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Autore: Marialuisa Moro
L'isola del male
Thriller
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L'isola del male
Scartò subito l'idea di salire fino all'estremo nord con la macchina. Troppo lungo e stancante, oltre che costoso. Avrebbe lasciato l'auto parcheggiata in un luogo tranquillo che conosceva.
Ponderò a lungo, incerta se partire col primo volo disponibile nel pomeriggio o rinviare al giorno dopo.
Nel primo caso, sarebbe arrivata di notte. Era appena iniziato il mese di maggio e in quel periodo, all'estremo nord, le notti non erano mai completamente buie; dopo la metà del mese, ci sarebbe stato il sole a mezzanotte. Preferiva comunque arrivare con la luce piena, dato che non conosceva il posto.
Alla fine, comprò on line un biglietto aereo per il mattino seguente. Si prospettava un'altra nottata in quell'appartamento e non sapeva se essere contenta o scontenta.
Esiste ancora una lontana possibilità che Stig rientri a casa e io riesca a incontrarlo, pensò per consolarsi.
Si sdraiò sul divano malconcio, avvolgendosi in una coperta pesante che aveva trovato nell'armadio. Scartò l'alternativa di dormire in quello che era stato il loro letto, perché le lenzuola erano sporche ed emanavano cattivo odore; in quel momento, non aveva certo voglia di mettersi a trafficare con cambi di biancheria e relativi bucati. Inoltre, nel caso lui fosse rientrato durante la notte, ignorava quale sarebbe stata la sua reazione trovandola in quel letto, dopo gli ultimi eventi. Meglio evitare.
Contrariamente alle previsioni di una notte in bianco, cadde in un sonno di piombo e si destò solo alla sveglia del cellulare. Una doccia rapida e uscì di casa per prendere il treno che doveva portarla all'aeroporto di Gardermoen. Arrivò in anticipo e si concesse una robusta colazione prima di procedere alle formalità di imbarco.
Durante il volo, che durò quasi quattro ore, ebbe tutto il tempo per tormentarsi e chiedersi il perché di quel viaggio nella sperduta isola di Vardᴓya, nell'estremo nord della Norvegia, deciso su due piedi. In sincerità, non sapeva darsi una risposta razionale e non sussisteva un motivo valido per sprecare denaro in un viaggio senza senso, proprio ora che era senza lavoro.
Era una questione di pancia ed era abituata a seguire quelle sensazioni.
Quel prefisso...
Era solo un prefisso.
Quelle facce...
Forse tutto frutto della sua immaginazione, santi numi!
La spiegazione...
Si sentiva una pazza.
A causa dei problemi su tutti i fronti degli ultimi tempi, deve essermi saltato il cervello.
Col passare delle ore, si pentì così amaramente di essersi imbarcata in quell'avventura che pensò, una volta atterrata, di salire subito se un altro aereo per tornare indietro.
Indietro. Dove?
A Oslo, non aveva più una base. Stig era sparito e, se anche fosse tornato, era palese che non voleva più saperne di lei. Non poteva mettere radici a casa sua.
Tornare a Kristiansand? Era scappata come una ladra, piantando in asso il lavoro e anche la casa che aveva affittato.
Dovrò tornarci per forza, almeno a prendere il resto delle mie cose e consegnare le chiavi alla padrona di casa.
Sono stata troppo impulsiva, anzi, una grande idiota. Bene o male, non sarei rimasta in eterno con Aasen; scaduto il periodo, sarei tornata al mio lavoro a Oslo. Vicino a Stig, magari, se decidono di reintegrarlo. E allora? Stig o no, intanto sarebbe corso lo stipendio. Tanto, non riuscirò mai a diventare un'investigatrice privata. Maledisse ancora una volta Rolf, che aveva alimentato i suoi sogni, e se stessa, che aveva creduto in lui.
Si sarebbe presa a schiaffi. Aveva sbagliato tutto.
Dannazione, aveva ragione Stig quando diceva che mi comporto come una bambina.
Però... Forse non è tutto perduto.
Era così disperata che considerò la possibilità di telefonare al collega, una volta a terra, e di chiedergli scusa inventando qualche storia, cosa che le riusciva piuttosto bene.
Contattare quell'uomo e umiliarsi così era disgustoso; tutto il suo essere si ribellava, ma la prospettiva della miseria era ancor peggiore. Non aveva nessuno a cui rivolgersi per chiedere aiuto. Le era rimasto al mondo solo Stig e aveva perduto anche lui.
L'aereo planò in un mare di nuvole basse che occludevano del tutto la visuale. Mina si era già trovata in situazioni simili in occasione di voli interni e non se ne preoccupò. Le sarebbe solo piaciuto avere la visione dell'isola dall'alto, ma non era concesso.
