Lucia. Le squadre fanno il loro ingresso in campo. Come ogni anno, un brivido di eccitazione mi percorre la schiena. Dalla mia posizione non riesco a distinguere i visi dei giocatori e devo fare affidamento sui numeri che hanno sulle maglie per capire chi sono, ma questi posti sono il massimo che mi posso permettere ed è comunque un altro mondo rispetto a guardare le partite in televisione. C'è una grossa novità: Jackpot Russo è diventato capitano. È il giocatore migliore di tutto il campionato, in molti dicono che potrebbe andare a giocare nell'NBA. Lo chiamano Jackpot, perché sono quattro anni di fila che ha una media di almeno ventitré punti a partita. Lo osservo palleggiare e rimango ipnotizzata dai suoi movimenti veloci e precisi. Si guarda intorno, studia gli avversari e poi parte all'attacco. Protegge il pallone con il corpo, non teme il contatto, cerca con ostinazione un varco mentre il pivot dell'Olimpia tenta in tutti i modi di interrompere la sua azione. Effettua un passaggio teso verso Dario Benvenuto alla sua sinistra e scatta fin sotto il canestro; Benvenuto gli ripassa la palla, lui salta, tira e segna! In tanti anni non ho mai visto qualcuno giocare così, sembra che oggi abbia una marcia in più, forse è l'effetto della fascia da capitano. La Virtus domina la partita e i nostri giocatori non abbassano la guardia, si buttano su ogni pallone come se fosse quello decisivo. Che sia veramente questo l'anno in cui finalmente vinceremo il campionato? Abbiamo vinto 96 a 67 e il palazzetto sembra esplodere per l'esultanza di tifosi e giocatori. La gola mi brucia e la mia voce è roca, mentre per la millesima volta intono: - Totalmente dipendente, non so stare senza te... -
Peccato che Elena si sia persa tutto, tra l'altro in negozio non può nemmeno guardare il cellulare e sarà sulle spine. Così, prima di tornare a casa, passo a trovarla. - Com'è andata? - mi chiede appena mi vede, senza nemmeno salutarmi. Mi metto a ridere. - Abbiamo vinto, alla grande! La partita è stata fenomenale e devo dire che il nuovo capitano era super carico oggi. Ciao anche a te, comunque! - - Alla faccia di quei presuntuosi di Milano. Ah, giusto, ciao! Mi scoccia un sacco non esserci stata alla prima di campionato, la prossima non me la voglio perdere! - - Lo spero bene, senza di te non sapevo con chi esultare. - - Comunque speravo che saresti passata - mi dice Elena appoggiandomi davanti una pila di abiti accuratamente piegati. - E questi cosa sarebbero? - - Vestiti? - - Spiritosa! Intendevo dire: perché li hai messi di fronte a me? - - Non provare a fare l'ingenua con me e vai a provarli. - - Che palle! Non ne ho voglia! - - Sei impossibile! Sai quante ragazze ucciderebbero per avere gli sconti che ho io in questo negozio? E tu non li vuoi nemmeno provare! - - Non mi servono! - - Allora dimmi: che cosa ti metterai sabato alla festa? - - Non lo so! Troverò qualcosa. - - Dove? Nel tuo armadio? Avresti maggiori possibilità se cercassi in ospedale tra gli effetti personali dei morti. - - Non so nemmeno se ci verrò alla festa. - - Devi farlo! O rinunci a fare il medico ed entri in convento oppure ti dai una mossa e ti cerchi un ragazzo con cui divertirti un po'. - - Cosa credi che non lo vorrei un ragazzo? Ma non è facile, il centometrista era quello che prometteva meglio e hai visto che delusione è stato? - - Va bene, ma sono passati otto mesi. Forse dovresti provare a cercare fuori dall'ospedale, cosa ne dici? - - Se sono sempre lì dentro, dove lo dovrei incontrare questo ragazzo? - - Alla festa o meglio alle feste. Devi uscire! Con tutto quello che hai studiato puoi arrivare alla pensione senza più aprire un libro. - - Ho capito! La festa di sabato: hai vinto, ci vengo. Ma ti ricordo che nemmeno tu hai un ragazzo. - - Io però non sono otto mesi che non esco con nessuno. Magari non sono storie serie, ma che posso farci se mi piace divertirmi? - - Lasciamo perdere! Ora vado a casa. - - Va bene, ma comincia a pensare cosa metterti sabato. - Elena non molla. - Certo, certo, stai tranquilla - alzo gli occhi al cielo. Lei ricambia con una linguaccia e io esco dal negozio. Mi sa che ha ragione: se non voglio finire fidanzata con il mio fonendoscopio è meglio che mi dia una mossa e provi a conoscere qualche ragazzo.
