C'era una volta un villaggio di capanne sul mare...
La pineta verde sul mare
C'era una volta una pineta sul mare con un villaggio di capanne in legno al suo interno, circondata da chilometri di spiaggia incontaminata. Il cuculo cantava spesso in quella pineta e i venti che arrivavano dal mare in estate, scivolavano via di tronco in tronco, di arbusto in arbusto e si propagavano su tutta la costa che si estendeva libera e deserta per chilometri. Le persone del posto la chiamavano Pineta Foce Bevano, per via del delta del fiume Bevano che le passava accanto un attimo prima di sfociare sul mare aperto. A dir il vero non era facile trovarla e se anche c'era una strada sterrata che si faceva largo tra i pini per arrivarci, bisognava imboccarla più per intuito che per i segnali stradali mancanti. Comunque sia, quella strada anonima aveva preservato da sempre quel luogo, tenendolo lontano dai flussi turistici della costa romagnola che iniziavano pochi chilometri dopo quella pineta lasciata a sé stessa sul mare. Forse crederete che a questo punto vi abbia detto tutto su quello che c'era da sapere e che trattandosi di un luogo ameno e solitario, dove il tempo rimaneva fermo, non succedeva quasi mai nulla di interessante. Ma questo non era vero, perché nonostante quel luogo fosse isolato dal mondo, di storie nei paraggi di quella pineta ne succedevano tante. E quando un'estate, decisero di arrivare inaspettate due ragazze milanesi in quella pineta sul mare, non fu una storia da meno.
Estate del 1976
Raquel era ancora giovane e una bella donna quando si era separata da poco dal marito, un regista nascente italiano che girava per lo più film e cortometraggi in Francia. Così si era trovata un nuovo uomo e per spassarsi qualche settimana da sola con lui, doveva cercare un posto sperduto nel quale rimanere tranquilla senza incontrare persone in giro che la potessero conoscere. Tutti la chiamavano Raquel, ma in realtà era italiana e si chiamava Patrizia: qualcuno le aveva messo quel nome perché, bionda con i capelli lunghi, assomigliava vagamente ad una nota attrice americana. Lei però, a parte fare la comparsa in qualche cortometraggio dell'ex marito, non aveva mai recitato né fatto l'attrice e di fatto era solo la commessa di un negozio di alta moda milanese. Così, una volta separata, aveva saputo tramite un amico che lei e il suo nuovo uomo potevano recarsi in quel posto sperduto da due cuori e una capanna, dove nessuno li avrebbe riconosciuti né importunati più di tanto. L'unico problema era che potevano andarci o con una roulotte da campeggiare in pineta o prendendo in affitto un capanno da una coppia di lombardi che l'avevano acquistato tramite parenti e ora lo davano in affitto, in quel posto quasi allo stato selvaggio sulla riviera romagnola. Raquel l'aveva subito fermato tramite una signora della Brianza, che faceva l'agente immobiliare e lo subaffittava ai lombardi in cerca di novità. Così aveva pagato un paio di settimane di affitto in anticipo alla signora, facendosi spiegare un sacco di novità su come andarci e cosa fare in quel posto. La signora le aveva raccontato che quello era un luogo fantastico isolato dal mondo; nella valigia lei e il suo uomo dovevano mettere cose da vestire semplici e pratiche. Per la maggior parte della giornata bastavano occhiali, borsa da spiaggia e ciabatte infradito, perché avrebbero passato il loro tempo in maniera informale tra mare e spiaggia. La sera poi avrebbero fatto, in un capanno trasformato in ristorantino, romantiche cene al lume di candela perché