Writer Officina - Biblioteca

Autore: Lucio Freni
Il Sistema I
Umoristico Distopico
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Il Sistema I
- Il signor Ciccione e Frate Quindici

Furibondo prese l'autobus senza timbrare il biglietto e, per via della riequilibratura, tagliò la strada a una signora anziana che stava cercando di raggiungere l'ultimo posto a sedere rimasto vuoto. Mettendosi comodo pensò alla madre che non era mai stata capace di abbracci che lo facessero sentire al sicuro quando era bambino, quei posti sicuri e caldi che lui sapeva che molti altri bambini avevano, anche questa volta.
Lei è proprio un cafone, lo sa?, e la vecchina scheletrica continuò: Ma la sua mamma non le ha insegnato la buona educazione? Il fossile femminile parlava verso tutti gli altri passeggeri dell'autobus che sottolineavano le sue frasi con cenni della testa insieme a qualche suono che voleva esprimere approvazione per lei e disapprovazione per il comportamento di Ciccione, che informò tutti i presenti di essere venuto al mondo orfano. E si girò a guardare la strada, ma stufo del brusio che si accumulava intorno a lui, riprese a parlare alzando la voce: Sono uno stronzo perché mia madre non mi abbracciava (poi pensò: Cazzo ma se ho appena detto che è morta... va beh...), mi prendevano in giro a scuola perché ero grasso, mi bullizzavano, come dite oggi, facendo i versi del porco ogni volta che passavo e si divertivano ad inseguirmi con uno spiedo. Mio padre è scappato con una giovanissima ballerina di lapdance: li videro per l'ultima volta fuori dall'asilo che lei frequentava. E oggi è stata una giornata di merda. Si rigirò verso il vetro, pensò che era tutto vero e si intristì.
Scese alla fermata dove era salito in precedenza, rientrò nel bar passando dal foro della finestra, salutò educatamente il barista che tirò un sospiro di sollievo perché si era preoccupato per tutto quel tempo che Ciccione aveva trascorso chiuso nel bagno: Sta bene? Vuole un bicchiere d'acqua, uno di acquavite? Ciccione accettò volentieri l'acquavite. Risalì sul taxi scusandosi: Sa, sono stato trattenuto. La riequilibratura continuava.
Fece fermare il tassista davanti al supermercato vicino casa, per prendere in fretta qualcosa prima dell'inizio della partita: Mi aspetti qui, per favore. Guardò l'orologio: un'ora scarsa. Trascorse più tempo della volta precedente in coda, perché approssimandosi la chiusura i dipendenti cominciavano ad andare a casa e lasciavano solo un paio di sfigati a chiudere, anche se c'è da dire che la cassiera che era rimasta non lo aveva fatto perché era sfigata, ma si era offerta come sostituta di un'altra che, avendo famiglia, era alle prese con vari problemi: un figlio grande che non andava bene a scuola e non faceva i compiti, il figlio più piccolo da ritirare a non so quale sport, il marito che vagava come uno zombie per casa perché aveva un febbrone a trentasei e nove.
Stavolta stava per uscire dal supermercato stracarico di ogni ben di Dio. Devo usare la carta per dieci miseri pezzi interi? La userò per cento. Praticamente aveva fatto tutta quella spesa, che addirittura rischiava di farsene scadere una parte a casa, per vendicarsi di un poveraccio che se avesse abbonato dieci centesimi a cliente, invece di prendere lo stipendio a fine mese, avrebbe dovuto pagare tutto di tasca sua. Ma gli altri sono gli altri e quindi sono meno importanti di noi. Semplice dogma inconfessato dell'egoismo. Oltre che nell'abbandono momentaneo del noto dolore, la felicità di molte persone risiede anche nell'affermazione della propria eccezionalità sopra gli altri; spesso è un processo inconsapevole da raggiungersi con un costo trascurabile, o ottenendo un vantaggio parimenti irrisorio. Tutto questo processo, o se volete chiamatelo casino, quisquilia, stupidaggine o quel che volete, ha però la forza dell'inconsapevolezza, di conseguenza è quasi impossibile da arrestare.