Jack Stiamo per fare il nostro ingresso in campo. Prima partita di campionato, in casa, contro l'Olimpia Milano. È la mia prima partita da capitano ed è contro la mia ex squadra, il destino a volte è strano. Quando tre anni fa sono venuto a giocare a Bologna è stato un azzardo. I compagni all'inizio mi guardavano con diffidenza, perché venivo da una squadra con la quale la Virtus ha sempre avuto una forte rivalità. Ci sono voluti mesi per farmi accettare per davvero, ma ne è valsa la pena. Ora sono legato alla squadra come non mi era mai successo prima. Quest'anno è il nostro anno, siamo fortissimi. Voglio vincere il campionato e voglio andare a giocare nell'NBA! È tutta la vita che lavoro per questo momento. - Totalmente dipendente, non so stare senza te... - Il coro dei tifosi ci accoglie caloroso come sempre, sono eccezionali! La vibrazione delle loro voci è potente, in armonia con il battito martellante del mio cuore e questo mi porta pensare alla mia prima partita. Il palazzetto dello sport di Corciano è un po' cadente, forse per questo si giocano qui le gare dei bambini di otto anni. Oggi per la prima volta comincio la partita da titolare. L'allenatore mi ha detto che posso farcela, ma io non sono per niente convinto. In allenamento ci sono altri che corrono più di me, che saltano più di me, è vero che sono più grandi, ma sono anche più bravi. Voglio fare bene, ma mi sudano le mani, mi tremano le gambe. L'allenatore avrebbe fatto meglio a far giocare Luca al posto mio, lui è bravo, anche se ha otto anni come me. La partita comincia e il mio cuore batte fortissimo, lo sento rimbombare nelle orecchie. Ho fatto due passaggi e li ho sbagliati tutti e due. Fabio continua a prendermi in giro. Ma perché non mi lasciano in pace? Mi viene da piangere, ma non voglio dargli soddisfazione. Finalmente riesco a fare un canestro, ma stiamo perdendo. - Giacomo fai schifo! - mi dice Fabio, prima di negarmi un passaggio e segnare. Alla fine, riesco a entrare un po' in partita, ma ormai è tardi e i compagni non si fidano di me. È finita, ho segnato qualche canestro, ma abbiamo perso. È tutta colpa mia! Corro via senza nemmeno andare a farmi la doccia. Ad aspettarmi, fuori dal palazzetto, c'è mio papà, con un sorriso mi accoglie a braccia aperte, io mi tuffo sul suo petto e mi metto a singhiozzare. Lui mi lascia sfogare un po' accarezzandomi la schiena, poi mi dice: - Perché piangi? - - Papà, non so giocare, faccio schifo, i miei compagni non mi vogliono, ho deluso tutti! - - Piccolino, non hai deluso tutti. Sicuramente non hai deluso me! Io lo so che sai giocare benissimo, anche se sei fra i più piccoli della squadra. Lo sai perché non riuscivi a giocare oggi? Perché ci tenevi troppo. Perché tu hai cuore e hai testa, ci tieni agli altri, a fare bene e pensi a quello che fai. Per questo oggi eri in difficoltà, perché ti sentivi addosso tante responsabilità, che i tuoi compagni nemmeno immaginavano. Ma è per questo che diventerai il più bravo di tutti, se lo vorrai. Se continuerai a impegnarti, un giorno, arriverai a giocare nell'NBA, ne sono sicuro! - - Sarebbe stato meglio se avessero fatto giocare Luca al posto mio, lui non ha i miei problemi. - - Forse il tuo allenatore vuole farti imparare a superare le tue difficoltà, perché sa che sei bravissimo e nessuno ti può fermare, solo la tua paura può farlo. Forse non gli importa perdere qualche partita se presto avrà il giocatore più forte del campionato. - - Fabio continua a dirmi che faccio schifo. - - Fabio sa di essere meno bravo di te e ha molti meno amici. Lui ti invidia e quindi cerca di farti star male. Ne incontrerai tantissime di persone come Fabio, ma tu ascolta solo quelli di cui ti fidi e che ti vogliono bene. Quando senti gli altri che ti insultano, immagina di sentire l'acqua che scorre nel gabinetto e fatti una bella risata! - Io guardo mio papà e finalmente riesco a sorridere, mi è caduto da poco un incisivo. - Dai campione sdentato! Ora vai a fare la doccia e parla con l'allenatore. - Vedo l'assist di Dario, prendo il pallone e scarto l'ala piccola dell'Olimpia. Vorrei tirare, ma sono in una posizione pessima, Bulkovic è sotto il canestro, il mio passaggio è teso e preciso, lui protegge la palla e poi trova il varco e schiaccia. Si appende al ferro. Quando il gioco riprende gli dico: - Ehi Nik, che ne dici di fare una tripla? - Mi piace fare lo sbruffone, ma cerco di non offendere mai nessuno, non ho bisogno di quello per vincere. Nik è su di giri e si sente invincibile. - Agli ordini, capitano! - In meno di dieci secondi io segno un canestro da 3 punti. Sono sotto il canestro, l'ala piccola dell'Olimpia cerca di fermarmi. Io sono più veloce, ma lui non si arrende, mentre mi sto piegando sulle gambe per saltare mi dà una gomitata sulla spalla. Fa molto male, ma io sono concentrato sul mio obiettivo e salto lo stesso: tiro e la palla entra. Quando tocco di nuovo terra il colpo si ripercuote nella spalla e sento una fitta di dolore. Stringo i denti e faccio finta di niente. Dopo poco accenno un movimento e sembra tutto a posto. Un brivido mi percorre la schiena, avrei potuto farmi male per davvero. Alla fine della partita la stanchezza comincia a farsi sentire e l'Olimpia riesce a segnare tre canestri di fila, sono bravi, non possiamo permetterci distrazioni. Dario difende ogni pallone, come se fosse quello decisivo, e finalmente suona la sirena della fine: abbiamo vinto 96 a 67! L'allenatore è al settimo cielo.
Giuseppina Sarni
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