nel luogo c'era poca corrente elettrica. Poi la signora le aveva detto distrattamente: “Lo sa che in quel luogo c'è anche molta spiaggia libera? Può anche andarci in topless di giorno e guardare la luna e le stelle di notte stesa sulla sabbia, se vuole naturalmente...” Cosa questa che in effetti aveva colpito subito la fantasia di Raquel che, quando era ancora insieme al marito, aveva passato qualche estate sulle spiagge di Nizza in costa azzurra, dove aveva visto le prime donne in topless degli anni ‘70. Per non parlare poi della sensazione di stare sdraiati sulla sabbia sotto la luna e le stelle come le aveva detto la sciura brianzola. Visto che in alcune spiagge italiane iniziavano ad apparire le prime donne in monokini, come le chiamavano agli inizi in Italia, perché non andare a vedere quel posto? Le prime italiane in monokini, a dir il vero, erano già apparse a Cesenatico qualche anno prima in mezzo ai bagnanti: si trattava di due donne che si erano tolte il top tra gli ombrelloni e un sacco di turisti erano subito accorsi a vederle, mentre alcuni fotografi e giornalisti, si erano messi a fotografarle e a interrogarle, più che intervistarle, con domande tipo: “Chi siete voi? Da dove venite? Perché siete venute qua? Vi sentite osservate? Avete altre amiche come voi?” Insomma più un interrogatorio di provincia che un'intervista: così, dopo un'ora, le due turiste non avevano più resistito e si erano rimesse il top. Poi quell'atteggiamento provinciale era un po' alla volta sparito e una nuova ondata di donne, questa volta in topless e non più nel maccheronico monokini, era riapparsa. Queste nuove bagnanti erano più agguerrite e meno spaventate dagli sguardi e dalle chiacchiere di spiaggia, tanto che, per contrastare il dilagare del fenomeno, i vigili urbani erano dovuti scendere a elevare contravvenzioni un po' in tutte le spiagge, con la scusa che nei luoghi affollati c'era gente che non apprezzava certe cose. “Non avere il reggiseno, è un problema di salute e noi lo facciamo per prendere più sole...” ribadivano non credute dai vigili urbani le donne in topless. Così, a parte qualche rara ordinanza di un sindaco che acconsentiva, purché la donna stesse stesa e lontana dal resto dei bagnanti e si rimettesse il reggiseno prima di rialzarsi, le donne in topless si ritirarono dalle spiagge affollate e riapparvero nelle spiagge libere e poco note italiane. Una di queste, piena di piccole dune, era chiamata all'epoca Spiaggia Bassona, Spiaggia di Fosso Ghiaia o Pineta Foce Bevano. Nomi diversi, ma sempre dello stesso luogo si trattava, e se qualcuno l'avesse ribattezzato Lower Beach, Gravel Bay o Pine Beach, probabilmente sarebbe diventato prima o poi un ritrovo esclusivo. Così, Raquel si ritrovò, tramite le indicazioni di una amica milanese, a prenotare un posto isolato e sperduto tra le pinete della costa romagnola, per passare assieme al suo uomo quindici giorni, libera e lontana dal mondo e da tutti. Ma, a volte, anche gli uomini sono volubili e così, poche settimane dopo, lei litigò con Paule, che in verità si chiamava Paolo ed era italiano esattamente come lei, i due si lasciarono e lui tornò con sua moglie nell'appartamento dove vivevano insieme. Raquel, si ritrovò, allora, sola con quindici giorni di ferie pagate, l'appartamento prenotato in un posto sperduto tra le pinete della costa romagnola. E convinse Angela, la sua migliore collega di lavoro, a venire in vacanza con lei per aiutarla a superare la crisi di delusione e solitudine che le era improvvisamente piombata addosso.