Quando uscì dal piccolo aeroporto e si mise in attesa dell'autobus che l'avrebbe condotta al villaggio di Vardᴓ, sentì un freddo pungente. Non era più abituata a un clima tanto ostico; vivere a Oslo, prima, e a Kristiansand, poi, le aveva fatto dimenticare i rigori dell'estremo nord. Nonostante l'abbigliamento pesante, il vento gelido penetrava nel corpo facendola intirizzire.
Seduta sull'autobus, ebbe finalmente una panoramica di ciò che la circondava.
C'erano ancora abbondanti chiazze di neve ovunque. Il paesaggio si presentava piuttosto piatto, ad eccezione di un terrapieno su cui sorgeva un'antica fortezza di cui si distingueva da lontano il torrione, e di un'altura sullo sfondo, con una scogliera a strapiombo sul mare che metteva soggezione. Dominava il villaggio un campanile bianco, che trovò avesse un aspetto sinistro.
In confronto a quest'isola, Kristiansand è il regno dell'allegria.
Il male viene dal nord.
Pensò a quel detto di alcuni secoli prima, a proposito delle streghe. Il nord, il tempo ostico, il buio per un lungo periodo dell'anno. Là prende origine il male.
Sembra proprio l'isola delle streghe, concluse tra sé, rabbrividendo.
Immaginò l'antico popolo dei Sami, che abitava un tempo quelle zone, intento a “intessere” i venti per propiziarsi il clima ostile, come dicevano i suoi persecutori; i Sami erano visti come esseri infidi che, suonando i loro tamburi, si mettevano in contatto con gli spiriti ed erano in grado di predire il futuro.
Se tendeva le orecchie, Mina riusciva a sentire un vago rullio di tamburi... O era suggestione? Forse solo il ruggito lontano del mare in burrasca.
Qui le tempeste sono frequenti e terribili, pensò.
Quella volta, nel lontano 1617, le donne dei pescatori che andavano per mare, unica fonte di sostentamento, furono accusate di aver provocato con riti magici una tempesta terrificante quanto improvvisa, che non aveva lasciato scampo, lasciando il villaggio quasi privo di uomini. Pochi anni dopo, molte donne norvegesi e anche alcuni uomini sami erano stati bruciati sul rogo, durante una fanatica caccia alle streghe senza precedenti.
Non partirò senza aver visto la porta dell'inferno, pensò Mina, scendendo dall'autobus.
Sapeva che era un'invenzione, frutto del racconto di una dodicenne accusata di stregoneria, che asseriva si trovasse su quell'isola, tra i villaggi di Vardᴓ e Kiberg: una lunga valle scura con un lago nero in cui stavano immersi i dannati. Ogni volta che Satana sputava fuoco e faceva ribollire l'acqua, essi lanciavano urla orripilanti.
Già che sono venuta fin qui, voglio vedere la fortezza più a nord del mondo e lo Steilneset memorial. Poi torno a casa.
I gabbiani urlavano forte e a tratti diventavano assordanti. Forse per il particolare stato d'animo del momento, le mettevano angoscia.
Si rese conto che non aveva prenotato nulla in rete, tranne il biglietto aereo; doveva trovare un posto per dormire al prezzo più modico possibile.
Si allontanò dal nucleo centrale del villaggio. Sebbene nessuno le rivolgesse la parola, aveva l'impressione di essere osservata.
Fantasie.
Il vento le soffiava contro con forza inaudita e, avanzando piegata in due, si chiese quanto avrebbe resistito ad avanzare in quella direzione. Ma qualcosa la spinse a continuare: un cartello di legno sgangherato accanto a una casa bianca sulla riva del mare oscillava al vento, minacciando di cadere in testa a qualcuno da un momento all'altro. C'era scritto B&B.
Osservò la costruzione: era modesta e ciò lasciava sperare in un prezzo basso.
Cercò un campanello accanto al cancelletto che delimitava la proprietà, ma non trovò nulla, quindi lo spinse leggermente e si guardò intorno in cerca di qualcuno.
“Ė permesso?”
Non ottenne nessuna risposta. Solo il ruggito del mare e le urla dei gabbiani.
Arrivò alla porta e bussò. Nulla. Appoggiò la mano sulla maniglia e socchiuse lentamente.
Qui vige ancora l'abitudine di lasciare la porta aperta, pensò.
“Si può?”
Finalmente rispose una voce roca “Chi è?”
Vide di spalle una donna corpulenta intenta a pulire con foga il piano di un tavolo.
“Scusi se sono entrata, ma ho bussato ripetutamente e non ha risposto nessuno.”
La donna si voltò e la fissò con due occhi incolori. Dimostrava una cinquantina d'anni. Ciocche di capelli biondastri le circondavano il viso pallido e sciupato in cui spiccava un naso adunco.
“Non si preoccupi. Qui non si usa. Si vede che è forestiera.”
“Ho visto il cartello fuori e vorrei sapere quanto costa una camera per una notte.”