Mentre la cassiera faceva il conto, Ciccione si informò se il supermercato possedesse un'uscita sul retro; lei gli disse che certamente c'era, altrimenti il Sindacato del Sistema non li avrebbe fatti nemmeno aprire. Era una donna di animo gentile, quindi chiamò il caporeparto con l'altoparlante. Quello venne quasi subito: Sì, certo che abbiamo l'uscita sul retro, ci mancherebbe, altrimenti il Sind... Alla richiesta di indicazioni per raggiungerla da parte di Ciccione, il caporeparto partì alla ricerca del caposettore che sicuramente avrebbe saputo rispondere.
Intanto... Fanno 120 pezzi interi e 95 centesimi.
Pling plong. Mi dispiace non passa, ha un'altra carta?
No, riprovi con quella.
PLING PLONG. Guardi, non so... non funziona.
RIPROVA CAZZO, DEVE FUNZIONARE!
Ciccione ha ridotto gli occhi a due fessure, il viso è rosso, sembra uno strano salvadanaio con due feritoie per mettere le monetine, le vene ai lati degli occhi che si fanno vedere. La cassiera inizia ad avere un po' di paura, ma non può essere né un tossico né un alcolizzato, perché a quell'ora puzzerebbe di già, e quelli comprano solo alcol, mentre qui c'è roba per una famiglia numerosa: deve essere uno che ha avuto una brutta giornata, ma lei non sa proprio cosa farci. Mi dispiace, ma proprio non funziona.
La ragazza era graziosa, ma a Ciccione non interessava. Voleva solo tornare a casa, mangiare, bere e guardare la partita; adesso non aveva voglia di sesso, quindi per lui la cassiera non era una ragazza carina ma solo un ostacolo posto davanti a lui. Era un uomo semplice che agiva in base alle necessità che gli istinti imponevano di volta in volta: adesso c'erano la partita, l'alcool... PLONG.
Ancora quella maledetta carta non si decideva a passare, ma che avrà mai avuto? I soldi sul conto c'erano ed erano più che sufficienti per pagare quel conto, anche se non abbastanza per riparare la macchina con ricambi nuovi.
Era passato qualche minuto, si era raggrumata un po' di gente coi carrelli pieni dietro la cassa, incominciavano a serpeggiare parole e parolacce: Non lo vede che non passa? se ne vada! Ma ci vuole far rimanere qui tutta la notte?! Idiota, levati! Sta per cominciare la partita, e per questo str...
La temperatura cominciava a salire, e quell'organismo che si chiama folla, che è molto più forte e peggiore della somma dei singoli individui, cominciava a graffiare e mordicchiare l'elemento perturbatore della serata. E come bla bla bla le gocce iniziano a cadere e si forma un temporale, oppure una sigaretta cade e va in fumo una foresta, un colpo di pistola diventa rivoluzione, un colpo di tosse diviene polmonite, un doloretto diviene morte, così una parola di troppo divenne un'altra, un tocco sul braccio divenne una spinta e in breve scoppiò un parapiglia che causò l'arrivo della P.d.S., la Polizia del Sistema, che prese i più facinorosi: Ciccione che pretendeva la spesa senza pagare, un muratore, una signora ottuagenaria che aveva tirato una scatola di pelati marca Sistema a Ciccione, ma la stessa, dopo essere rimbalzata sul suo ventre prominente, aveva colpito l'incolpevole cassiera il cui ultimo pensiero, prima di svenire col volto rosso di sangue e di pomodoro, era stato: Col cazzo che sostituisco qualcuno un'altra volta. E arrivò persino l'ambulanza a prendersi sia la cassiera che un ragazzo che era scivolato sui piselli fuoriusciti da una busta di surgelati Sistema dopo che la stessa era stata infranta sul ginocchio di Ciccione da parte di una graziosa bimbetta con le trecce bionde e i fiocchetti rossi che intendeva far notare così il suo disappunto di non poter vedere quella sera i suoi cartoni animati preferiti prima di cena.
In galera


