L'assedio.
La notte era buia e umida. Le fiaccole dell'accampamento romano emanavano luci tremolanti che gettavano minacciose ombre allungate. Alcune di queste lambivano le mura di Tarchna, tant'era vicino il campo dei nemici. Aker vedeva quelle sagome, le studiava con lo sguardo mentre ballavano sulle pietre che componevano le imponenti mura difensive della più importante città etrusca. In più di un'occasione quell'attenta contemplazione parve alterargli l'umore al punto di convincerlo che quelle ombre fossero all'opera per smuovere i blocchi di pietra e creare un varco a uso delle legioni romane. Le udiva sogghignare, gli parve di sentire picconare e più volte si sporse oltre il bordo per rimirare meglio le azioni di quegli esseri. A quel punto un braccio gli cinse la vita per spingerlo all'indietro e la voce amorevole di Vel giunse ad arrecargli conforto: - Signore, vai a riposare. Ci sono le vedette a controllare la situazione. Questo non è compito tuo. - Aker non rispose a quegli inviti, sciolse quell'abbraccio e procedette di qualche passo lungo il camminamento per cambiare punto di osservazione. Dava le spalle a Tarchna, sia per non perdere il contatto visivo col nemico sia per provare a ignorare i lamenti di paura, le imprecazioni e le urla di dolore dei cittadini riversatisi lungo le strade in attesa dell'evoluzione degli eventi. Sentiva il peso della responsabilità sulle sue spalle, le vite di tutte quelle persone dipendevano da lui e dalla sua capacità di contrastare le decisioni degli sprovveduti comandanti dell'esercito di Tarchna. Si era opposto con vigore all'ordine dato agli arcieri di scoccare i loro dardi contro l'accampamento per cogliere di sorpresa il nemico, sebbene la vicinanza delle tende romane sembrasse un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare, Aker sapeva bene che la decisione di dare il via ai combattimenti non spettava a loro che, in quanto assediati, erano in una posizione di svantaggio. Dovevano attendere l'alba e constatare se ci fosse un'alternativa alla battaglia, probabilmente un messaggero sarebbe stato inviato per dettare le loro condizioni: se non fossero state troppo gravose, si sarebbe potuto risparmiare un bagno di sangue. Quando il sole sorse oltre le colline e illuminò le terre davanti Tarchna, attraversate dal fiume Marta, che si estendevano fino al mare, gli Etruschi asserragliati sulle mura videro con orrore che le legioni romane erano già in assetto da battaglia. I soldati salutarono l'avvento dell'astro che portava il giorno creando un gran clangore, le spade vennero urtate contro gli scudi mentre urlavano a squarciagola. Due legioni erano disposte ai lati e una al centro, separate dalle torri d'assedio pronte a essere spinte in avanti, fin sotto le mura. Era solo questione di attimi. Pumpu, mexl rasnal di Caisra caduto anch'egli nella trappola che aveva spinto a Tarchna i magistrati supremi della dodecapoli etrusca, poggiò una mano sulla spalla di Aker. - Il passaggio sotterraneo che giunge al fiume è stato liberato dai detriti. La città può essere evacuata. Vieni con noi. Torniamo nelle nostre terre. Velzna ti aspetta - disse. - Io resto. - - Non è con la morte che recherai il miglior servigio al tuo popolo - , lo ammonì Ancos di Pitluna , - vieni con noi e prepara la tua città a ciò che le attende. Tarchna cadrà e Roma punterà su Velzna , Clausum , Suana e Veii . Dobbiamo essere pronti. - - Io resto - ripeté Aker mentre con lo sguardo seguiva il volo di un'aquila partita dal crinale di una montagna per poi puntare in picchiata e sfiorare le teste dei legionari che accolsero il gesto del volatile con esclamazioni di visibilio, interpretandolo come un segno di buon auspicio per Roma. - Tarchna cadrà. Per questo devo rimanere. Cadrò con essa, così ha voluto il destino. - - Non è questa la tua gente, signore - , intervenne Vel tirandogli la veste come un bambino che vuole attirare l'attenzione del padre, - non gli devi nulla. Appartieni a Velzna, lì sei cresciuto, diventato uomo, da lì sei partito per le tue avventure in terre lontane per poi tornare a cercarvi ristoro. Quella è la tua casa. - - Casa è dove hai le tue radici. Appartengo alla stirpe maledetta dei Ceicna di Tarchna che tanti lutti ha visto e tante tragedie ha vissuto: è giusto che con la mia vita abbia termine anche la storia di questa tetra famiglia. - Pumpu e Ancos parvero non capire quelle parole ma dalla compassione che attraversava i loro sguardi Aker intuì la loro rassegnazione. Poi si rivolse a Vel e Ailish. - Andate con loro. Non dovete morire insieme a me. Questo è il mio destino, non il vostro. - Vel strinse la mano della sua compagna che gli restituì una presa ferrea e decisa. - Noi restiamo, padrone. Lo sai. - Aker accennò un sorriso, ma si trasformò subito in un'espressione di orrore quando vide una freccia colpire un soldato che si trovava alle spalle del suo servo. Fece in tempo a urlare: - Scudi! - poi si fiondò in una delle nicchie scavate nella roccia lungo il camminamento. Una pioggia di dardi trafisse ogni cosa che si trovò tra la sommità del bastione e lo spiazzo sottostante fino a sei passi di distanza. Aker uscì dal suo riparo per sincerarsi che i suoi servi stessero bene: si erano protetti col corpo del soldato alle spalle di Vel. Per Pumpu e Ancos non c'era stato nulla da fare invece, i loro corpi infilzati da un nugolo di frecce giacevano a terra con la schiena verso il cielo. I due magistrati si erano voltati nel tentativo di fuggire ed erano stati colpiti alle spalle ottenendo la morte più ingloriosa che si possa ricevere