L'arrivo in pineta
Le due ragazze arrivarono con il Maggiolone Volkswagen di Angela, decapottato e pieno di decalcomanie colorate, si arrestarono nel mezzo del viale di pini tra i capanni e scesero dall'auto. Raquel era vestita con un completo a giacchetta e calzoni in tulle, semitrasparente chiaro e Angela con una camicetta attillata senza reggiseno, cappello da cowboy, shorts e stivali in pelle chiari, alti fin quasi alle cosce. Sembrava fossero arrivate due attrici emergenti per girare un film in quel luogo o rilasciare autografi. Quando mai erano arrivate un paio di donne o ragazze simili, conciate all'ultima moda, in un posto del genere? Appena arrivate, subito qualcuno si fece loro appresso e chiese se avessero bisogno di qualcosa. “Sì, volevamo sapere dov'è il capanno Pineta in Love” rispose Raquel. Il nome era stato inventato di sana pianta dalla signora dell'agenzia lombarda. “Non ne ho idea” gli rispose per quel nome mai sentito prima Floriano, un giovane che risiedeva in un capanno di famiglia in quel luogo. Anche altri che si erano avvicinati scossero la testa senza sapere di cosa parlassero le due ragazze. Poi Floriano aggiunse: “Sapete per caso anche il nome del proprietario?” “Forse sì, Pineta in Love... capanno dei... dei... Rivxxxx”, rispose Raquel leggendo a fatica anche il cognome del proprietario sul foglietto della prenotazione, che per fortuna la signora dell'agenzia aveva aggiunto. “Ah, il capanno dei Rivxxxx! Sì, certo che lo so, è più avanti, poco prima di arrivare in spiaggia, vicino al ristorantino bar in pineta.” “Grazie, ma in che posto fuori dal mondo siamo venute?” risposero un po' sorprese e un po' divertite le due amiche, guardando curiose intorno a quel villaggio insolito di capanne tra i pini. Raquel aggiunse: “Ci hanno anche detto che non c'è corrente elettrica, ma solo candele e lampade a gas per illuminare di notte e ci si deve arrangiare un po' da sé.” “Sì, qui è così! A parte le cose essenziali, non c'è molto altro, ma in qualche modo ci arrangiamo sempre tra noi” rispose Floriano. Poi, visto che non era abituato a concepire che un capanno potesse essere noleggiato a due turiste milanesi, chiese: “Voi siete parenti dei Rivxxxx?” “No, siamo due villeggianti che hanno affittato quel capanno in pineta e dobbiamo andare ad aprirlo.” “Ah, d'accordo. Siete proprio nuove del posto. Sapete, qui ci conosciamo un po' tutti e credevamo foste solo parenti dei Rivxxxx.” “Sì, siamo nuove” rispose Raquel. “Beh, allora benvenute.” “Grazie. La signora che ce l'ha noleggiato, ha detto che oltre al ristorantino in pineta, c'è anche un bar sulla spiaggia nelle vicinanze dove potremo fare colazione tutte le mattine.” “Sì, è poco più avanti del vostro capanno, appena inizia subito la spiaggia. Ed è anche l'unico bar sul mare del posto. Venite e seguitemi che vi porto davanti al vostro capanno e poi, se volete vi aiuto anche a scaricare i bagagli” spiegò Floriano. “Davvero molto gentile” rispose Raquel. “Dovere, qui raramente vengono turisti nuovi e vi diamo il benvenuto” disse Floriano, iniziando a pedalare la sua bici Graziella verso il capanno delle due ragazze. Floriano si fermò davanti: c'era già dentro anche un parente di Ravenna dei Rivxxxx, i proprietari milanesi che avevano affittato; informato del loro arrivo aspettava le due donne per la consegna delle chiavi. “Ciao, ci sono due ragazze che devono entrare nel capanno dei tuoi parenti milanesi...” gli disse Floriano riconoscendolo e mostrando l'auto con le due ragazze dietro di lui. “Oh, finalmente sono arrivate, le aspettavo prima.” Mentre Floriano aiutava Angela a scaricare e portare dentro i bagagli, il parente mostrava a Raquel l'ambiente, un bilocale con cucinotto, bagno e veranda esterna. Come aveva già spiegato la signora dell'agenzia, non c'era corrente elettrica e il parente dei proprietari le mostrò intanto come accendere il fornello. Poi, visto che non c'era acqua corrente, passarono fuori e le mostrò come pompare acqua dal sottosuolo tramite una piccola pompa a mano in alcuni secchi. “Inoltre non c'è elettricità e dovrete arrangiarvi con lampade a gas e a petrolio per fare luce di notte” le spiegò facendole vedere come accenderne una. “D'accordo, abbiamo capito tutto. Abbiamo diritto anche ad una colazione in spiaggia già pagata per entrambe?” chiese alla fine Raquel. “Sì, certo. Domattina andate nel bar in spiaggia, ditegli che dormite qui e spiegategli che dovete fare colazione. Il bagnino sa già tutto. Comunque io ora torno a Ravenna, se avete problemi o bisogno di aiuto chiedete eventualmente a Floriano” concluse il parente dei proprietari, lasciando loro le chiavi e tornandosene a Ravenna e, dopo un po', altrettanto fece Floriano salutandole entrambe.
Ivo Ragazzini
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