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Autore: Valerio Guidarelli
Affacci su una vita
Poesia
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Affacci su una vita
ODE ALLA NOTTE

Mesto,
dinanzi a te o notte,
che sei tu maestra
di una vita, già spesa.
Mi lascio ingannare dai tuoi silenzi,
mi lascio trainare dalla tua oscura aura.
Tento di comprendere i tuoi misteri più profondi.
Ma ahimè,
colmo di mera ignoranza
della forza ne sono ormai sprovvisto.
La mia mente
già satura di ovvietà,
chiede un'ancora
per riemergere al tuo cospetto.



FERITE D'INVERNO

Immobile,
inerme,
vacuo.
Sotto di un cedro,
raccolgo amari ricordi.
Ricolmo di invidia,
ne osservo le foglie
già cadute,
in un inverno di incerta fattezza.
Osservo il vuoto
nei suoi robusti rami.
Segnati dal gelo.
Questo arbusto colmo
di paure antiche,
spoglio della sua integrità,
nudo nella propria dignità.
Accarezzo la corteccia,
interrogo me stesso,
specchiandomi
nei suoi nodi legnosi.
Al cielo mi rimando,
seppur arida
questa terra polverosa,
confido in una primavera fiorente.
Di quest'assenza
lasciarla andar si può solerte.
E di questi ricordi amari,
far svanire nel gelo possente.


ODE ALLA VITA

Cedo il mio passo
ad un cantilenare di pioggia scrosciante.
Sul mio viso
come schegge di vetro taglienti.
A lacerare il mio passato.
Di fronte a questa pioggia,
annego in miei incubi più reconditi.
Troppo male è stato versato.
Ne sfioro il velo con un palmo
l'informità.
Mi ritrovo impietrito.
Mi pervade un gelo perenne.
Al cielo mi rivolgo,
che anima è mai questa.
Priva di un'occasione ad aleggiare.
Di robuste catene è provvista.
Di distruggerle,
è difficile dimostrare.
Presto anima pia
il riscatto è ormai alle porte.
Dimostra i tuoi valori,
a questa terra che ti imprigiona
senza rimorsi.
Sii fiera di te stessa,
dar battaglia è la via maestra.
Su questo tuo velo riprendi candore
oramai spento,
da tutto questo fetore.
Un'ode alla vita.


UN FIGLIO

Con occhio funereo
ad osservar senza vergogna,
la vita atroce
di un perduto figlio.
Che sia il vento ad ingannarti.
Che sia la brezza,
ad ombreggiar la tua vista.
Un oltraggio alla mia essenza.
Lascio in pace la tua assenza,
già essa intrisa di un'infinita
e immane decadenza.
La mia vita mi assiste.
Senza indugio,
lascia che il vento
porti via quest'osservanza.
Cedo al raziocinio.
Abbandono la realtà.


SUPPLICA ALL'ESISTENZA

Un richiamo, a te, celata amica.
il tuo sguardo
dal silenzio ottenebrato.
Non son degno!
Poiché il tuo è alla Terra designato.
Son qui a meritar disgusto.
Sia io maledetto!
Un mal costume ho scelto
ad alterar la mia presenza,
specchiata nel tuo sguardo
che ahimè,
denota solo assenza.
In ginocchio al tuo cospetto.
Ragionevole tu sia,
coprendoti di clemenza.
Non mi odiare per ciò che sono.
Non odiare la scellerata non curanza.
Ma al contrario,
prova ad amare ogni parvenza.
Che sia in luce od oscurata,
incapace di venir trovata.
Una supplica, a te, esistenza.
Ma temo.
Sol la paura troverebbe giovamento
e l'infamia dell'inganno
alla luce della mia anima,
vien fuori senza sgomento.



SON GOCCIA


Son goccia a rigare gli sguardi.
Son goccia a solcare le membra.
Son goccia ad inondare ridenti malanni.
Son goccia a solcare il velo del tempo,
con rimirare sincero.
Che sia goccia o no
non sia io a tenerne conto.
Di quegli occhi districati.
Vuoti nella loro pienezza,
avvolti dal caldo abbraccio di una brezza.
Un immancabile richiamo,
rigenera la mia interezza.
In un agguato di ricordi a proclamare
la mia saggezza.


PENITENZE

Con acuta osservanza,
a rimirar quel plumbeo cielo.
Assorbo ogni anelo
di mancate essenze.
Porgo indistinto
un celato sguardo penitente,
ostentato da malsane e buie
decadenze.
Mi riservo un dovere opprimente,
poiché lacero e bieco
di spinose sentenze.
Con penuria in agguato,
mi rimando alla saggezza,
ammirato da un destino.