su un campo di battaglia. La risposta etrusca non si fece attendere, gli arcieri scagliarono una grande quantità di frecce che colpirono molti legionari della prima linea; tuttavia molti dardi s'infransero contro i grossi e spessi scudi ovali, ricoperti di pelle, impiegati dai soldati romani che iniziarono ad avanzare minacciosi. Alle loro spalle gli arcieri tendevano di nuovo i loro archi e scagliavano colpi mentre le torri d'assedio ricolme di soldati fino alla sommità guadagnavano terreno. Intanto, i primi fanti giunti sotto le mura si erano raccolti a uno degli angoli della fortificazione, dove le mura erano più basse e avevano iniziato ad accatastare pietre, terra e tronchi di legno nel tentativo di costruire una rampa su cui far salire le loro torri troppo basse per giungere sulla sommità. Le loro operazioni non giunsero a termine poiché dopo qualche istante il manipolo di uomini fu bersagliato con grosse pietre e inondato di olio bollente rovesciato dai bastioni, tuttavia le macchine d'assedio romane avevano ormai raggiunto il loro obiettivo: servendosi di corde legate ad arpioni i soldati cercavano di colmare la distanza tra la sommità della torre e quella delle mura ma nessun romano riuscì a raggiungerle: le corde vennero tagliate in tempo facendo precipitare nel fossato i malcapitati. Aker osservava da una posizione privilegiata quella scena: riparatosi in un loculo scavato nel muro, abbastanza grande da ospitare sia lui che Vel e Ailish, contemplava la battaglia perplimendosi: era dunque quella la potenza romana che era riuscita a incutere timore a tutti i popoli confinanti con gli eredi del troiano Enea? Possibile che un popolo che adoperava tattiche tanto confusionarie fosse riuscito a ottenere così tante vittorie militari? Qualcosa non tornava... Poi la vide: un'altra legione comparve dalle retrovie alla cui testa correva, montata su delle ruote, una bizzarra costruzione di forma triangolare. Man mano che la macchina guadagnava terreno Aker scopriva ulteriori peculiarità di quell'arnese e quando intuì di cosa si trattava era ormai troppo tardi. - Un ariete! - urlò indicandolo a uno dei comandanti che stava guidando l'azione dei fanti intenti a contenere l'assalto alle mura delle torri, - radunate gli arcieri sopra le mura nel punto più vicino alla porta, che gli impediscano di toccarla. - Ormai la macchina era molto vicina, al punto che si poteva vedere il grosso rostro montato sull'estremità del palo sospeso al centro del triangolo. Era senza dubbio un rostro da nave, di quelli utilizzati per speronare e affondare le navi nemiche durante le battaglie marittime e i romani avevano avuto l'idea di applicarlo su un ariete per sfondare le porte delle città assediate. L'ariete procedeva a velocità folle nonostante la pendenza del suolo, ogni volta che uno dei trascinatori veniva abbattuto da una freccia etrusca accorreva subito un legionario posizionato nelle retrovie a prenderne il posto. Aker, che ormai non sopportava più quella passività dai connotati simili a quelli della pavidità, uscì dal loculo per unirsi allo schieramento di arcieri impegnato a frenare l'avanzata della legione che spingeva l'ariete, Vel lo seguì e posizionò sulla sua testa uno scudo per proteggerlo dai dardi mentre era impegnato a fare strage di romani: la sua abilità con l'arco fu motivo di stupore e sorpresa per gli uomini che aveva accanto, ogni suo dardo colpiva un soldato nemico e in quei concitati istanti non un solo colpo andò a vuoto. Non fu sufficiente: anche se tutti gli arcieri di Tarchna avessero avuto l'abilità di Aker non sarebbe stato possibile frenare l'avanzata di quella macchina spinta da un'intera legione, il soverchiante numero dei nemici sembrava donargli un vantaggio incontenibile per gli Etruschi. Aker era talmente preso dal compito di fermare l'avanzata dell'ariete da non accorgersi che un legionario era giunto sulla sommità delle mura e gli si parava davanti, pronto a scattare sulle gambe per scagliarsi sul magistrato; Ailish colpì Aker con una spallata poi iniziò un duello con il legionario su cui ebbe facilmente la meglio, essendo egli troppo giovane e troppo inesperto nell'arte della guerra per riuscire a fronteggiare la guerriera celta capace di competere coi più forti campioni del suo popolo. La guardia del romano era piena di falle e Ailish non ci pensò due volte ad affondare due colpi, dapprima a una gamba scoperta e quello mortale alla gola, quindi sollevò il corpo inerme sulle spalle e lo scagliò nel fossato, investendo altri soldati che cercavano di arrampicarsi. Si udì un boato terribile e le mura tremarono come se fossero scosse da un terremoto e quando Aker portò lo sguardo in basso vide che l'ariete aveva infine centrato il suo obiettivo: si affacciò dall'altro lato del bastione e constatò che la porta non aveva ceduto ma non avrebbe retto ad altri due o tre di quei colpi micidiali. Se il portone crollava fosse crollato sarebbe stata la fine per tutti gli abitanti rimasti a Tarchna e iniziò a pregare gli dèi affinché coloro che erano riusciti a fuggire attraverso il passaggio segreto trovassero un rifugio sicuro. Poi echeggiò nell'aria un suono nuovo: Aker non lo riconobbe ma, per qualche motivo, sentì emergere in lui una rinnovata speranza. Vel era a una spanna da lui e provava ad attirare la sua attenzione agitando un braccio mentre con l'altro indicava un puntino all'orizzonte appena visibile. - Signore! Guarda! - Era indubbio che quel suono, il suono di un corno, provenisse da lì.
Arsenio Siani
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