Philadelphia 2016.
Lui voleva regolare i conti. Nella sua testa urlava la parola vendetta ma rimaneva in silenzio. Nella sua mente i pensieri si muovevano come api impazzite. Progettava piani uno dopo l'altro, scartandoli tutti. Un sogghigno gli storse la bocca. Aveva tempo, una soluzione l'avrebbe trovata. La più efficace, soddisfacente e cruenta.
New York 5 Maggio 2019.
Jill aprì gli occhi e si rese conto di essere ancora seduta con la testa appoggiata alla tastiera del pc. Si era nuovamente addormentata mentre lavorava, a volte succedeva che, per non perdere il filo dei suoi pensieri, scrivesse fino a non farcela più. Poiché le era successo altre volte aveva fatto installare sul pc un'app. Se non usava la tastiera per più di un quarto d'ora di seguito il file si salvava e il pc andava in standby. Sbadigliando alzò le braccia tentando di stirare i muscoli della schiena e del collo tremendamente contratti e, nel farlo infilò, le mani nei lunghi capelli neri e iniziò a massaggiarsi la nuca. Quando si addormentava in quella posizione il collo e le spalle le facevano male, i muscoli irrigiditi per quella posizione a lungo tenuta, tiravano da morire e lei per alleviare la tensione si massaggiava fin dove poteva arrivare. Nonostante non fosse sedentaria, per scrivere i suoi libri rimaneva per ore seduta alla scrivania e aveva preso anche l'abitudine di fare un paio di sedute di yoga alla settimana per sciogliere i muscoli. Sapeva che, prima di addormentarsi, aveva terminato, per la seconda volta, il penultimo capitolo del suo quarto romanzo giallo, perché non riusciva a trovare lo spunto giusto. Spinse un qualunque tasto, il monitor riprese vita e intravide qualcosa che la costrinse a prestare attenzione allo schermo. In alto a destra del desktop c'era una icona che lampeggiava. Incuriosita, perché non capiva cosa potesse essere vi cliccò con il mouse. Una immagine occupò tutto lo schermo. Una figura di uomo, vestita di nero con un cappuccio sulla testa per nascondere il viso, era rivolta verso di lei e teneva in mano un coltello dal quale colavano gocce di sangue che cadendo per terra si allargavano quasi a formare delle orme. Jill restò bloccata davanti a quell'immagine che prese improvvisamente vita. La figura si mosse verso di lei come per raggiungerla e lei spontaneamente fece un salto indietro. Sul monitor apparvero parole che sembravano scritte con il sangue. “Tu sarai la prossima. Aspettami” Poi tutto scomparve e lo schermo torno nero. Jill per un attimo restò immobile, un brivido le corse lungo la schiena. Da quando i suoi libri avevano ricevuto critiche positive sui giornali e il suo nome iniziava ad essere conosciuto aveva ricevuto molte mail in cui la minacciavano. Secondo gli autori delle minacce scriveva libri troppo aggressivi e pieni di violenza, pertanto andava adeguatamente punita. Per questo motivo era stata costretta a cambiare indirizzo mail più volte ma sembrava che nonostante tutto riuscissero comunque a rintracciarla. Poi erano iniziate ad arrivare le lettere anonime. Erano di vario tenore, da chi semplicemente la minacciava, a chi le prometteva che si sarebbe divertito con lei facendole provare tutto quello che lei faceva subire ai suoi personaggi. I suoi libri erano gialli con una vena di horror e le scene violente ne erano la base. Dopo che le lettere furono veramente tante le aveva portate sia alla casa editrice che alla sua agente letteraria. Tutti le avevano detto che purtroppo non si poteva fare nulla. Le minacce si accompagnavano al successo, le persone instabili erano migliaia, e la polizia se non aveva qualcosa di concreto in mano, che non fossero state solo mail e lettere, non si sarebbe potuta muovere per indagare. Ma quello che era apparso sul suo pc, quella mattina, era un video, una cosa del tutto diversa, quella era una reale minaccia