FUMO

Sciolte son perse
le mie parole,
ove,
giacciono in un grigiore,
di un corposo fumo
che circonda il mio essere,
racchiuso in un eterno nulla
presente in ogni dove.


UNA FINE, UNA RINASCITA

Cava il mio sguardo,
perduto nei tuoi occhi vuoti.
Giungere,
oltre il confine più remoto
la mia meta.
Dolce e triste sorte
o tu,
che sei sacra, profana le mie vesti.
A te,
rimando le mie gesta.
La tua anima imponente
mi indichi la via.
Consacra il mio destino.
Non più in grado di porne rimedio alcuno.
Rendi sordo,
ciò che non si può ammutolire.
Ostacola la mia fine.
Poiché arranco per restare.
Possa invece carpire
Il coraggio di divenire.


META'

Pendii scoscesi,
un'amara risalita.
Una vita senza uscita.
L'io imprigionato.
Mura robuste,
i miei sensi
da intorpidir l'ascesa.
Il mio volto da una maschera spezzato.
Salvami mia dolce metà.
O tu,
che di oscurità nelle tue vesti sei pura.
Il tuo abitar in me mi rende forte
ma,
avverto le mie ossa di peso.
Tue, le mie spoglie.


SENSAZIONI

In me,
un'esplosione
di lacera impotenza.
Sinistri battiti dal mio cuor
sento echeggiare con resilienza.
Un pullulare di ombre
mi bramano a gran voce.
Poter o buon cielo
toccar la tua luce.
Miseri rumori,
al mio udire son la mia croce.
Il rintocco della fine
la mia anima a predominare,
serena di lasciarsi andar
senza condannare.


UNA VITA

Osservo una vita,
attraverso una serratura arrugginita.
La ruggine,
sul metallo rivestita,
rende la veduta più chiara.
Un'anima persa
mi balza allo sguardo.
Mi è inevitabile,
scrutar la sua palese sofferenza.
Ma alla coscienza mi rimando.
Si può lasciare tanto dolore al vento.
Aiuti da lontano, evitati sempre.
Mi vien da pensare,
siano le armi deposte già da tempo.
Troppo dolore da riuscire a condannare.
Qui riposano,
le vestige di un'anima distrutta.
Non esiste ago
in grado di ricucire quell'essenza.
Poiché non esiste cruna
a custodire un filo,
degno di un lavoro ben fatto.
Il silenzio, l'unica salvezza
in questa sofferenza.


ODE ALLA LUNA

Dal profondo delle mie carni.
Nel mio essere
ne avverto il tuo richiamo.
Da distanze inarrivabili,
colme
di lontani sapori smunti.
Al tuo cospetto mi ritrovo.
A te,
o possente luce
che la notte ti dà adito di elargire,
La mia anima attratta
dalla tua aura.
Il mio corpo desideroso di arrivare,
anche se solo con un tocco,
sfuggente.
A te luna mi affido.


RENDERE L'ANIMA

La mia anima inerme tace,
ma un sussulto mi pervade.
Tutt'attorno mi è sconosciuto.
Ad un tratto la mia identità vacilla.
Avverto un peso d'improvviso inesistente.
La mia anima dubbiosa si distacca.
Guardando dall'alto con infida superbia,
un'ultima lacrima rigarmi il viso.



REDENZIONE

Affidare al tempo
il nostro triste fato.
Donare al grembo eterno,
le nostre anime
povere di redenzione
e in pieno,
affidarci all'infinita
eterea oscurità.
Nel suo abbraccio di dannazione,
in attesa
di un perdono vano.
Che giustifichi ogni lacrima versata,
su questa terra.
Il dolore è ineguagliabile.
Cessa ogni respiro.



PERSI

Volgere lo sguardo in alto.
Criticare,
una prematura dipartita.
Essere consapevoli
di tutto ciò che è intorno,
sia reale illusione.
Ma lo stesso
riuscire a coglierne un germe,
dal profondo animo
che lentamente appassisce.
Accecati,
da un dolore silenzioso
che ci ha resi ciò che siamo.
Persi.




Piccola nota. Per ogni composizione è presente nel libro un'immagine dedicata. Dando al testo e al lettore una osservazione più chiara e d'impatto visivo, arrivando direttamente al cuore. Il tutto scelto dall'autore.

Valerio Guidarelli

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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