Giornata di merda, pensavano un po' tutti i fermati. Anche il tassista, che non era stato fermato ma aveva dovuto rimettere il pieno alla macchina e non aveva incassato nulla.
Arrivati alla stazione della Polizia del Sistema per il riconoscimento. Le accuse non erano gravi: le risse da supermercato erano un po' la norma da quando il Sistema aveva fatto aumentare lo stipendio dei dipendenti, e i proprietari ne avevano licenziati un buon numero. Le relative sentenze sarebbero state formalizzate in seguito a mezzo lettera raccomandata dall'ufficio deputato a tale compito. Furono dunque tutti rilasciati dopo qualche ora. Tutti tranne Ciccione, che rimase da solo in una gabbia con delle sbarre solide come quelle dello zoo.
Dato che il piantone stava guardando la partita, la prima cosa che Ciccione chiese fu: Quanto stanno? Ma quello fece finta di non averlo sentito, essendo proibito dal regolamento interno rivolgere la parola ai detenuti a meno che non fosse indispensabile.
Ma vaffanculo.
Nella sua vita si era sempre atteggiato un po' a duro, ma non lo era; era vissuto un po' con la corrente, con un po' di amici abbastanza sbagliati, con un'intelligenza forse ottima, forse scarsa, con dei genitori che non gli avevano mai dato più peso di tanto, o meglio avevano dato peso al suo peso e non al resto. Faceva più il tifo per i cattivi che per i buoni davanti al televisore, comprava l'amore dalle incaricate del Sistema, anzi, gli venne il pensiero d'aver conosciuto l'attuale Ministressa, Minestra... boh, della Scuola in un ordinato e vigilato bordello statale: stessi capelli scuri, stessi occhi allungati, stesso rossetto rosso fuoco acceso, peccato non poter ricordare la voce... Ma anche se è stato così, il Sistema è il Sistema e agisce sempre e comunque nell'ottica di un miglioramento e di un aumento del benessere globale. Lui non conosceva l'amore gratuito e non lo conosceva perché non si conosceva, si dava per scontato, non aveva mai capito che lui stesso non si amava, non si voleva nemmeno un po' bene. Rotolava lungo gli anni, i mesi, i giorni. Era sempre stato grasso e quando sei un bambino grasso, schifato dai compagni e rimproverato dai genitori, diventi un adulto grasso, e anche se dimagrisci, come lui aveva fatto con impegno sacrificio palestra e, con un titanico sforzo, una dieta sana... ma era rimasto grasso dentro, nella mente. Aveva continuato a muoversi come uno grasso e a pensare come un bambino grasso che ha fame d'altro, non lo trova e allora mangia ciò che capita. Ed era ingrassato nuovamente, cristallizzando l'opinione di merda che lui stesso aveva di sé. Non poteva essere amato e non voleva quella forma di amore asciutto che si chiama compassione.
Signor poliziotto?, e quello nemmeno si volta. Scusi, signor poliziotto? Nemmeno. AGENTE!
Il piantone si alzò dalla scrivania e si avvicinò la gabbia.
Perché mi avete lasciato qui?
Il poliziotto lo guardò e poi gli disse che in vita sua non gli era mai capitata una cosa come questa.
Scusi, quale - cosa come questa - ?
Un casino così.
Ciccione nuotava nell'incoscienza, ma anche il poliziotto non scherzava.
Mai vista una cosa così.
Guardi, non me ne parli, non sa che giornata è stata oggi, anzi ieri, si corresse. E un uomo che sta in prigione e non ha capito perché si sente ancora più solo, e allora cerca di aggrapparsi a qualcuno parlando. Per una decina di minuti il poliziotto lo stette ad ascoltare, ora annuendo, ora alzando gli occhi: Allora non è potuto entrare in ufficio, poi il cellulare non aveva linea, poi la cassa ha rifiutato la carta, bene bene bene. Sembrava uno studente di medicina durante il tirocinio a cui sia capitato davanti uno con una malattia che lui non ha ancora visto nemmeno sui libri e cerca di raccapezzarsi.
Ma per quanto tempo devo rimanere qui?
Per il tempo che occorre. Sicuramente è stata mandata una nota all'ufficio preposto, o manderanno qualcuno direttamente o, se il caso non è di loro competenza, allora informeranno la sezione adiacente che comunicherà con il reparto che sicuramente...
Che...?
Farà qualcosa, la cosa migliore.
Ma cosa?
Questo non lo so. Parola mia non è ancora capitato un caso come il suo: è più incredibile dei vampiri o dei fantasmi che ammazzano qualcuno.
Addirittura?
Si!
Ma lo vuol sapere qual è la cosa che proprio non ho capito?
Ciccione racconta all'agente la telefonata con l'Amico che lo aveva mandato a quel paese, ricorda che la sua voce gli era sembrata strana, forse la voce di chi prima sta per dire - Non è possibile - , e decisamente arrabbiata dopo. Non ne capisco proprio il perché, disse chinando la testa sul petto.
L'agente fischia tra i denti, si leva il cappello, si gratta la testa grigia con l'indice, muove a destra e sinistra la mandibola come a masticare la nuova informazione, inghiotte, alza gli occhi al cielo, si rimette il cappello e se ne va col viso bianco senza dire una parola, facendosi il segno della croce.
Per Dio, questo è più assurdo di quella volta che il Sistema fece cambiare lavoro a un ladro sbattendogli addosso la divisa coi gradi d'oro da Capitano.
Da Capitano?
Sì. da Capitano della Polizia del Sistema.
Ciccione ride e mentalmente comincia a inseguire quella parola: Quindi gli è capitato di fare il Capitano. E un uomo è capitato Capitano. Sono cose che capitano, capitano. E a me è capitato di finire in galera.
Smise di sorridere e si rivolse nuovamente al piantone che già gli aveva girato le spalle. A proposito, com'è finita la partita? e quello di rimando: Di che squadra è?, e Ciccione, orgoglioso: della Squadra.
Il piantone si gira, gli sorride educatamente: Avete perso.
Ciccione strinse le sbarre della cella e pensò a voce alta: Giornata di merda...

Lucio Freni

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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