La donna assunse un'espressione stupita.
“In questa stagione! Per tutti i numi, se non fossi una che si fa i fatti suoi, le chiederei cosa diavolo ci fa qui, in questo posto indemoniato, in questo periodo dell'anno.”
Mina decise di farla contenta e inventò sul momento.
“Sono una giornalista e devo scrivere un articolo su quest'isola.”
“Divertente. Che giornale è?”
Mina si strinse nelle spalle.
“Oh, non si tratta di una testata importante; è una rivista di viaggi nata da poco.”
“Alle prime armi, dunque.”
“Già.”
“Quindi, questo postaccio interessa a qualcuno?”
“Perché lo chiama così?”
“L'isola del diavolo, l'isola delle streghe. Se è una giornalista, deve averne sentito parlare, no?”
“Sì, certo, ma io non credo a certe cose. In ogni caso, sono fatti del passato.”
“Anche del presente, glielo assicuro. Le streghe esistono ancora qui a Vardᴓ, e sono vive e vegete. Quella volta, non le hanno bruciate tutte sul rogo. Alcune sono riuscite a farla franca.”
“Ah, sì? E dove sono?”
“Vivono qui, tra noi. Non è stata sul monte Damon, alla porta dell'inferno? Quello è il loro posto prediletto. Se la fanno con Satana, quelle.”
Mina pensò che la donna fosse pazza e la lasciò parlare, nondimeno una serie di brividi le corse lungo la schiena. Istintivamente, fece per voltarsi e tornare sui suoi passi.
“Ha detto che cerca una stanza?” La voce roca della donna la bloccò.
Esitò e la donna la raggiunse.
“Visto che siamo in stagione morta” sbottò “gliela do quasi gratis.”
“Quanto?”
“Duecento corone, colazione inclusa.”
L'offerta era molto allettante, consona alle sue finanze.
“Va bene.”
“La avverto subito che dovrà accontentarsi. Qui ci sono tre stanze da affittare: due sono al piano terreno e guardano il mare, la terza è nel seminterrato. Se vuole pagare quella cifra, deve prendere quella in basso. Niente vista” ridacchiò.
“Ma... è riscaldata?”
“Naturalmente.”
“Posso vederla?”
La donna le fece strada. Attraversarono una lugubre sala da pranzo con un tavolo rettangolare e un lungo buffet su un lato.
“Qui si fa colazione.”
Mina notò che le pareti erano tappezzate di quadri scuri e cupi e si avvicinò per osservarli meglio. Donne, donne e ancora donne. Alcune bruciavano sul rogo contorcendosi o venivano gettate nell'acqua da una rupe, altre urlavano e maledicevano a bocca spalancata, in atteggiamenti disperati.
Le venne in mente “L'urlo” di Munch e si ritrasse, turbata dalle immagini.
“La passione di mio marito” spiegò la donna. “La sua collezione di stampe sulla caccia alle streghe del 1600.”
Mina annuì, con un nodo alla gola.
Mentre scendevano le scale, la padrona di casa si bloccò sull'ultimo gradino, voltandosi verso di lei.
“Dimenticavo di dirle che questa stanza non ha il bagno privato; dovrà usare il nostro.”
Mina alzò gli occhi al cielo e fece un cenno di assenso.
Solo per una notte, si disse.
Nella minuscola camera c'erano due letti messi uno accanto all'altro, un piccolo armadio a due ante e un comodino. In alto, sulla parete esterna, una finestra lunga e bassa al livello del cortile che circondava la casa.
Una soffocante sensazione di claustrofobia le fece venire voglia di scappare.
Solo per una notte, si ripeté.
“Non credo sia un problema” aggiunse la donna.
Mina, persa nei suoi pensieri, la guardò interrogativa.
“Per il bagno, intendo dire. Siamo solo in due, io e mio marito, che fa il pescatore. Non è quasi mai a casa.”
“Certo, non sarà un problema” ammise Mina, col cuore grosso.
“Se vuole, con altre cinquanta corone può avere un'ottima zuppa di pesce per cena. La preparo io con pesce freschissimo, come può immaginare.”
Mina stava per declinare, ma pensò alla seccatura di uscire la sera al freddo in cerca di un posto dove mangiare, senza punti di riferimento... Lo avrebbe trovato, in quel periodo dell'anno?
“D'accordo.”
La donna parve leggerle nel pensiero.
“In questi mesi non viene nessuno qui. Pensi che siamo circa duemila anime, qui a Vardᴓ. Solo d'estate arrivano alcuni turisti, anche se la temperatura è sui dieci gradi e il mare è improponibile, perché sempre gelido. Vengono per il monumento alle streghe e la fortezza.”
“Lo Steilneset memorial?”
La donna sghignazzò.
“Gliel'ho detto che questa è l'isola delle streghe!”

Marialuisa Moro

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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