Storia di Lucio Wu napolitano
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L'ascensore era in funzione. Dal Ponte della Maddalena a via Sanità ci impiegarono meno di cinque minuti, una decina ce ne vollero per arrivare all'incrocio con vico Arena alla Sanità, una manciata per percorrerlo fino ad imboccare vicolo Maresca e altrettanti per arrivare a Piazzetta San Severo. Da quel punto in avanti si trovarono nel cuore della Cina: percorsero la salita Cinesi, piegarono a destra verso vicoletto Cinesi, superarono via Matteo Ripa e si trovarono all'ingresso del Collegio dei Cinesi, o di quella parte della struttura che era integrata nell' Ospedale Elena d'Aosta, davanti all'ingresso posteriore della chiesa della Sacra Famiglia dei Cinesi. Così come insegnava il Tao, pensò Laura: “Senza uscire dalla porta, puoi conoscere il mondo”. Tutto là intorno doveva essere stato completamente diverso quando il Collegio era in attività. Laura riusciva a immaginarsi circondata da orti, frutteti e agrumeti che se non erano scomparsi erano stati inglobati in corti e giardini interni, nascosti da cancelli e mura, che non li dissimulavano completamente, potendosi scorgere qua e là campanule rampicanti, edera e chiome verdeggianti. La ragazza non riusciva a credere di essere finita nei luoghi dove duecentocinquanta anni prima Matteo Ripa, che solo pochi giorni prima ignorava fosse mai esistito, aveva “educato” giovanetti cinesi. Ma a questo punto Laura si chiese come potevano tutte le sue scoperte essere solo coincidenze. Forse non doveva fare altro che seguire quanto le raccomandava il Maestro Zhào: - Resta centrato nel Tao e il mondo viene a te - . Qualcosa, qualcuno la chiamava da un passato dimenticato. Cosa avrebbe dovuto testimoniare? Cosa doveva scoprire, ancora? L'entrata dell'ospedale, una volta percorso il viale, dava sul retro del Collegio e della chiesa. Zia Renata aveva incontrato alcune sue amiche e Laura poteva trattenersi, guardandosi intorno, tanto mancava almeno mezz'ora all'inizio della funzione religiosa. La volta dell'androne era affrescata con il mondo sormontato dalla croce, con ai lati brevi iscrizioni in cinese, inscritto in uno stemma dell'istituzione del Collegio su fondo dorato, sopra il cui bordo Laura riuscì a leggere, inforcando gli occhiali, la frase evangelica: “Ite universum mundum, praedicate evangelium omni creaturae”. Lo stemma era inscritto in un medaglione circolare a fondo blu, con volute e decorazioni rosso, oro e argento, sormontato da una corona e sostenuto lateralmente da due angeli. L'affiancò un giovane prete, che le si rivolse: - Affresco singolare non trovi? È della metà del Settecento e fino a oggi non ha mai avuto bisogno di restauri. - - Padre, sa cosa significano i due ideogrammi cinesi? - - Mia cara ragazza, io sono il parroco della chiesa in restauro a Mater Dei, non un missionario. Conosco il latino, il greco, qualche parola di tedesco, ma il cinese per me è arabo - . Risero entrambi, il prete accelerò il passo, doveva prepararsi per la funzione. Laura continuò la sua esplorazione; superato l'androne, giunse a un porticato coperto alla cui destra c'era il mezzobusto di marmo raffigurante Matteo Ripa. - Finalmente, c'incontriamo! - esclamò la ragazza, certa di non aver espresso il suo pensiero ad alta voce; ma si dovette ricredere quando un bel signore di mezz'età, che le stava davanti, si voltò per risponderle: - Avevamo un appuntamento? - - Dice a me? - replicò Laura - Ah no, è che... parlavo... cioè, mi riferivo al busto di Matteo Ripa! - - Ah il fondatore dell'Orientale! È una studentessa... - - ...di cinese, mi sono iscritta quest'anno. - - E lei... - - Mi ci sono laureato, tanti anni fa, in Lettere Moderne. Che strana coincidenza! Allora m'interessò molto la storia di questo missionario... - e mentre l'uomo continuava a parlare, la ragazza pensava a come fosse davvero strana l'ulteriore coincidenza che le si presentava quel giorno. Intanto lui s'era accorto della sua distrazione e concluse: - Una storia interessante insomma, che varrebbe la pena di raccontare. Le auguro il meglio per i suoi studi! - e la salutò, affrettandosi verso la chiesa. Laura un po' interdetta si diresse verso sinistra dove, sull'antico sagrato della chiesa, zia Renata si era fermata ad aspettarla. Salirono insieme i sette gradoni che conducevano al portale d'ingresso, sormontato da un timpano spezzato al cui interno c'era un medaglione con volute. Prima di entrare, Laura fece in tempo a notare che l'ordine superiore della facciata era scandito da una doppia cornice aggettante, aperto da