diretta a lei. La sua mente tornò subito ad alcuni titoli di giornali dei giorni precedenti. Alcune donne erano state aggredite in casa, torturate ed uccise. L'aggressore era riuscito a non lasciare nessuna traccia, impronte, DNA, nulla, sembrava fosse un fantasma la polizia brancolava nel buio, si sapeva solo che l'aggressore fosse un maschio alto, giovane e forte. Una delle donne aggredite praticava Judo, dopo essere stata picchiata selvaggiamente aveva trovato la forza di reagire ed era riuscita a farlo fuggire. Non era stata la solita vittima. Poiché lui, in genere, non lasciava nessuno vivo dietro di sé anche quella volta non aveva ritenuto necessario coprirsi il volto. All'arrivo della polizia prima di sprofondare in coma cerebrale per le ferite riportate, la donna era riuscita a pronunciare poche parole ...maschio... alto ...forte ...giovane...bianco... Era ancora ricoverata in ospedale, non aveva ripreso conoscenza e sotto le sue unghie non avevano trovato alcuna traccia. Dalle analisi del sangue che le avevano fatto, avevano trovato tracce di un potente sedativo che, lasciava le vittime perfettamente sveglie, ma incapaci di difendersi. Non aveva letto sui giornali nessun articolo che accennasse ad un video horror mandato alle vittime. Non sapeva se perché fosse una notizia, che la polizia intendeva mantenere riservata, o se invece fosse stata presa di mira da qualcuno che era andato completamente fuori di testa. Con un sospiro si appoggiò con la schiena alla poltrona che usava per scrivere. Passato il primo momento di vera paura stava subentrando la rabbia. Per il genere di libri che scriveva di quelle cose era maestra ed essere attaccata sul suo stesso territorio era ridicolo Cliccò ancora con il mouse, premette qualche tasto sulla tastiera, ma non successe nulla. Ciò che aveva visto era sparito del tutto. Non era un'esperta di computer, lo usava solo per fare ricerche e scrivere i suoi libri. Quando aveva pubblicato il suo primo era stata molto indecisa se usare il suo nome o trovare uno pseudonimo, le sarebbe piaciuto trovarne uno di grande effetto. Si era consultata con la sua agente Grace Peck che ne aveva sciorinato uno dopo l'altro. Poi, consapevole di avere un reale problema con i nomi poiché non riusciva a memorizzarli, tanto che spesso confondeva i nomi degli amici che l'avevano sempre presa bonariamente in giro, si rese conto che con molta probabilità si sarebbe trovata in qualche impiccio e allora aveva deciso di usare il suo nome. Jill Sanders. Suonava anche bene e le aveva portato fortuna, oramai era una scrittrice di una certa fama. Sia perché all'uscita di ogni libro Grace l'aveva costretta a dei tour massacranti di città in città, lì le organizzava quasi ogni minuto della sua giornata in interviste e incontri con i lettori, sia perché il suo era un bel scrivere. Aveva scritto tre libri di buon successo e stava terminando il quarto. Riportando l'attenzione sul pc rifletté su come avessero potuto violarlo, per essere tranquilla aveva messo una serie di password per evitare che chiunque potesse intrufolarsi, ma era avvenuto. Di nuovo. Per capire cosa fosse successo doveva aspettare la sera quando Mick, il suo attuale ragazzo o fidanzato come diceva lui, l'avrebbe raggiunta per cena. Gli avrebbe chiesto di dare un'occhiata, era un informatico e ci avrebbe pensato lui. In quanto per lei irrisolvibile, accantonò il problema, si alzò dalla sedia sbadigliando e salì le scale per andare a farsi una doccia, col pensiero poi di andare in giardino a godersi i raggi del sole. Quando da Philadelphia si era trasferita a New York aveva comprato una casa con un piccolo giardino che era il suo rifugio. In qualunque stagione era perfetto. In maglietta o infagottata in maglioni di lana vi andava a prendere aria, a schiarirsi le idee e sentire il profumo dei fiori.
