. Io mi dirigo direttamente nella saletta ristoro per quel caffè che sognavo da prima: ora mi serve più che mai, almeno per recepire il discorso surreale che Andrea ha appena fatto. Sento dei passi dietro di me e vedo con piacere che anche Filippo, il vicino d'ufficio, mi ha raggiunta; lo guardo e anche lui ha quell'espressione mista fra l'incredulo e l'addormentato. Non saprei quale prevale, e per di più mi scappa da ridere. - Cos'hai da ridere, sono buffo? Ho qualcosa che non va? - , dice guardandosi prima l'abito e poi il viso riflesso nella macchina del caffè. - Ma no - gli dico. - É che hai una faccia! Non so se sei più stupito o addormentato! - - Incredulo è la parola corretta, direi... mi serve un caffè per avere la certezza che non stavo sognando in sala riunioni! - - Tranquillo, sono qui per lo stesso motivo: ti dirò, mi ha molto colpito il discorso del capo e ora più che mai mi piacerebbe essere la destinataria di quella promozione, non per l'aumento ma per la botta di autostima che mi darebbe. In ogni caso non mi sento all'altezza, credo che voi siate tutti migliori di me. - - Se fossi io il capo non avrei fatto nemmeno la riunione, sei la migliore di noi, e lo sanno tutti! - Per togliermi dall'imbarazzo che si è creato prendo il caffè e ringraziandolo me ne torno in ufficio, scappando come una codarda. Sono rimasta piacevolmente stupita dalle parole di Filippo, anche se non so se le abbia dette per circostanza, avendomi vista un po' avvilita, o se le pensava sul serio. Sedendomi alla scrivania mi accorgo che il led del mio telefono lampeggia come impazzito; trovo dieci chiamate di mio fratello Fulvio. Lo richiamo immediatamente: se mi ha chiamato tutte queste volte, deve essere accaduto qualcosa. Risponde al primo squillo: - Ma dove cavolo eri, Emma? - , sembra arrabbiatissimo. - Calmati, Fulvio, cosa è successo che hai tutta questa fretta di sentirmi? Ero in riunione se lo vuoi sapere, sono al lavoro mica al parco giochi! - - Ti chiamavo per ricordarti che domani sera è il compleanno di mamma e siamo tutti a cena da lei, anche Luca! - - E c'era bisogno di chiamarmi dieci volte e farmi preoccupare? Potevi mandarmi un messaggio, avrebbe avuto lo stesso effetto ma con meno ansia - ribatto. - Va bene, forse hai ragione, lo sai com'è la mamma: se ti dimentichi siamo tutti fritti, comunque ricordati il regalo - senza nemmeno salutare riaggancia. Fisso il telefono inviperita e scrivo subito un messaggio a Patrick, il mio vicino di appartamento, per chiedergli aiuto.
Domani è il compleanno di mamma, dovresti urgentemente venire con me a prenderle il regalo, lo sai che sono una frana in queste cose.
Qualche secondo e risponde:
Amore della mia vita, certo che sì. Andiamo quando esci dal lavoro?
Senza esitare rispondo con un “okay” e una fila infinita di emoji con gli occhi a cuore. Come potrei vivere senza di lui? È la mia metà della mela, peccato che io non lo sia per lui, almeno non in quel senso. Ho anche un messaggio di Luca, che mi dà il buongiorno e conferma che verrà da me verso le 21:30. Finisco di compilare parte del file di valutazione della pratica di Brevini che avevo iniziato prima della riunione. Aggiorno le cartelle con le nuove informazioni arrivate e senza accorgermene è già ora di pranzo. Ordino con Glovo una pizza, così non devo uscire; ho troppe cose da sbrigare e stasera non posso rimanere di più al lavoro, ho appuntamento con Patrick alle diciotto. Sono talmente concentrata che mi sembra passato solo qualche minuto quando Luigi mi avvisa che il fattorino è arrivato; gli chiedo gentilmente di farlo salire al terzo piano, anche se so che ad Andrea non farà piacere, perché rimane tutto il “buonissimo” odore di pizza in ascensore. Mi appoggio sulla scrivania per mangiare - o meglio, azzannare - la margherita. La divoro quasi fosse l'ultima cosa che mangerò per i prossimi dieci giorni, poi ricomincio subito a lavorare. Finisco prima del previsto quanto mi ero programmata di fare e, mentre aspetto che arrivi Patrick, inizio a fantasticare sulla vacanza che farò a fine anno, le tanto agognate Maldive. Mi immagino già quel mare stupendo a cui credo nessuno possa resistere, e una pace che solo un luogo del genere può dare mi invade. Penso a come possano essere le camere, ho visto le foto che mi ha mandato l'agenzia di viaggi e spero vivamente che siano fedeli alla realtà. Sto ancora fantasticando con il sorriso sulle labbra quando squilla il telefono: è Luigi, mi avvisa che Patrick mi sta aspettando nell'atrio. Guardo l'ora nel pc, sono le 18.00. - Puntuale come sempre! - dico ad alta voce. Spengo tutto e lo raggiungo.
Emanuela Marra
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