un ampio finestrone rettangolare, collocato tra lesene e un timpano triangolare. Zia e nipote si fecero il segno della croce con le dita inumidite nell'acquasantiera e percorsero l'unica navata dalle pareti con sagoma curvilinea, superarono il pulpito ligneo e presero posto nel primo banco di fronte all'altare maggiore in marmi policromi, dietro cui era posto un presbiterio con abside e coro. Ai lati dell'altare una coppia di cherubini in marmo bianco sembrava fissare i fedeli che attendevano l'inizio della messa. Dal lanternino della cupola sovrastante la navata un fascio di raggi di sole illuminò la tela posta sull'altare: la Sacra Famiglia. Il prete fece il suo ingresso e cominciò a dire messa, ma Laura non ascoltò neanche una parola, rapita com'era dai due bambinetti ritratti sulla tela in adorazione della Madonna e del suo bambino in gloria, adagiati su nuvole e assistiti da San Giuseppe, Sant'Anna e San Gioacchino. Laura cercò di mettere a fuoco meglio che poteva, stringendo gli occhi. No! Non aveva visto male, erano due bambini cinesi, di nove o dieci anni. Il più vicino ai piedi della Madonna, ritratto di profilo, indossava un tipico copricapo cinese a pagoda di colore rosso, da cui spuntavano corti capelli neri e lisci e una tunica blu, che sembrava troppo grande per lui, con risvolti di raso giallo. Le sue mani erano esili e affusolate, incrociate sul petto; aveva un naso piccolo e regolare come l'unico orecchio che la prospettiva permetteva di osservare. Il taglio a mandorla dell'occhio ritratto svelava inequivocabilmente la sua origine, le labbra rosa e carnose di bimbo sorridevano serene: più che della Madonna sembrava in adorazione dei suoi piedi. Dietro di lui, in penombra, l'altro fanciullo, di cui si scorgevano il collo e parte del volto, sembrava eseguito con un tratto più frettoloso e meno particolareggiato: casacca e berretto blu, frangetta alla francescana, naso più lungo del suo amico e gli stessi, inconfondibili occhi a mandorla. Quanta ragione aveva avuto Giulio quando le aveva detto che la storia di Napoli è nelle sue chiese. Ma chi erano stati quei due bambini? Avevano un nome? Erano due collegiali a caso? Appartenevano a qualche importante famiglia cinese? Chi li aveva ritratti? Chi li aveva immortalati davanti ai piedi della Madonna? Per quanto tempo erano rimasti in Italia? Cosa avevano da raccontarle? - La messa è finita andate in pace! - - Amen. - - Laura! Laura! Ué nenne', ti sei incantata? La messa è finita - disse la zia scuotendole delicatamente la spalla. - Amen! Ci sono zia, ero un attimo sovrappensiero. Pensi che possiamo andare a chiedere informazioni al parroco sulla tela dietro l'altare? - - Certo che sì, diamogli solo il tempo di svestirsi, riporre finimenti e oggetti sacri, poi andiamo in sacrestia. Sai Laura che don Luca ha preso i voti da poco più di un anno? Era uno studente molisano, un fuorisede iscritto ad Architettura, aveva dato quasi tutti gli esami del primo biennio, ma poi ha sentito la chiamata del Signore e ha cambiato rotta alla sua vita, perché si può sempre cambiare rotta, no? È entrato in seminario e poi ha scelto di prendere i voti, era pure fidanzato - . Mentre aspettavano che i fedeli guadagnassero l'uscita e che il parroco attendesse alle sue mansioni, Laura percorse un paio di volte la navata, alla ricerca di qualche indizio sull'identità dei due bambini cinesi impressi sulla tela. Ma trovò solo quattro statue di rame, nei piedritti delle pareti, raffiguranti i santi Giuseppe, Gioacchino, Anna e Elisabetta. Si avvicinò all'organo sulla controfacciata per leggervi la data e la firma: 1792-93, Mancini. Finalmente si avviarono in sacrestia. Passando dal presbiterio non poté fare a meno di notare, quasi sull'entrata, una Visitazione su tela; le fu naturale voltarsi a destra e come aveva dedotto, diametralmente sul lato opposto vi era un'altra tela; fece qualche passo per guardarla meglio: era un'Annunciazione, percorse con gli occhi tutta la parete fino al pavimento, dov'era visibile una lapide inscritta e fece altri tre o quattro passi per leggere quanto vi fosse inciso: era la sepoltura di Matteo Ripa, morto nel 1746. Entrarono in sacrestia, che per amor del vero era ormai una biblioteca e un'aula di studio; a destra dell'ingresso una Madonna marmorea con bambino sembrava la stesse guardando, sulla sinistra un'altra tela con Madonna e bambino in gloria tra Sant'Anna e San Gioacchino e due bambini asiatici. - Don Luca buongiorno, possiamo rubarle qualche minuto?
Rita Quinzio e Giovanni Porzio
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