Philadelphia settembre 2014
Jill Sanders era nata a Philadelphia e vi aveva sempre abitato. Poco dopo aver terminato il college universitario, prima ancora di poter decidere cosa fare nella vita, erano morti i suoi genitori e inaspettatamente si era trovata in possesso della casa dove aveva sempre abitato e di una consistente somma in contanti. Questa tranquillità economica le consentì di prendersi tutto il tempo utile per poter prendere una decisione sul suo futuro. Durante i suoi studi aveva sviluppato un incredibile amore per la lettura e la ricca libreria dei suoi genitori le aveva consentito di coltivare questa sua passione. Aveva spaziato per ogni genere arricchendo in maniera incredibile la sua mente. Amava la buona cucina e spesso invitava gli amici a cui preparava delle vere leccornie. Aveva seguito qualche corso ed era anche stata tentata di farne una professione. Non come chef di un ristorante ma come chef a domicilio. L'aveva trattenuta la consapevolezza che questo lavoro comportava non avere orari e non essere mai libera durante le giornate di festa nelle quali avrebbe di sicuro lavorato di più. Le piaceva, ma non tanto da dedicarci la vita. Amava anche correre e spesso aveva preso l'abitudine, quando andava a farlo nel parco vicino a casa sua, di mettersi gli auricolari e sentire un audio libro. Raccoglieva i lunghi capelli neri in modo che non andassero sul viso, inforcava gli occhiali da sole che coprivano gli occhi neri e vi si dedicava almeno un'ora. Mentre correva rifletteva, le avevano consigliato di svuotare la mente per rilassarla ma invece lei nella corsa trovava il modo di risolvere tanti piccoli problemi. Così tornava a casa più serena nel corpo e nell'anima. Una sera mentre stava distesa a letto a riflettere, su quale decisone prendere per il suo futuro, le venne in mente una storia che sarebbe potuta diventare la trama di un libro. Mano a mano che passava il tempo la storia si dipanava nella sua mente fino a che consapevole che non avrebbe più dormito si alzò, si infilò una vestaglia e si sedette allo scrittoio sul quale aveva appoggiato il pc. Si avvolse in un pile, anche se la casa era calda, in pieno inverno amava coprirsi. Guardò il file word vuoto davanti a lei poi le mani, quasi avessero avuto vita propria, iniziarono a volare sulla tastiera, le parole sgorgavano da sole, e tutto ciò che aveva pensato iniziava a prendere forma arricchendosi di particolari. Scrisse fino a tardi e così nei giorni seguenti. Poco alla volta quello che era cominciato come uno scherzo iniziava a prendere forma. Scoprì che le piaceva scrivere, probabilmente aveva trovato la sua strada e avere quella somma a disposizione le avrebbe consentito di provarci. Riuscire a pubblicare il primo libro fu una scommessa con sé stessa. Una volta terminato lo rilesse fino allo sfinimento e poi lo mandò dovunque, a tutte le agenzie letterarie e le case editrici che aveva verificato pubblicassero il suo genere. Ebbe varie risposte, alcune negative e qualcuna positiva ma con delle condizioni che non le piacevano. Pagare per farsi pubblicare era una cosa che non avrebbe mai fatto. Si prese qualche giorno per decidere cosa fare, fretta non ne aveva e poteva aspettare che le arrivasse l'occasione giusta. Una mattina mentre era occupata a riorganizzare casa, amava cambiare posto ai mobili, squillò il cellulare. - Buongiorno parlo con Jill Sanders? - - Si sono io, chi parla? - - Sono Grace Peck agente letteraria. Lei mi ha inviato il suo manoscritto, fortunatamente con il numero di cellulare. Ci sarà da lavorarci ma mi è piaciuto e sono venuta a Philadelphia per conoscerla e proporle un contratto. Se potessimo vederci in giornata, stasera stessa potrei far rientro a New York. - Sorpresa ma felice Jill le propose di raggiungerla direttamente a casa.
Barbara Ann Parker
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